giovedì 12 novembre 2015

La Nixie della Gora del Mulino, Grimm n.181, Traduzione Mia

'era una volta un mugnaio che viveva con sua moglie in una serena agiatezza.
Possedevano denaro e terreni in abbondanza, e la loro prosperità aumentava di anno in anno. Ma la cattiva sorte arriva come un ladro nella notte, e, così come di anno in anno le loro proprietà erano aumentate, di anno in anno presero ad assottigliarsi, tanto che, un brutto giorno, il mugnaio potè dirsi fortunato di aver conservato il vecchio mulino. L'uomo aveva il cuore stretto dall'angoscia, e quando, dopo una lunga giornata di duro lavoro, si coricava, non trovava requie, ma si girava e rigirava nel letto. Una mattina, si levò prima dell'alba e uscì all'aperto, pensando che l'aria fresca gli avrebbe reso più lieve il peso sul cuore. Camminava presso la gora del mulino e il primo raggio di sole forava l'oscurità, quando udì un rumore provenire dalle acque. Si voltò e vide una bellissima donna emergere lentamente dalla superficie dello stagno. I lunghi capelli, che tratteneva con le morbide mani dietro le spalle, le ricaddero ai lati del viso coprendo il suo corpo candido. Il mugnaio non tardò a riconoscere la Nixie del Mulino, e, pieno di terrore, non sapeva se fuggire o restare. Ma la Nixie gli si rivolse con voce dolcissima chiamandolo per nome, e gli chiese perché mai fosse così triste.


