venerdì 5 agosto 2016

I Cigni Selvatici, Edizione Integrale, Traduzione Mia - Terza Parte




lisa fu svegliata da un battito d'ali sopra di lei. I suoi fratelli si erano trasformati nuovamente in cigni selvatici e volarono formando cerchi sempre più ampi, finché scomparvero all'orizzonte, ma uno di loro, il più giovane, rimase con Elisa, posò il capo nel suo grembo, e lei gli accarezzò le bianche ali. E trascorsero insieme l'intera giornata.



Juan Ramón Alonso Díaz-Toledo


Verso sera, ritornarono gli altri cigni, e, non appena il sole s'inabissò nel mare, ripresero le fattezze umane.
"Domani partiremo e non torneremo prima che sia passato un intero anno - disse uno di loro - ma non possiamo lasciarti qui! Hai il coraggio di venire con noi? Se il mio braccio è forte abbastanza per trasportarti attraverso la foresta, le nostre ali non saranno abbastanza forti per portarti in volo sul grande mare?"
"Oh, sì, portatemi con voi!", pregò Elisa.



E per l'intera notte intrecciarono una rete usando i cedevoli rami di salice e i flessibili giunchi, e la rete riuscì grande e robusta; Elisa vi si sdraiò sopra e si addormentò. Il mattino dopo, all'alba, i suoi fratelli si trasformarono nuovamente in cigni selvatici, afferrarono la rete con il becco e s'involarono su, fino alle nuvole con la loro cara sorellina che ancòra dormiva. Il sole le batteva sul viso, e uno dei cigni si librò nel cielo proprio sopra di lei perché le sue ampie ali le facessero ombra. Quando Elisa si svegliò, da tempo avevano perso di vista la terraferma, e lei credette di sognare ancòra, tanto le pareva strano e stupefacente venir trasportata sul vasto mare, in alto nel cielo.



Gilbert A.Y.



Al suo fianco scoprì un ramoscello carico di bacche mature e un mazzetto di radici dolci: era stato il più giovane dei fratelli a raccoglierli per lei e a metterli al suo fianco; Elisa lo ringraziò con un sorriso, poiché lo aveva riconosciuto nel cigno che le volava sul capo per farle ombra con le sue grandi ali.
Volavano così in alto nel cielo che scambiarono una grande nave che avvistarono sotto di loro per un bianco gabbiano che sfiorava l'acqua. Alle loro spalle, sopraggiunse una nube grande quanto una montagna su cui Elisa riconobbe la sua ombra e quelle degli undici cigni, ma gigantesche: tutte insieme formavano una meravigliosa immagine, bella come il quadro più bello. Man mano che il sole raggiungeva il suo picco nel cielo, la magnifica immagine fatta di ombre pian piano svanì.
Volarono per tutto il giorno come frecce alate, e, tuttavia, più lentamente del solito poiché dovevano trasportare la sorella. Sembrava che si stesse preparando una gran tempesta. Elisa osservava con ansia il sole che calava inesorabilmente, perché lo scoglio non si vedeva ancòra. Le sembrò che i cigni raddoppiassero gli sforzi per volare più velocemente. Ahimé! Era solo colpa sua se non ci riuscivano! Al tramonto, i suoi fratelli sarebbero ridiventati uomini, e si sarebbero inabissati nel grande mare per morire annegati. Allora, Elisa pregò dal profondo del suo cuore, ma ancòra lo scoglio non si vedeva. Nuvoloni minacciosi si addensavano, raffiche di vento annunciavano una tempesta imminente. un fronte di nubi nere avanzava illuminato da lampi sempre più frequenti.



Goltz N.


Il sole era sul punto di immergersi nel mare, quamdo, all'improvviso, i cigni sfrecciarono verso le onde con tale rapidità che il cuore di Elisa quasi si fermò perché credette che stessero precipitando, ma i cigni si librarono sulle onde, ed Elisa avvistò il piccolo scoglio. Il sole era già scomparso per metà all'orizzonte, quando scorse sotto di loro lo scoglio: non sembrava più grande di una foca che sporgesse il capo fuori dall'acqua. Il sole calava rapidamente: adesso non era più grande di una stella. I loro piedi toccarono l'aspra roccia proprio mentre il sole spegneva in mare l'ultima scintilla, come un pezzo di carta in fiamme.
Elisa vide intorno a sé i fratelli che si tenevano abbracciati, e, pur stando così stretti l'uno all'altro, la roccia pareva grande appena da accoglierli tutti.
Il mare s'infrangeva contro lo scoglio e li ricopriva di spuma. Il cielo s'incendiava di fulmini, mentre il rombo del tuono li assordava. Ma i fratelli si tenevano stretti l'uno all'altro e intonarono un salmo, traendone coraggio e speranza.
All'alba, l'aria era di nuovo calma e limpida, e, al sorgere del sole, i cigni ed Elisa spiccarono il volo abbandonando lo scoglio e ripresero il loro viaggio. Tuttavia, il mare era ancòra ingrossato, e, dall'alto, la spuma bianca sulle onde verde scuro sembrava una folla di milioni di cigni che fendevano l'acqua.



E. e A. Balbusso


Lomaev A.



Il sole era alto nel cielo quando Elisa vide davanti a sé una catena di montagne che sembrava sospesa nell'aria: tra le rocce più alte scintillavano ghiacciai e, nel mezzo, si ergeva un castello che pareva lungo almeno un miglio, con colonnati sovrapposti, e, tutt'intorno, ondeggiavano palme e fiori meravigliosi grandi come ruote di mulino. Elisa chiese se fossero arrivati a destinazione, ma i cigni scossero il capo: quello era il magnifico palazzo di nubi della Fata Morgana, mai uguale a se stesso e inaccessibile ai comuni mortali.
Mentre Elisa contemplava quel prodigio, montagne, foreste e lo stesso castello crollarono in un attimo, e, al loro posto, sorsero venti superbe chiese, con alti campanili e aguzze finestre gotiche. Le sembrò persino di sentire il suono di un organo, ma, in realtà, era la musica del mare, che mormorava incessantemente. Era ormai molto vicina alle chiese, e queste si trasformarono in una flotta di navi che veleggiavano sotto di lei. Guardò più attentamente e scoprì che era solo la bruma marina.



Lomaev A.


Lomaev A.



E quel paesaggio irreale continuò a trasformarsi davanti ai suoi occhi finché avvistò la terra reale, con le sue montagne azzurre, le foreste di cedri, e le città e i castelli.
Molto prima che il sole tramontasse, Elisa si ritrovò seduta su una roccia davanti ad un'ampia grotta interamente tappezzata di verdi rampicanti che parevano tappeti ricamati.
"Non vediamo l'ora di conoscere cosa sognerai questa notte!", esclamò il più giovane dei fratelli mostrando a Elisa la sua camera da letto.
"Dio voglia che possa sognare come fare a salvarvi!", rispose la fanciulla, e quel pensiero non l'abbandonò più, tanto che, dopo aver fervidamente pregato Dio di aiutarla, continuò a pregare anche nel sonno; poi, le sembrò di volare in alto, fino al castello di nubi della Fata Morgana e la Fata in persona le venne incontro, risplendente di bellezza, e, tuttavia, stranamente somigliante alla vecchietta che le aveva offerto le bacche nel bosco e le aveva raccontato dei cigni con la corona d'oro.
"I tuoi fratelli possono essere salvati - le disse la Fata - se solo avrai coraggio e perseveranza! E' vero, l'acqua del mare è più lieve delle tue mani delicate, pure smussa e leviga le pietre, ma non avverte il dolore che le tue dita dovranno patire, l'acqua non ha un'anima e non soffre l'angoscia ed il tormento che tu dovrai sopportare. Vedi l'ortica che ho in mano? Troverai molte piante simili a questa vicino alla grotta in cui dormi. Ma ricordati, potrai usare solo quelle che crescono fra le tombe dei cimiteri: dovrai raccoglierle e spezzarle, anche se ti bruceranno la pelle e la ricopriranno di bolle, poi dovrai pestarle con le mani e con i piedi per ricavarne il filato con il quale dovrai tessere undici camicie dalle ampie maniche, che, una volta gettate sui cigni selvatici, spezzeranno il maleficio. Ma ricorda! Dal momento in cui comincerai la tua fatica fino a quando l'avrai portata a termine - dovessi impiegarci anche lunghi anni - non dovrai più parlare: una tua sola parola trapasserebbe come una lama mortale il cuore dei tuoi fratelli. Dalla tua lingua dipende la loro vita. Ricorda bene tutto ciò che ti ho detto!"



Illarionova N.



E toccò la mano di Elisa con l'ortica, e quel gran bruciore la svegliò. Era pieno giorno, e, proprio all'ingresso della grotta, scorse delle pianticelle di ortica simili a quella vista in sogno. Allora, cadde in ginocchio e ringraziò Dio, poi uscì dalla grotta per mettersi all'opera. Con le sue dita delicate colse le ortiche che bruciavano come il fuoco; grosse bolle le si formarono sulle mani e sulle braccia, ma Elisa avrebbe sopportato volentieri quell'orribile sofferenza se era il prezzo della salvezza dei suoi cari fratelli. Pestò ogni pianta di ortica con i piedini nudi e ne ricavò le fibre da filare. Il sole tramontò, e i fratelli ritornarono e si spaventarono moltissimo credendo che fosse diventata muta a causa di un altro maleficio della malvagia matrigna, ma, quando videro lo stato delle sue mani, capirono quel che lei stava facendo per la loro salvezza, e il più giovane scoppiò in un gran pianto sulle sue dita, e, là dove cadevano le sue lacrime, il dolore si placava e le bolle sparivano.



Jeffers S.


Fine Terza Parte


H.C. Andersen
Traduzione: Mab's Copyright

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