mercoledì 11 settembre 2013

La Colomba, Fiaba Siciliana Raccolta da Giuseppe Pitrè

'erano una volta un Re e una Regina, e 'sto Re e 'sta Regina tenevano una figlia solamente; e, siccome 'sta ragazza aveva una treccia di capelli che era una magnificenza, non voleva che il parrucchiere glieli toccasse.
Un giorno, mentre si pettinava, entra una colomba, afferra la pettinessa [1] e scappa via.
“Olà! Olà! La colomba si rubò la pettinessa!”, gridò la Reginotta, ma non si potè far niente perché la colomba era sparita. L'indomani, alla stessa ora, torna la colomba, afferra l'intrecciatura [2] e scappa via.
“Olà! Olà! La colomba mi rubò l'intrecciatura!”
Passano tre giorni. La Reginotta aveva appena finito di pettinarsi e si stava lavando le mani, con l'asciugamani gettato sulla spalla. Cala la colomba, afferra l'asciugamani e scappa via. La ragazza, tutta arrabbiata, prende una scaletta di seta, si cala giù e le corre appresso. Ma la colomba, raggiunta, non fuggiva: come la vedeva avvicinarsi, spiccava il volo, e, poi, andava a posarsi ora di qua, ora di là. Figuriamoci la stizza della ragazza! La colomba s'infratta in un bosco: e lei, dietro; la colomba s'infila in una casina di campagna: e lei, dietro. Entra e vede un bel giovanotto, e gli domanda:
“Avete visto una bella colomba con un asciugamani nel becco?”
“Sì - le risponde il giovane - e son io quella colomba!”
“Voi? ”
“Sì! ”
“Ma com'è possibile? ”
“Le Fate m'hanno fatto l'incantamento. E io potrò andarmene di qua solo se starai un anno, un mese, e un giorno, con la faccia al Sole e alle intemperie, fissa a guardare quella montagna lì di fronte. E non fare che, se mi vedi con il mio aspetto d'uomo in compagnia delle Fate, ti metti a strillare, perché te ne verrà solo male!”
La Reginotta si siede vicino alla finestra aperta, e il giovane si trasforma in colomba, spicca il volo e va in cima alla montagna. Passa il primo giorno, passa il secondo, passa il terzo... passano settimane, e la ragazza, che se ne stava immobile come un pezzo di legno, diventò nera come la pece. Dopo un anno, un mese e un giorno, la colomba ridiventa uomo, e il giovane scende dalla montagna e va alla casina. Come vede la ragazza così nera: “Ppuh! Quanto ti sei fatta brutta! - dice, e ci sputa in faccia! - Ma non tieni vergogna a ridurti così per un uomo?” E la scaccia via.
Povera ragazza, si sentì morire! Corse via per la campagna, scoppiando in un pianto dirotto. Mentre piangeva, passano tre Fate:
“Che hai?”
“E che devo avere? E così, così e così...” E raccontò la sua disgrazia.
“Non ti preoccupare - dicono - ché non resterai così per sempre”
E la più grande delle tre Fate le passa la mano sulla faccia e la ragazza diventa bella, più bella del Sole. E anche le altre le fecero un regalo, chi una cosa, chi l'altra; e se la portarono con loro. Cammina cammina, e dove capitarono? Nella città di cui era Re quel giovane. Appena arrivate, in un batter d'occhio, innalzarono un palazzo cento volte meglio di quello del Re. Le Fate si finsero le serve, e lei, la padrona, a dare ordini, proprio come una vera Imperatrice. Dopo un paio di giorni, capita che il Re passa di là e vede la meraviglia di 'sto gran palazzo: si credeva di sognare. E, ad un balcone, vede seduta una bella ragazza, e, appena la vede, cominciò ad adocchiarla. E le Fate le dissero:
”Se il Re ti rivolge la parola, tu dagli corda”.



Von Blaas E.


E, infatti, così accadde: spizza oggi, adocchia domani, il Re le chiese se poteva farle visita, e la ragazza, istruita dalle Fate, gli rifilò un no tondo tondo come una palla.
“Reuccio, se tanto volete una visita, dovete fare un passaggio dal mio balcone al vostro, e il camminamento deve essere coperto da due palmi di petali di rosa senza spine.”
Neanche aveva finito di parlare che il Re ordinò che venisse costruito un passaggio dal suo balcone a quello di 'sta grande Imperatrice, e che fosse ricoperto da due palmi di petali di rose. E allora, avreste dovuto vedere: centinaia di donne intente a cogliere rose, e a staccare petali di rose e a nettarli dalle spine, uno spettacolo mai visto! Arrivato il momento, le Fate dissero alla ragazza:
”Vestiti da grande Imperatrice, e noi ti faremo da Dame di Corte. Incamminati per il passaggio, arrivata a metà strada, fingi che hai sentito la puntura di una spina e lascia fare a noialtre, ma fallo sembrare naturale!”
La ragazza s'incammina, con un vestito rosa che al mondo non se n'era mai visto uno uguale, adorna di collane, braccialetti e pietre preziose, e, arrivata a metà strada:
“Muoio! - grida – Mi punse una spina!”
Le Fate la presero e se la riportarono a palazzo, svenuta.
Il Re, che l'aspettava all'altro capo del passaggio, e che voleva correre ad aiutarla, non poteva, perché lei così aveva ordinato, e si mordeva le mani! La gamba si gonfiò; un viavai di medici a consulto... l'Imperatrice si ridusse in fin di vita e le vennero somministrati i Sacramenti. E il Reuccio che non poteva andare a trovarla! Dopo quaranta giorni, la malattia fece il suo corso, ci fu una migliorìa, l'Imperatrice si riprese, incominciò a guarire, e, infine guarì del tutto. Passò un po' di tempo, e di nuovo il Re insistette per avere il permesso di vederla. E le Fate le dissero:
“Digli che sarai tu a fargli visita, e che vuoi uno strato di gelsomini alto tre palmi sul camminamento, ma, a metà strada, fingi che t'ha punto un'altra spina!”
E il Re, subito, fece ricoprire interamente il camminamento di gelsomini. Quando fu tutto pronto, la ragazza prese ad avanzare lentamente, vestita da Imperatrice. Il Re, dall'altro lato del passaggio, non le staccava gli occhi di dosso e gli tremava il cuore che non l'avesse a pungere un'altra spina!



Von Blaas E.


E, a metà strada:
”Ahi! Son morta! Una spina mi trafisse il piede!”
Le Dame se la prendono in braccio, svenuta, e la riportano a palazzo. Vi potete immaginare il Reuccio! Si mordeva le mani e si strappava i capelli! Cominciò a mandarle un servitore dopo l'altro, perché vederla non poteva vederla, salire da lei neanche, attraversare il passaggio manco, e sbatteva la testa contro il muro! Dopo tre o quattro settimane, il poveretto, per il gran dispiacere, s'allettò, ma continuò a mandarle i suoi servitori con l'ambasciata che gli permettessero di vedere l'Imperatrice, anche se era ammalato.
“Ma, alla fine - ci disse un giorno la ragazza ai servitori - che vuole da me il vostro Re, dopo che m'ha ridotto in fin di vita?”
E uno rispose: ”Vi vuole in moglie”
“E allora ditegli che, se mi vuole per moglie, si deve fingere morto, sdraiarsi sul catafalco e farsi trasportare sotto il mio palazzo. Allora, me lo piglierò per marito.”
Il Reuccio, che per lei avrebbe fatto i salti mortali, in fretta e furia, fa allestire il catafalco parato di nero, ci si sdraia sopra fingendosi morto e si fa trasportare fino al suo palazzo. Quando la ragazza sentì la marcia funebre e lo vide sfilare sotto il suo balcone:
” Ppuh! - gli disse – guarda come ti sei ridotto per una donna!”
E gli sputò in faccia!
Al Reuccio salirono le vampe in faccia, riconoscendo la ragazza che l'aveva liberato e che lui aveva ripagato con lo stesso disprezzo. Non appena il catafalco ritornò a palazzo reale, le mandò dei mèssi, dicendo che voleva parlarle. Ma le Fate, che la difendevano sempre a spada tratta, gli mandarono a dire: ”Nossignore! La grazia di incontrare la nostra padrona, non l'avrà. Ma che si credeva il vostro Reuccio quando le ha sputato in faccia? Che aveva a che fare con una sgualdrina qualsiasi? Che? Non lo sapeva che è figlia di Re? E, dopo averle rovinato la vita, che sbattesse pure la testa contro il muro, tanto la nostra Imperatrice non ne vuole sapere di lui!”
Lo sapete come stava andando a finire per il Reuccio? Che per la pena ci stava lasciando la vita! Finalmente, le Fate, quando vollero loro, gli diedero il permesso di salire. Il Reuccio, allora, salì. Non appena la ragazza entrò, le chiese perdono, e fu tutto.
Venne subito aperta la Cappella Reale e furono celebrate le nozze. Il Reuccio avrebbe voluto che le Fate restassero con loro, ma esse domandarono bellissima licenza e sparirono. La Reginotta mandò a chiamare il padre e la madre e si tennero gran feste per tutto il Regno.

E loro restarono felici e contenti 
E noi qui, a stuzzicarci i denti


[1] Pittinissa, s. f. di pettini, ed è quel pettine lungo che è mezzo a denti radi per istrigare i capelli, e mezzo a denti fitti per nettarli e lisciarli.

[2] 'Ntrizzaturi, s. m. sing., nastro o laccio con cui le donne avvolgono e annodano le trecce de' lor capelli, intrecciatura.

Pitrè n.101 (CI, da "Fiabe, Novelle e Racconti Popolari Siciliani")

Traduzione: Mab's Copyright.

Il testo in Siciliano è nella Pagina: "Fiabe Popolari - Italia"

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