H.J. Ford


Sulle prime, il mugnaio rimase pietrificato, ma, ascoltando le sue parole gentili, prese coraggio e le raccontò quanto fosse stata bella ed agiata un tempo la sua vita, mentre adesso era diventato così povero che non sapeva più che fare.
"Staì tranquillo - disse la Nixie - io ti renderò più ricco e felice di quanto sia mai stato in vita tua, ma devi promettermi che mi darai ciò che è appena nato nella tua casa."
'Che può essere, se non un cucciolo o un gattino?', pensò il mugnaio, e le promise ciò che desiderava. La Nixie si immerse nuovamente nell'acqua profonda e l'uomo si precipitò a casa, consolato e pieno di speranze. Non aveva neanche raggiunto la porta che la servetta uscì fuori gridandogli di rallegrarsi perché sua moglie aveva appena dato alla luce un bel maschietto. Fu come se il mugnaio fosse stato colpito da un fulmine: di certo, l'astuta Nixie sapeva già tutto e lo aveva imbrogliato. Salì a testa bassa in camera da letto, si avvicinò al capezzale della moglie, e, quando lei gli domandò perché non gioisse per la nascita del loro bellissimo bambino, le raccontò ciò che gli era capitato e la promessa fatta alla Nixie. "Che m'importa di tutte le ricchezze del mondo se dovrò perdere mio figlio? E adesso che faccio?", soggiunse. Anche i conoscenti, venuti per congratularsi, non sapevano cosa dire. Intanto, la prosperità tornò in casa del mugnaio. Aveva successo in tutto ciò che intraprendeva: era come se casse e bauli si riempissero da soli, come se il denaro si moltiplicasse nottetempo nei forzieri. Non passò molto tempo che divenne ricco quanto non era mai stato in vita sua. Ma lui non riusciva a godersi le sue ricchezze, perché il pensiero del patto stipulato con la Nixie lo tormentava. Ogni volta che passava sulla gora del mulino temeva di vedere la Nixie emergere dalle acque per esigere che pagasse il suo debito, né permetteva al figlio di avvicinarsi allo stagno.
"Bada bene - gli ripeteva - se tu dovessi anche solo sfiorare l'acqua, una mano uscirà dallo stagno, ti afferrerà e ti trascinerà giù, sul fondo!".
Ma, dal momento che gli anni passavano e la Nixie non si faceva vedere, il mugnaio incominciò a rasserenarsi. Il bambino crebbe, diventò un giovanotto e andò come apprendista presso un cacciatore. Quando ebbe imparato tutto, ed era un valente cacciatore egli stesso, il signore del villaggio lo prese al suo servizio. Nel villaggio viveva una ragazza bella e sincera e i due giovani si piacquero. Quando il padrone ne ebbe notizia, donò loro una graziosa casetta e vennero celebrate le nozze: il cacciatore e la sua sposa vissero insieme, felici e sereni, e amandosi l'un l'altra con tutto il cuore.
Un giorno, il cacciatore era sulle tracce di un giovane cervo, e, quando l'animale uscì dalla foresta per fuggire in aperta campagna, lo inseguì, e, infine, lo uccise. Poi, lo sventrò e si avvicinò all'acqua per lavare le mani sporche di sangue, giacché non si era reso conto di essere arrivato alla gora del mulino. Il giovane aveva appena sfiorato l'acqua con le dita che la Nixie emerse, lo cinse sorridendo con le sue braccia bagnate e lo trascinò rapidamente sul fondo, mentre le acque si richiudevano su di loro. Al calar delle tenebre, la giovane sposa, non vedendo tornare il marito, si allarmò. Poiché lui le aveva ripetuto spesso che doveva stare sempre in guardia contro le insidie della Nixie e che era costretto a tenersi lontano dalla gora del mulino per non sfidare la sorte, già immaginava cosa gli fosse capitato. Si affrettò verso lo stagno, e, quando trovò sulla riva il carniere del marito, non ebbe più alcun dubbio. Lamentandosi con alte grida e torcendo le mani per l'angoscia, chiamò il marito per nome, inutilmente. Poi, si precipitò sulla riva opposta e invocò nuovamente il nome del suo sposo, si rivolse con parole dure alla Nixie, ma non ebbe risposta. Le acque rimasero immobili; solo la luna nascente ricambiò il suo sguardo. La povera donna non si mosse dalle rive dello stagno. Non faceva che andare avanti e indietro con passi rapidi, a volte in silenzio, a volte lanciando un grido di richiamo, a volte singhiozzando sommessamente. Infine, esausta, cadde in terra e si addormentò profondamente. E sognò. Stava scalando una montagna inerpicandosi fra imponenti massi: rovi e spine le ferivano i piedi, una pioggia crudele le sferzava il viso e il vento le scompigliava i capelli. Arrivata in cima, le si mostrò un paesaggio completamente differente: il cielo era blu, l'aria mite e il terreno declinava dolcemente verso un prato verde tempestato di fiori di ogni colore, dove sorgeva una graziosa casetta. La raggiunse, spinse la porta e vide una vecchia donna dai capelli bianchi che le fece un cenno di benvenuto, ma, in quel momento, spuntò il sole. Si svegliò e il sole era sorto, e la sposa decise di ripercorrere la strada del sogno. Con gran fatica, scalò la montagna: tutto era esattamente come nel sogno. La vecchia donna l'accolse cortesemente e le offrì una sedia.
"Una grande sventura deve averti colpito - disse - se hai cercato la mia solitaria capanna".
Piangendo, la sposa raccontò le sue disgrazie.
"Consolati. Io ti aiuterò. Ecco un pettine d'oro. Aspetta la luna piena, poi, va' alla gora del mulino, siedi sulla riva dello stagno e pettina i tuoi lunghi capelli neri con il pettine d'oro. Quindi, lascia il pettine sulla riva e aspetta."
Confortata, la giovane tornò a casa, ma l'attesa della notte di luna piena fu interminabile: sembrava non arrivasse mai! Finalmente, il disco splendente salì nel cielo notturno. La sposa corse al mulino, sedette sulla riva dello stagno e ravviò lentamente i suoi lunghi capelli neri con il pettine d'oro. Poi, lasciò il pettine d'oro vicino all'acqua.




