giovedì 25 agosto 2016

La Bella dai Capelli d'Oro, Carlo Collodi Traduce Mme d'Aulnoy

In genere, non uso fiabe letterarie come esempio, ma questa, nell'interpretazione di Mme d'Aulnoy, tradotta da Collodi, ha abbondanti riferimenti e salde radici popolari. Chi ha letto la fiaba "L'Uccello di Fuoco" coglierà subito le affinità.
La penna francese e aristocratica si nota soprattutto per quanto riguarda il personaggio del Re. Bello, ma non bello quanto Avvenente, e, quindi, in competizione con lui, fuorviato dai soliti cortigiani gelosi, non si fa portavoce dei compiti impossibili richiesti dalla fidanzata: è lei che impone le prove al protetto del Re, e sceglie lui proprio perché ha superato le prove e si è guadagnato la Regalità. E la morte del marito-Re è dovuta ad un fatale incidente "domestico" che non manca di svelare i metodi di governo del defunto.  La Bella dai Capelli d'Oro svolge la funzione dell'uccello di fuoco. E' il segno ed il premio della predestinazione e della regalità. A suo modo, è anche l'Aiutante. L'oro, il colore rosso, il fuoco sono riferimenti al prodigioso e al soprannaturale. Nella realtà storica.



'era una volta la figlia di un Re, la quale era tanto bella, che in tutto il mondo non si dava l'eguale; e per cagione di questa sua grande bellezza, la chiamavano la Bella dai capelli d'oro, perché i suoi capelli erano più fini dell'oro, e biondi e pettinati a meraviglia le scendevano giù fino ai piedi.
Essa andava sempre coperta dai suoi capelli inanellati, con in capo una ghirlanda di fiori e con delle vesti tutte tempestate di diamanti e di perle, tanto che era impossibile vederla e non restarne invaghiti.
In quelle vicinanze c'era un giovane Re, il quale non aveva moglie, ed era molto ricco e molto bello della persona. Quando egli venne a sapere tutte le belle cose che si dicevano della Bella dai capelli d'oro, sebbene non l'avesse ancora veduta, se ne innamorò così forte, che non beveva né mangiava più; finché un bel giorno, fatto animo risoluto, pensò di mandare un ambasciatore per chiederla in isposa.



Cowper F.


lunedì 22 agosto 2016

L’Uccello di Fuoco e la Principessa Vassilissa, Afanas'ev, Russia

Con tutto il mio inalterabile amore per il patrimonio culturale, la letteratura e le fiabe, e gli artisti classici russi, sovietici e moderni.





n un certo reame, ai confini della terra, nell’ultimo degli stati, viveva una volta uno zar forte e potente. Questo zar aveva un giovane arciere, e il giovane arciere aveva un valente cavallo.
Una volta l’arciere se ne andò a caccia nel bosco col suo cavallo; va lungo la strada, la larga strada, ed ecco trovò una piuma d’oro dell’uccello di fuoco; come fiamma splendeva quella piuma!
Gli dice il valente cavallo: "Non prendere la penna d’oro; se la prendi, un guaio attendi!" E medita il prode giovane: raccoglierla o non raccoglierla? Se la raccoglie e la porta allo zar, certo egli lo ricompenserà generosamente; e a chi non è caro il favore d’un re?
L’arciere non diede ascolto al suo cavallo, raccolse la piuma dell’uccello di fuoco, la portò e la presentò in dono allo zar.







venerdì 19 agosto 2016

Le Dodici Oche Selvatiche, Irlanda





'erano una volta un Re e una Regina che vivevano insieme felici e contenti e avevano dodici figli maschi e nemmeno una figlia. Desideriamo sempre ciò che non abbiamo e non apprezziamo abbastanza quello che già possediamo; la regina non era in questo diversa da noi.
Un giorno d'inverno, quando il cortile del castello era coperto di neve, la regina guardando dalla finestra del salone vide là fuori un vitello appena ucciso dal macellaio e un corvo posato lì accanto.
"Oh, - disse, - se soltanto avessi una figlia con la pelle bianca come quella neve, le guance rosse come quel sangue, e i capelli neri come quel corvo! Per lei darei tutti i miei dodici figli".



Burkert Nancy Elkolm


Nel momento stesso in cui pronunciò quelle parole provò un grande spavento e un brivido la scosse, e un attimo dopo una vecchia dall'aspetto severo stava davanti a lei.
"Ben malvagio è stato il tuo desiderio, - disse, - e per punirti verrà esaudito. Avrai una figlia proprio come la desideri, ma il giorno stesso della sua nascita perderai gli altri tuoi figlioli"

Deirdre, i Figli di Lir, i Cigni... e le Oche






Una dritta riguardo l'esplorazione internettiana, e, spero, cartacea.
Di tanto in tanto, ho seminato qualche avvertimento. I segnali esistono. Dopo aver tradotto una fiaba famosissima - di solito disinvoltamente mutilata, destino comune a molte fiabe, ancorché di autore - "I Cigni Selvatici" di H.C. Andersen, non posso resistere alla tentazione di mettere sull'avviso chi dovesse capitare da queste parti. Se doveste imbattervi in un libro, un blog, un post, un saggio che definisca "Le Dodici Oche Selvatiche" riportata da Patrick Kennedy in una delle sue raccolte di racconti, storie e fiabe irlandesi (ampiamente "saccheggiate" da W.B. Yeats) una variante de I Cigni, beh, chiudete il libro, e, se siete in un blog, cambiate strada. La fiaba irlandese, molto più vicina a "I Sette Colombi" di G.B. Basile ha origini a sé.

lunedì 15 agosto 2016

Il Ragazzo-Pesce Nichola de Bar, o Colapesce, Papi che Odiano i Grandi Re, 'E Figlie 'e Nettuno...

La storia di "Nichola de Bar", il ragazzo-pesce di origine pugliese, compare nelle cronache grazie ad un trovatore provenzale vissuto alla fine del 1100, Raimon Jordan, libero pensatore, oserei dire. Nichola de Bar era un nuotatore prodigioso, in grado di resistere in mare, anzi, sotto le onde del mare, per giorni.
Walter Map (chi legge spesso i post lo avrà già incontrato più volte), interessante uomo di lettere gallese nonché arcidiacono di Oxford, "scopritore" dei Valdesi e arguto e sprezzante critico dei Benedettini e di Bernardo di Chiaravalle, (ispiratore dei monaci-guerrieri, leggi Templari, e sponsor di Crociate), gli fa eco parlando di "Nicolaus", soprannominato Pipe, ormai più pesce che uomo, e della fatale visita a Messina di Guglielmo II, che porterà alla sua morte.
Anche Gervàsio di Tilbury autore degli Otia Imperialia (altra frequentazione nei post, vedi Virgilio Mago) vissuto a cavallo del dodicesimo e tredicesimo secolo, parla di un pescatore pugliese, "Nicolaus", soprannominato "Papa", famoso per la sua abilità di nuotatore, ma soprattutto, di sommozzatore, che esplora i fondali del mare di Messina dal Porto al Faro e ne descrive le meraviglie.
Qui, il Re è Ruggero II, non più incolpevole, in quanto spinge Nicolaus ad esplorazioni sempre più lunghe e ardite fino a provocarne la morte.





sabato 13 agosto 2016

I Sette Colombi, Pentamerone, G.B. Basile

Sette fratelli partono di casa, perché la madre non dà loro una sorella; e, quando alfine la sorella viene alla luce, ed essi aspettano la notizia con certi segni, la madre sbaglia nel farli; onde essi vanno errando pel mondo. La sorella si fa grande, li cerca, li trova, e, dopo vari accidenti, tornano tutti ricchi alla casa loro.



'era una volta nella terra di Arzano una buona donna, che ogni anno scaricava un figlio maschio; cosicché vedevi una siringa del dio Pane a sette canne una più grande dell'altra. I sette figli, avendo mutato le prime orecchie [1], dissero alla madre lannetella, che era un'altra volta incinta: "Sappi, mamma cara, che se tu, dopo tanti figli maschi, non fai una femmina, noi siamo proprio risoluti ad abbandonare questa casa e ad andare pel mondo sperti, come i figli delle merle". E la madre, all'udire tale proposito, pregò il Cielo che avesse spogliato i figli di questo desiderio e tolto ad essa il pericolo di perdere sette gioielli.
Avvicinatosi il tempo del parto, i figli le dichiararono: "Noi ci ritiriamo a quella ripa che è di fronte: se partorisci maschio, metti un calamaio e una penna alla finestra; e, se femmina, metti un mestolo e una conocchia. A questo secondo segnale ce ne verremo alla casa a spendere il resto della nostra vita sotto le tue ali, ma, se vediamo segnale di maschio, scordati di noi: ci puoi metter nome penna".
Volle il Cielo che lannetella desse alla luce una bella bambinotta, e subito essa ordinò alla levatrice che facesse il segno convenuto ai figliuoli; ma questa fu cosi stordita e distratta che vi mise il calamaio e la penna. E i sette fratelli, senz'altro, si misero la via tra le gambe, allontanandosi dal paese.
Dopo tre anni di continuo viaggio, un giorno si trovarono in un bosco, dove gli alberi al suono di una fiumana che faceva contrappunto sulle pietre, danzavano l'imperticata e in quel bosco era la casa di un orco, a cui mentre dormiva erano stati cavati gli occhi da una femmina, e perciò colui era tanto fiero contro questo sesso che quante femmine gli venivano tra le grinfie, tante ne divorava. Stanchi dal viaggio e allancatI dalla fame, i giovani gli chiesero se per compassione voleva dar loro qualche boccone di pane; e l'orco rispose che avrebbe loro dato da vivere, se volevano mettersi al suo servizio, nel quale non c'era da far altro di più faticoso che, un giorno per ciascuno, guidarlo come un cagnolino.

lunedì 8 agosto 2016

I Cigni Selvatici, Edizione Integrale, Traduzione Mia - Ultima Parte





lisa trascorse tutta la notte al lavoro. Non intendeva concedersi alcun riposo prima di aver salvato i suoi cari fratelli. Il giorno seguente, la sua solitudine non le pesò, il tempo non era mai volato tanto in fretta: aveva già ultimato una camicia e si accingeva a metter mano alla seconda. All'improvviso, risuonò fra le montagne il richiamo dei corni da caccia, e lei ne fu atterrita. Il frastuono dei corni e dell'abbaiare dei cani si faceva sempre più vicino; terrorizzata, Elisa si rifugiò nella grotta, legò in una fascina le ortiche che aveva già raccolto e pestato, e vi si sedette sopra. E dalla boscaglia sbucò un grosso cane, seguito da un altro e da un altro ancòra. Abbaiavano forte, correvano da tutte le parti, sparivano e poi ritornavano.
In pochi minuti, tutti i cacciatori raggiunsero l'ingresso della grotta, e, tra loro, il più avvenente era il giovane Re del Paese. Si avvicinò ad Elisa e le rivolse la parola poiché non aveva mai visto una donna più bella.
"Come sei arrivata fin quassù, mia bella fanciulla?", le chiese.
Elisa si limitò a scuotere il capo: non osava parlare, poiché sapeva che dal suo silenzio dipendeva la vita dei suoi fratelli, ma nascose le belle mani piagate sotto il grembiule perché il Re non vedesse quanto soffriva.



Lomaev A.


venerdì 5 agosto 2016

I Cigni Selvatici, Edizione Integrale, Traduzione Mia - Terza Parte




lisa fu svegliata da un battito d'ali sopra di lei. I suoi fratelli si erano trasformati nuovamente in cigni selvatici e volarono formando cerchi sempre più ampi, finché scomparvero all'orizzonte, ma uno di loro, il più giovane, rimase con Elisa, posò il capo nel suo grembo, e lei gli accarezzò le bianche ali. E trascorsero insieme l'intera giornata.



Juan Ramón Alonso Díaz-Toledo


Verso sera, ritornarono gli altri cigni, e, non appena il sole s'inabissò nel mare, ripresero le fattezze umane.
"Domani partiremo e non torneremo prima che sia passato un intero anno - disse uno di loro - ma non possiamo lasciarti qui! Hai il coraggio di venire con noi? Se il mio braccio è forte abbastanza per trasportarti attraverso la foresta, le nostre ali non saranno abbastanza forti per portarti in volo sul grande mare?"
"Oh, sì, portatemi con voi!", pregò Elisa.

giovedì 4 agosto 2016

Da "Qualche Passo nel Mondo delle Fate" di H.P.Lovecraft e le Amare Sorprese

"Nei tempi moderni il termine Fata è stato applicato ad un’amplissima varietà di entità immaginarie, fin quasi a perdere il significato a favore di un valore semantico meno specifico e circoscritto. 
L’autentica Fata, nell’accezione sviluppatasi nell’ambiente del più antico folklore celtico, costituiva indubbiamente uno spirito di natura femminile corrispondente alle Driadi, alle Naiadi e ad altre ninfe locali dell’antichità classica. Si tratta essenzialmente di una personificazione di qualche aspetto del mondo naturale, e ogni branca della mitologia ariana abbonda di esempi. 
Fanciulle dell’alba, delle nuvole, delle fonti, degli alberi e via dicendo, popolano sotto i nomi più svariati le leggende di tutte le genti ariane, e non è affatto sorprendente che i fantasiosi Celti avessero elaborato uno dei più notevoli sistemi mitologici intorno a tali esseri.
Sembra attestato che i Galli pre-classici - e, per connessione, altri Celti - professassero attivamente il credo in esseri corrispondenti a quelle che conosciamo come vere Fate. Con l’intrusione di influenze romane, molte delle caratteristiche classiche si intrecciarono senza dubbio a tale credo, pur non distruggendone del tutto la specifica essenza.
La vera Fata della mitologia celtica era originariamente un’entità femminile dall’aspetto umano più che gradevole, di statura normale, dimorante in specifici ambienti, e dotata di talenti soprannaturali quali il potere di cambiare aspetto, controllare il mare e i venti, guarire le malattie e presagire eventi futuri. Nell’epoca medievale, in virtù di tali poteri, si attinse al verso latino fatare, ossia incantare, a sua volta derivato da fatum, destino, creando le varianti fay o fairy e fae.

martedì 2 agosto 2016

I Cigni Selvatici per Immagini - Seconda Parte

"Per tutta la notte sognò i suoi fratelli..."


Jeffers S.



"E la vecchia donna condusse Elisa ad un pendio in fondo al quale si snodava un fiume; dalle sue rive, gli alberi protendevano sull'acqua i lunghi rami frondosi l'uno verso l'altro. Elisa disse addio alla vecchia e s'incamminò lungo la riva del fiume..."


Lomaev A.


I Cigni Selvatici, Edizione Integrale, Traduzione Mia - Seconda Parte

Konstantin Vasiliev 



en presto calarono le tenebre della notte, nascondendo il sentiero ai suoi occhi. Aveva smarrito la strada. Si sdraiò sul morbido muschio, recitò la preghiera della sera e appoggiò la testa ad un tronco d'albero.
La natura era quieta e silente, e una brezza gentile le accarezzava la fronte; fra l'erba e nel muschio si accesero centinaia di lucciole, simili a fiammelle verdi; e, se Elisa sfiorava con la mano un ramoscello, pur muovendosi con grande delicatezza, quegli insetti luminosi le piovevano tutt'intorno come stelle cadenti.
Per tutta la notte, sognò i suoi fratelli; erano tornati bambini e giocavano insieme. Li vide mentre scrivevano con le matite dalla punta di diamante sulle lavagnette d'oro, e vide se stessa intenta a sfogliare il bel libro illustrato che era costato metà del Regno. Ma i suoi fratelli non tracciavano più lettere e numeri sulla lavagna, come facevano un tempo, bensì descrivevano le loro nobili gesta, e tutto ciò che avevano visto e vissuto. Inoltre, le immagini del libro illustrato avevano preso vita: gli uccelli cantavano e i personaggi uscirono dal libro e chiacchierarono con Elisa e con i suoi fratelli, ma, non appena Elisa voltava pagina, guizzavano indietro, al loro posto, affinché tutto fosse in ordine.