giovedì 27 luglio 2017

There Was a Greedy Look in His Eyes Now Which Ought to Have Alarmed Her, But Did Not.


Robet Ingpen


Adesso, sedevano fianco a fianco nella stessa poltrona, e Wendy lo incalzava con altre domande.
"Così non vivi più nei Giardini di Kensington?"
"Ma qualche volta ci vado ancòra".
"E dove vivi per la maggior parte del tempo?"
"Con i Bambini Perduti".
"Chi sono?"
"Sono i bambini che cadono dalle carrozzine quando le bambinaie si distraggono e guardano da un'altra parte. Se nessuno li reclama entro sette giorni, vengono spediti all’Isola-che-non-c'è. Io sono il loro capitano".
"Dev'essere divertente!".
"Sì, - disse Peter e aggiunse scaltramente - ma ci sentiamo soli: non abbiamo compagnia femminile".
"Vuoi dire che non ci sono bambine?"
"Oh, no! Sai, le bambine sono troppo furbe e non cadono dalle carrozzine".
Questa frase riempì Wendy di immenso orgoglio.
"Penso che tu parli di noi bambine in modo incantevole. Non sei come John che ci disprezza", disse.
Peter scattò in piedi e, con un solo calcio, buttò John giù dal letto, con lenzuola, coperte e tutto quanto, il che parve a Wendy piuttosto azzardato per un primo incontro, e sottolineò con fermezza che Peter non era il capitano in casa loro. Intanto, John, continuava a dormire placidamente sul pavimento, e Wendy non si preoccupò di rimetterlo nel suo lettino.
"Comunque, so che volevi essere gentile -  disse, con un tono più dolce - Puoi darmi un bacio, se vuoi".
Wendy aveva dimenticato l'ignoranza di Peter a proposito di baci.
"Lo sapevo che lo avresti rivoluto indietro", disse Peter con un po’ di amarezza e si offrì di restituirle il ditale.
"Oh, caro, - disse teneramente Wendy - Non intendevo dire un bacio, ma un ditale".
"Cos'è?"
"Qualcosa del genere".
E lo baciò.
"Che strano! - disse Peter seriamente - E adesso, posso darti anch'io un ditale?"
"Se vuoi", disse Wendy, ma, questa volta, non inclinò la testa.
Peter le diede un ditale, e quasi immediatamente, Wendy lanciò uno strillo.
"Che succede?", chiese Peter.
"Qualcosa mi ha tirato i capelli".
"Dev'essere Tink. Non sapevo fosse così dispettosa".
E, intanto, Tink sfrecciava per la nursery lanciando epiteti offensivi.
"Dice che ti tirerà i capelli ogni volta che ti darò un ditale".
"Perché?"
"Perché, Tink?".
E anche questa volta, Tink gli diede dello stupido asino.

martedì 25 luglio 2017

Storia del Primo Vecchio e della Cerva, Mille e Una notte

IL MERCANTE E IL GENIO
Novella-cornice



Un ricco mercante intraprende un lungo viaggio per curare i suoi affari. Il quarto giorno, riposandosi presso una fonte, mangia alcuni datteri e lancia i noccioli all'intorno. All'improvviso, compare un Djinn spaventoso, enorme e carico d'anni, che, brandendo una sciabola, gli annuncia la sua prossima morte: uno dei noccioli sbadatamente lanciati dal mercante ha colpito in un occhio il figlio del Djinn uccidendolo. Dopo inutili lacrime e proteste di innocenza, il mercante ottiene un anno di tempo: sistemerà i suoi affari, si congederà da moglie e figli e tornerà per la propria esecuzione. Il mercante fa ritorno a casa, sistema gli affari di famiglia*, e, dopo un anno, rispetta il giuramento e raggiunge il luogo in cui aveva incontrato il Djinn. Mentre attende l'arrivo del suo carnefice, sopraggiungono tre vecchi, che, uno dopo l'altro, ascoltano la sua storia e manifestano il desiderio di aspettare con lui. Una volta comparso il Djinn, quando afferra il mercante per ucciderlo, il primo vecchio, che conduce con sé una cerva al guinzaglio, si getta ai suoi piedi e gli propone di ascoltare la storia sua e di quella cerva: se il Djinn riterrà tale storia meravigliosa e fuori dall'ordinario, rimetterà  al mercante un terzo della sua condanna. Il Djinn accetta.


H.J. Ford





Storia del Primo Vecchio e della Cerva




uesta cerva che Voi vedete, è mia cugina, ed è anche mia moglie. Ella non aveva che dodici anni quando la sposai. Siamo vissuti insieme trent'anni, senza che mi abbia dato figli. E fu unicamente per il desiderio di avere figli che sposai una schiava, la quale partorì un maschio sano e intelligente. Mia moglie si ingelosì e prese in odio madre e figlio, ma nascose così bene i suoi sentimenti che io me ne accorsi troppo tardi.
Intanto, mio figlio cresceva, e aveva già dieci anni quando fui obbligato ad intraprendere un viaggio. Prima di partire, raccomandai a mia moglie la schiava e suo figlio, e la pregai di averne cura durante la mia assenza, che sarebbe durata un anno intero. Ma ella approfittò di quel tempo per sfogare il suo odio. Si diede agli studi della magia, e, quando ne seppe abbastanza di quell'arte diabolica, la scellerata trascinò mio figlio in un luogo isolato, dove, con i suoi sortilegi, lo trasformò in un vitello; quindi, lo affidò al mio intendente. Né si limitò a sfogare la sua rabbia compiendo quel crimine abominevole contro mio figlio: trasformò la schiava in una vacca, e affidò anch'essa alle cure dell'intendente.

venerdì 21 luglio 2017

Il Serpente, G. Pitrè (Sicilia) Traduzione Mia

'erano una volta un marito e una moglie che avevano tre figli. Tutt'e tre femmine: una di sei, una di quattro, e una di due anni. Queste bambine andavano da una maestra, e la maestra era zitella. Le piccole crescevano, ma la madre cadde malata di una malattia mortale: il Signore la stava chiamando a sé. Poco prima di morire, si voltò al marito e gli disse: "Io muoio. Voi vi riammoglierete. Ecco qua c'è un paio di scarpe: vi risposerete solo quando queste scarpe cadranno a pezzi".
Morì, lasciando soli, marito e figlie.


Gysis Nikolaos



La maestra, vedendo che a queste bambine era morta la madre, cominciò a far loro mille carezze. Dopo un po', disse alla più grandicella:
"Rusidda, tu mi vuoi bene? Se mi vuoi bene, diglielo a tuo padre che mi prenda per moglie e io diventerò tua madre".
Le rispose la picciridda:
"Io vi voglio bene, ma mia madre ha lasciato detto che mio padre potrà riammogliarsi solo quando un certo paio di scarpe cadrà a pezzi!"
"Stupida! - le disse la maestra - tu piglia le scarpe, bagnale e poi appendile. Le scarpe marciranno in fretta e io diventerò tua madre".
La bambina ci credette  e lo raccontò alle sorelline. Si arrampicarono su per una scala. Presero le scarpe, le inzupparono per bene e le appesero. In un amen, le scarpe marcirono e caddero a pezzi. Allora, la maggiore disse all'uomo:
"Padre, ora che le scarpe sono cadute, perché non vi prendete per moglie la maestra, che stravede per noialtre?"
Il padre fece finta di non sentire, ma, dopo poco, si risposò con la maestra.

giovedì 20 luglio 2017

To Put it with Brutal Frankness, There Never Was a Cockier Boy







Se ci avesse riflettuto su - ma io non penso che lo avesse mai fatto - Peter avrebbe avuto il fermo convincimento che lui e la sua ombra, una volta entrati in contatto l'uno con l'altra, si sarebbero fusi come due gocce d’acqua. Quando si accorse che le cose non stavano proprio così, impallidì. Cercò di incollarsela addosso con un pezzo di sapone trovato in bagno, ma non ci riuscì.
Un brivido gli corse giù per la schiena. Si sedette a terra e scoppiò in lacrime.

sabato 15 luglio 2017

Il Ceppo d'Oro, Pentamerone (Giornata Quinta, Trattenimento Quarto)

Parmetella, figlia di un povero villano, incontra una buona fortuna; ma per la sua troppa curiosità, se la fa fuggir di mano, e, dopo aver sofferto mille travagli, trova il marito in casa della madre di lui, ch'era un'orca, e, superati pericoli grandi, i due restano insieme contenti.

'era una volta un ortolano, il quale, essendo poverello poverello, che, per quanto faticasse, a stento si procurava il pane per sostentarsi, comprò tre scrofette alle sue tre figlie femmine, affinché, allevandole, si mettessero da parte un po' di doticciuola.
Pascuzza e Cice, che erano le maggiori, portarono a pascere le loro due in un bel prato; ma non vollero che la più piccola, Parmetella, andasse con loro, e la scacciarono, dicendole di andare in qualche altro posto. Ed essa menò il suo animaletto a un bosco, dove le ombre si fortificavano contro gli assalti del Sole; e, quando fu in un prato, in mezzo al quale correva una fontana che, ostessa d'acqua fresca, invitava con lingua d'argento il passeggero a bere una mezzetta, trovò un bell'albero con le foglie d'oro.



Goble W.

mercoledì 5 luglio 2017

Il Principe Scursuni (Sicilia)


'erano una volta un re e una regina che avevano quanto si può desiderare, da mangiare e da bere, bei vestiti e carrozze e feste quante ne volevano, solo una cosa mancava loro: non avevano figli.
La regina diceva sempre tra sé e sé: "Oh, Dio, tutti gli animali hanno i loro piccoli, persino i ragni, le lucertole e gli scarafaggi, solo a me non avete concesso un figlio".
Un giorno andò a passeggiare in giardino e vide strisciare uno scorsone con i suoi piccoli e disse: "Oh, Dio, quanti piccoli avete concesso a questo animale velenoso e a me nemmeno un  figlio. Ah, come vorrei un figlio, anche se fosse uno scursuni!"
Poco dopo la regina rimase incinta. Ci fu grande gioia al castello e in tutto il paese. Trascorsi i nove mesi, venne il momento di partorire e il re mandò a chiamare subito la levatrice. Non appena questa entrò nella stanza dove era coricata la regina, cadde a terra morta.
"Cosa succede? - gridò il re - Presto, chiamate un'altra levatrice".
Ne fecero venire un'altra, ma non le andò meglio che alla prima, e, per quante ne chiamassero, tutte morivano non appena mettevano piede nella stanza della regina.
Vicino al castello abitava un povero calzolaio che aveva un'unica figlia che era bellissima. Lei però aveva una matrigna che non la poteva soffrire e pensava sempre a come danneggiarla. Quando la matrigna malvagia sentì le grandi difficoltà che c'erano al castello, disse alla ragazza:
"Vestiti e va' al castello: devi assistere la regina in questo momento difficile", pensando che anche la ragazza sarebbe morta come le altre donne.
"Ah, - disse la ragazza - come potrò assistere la regina? Nessuno può avvicinarsi a lei senza morire".
"Non mi interessa" disse la matrigna malvagia e scacciò la ragazza con male parole.
La povera ragazza entrò nella chiesa vicina, dov'era seppellita la sua vera madre e si lamentò:
"Ah, anima di mia madre! Ah, cara mammina! Vedi come vengo maltrattata! Ah, aiutami!"
"Non piangere! - rispose una voce che era l'anima della madre - Va' invece coraggiosa al castello, perché se fai quel che ti dico non ti succederà niente. Fatti preparare dal fabbro un paio di guanti di ferro e mettiteli. Poi prepara un grande mastello di latte e, quando la regina partorirà, prendi il bambino con i guanti di ferro e gettalo nel latte".
Così la ragazza uscì consolata dalla chiesa e si fece preparare dal fabbro un paio di guanti di ferro; li infilò e andò al castello per assistere la regina. Prima di entrare nella stanza, si fece dare un grande mastello di latte, lo prese e lo mise vicino al letto. La regina era in grandi angustie, ma la figlia del calzolaio la prese tra le sue braccia e l'aiutò a partorire un maschio che sembrava un grande scursuni.
La ragazza lo prese con i guanti di ferro e lo gettò nel latte. Lo scursuni bevve il latte e si fece il bagno.
Il figlio della regina diventava ogni giorno più grande e forte, ma era e rimase uno scursuni, perché sua madre aveva commesso un peccato nel desiderare di avere un figlio anche se fosse stato uno scursuni.
Così trascorsero alcuni anni. Un giorno lui disse a sua madre:
"Madre, datemi una moglie, voglio sposarmi".
"Ah, adesso l'animale si vuole sposare, -  lamentò la regina - chi vuoi che ti prenda, orribile Scursuni!".
"Madre! non m'importa, voglio una moglie".
Allora la regina andò dal re e disse:
"Figurati, nostro figlio si vuole sposare. Vicino a noi abita un povero tessitore, che ha una figlia graziosa; facciamola venire, senza dirle che deve sposare nostro figlio".
Il re fu contento e la regina fece chiamare il tessitore e gli disse:
"Mastro, voi avete una bella figlia; mandatecela come serva per nostro figlio, ché la pagheremo lautamente".
Il padre acconsentì e mandò sua figlia al castello, dove venne rinchiusa nella stanza del Principe Scursuni. La sera si mise a letto, e a mezzanotte  Scursuni  si sfilò improvvisamente la sua pelle di serpente e si trasformò in un uomo bello, benfatto.
"Di chi sei figlia tu?" chiese alla ragazza.
Lei rispose:
"Sono la figlia di un tessitore".
"Cosa! Io sono figlio di un re e mi portano in moglie la figlia di un tessitore?"
Con queste parole si infilò di nuovo la pelle del serpente e la uccise con un morso.



Ségur A.