Non passò molto tempo che un'onda increspò la superficie dello stagno, si sollevò, raggiunse la riva e portò il pettine via con sé.
Il pettine d'oro non doveva neanche aver toccato il fondo che l'acqua si aprì ed emerse la testa del giovane cacciatore. Non pronunciò una parola, ma guardò la moglie con desolata tristezza, ed ecco, un'altra onda si sollevò e ricoprì la sua testa.
Tutto era finito: la superficie dello stagno era quieta e immobile sotto la luna splendente. Affranta, la donna tornò a casa, ma, quella stessa notte, sognò nuovamente la casa della vecchia donna. Il giorno seguente, tornò a piangere la sua disgrazia nella casetta solitaria.
La vecchia donna le donò un flauto d'oro.
"Attendi la prossima luna piena - disse - poi recati alla gora del mulino, siedi sulla riva e suona una bella aria con questo flauto. Quando avrai finito, deponi il flauto sulla sabbia: aspetta e vedrai".
La giovane eseguì a puntino le sue istruzioni. Una volta finito di suonare, depose il flauto sulla riva. Subito, un'onda si gonfiò, raggiunse il flauto e si ritirò portandolo via con sé. Immediatamente, il cacciatore emerse dalle acque fino alla cintura. Pieno d'amore e di nostalgia, tese le braccia verso di lei, ma una seconda onda lo ricoprì trascinandolo sul fondo.
"Ahimè! - pianse la sposa infelice - A che mi giova rivederlo per perderlo di nuovo?"
Fu sopraffatta dalla disperazione, ma il sogno la ricondusse alla casa della vecchia donna. Ella la confortò e le donò un arcolaio d'oro.
"Non tutto è compiuto. Attendi la prossima luna piena, siedi sulla riva e riempi un rocchetto filando con questo arcolaio d'oro, poi, lascialo vicino all'acqua. Aspetta e vedrai".
La sposa attese la luna piena, corse alla gora del mulino, e sedette sulla riva filando senza sosta finché non ebbe più lino e la conocchia era piena. Quindi, lasciò l'arcolaio sulla riva e attese.


Benvenuti


Aveva appena deposto l'arcolaio che un'onda, più gonfia delle precedenti, ribollì sulla superficie dello stagno, rotolò sulla riva e si ritirò portando via con sé l'arcolaio d'oro. Immediatamente, l'intera figura del cacciatore emerse dalle acque agitate. Egli balzò a riva, afferrò la mano della sposa e fuggì via con lei. Ma non avevano percorso che pochi passi che l'intero stagno si sollevò in una spaventosa ondata, e, con un rombo terrificante, tracimò, inseguendo i fuggitivi. Essi guardavano già la morte in faccia, quando la sposa implorò la vecchia donna di venire loro in aiuto, e, all'istante, la sposa si trasformò in un rospo e il cacciatore in una rana.



Così l'onda di piena li travolse e li sommerse, ma non poté ucciderli. Tuttavia, li separò con la sua furia. Quando le acque si calmarono, e i due raggiunsero il terreno asciutto, riassunsero immediatamente le antiche sembianze umane, ma si erano perduti e nessuno dei due sapeva dove fosse l'altro. Si ritrovarono tra estranei che neanche avevano sentito parlare del loro paese natio. Alte montagne e valli profonde li separavano. Per sopravvivere pascolavano le pecore, pieni di dolore e di nostalgia, attraversando campi e foreste, e così trascorsero lunghi anni. Quando la primavera tornò, entrambi condussero le greggi al pascolo, e Destino volle che si incontrassero. Non si riconobbero, ma si rallegrarono perché non erano più soli. Ogni giorno menavano le pecore allo stesso pascolo: parlavano poco ma si sentivano il cuore confortato.
Una sera - la luna splendeva alta nel cielo - il pastore trasse dalla tasca un flauto e suonò un'aria bella e triste. Quando depose il flauto, vide che la pastorella piangeva amaramente.
"Perché piangi?", le chiese.
"Ahimé! Così splendeva la luna l'ultima volta che suonai quest'aria, e le acque si aprirono e vidi il volto del mio amato!"
Lui la guardò e fu come se una benda gli cadesse dagli occhi e riconobbe la sua amata sposa.
Lei lo guardò e la luna gli illuminava il volto e riconobbe l'amato marito.
Caddero l'uno nelle braccia dell'altra ed è inutile raccontare quanto fossero felici.


Die Nixe im Teich, Grimm n. 181
Classificazione: AaTh 316
Traduzione: Mab's Copyright
Il testo in lingua originale è nella Pagina: "Brüder Grimm"

Nessun commento: