venerdì 13 novembre 2015

Il Nix, il Necken e il Fossegrimen

El Necken mer i flodens vågor quäder, 
Och ingen Hafsfru bleker sina kläder 
Pas böljans rygg i milda solars glans. 
Stagnelius.

Il Neck non canta più sulle rive,
e la Sirena non sbianca i suoi panni di lino
sulle onde del mite raggio solare

Il Nix, citato ne "Il Monte degli Elfi", di Andersen, suona la sua cetra d'oro scortato dalle figlie del mare.


Nils Blommer

Innumerevoli i nomi con cui è conosciuto in Scandinavia e nella mitologia germanica e anglosassone. Innumerevoli le ipotesi legate alla sua origine e alla sua natura. Alcuni punti fermi, ovvero ricorrenti:

E' un mutaforma.
"Il Neck (in Danese Nökke) è lo spirito del fiume. Le idee che lo riguardano sono varie. Talvolta viene rappresentato come seduto nelle notti estive sulla superficie dell'acqua, come un grazioso bambinetto con capelli dorati inanellati ed un cappello rosso in testa; talvolta come sovrastante l'acqua sotto forma di un bel giovane uomo, ma con la parte inferiore del corpo come quella di un cavallo*; altre volte come un vecchio con una barba lunga, dalla quale egli strizza fuori l'acqua quando siede sulla scogliera. In quest'ultima forma, secondo le saghe islandesi, si è talvolta rivelato Odino."

*Si crede che il Neck appaia anche sotto forma di un cavallo completo e possa essere fatto lavorare all'aratro se si usa una particolare briglia.
Thomas Keightley

E' anche un mutasesso. Quando è affascinato da una pastorella, la incanta con la sua musica fatale prendendo il sembiante di un giovane e bellissimo uomo, nudo negli antichi racconti, elegantemente vestito da gentiluomo nelle leggende post-cristianizzazione. Quando attrae un giovane pastore, lo seduce in forma di una bellissima fanciulla dai lunghissimi capelli, la cui natura "altra" è tradita (vedi le anguane nostrane) dalle pupille verticali o dalle orecchie a fessura. O dalle vesti il cui orlo è perennemente bagnato.





Vive preferibilmente in corsi d'acqua dolce, spesso presso una cascata.


Può essere sia benevolo che malevolo.
"I contadini danesi del tempo di Wormius descrivevano il Nökke (Nikke) come un mostro con la testa umana che dimora sia nell'acqua dolce che in quella salata. Quando qualcuno annegava si diceva che Nökken tog ham bort (il Nökke lo aveva portato via) e quando un annegato veniva trovato con il naso rosso si diceva che il Nikke lo aveva succhiato - Nikken har suet ham.
La Danimarca è un paese senza corsi d'acqua particolarmente grandi, pertanto nelle Danske Folkesagn non incontriamo leggende sui Nökke e nelle ballate, come The Power of the Harp, quello che in Svezia viene ascritto al Neck in Danimarca viene imputato al Havmand o Tritone".
Thomas Keightley

Ma non mancano racconti sul Nix che lancia grida di avvertimento e di richiamo ai pescatori da un punto preciso sulle acque. Quasi sempre inascoltato, una disgrazia avverrà, in seguito in quel punto.
Ho già detto del suo inappuntabile comportamento, delicato corteggiamento compreso, quando s'innamora.

Tuttavia, i corrispettivi irlandesi, scozzesi ed inglesi, sotto forma di un cavallo bianco dalla criniera inzuppata, il Kelpie o l'Alastyn o l'Each Uisge - ad esempio - sono una vera e propria incarnazione demoniaca: attirano e trascinano in acqua gli umani e li divorano. Vedi "Il Pony Goblin".

E' un divino maestro di musica (lira e violino).
Usa la musica per attrarre, incantare e soggiogare, ma ne rivela il segreto a pochi fortunati (in cambio di un agnello nero).

"Nonostante egli sia così severo solo con coloro che lo meritano, tuttavia quando la gente del contado si trova sull'acqua usa certe precauzioni contro il suo potere. I metalli, in particolare l'acciaio, si crede che “leghino il Neck” (binda Necken); e quando vanno in mare aperto sono soliti mettere un coltello sul fondo della imbarcazione o piantare un chiodo in un giunco. In Sorveglia l'incantesimo che segue viene considerato efficace contro il Neck:

Nyk, nyk, naal i vatn!
Jomfru Maria kastet staal i vatn
Du sök, äk flyt!

Neck, Neck, chiodo in acqua!
La Vergine Maria getta acciaio nell‟acqua!
Tu affondi, io galleggio!"

Thomas Keightley


 Andvik J.


Da "Il Monte degli Elfi": [...] Ci siederemo nelle stanze di pietra dove ardono i ciocchi di legna, berremo l'idromele dai corni d'oro degli antichi re norvegesi - l'Ondina me ne ha regalato qualcuno! Mentre saremo là seduti, verrà a trovarci il Nix, che canterà per noi le canzoni delle pastorelle."




Il Fossegrimen.

"Lo Strömkarl, chiamato in Norvegia Grim o Fosse-Grim (Grim della Cascata) è un genio musicale simile al Neck e, come lui, quando viene propiziato adeguatamente comunica la sua arte. Il sacrificio consiste in un agnello nero che l'offerente deve presentare con la testa voltata da una parte ed il giovedì sera. Se l'allievo è povero non arriva oltre all'accordo degli strumenti; se è grasso lo Strömkarl afferra il seguace per la mano destra e lo fa oscillare avanti e indietro fin quando il sangue scorre dalle punte delle dita. L'aspirante è allora in grado di suonare in una maniera così prodigiosa che gli alberi danzano e le cascate si fermano alla sua musica*.




*Ha undici diversi ritmi, solo dieci dei quali possono essere ballati dalla gente; l'undicesimo appartiene allo spirito della notte, suo ospite. Se qualcuno lo suonasse i tavoli e le sedie, i contenitori e le coppe, i vecchi uomini e le vecchie donne, i ciechi e gli zoppi ed anche i bambini in culla comincerebbero a danzare.
Thomas Keightley

Mab's Copyright

giovedì 12 novembre 2015

La Nixie della Gora del Mulino, Grimm n.181, Traduzione Mia

'era una volta un mugnaio che viveva con sua moglie in una serena agiatezza.
Possedevano denaro e terreni in abbondanza, e la loro prosperità aumentava di anno in anno. Ma la cattiva sorte arriva come un ladro nella notte, e, così come di anno in anno le loro proprietà erano aumentate, di anno in anno presero ad assottigliarsi, tanto che, un brutto giorno, il mugnaio potè dirsi fortunato di aver conservato il vecchio mulino. L'uomo aveva il cuore stretto dall'angoscia, e quando, dopo una lunga giornata di duro lavoro, si coricava, non trovava requie, ma si girava e rigirava nel letto. Una mattina, si levò prima dell'alba e uscì all'aperto, pensando che l'aria fresca gli avrebbe reso più lieve il peso sul cuore. Camminava presso la gora del mulino e il primo raggio di sole forava l'oscurità, quando udì un rumore provenire dalle acque. Si voltò e vide una bellissima donna emergere lentamente dalla superficie dello stagno. I lunghi capelli, che tratteneva con le morbide mani dietro le spalle, le ricaddero ai lati del viso coprendo il suo corpo candido. Il mugnaio non tardò a riconoscere la Nixie del Mulino, e, pieno di terrore, non sapeva se fuggire o restare. Ma la Nixie gli si rivolse con voce dolcissima chiamandolo per nome, e gli chiese perché mai fosse così triste.


H.J. Ford


Sulle prime, il mugnaio rimase pietrificato, ma, ascoltando le sue parole gentili, prese coraggio e le raccontò quanto fosse stata bella ed agiata un tempo la sua vita, mentre adesso era diventato così povero che non sapeva più che fare.
"Staì tranquillo - disse la Nixie - io ti renderò più ricco e felice di quanto sia mai stato in vita tua, ma devi promettermi che mi darai ciò che è appena nato nella tua casa."
'Che può essere, se non un cucciolo o un gattino?', pensò il mugnaio, e le promise ciò che desiderava. La Nixie si immerse nuovamente nell'acqua profonda e l'uomo si precipitò a casa, consolato e pieno di speranze. Non aveva neanche raggiunto la porta che la servetta uscì fuori gridandogli di rallegrarsi perché sua moglie aveva appena dato alla luce un bel maschietto. Fu come se il mugnaio fosse stato colpito da un fulmine: di certo, l'astuta Nixie sapeva già tutto e lo aveva imbrogliato. Salì a testa bassa in camera da letto, si avvicinò al capezzale della moglie, e, quando lei gli domandò perché non gioisse per la nascita del loro bellissimo bambino, le raccontò ciò che gli era capitato e la promessa fatta alla Nixie. "Che m'importa di tutte le ricchezze del mondo se dovrò perdere mio figlio? E adesso che faccio?", soggiunse. Anche i conoscenti, venuti per congratularsi, non sapevano cosa dire. Intanto, la prosperità tornò in casa del mugnaio. Aveva successo in tutto ciò che intraprendeva: era come se casse e bauli si riempissero da soli, come se il denaro si moltiplicasse nottetempo nei forzieri. Non passò molto tempo che divenne ricco quanto non era mai stato in vita sua. Ma lui non riusciva a godersi le sue ricchezze, perché il pensiero del patto stipulato con la Nixie lo tormentava. Ogni volta che passava sulla gora del mulino temeva di vedere la Nixie emergere dalle acque per esigere che pagasse il suo debito, né permetteva al figlio di avvicinarsi allo stagno.
"Bada bene - gli ripeteva - se tu dovessi anche solo sfiorare l'acqua, una mano uscirà dallo stagno, ti afferrerà e ti trascinerà giù, sul fondo!".
Ma, dal momento che gli anni passavano e la Nixie non si faceva vedere, il mugnaio incominciò a rasserenarsi. Il bambino crebbe, diventò un giovanotto e andò come apprendista presso un cacciatore. Quando ebbe imparato tutto, ed era un valente cacciatore egli stesso, il signore del villaggio lo prese al suo servizio. Nel villaggio viveva una ragazza bella e sincera e i due giovani si piacquero. Quando il padrone ne ebbe notizia, donò loro una graziosa casetta e vennero celebrate le nozze: il cacciatore e la sua sposa vissero insieme, felici e sereni, e amandosi l'un l'altra con tutto il cuore.
Un giorno, il cacciatore era sulle tracce di un giovane cervo, e, quando l'animale uscì dalla foresta per fuggire in aperta campagna, lo inseguì, e, infine, lo uccise. Poi, lo sventrò e si avvicinò all'acqua per lavare le mani sporche di sangue, giacché non si era reso conto di essere arrivato alla gora del mulino. Il giovane aveva appena sfiorato l'acqua con le dita che la Nixie emerse, lo cinse sorridendo con le sue braccia bagnate e lo trascinò rapidamente sul fondo, mentre le acque si richiudevano su di loro. Al calar delle tenebre, la giovane sposa, non vedendo tornare il marito, si allarmò. Poiché lui le aveva ripetuto spesso che doveva stare sempre in guardia contro le insidie della Nixie e che era costretto a tenersi lontano dalla gora del mulino per non sfidare la sorte, già immaginava cosa gli fosse capitato. Si affrettò verso lo stagno, e, quando trovò sulla riva il carniere del marito, non ebbe più alcun dubbio. Lamentandosi con alte grida e torcendo le mani per l'angoscia, chiamò il marito per nome, inutilmente. Poi, si precipitò sulla riva opposta e invocò nuovamente il nome del suo sposo, si rivolse con parole dure alla Nixie, ma non ebbe risposta. Le acque rimasero immobili; solo la luna nascente ricambiò il suo sguardo. La povera donna non si mosse dalle rive dello stagno. Non faceva che andare avanti e indietro con passi rapidi, a volte in silenzio, a volte lanciando un grido di richiamo, a volte singhiozzando sommessamente. Infine, esausta, cadde in terra e si addormentò profondamente. E sognò. Stava scalando una montagna inerpicandosi fra imponenti massi: rovi e spine le ferivano i piedi, una pioggia crudele le sferzava il viso e il vento le scompigliava i capelli. Arrivata in cima, le si mostrò un paesaggio completamente differente: il cielo era blu, l'aria mite e il terreno declinava dolcemente verso un prato verde tempestato di fiori di ogni colore, dove sorgeva una graziosa casetta. La raggiunse, spinse la porta e vide una vecchia donna dai capelli bianchi che le fece un cenno di benvenuto, ma, in quel momento, spuntò il sole. Si svegliò e il sole era sorto, e la sposa decise di ripercorrere la strada del sogno. Con gran fatica, scalò la montagna: tutto era esattamente come nel sogno. La vecchia donna l'accolse cortesemente e le offrì una sedia.
"Una grande sventura deve averti colpito - disse - se hai cercato la mia solitaria capanna".
Piangendo, la sposa raccontò le sue disgrazie.
"Consolati. Io ti aiuterò. Ecco un pettine d'oro. Aspetta la luna piena, poi, va' alla gora del mulino, siedi sulla riva dello stagno e pettina i tuoi lunghi capelli neri con il pettine d'oro. Quindi, lascia il pettine sulla riva e aspetta."
Confortata, la giovane tornò a casa, ma l'attesa della notte di luna piena fu interminabile: sembrava non arrivasse mai! Finalmente, il disco splendente salì nel cielo notturno. La sposa corse al mulino, sedette sulla riva dello stagno e ravviò lentamente i suoi lunghi capelli neri con il pettine d'oro. Poi, lasciò il pettine d'oro vicino all'acqua.




Non passò molto tempo che un'onda increspò la superficie dello stagno, si sollevò, raggiunse la riva e portò il pettine via con sé.
Il pettine d'oro non doveva neanche aver toccato il fondo che l'acqua si aprì ed emerse la testa del giovane cacciatore. Non pronunciò una parola, ma guardò la moglie con desolata tristezza, ed ecco, un'altra onda si sollevò e ricoprì la sua testa.
Tutto era finito: la superficie dello stagno era quieta e immobile sotto la luna splendente. Affranta, la donna tornò a casa, ma, quella stessa notte, sognò nuovamente la casa della vecchia donna. Il giorno seguente, tornò a piangere la sua disgrazia nella casetta solitaria.
La vecchia donna le donò un flauto d'oro.
"Attendi la prossima luna piena - disse - poi recati alla gora del mulino, siedi sulla riva e suona una bella aria con questo flauto. Quando avrai finito, deponi il flauto sulla sabbia: aspetta e vedrai".
La giovane eseguì a puntino le sue istruzioni. Una volta finito di suonare, depose il flauto sulla riva. Subito, un'onda si gonfiò, raggiunse il flauto e si ritirò portandolo via con sé. Immediatamente, il cacciatore emerse dalle acque fino alla cintura. Pieno d'amore e di nostalgia, tese le braccia verso di lei, ma una seconda onda lo ricoprì trascinandolo sul fondo.
"Ahimè! - pianse la sposa infelice - A che mi giova rivederlo per perderlo di nuovo?"
Fu sopraffatta dalla disperazione, ma il sogno la ricondusse alla casa della vecchia donna. Ella la confortò e le donò un arcolaio d'oro.
"Non tutto è compiuto. Attendi la prossima luna piena, siedi sulla riva e riempi un rocchetto filando con questo arcolaio d'oro, poi, lascialo vicino all'acqua. Aspetta e vedrai".
La sposa attese la luna piena, corse alla gora del mulino, e sedette sulla riva filando senza sosta finché non ebbe più lino e la conocchia era piena. Quindi, lasciò l'arcolaio sulla riva e attese.


Benvenuti


Aveva appena deposto l'arcolaio che un'onda, più gonfia delle precedenti, ribollì sulla superficie dello stagno, rotolò sulla riva e si ritirò portando via con sé l'arcolaio d'oro. Immediatamente, l'intera figura del cacciatore emerse dalle acque agitate. Egli balzò a riva, afferrò la mano della sposa e fuggì via con lei. Ma non avevano percorso che pochi passi che l'intero stagno si sollevò in una spaventosa ondata, e, con un rombo terrificante, tracimò, inseguendo i fuggitivi. Essi guardavano già la morte in faccia, quando la sposa implorò la vecchia donna di venire loro in aiuto, e, all'istante, la sposa si trasformò in un rospo e il cacciatore in una rana.



Così l'onda di piena li travolse e li sommerse, ma non poté ucciderli. Tuttavia, li separò con la sua furia. Quando le acque si calmarono, e i due raggiunsero il terreno asciutto, riassunsero immediatamente le antiche sembianze umane, ma si erano perduti e nessuno dei due sapeva dove fosse l'altro. Si ritrovarono tra estranei che neanche avevano sentito parlare del loro paese natio. Alte montagne e valli profonde li separavano. Per sopravvivere pascolavano le pecore, pieni di dolore e di nostalgia, attraversando campi e foreste, e così trascorsero lunghi anni. Quando la primavera tornò, entrambi condussero le greggi al pascolo, e Destino volle che si incontrassero. Non si riconobbero, ma si rallegrarono perché non erano più soli. Ogni giorno menavano le pecore allo stesso pascolo: parlavano poco ma si sentivano il cuore confortato.
Una sera - la luna splendeva alta nel cielo - il pastore trasse dalla tasca un flauto e suonò un'aria bella e triste. Quando depose il flauto, vide che la pastorella piangeva amaramente.
"Perché piangi?", le chiese.
"Ahimé! Così splendeva la luna l'ultima volta che suonai quest'aria, e le acque si aprirono e vidi il volto del mio amato!"
Lui la guardò e fu come se una benda gli cadesse dagli occhi e riconobbe la sua amata sposa.
Lei lo guardò e la luna gli illuminava il volto e riconobbe l'amato marito.
Caddero l'uno nelle braccia dell'altra ed è inutile raccontare quanto fossero felici.


Die Nixe im Teich, Grimm n. 181
Classificazione: AaTh 316
Traduzione: Mab's Copyright
Il testo in lingua originale è nella Pagina: "Brüder Grimm"

domenica 1 novembre 2015

Il Bosco Magico Russo

Nesterov, "Pozione d'Amore"



Alexey Korzukhin - Contadinelle nel Bosco


Nikolai Kornilievich Bodarevsky






Vorobiev Socrates Maksimovic - Il Vecchio Mulino



Konstantin Apollonovich Savitsky - The Witch


Spettri Irlandesi, da W.B. Yeats



Eugène Grasset 


Gli spettri o, come sono chiamati in irlandese, i Thevshi o Task (taidhbhse, tais), vivono in una condizione intermedia tra questa e l'altra vita. Sono trattenuti in questo stato da qualche desiderio o passione, o da qualche dovere non compiuto, o ancora da animosità contro i vivi. "Ti perseguiterò" è una minaccia comune; si sentono anche dire frasi del tipo: "Lei lo perseguiterà, se ha un briciolo di vera passione". [1] Se una persona è molto addolorata per la morte di un amico, un vicino dirà: "Calmati ora, gli stai impedendo di riposare in pace" [2]; nelle isole occidentali invece, secondo la signora Wilde, [3] vi diranno: "State svegliando il cane che è all'erta per divorare le anime dei morti".
Si crede che coloro che muoiono all'improvviso diventino più frequentemente degli altri dei fantasmi persecutori. Questi si aggirano spostando mobili e cercando di attirare in tutti i modi l'attenzione. Quando l'anima ha lasciato il corpo, viene portata via, a volte, dai folletti [4]. Conosco la storia di un contadino che un giorno vide, seduti in una fortezza fatata, tutti coloro che per anni erano morti nel suo villaggio. Tali anime sono considerate perdute. Se un'anima sfugge ai folletti può essere catturata dagli spiriti del male. Le anime deboli dei bambini sono in particolare pericolo. Quando muore un bambino molto piccolo i contadini dell'ovest spruzzano la soglia con il sangue di una gallina, in modo che gli spiriti vengano attratti fuori dal sangue. Un fantasma è costretto a obbedire agli ordini dei vivi. "Il garzone di stalla, là dalla signora G. - disse un vecchio contadino - incontrò il padrone, morto da due giorni, che andava in giro per il cortile, e gli propose di andare con lui al faro e di infestare quello; ed è ancora lì in mezzo al mare, signore. La signora G. si arrabbiò moltissimo per questo e licenziò il ragazzo". Un faro desolato, povero diavolo d'un fantasma! La signora Wilde pensa che vengano castigati così soltanto gli spiriti troppo cattivi per il paradiso e troppo buoni per l'inferno. Sono obbligati ad obbedire a qualcuno a cui abbiano fatto torto.
Le anime dei morti prendono a volte la forma di animali. A Sligo c'è un giardino in cui il giardiniere vide un vecchio proprietario nelle sembianze di un coniglio. A volte prendono la forma di insetti, specialmente farfalle [5]. Se ne vedete una svolazzare vicino a un cadavere, quella è l'anima, ed è segno che essa è andata nel mondo della felicità eterna. L'autore di Parochial Survey of Ireland, 1814, sentì una donna dire a un bambino che stava inseguendo una farfalla: "Come fai a sapere che non è l'anima di tuo nonno?". Alla vigilia di Ognissanti i morti se ne vanno in giro e danzano con le creature fatate. Qui, come in Scozia, si crede comunemente alle apparizioni. Se vedete il sosia, o l'apparizione di un amico al mattino, niente di male può venirne; ma se lo vedete alla sera, sta per morire [6].

W. B. Yeats

Note mie:

[1] La diffusa, e spesso sottesa, teoria che il protagonista di un grande amore, o di una bruciante passione, vinca anche la Morte, condannando se stesso e l'oggetto del suo folle innamoramento ad una sorta di possessione delirante è stato sfruttato senza vergogna dalla letteratura romantica (e/o sentimental-gotica).
Personalmente, trovo che la disperata invocazione di Heathcliff alla sua Cathy - proprio in quel contesto di rinfacci crudeli e richiami disperati, senza requie sino alla fine, ne sia il più emozionante esempio.
"... I stood still, and was witness, involuntarily, to a piece of superstition on the part of my landlord which belied, oddly, his apparent sense. He got on to the bed, and wrenched open the lattice, bursting, as he pulled at it, into an uncontrollable passion of tears. ‘Come in! come in!- he sobbed - Cathy, do come. Oh, do - once more! Oh! my heart’s darling! hear me this time, Catherine, at last!’ (Wuthering Heights, di Emily Bronte)

"... mi soffermai nel labirinto dei corridoi, e, senza volerlo, fui testimone di uno sfogo superstizioso del mio padrone di casa che bizzarramente contrastava con il suo apparente cinismo. Montò sul letto e, spalancati i pesanti scuri, scoppiò in un irrefrenabile pianto: 'Entra, entra!- singhiozzò - Cathy, vieni... Torna da me! Oh! amore mio, dammi ascolto per questa volta, Cathy, vieni, infine!" (Cime Tempestose).


Angel Dominguez


[2] Stessa filosofia della fiaba - di origine orientale - della madre inconsolabile che impedisce il riposo del bambino perduto con il suo ininterrotto pianto, riportata anche dai Grimm, "La Camicina da Morto", KHM 109.

[3] Lady Wilde, madre di Oscar Wilde

[4] Il Cristianesimo, travolgendo e stravolgendo l'antica cultura, ha portato una confusione irrimediabile. Nel pur lodevole tentativo di preservare saghe e miti precedenti, i monaci traduttori e amanuensi irlandesi hanno spogliato di qualsiasi accenno di divinità i protagonisti del Passato. Li hanno dapprima mescolati e poi volutamente e definitivamente confusi con il Piccolo Popolo che abitava nei Tumuli sotto le colline. E, perché anche la magia sa di "soprannaturale", ne hanno fatto degli abili illusionisti capaci di ingannare i sensi delle proprie vittime. Li hanno imparentati con il Diavolo e ne hanno ipotizzato la condizioni di angeli caduti. Oppure di anime indegne di qualsiasi dimora ultraterrena. O di un antico popolo di non battezzati perché antecedente al Cristianesimo. Oppure, oppure, oppure... Mi sembra cosa buona e giusta che gli spettri inquieti rendano loro visita.


Araya Samuel


[5] In realtà, usanza funebre vuole e pretende che la "veglia" serva a tenere lontano gli spiriti maligni dell'aria che potrebbero introdursi nel corpo del defunto, che per tre giorni è una sorta di sliding door, in quanto anche la sua stessa anima potrebbe "fuggire", e poi rientrare, sotto forma di insetto (mosca). Per questo tutti gli orifizi vengono sigillati.


Yusuke Katekari


[6] Se si incontra il proprio sosia va aggredito fino ad indurlo alla fuga, altrimenti vi sostituirà.

Mab's Copyright