domenica 31 luglio 2016

I Cigni Selvatici, Edizione Integrale, Traduzione Mia - Prima Parte

ontano lontano, laggiù dove volano le rondini ai primi rigori dell'inverno, abitava un Re, padre di undici figli maschi e di un'unica figlia, Elisa. Gli undici fratelli, che erano principi, si recavano a scuola con una stella sul petto e la spada al fianco, scrivevano con matite dalla punta di diamante su lavagnette d'oro, e imparavano le loro lezioni così rapidamente, e leggevano con tale scioltezza che chiunque avrebbe indovinato che erano principi. La sorella, Elisa, se ne stava seduta su di uno sgabello di cristallo sfogliando un libro ricco di belle immagini che valeva metà del Regno.
Ah, come erano felici quei bambini! Ma la loro felicità non era destinata a durare per sempre!



Lomaev A.



Il Re loro padre si risposò con una malvagia Regina, che non era affatto ben disposta nei confronti dei figliastri, e ai poveri bambini toccò scoprirlo subito, fin dal primo giorno. Al Castello si teneva un gran ricevimento, e i bambini giocavano alle "visite". Di solito, veniva apparecchiato loro un tavolino ricolmo di dolciumi e mele al forno, ma la Regina ordinò che avessero solo tazze da té piene di sabbia, e che giocassero pure a "far finta".
La settimana successiva, esiliò la piccola Elisa in campagna, presso una famiglia di contadini, e non ci mise molto a far credere al Re orribili cose sul conto dei Principini, tanto che Sua Maestà si disinteressò completamente di loro.



Gilbert A. Y.

venerdì 29 luglio 2016

Da "Il Brutto Anatroccolo", di H.C. Andersen. Traduzione Mia



Spirin G.


Ma il povero anatroccolo, che era uscito per ultimo dal suo uovo e che era tanto brutto, venne beccato, spinto e preso in giro non soltanto dalle anatre ma anche dalle galline:
"È troppo grosso!" dicevano tutti, e il tacchino, che era venuto al mondo con gli speroni e quindi si credeva un Imperatore, si gonfiò come un vascello a vele spiegate e si precipitò contro di lui gloglottando, con la testa avvampata d'indignazione.
Il povero anatroccolo non sapeva se rimanere o andar via: era molto infelice perché era tanto brutto e tutto il pollaio lo prendeva in giro.
E si andò avanti, giorno dopo giorno, e le cose non fecero che peggiorare. Il povero anatroccolo veniva scacciato da tutti; persino i suoi fratelli erano cattivi con lui, e gli ripetevano: "Ah, se solo il gatto ti prendesse, mostro!", e la madre: "Quanto vorrei che tu fossi molto molto lontano da qui!". Era troppo: volò oltre la siepe. Gli uccellini che si trovavano tra i cespugli frullarono ad ali spiegate.
"È perché sono brutto da far spavento", pensò l'anatroccolo e chiuse gli occhi, ma continuò a correre.[...]

giovedì 21 luglio 2016

Il Sambuco, la Driade, e la Madre o Nonnina-Sambuco





La Hyldemoer di H. C. Andersen, spesso sbrigativamente tradotta in Italiano: la Nonnina del Sambuco, è dichiaratamente (nelle versioni integrali) una Driade, una ninfa o divinità minore degli alberi. La novella - perché tale è, non una fiaba - gronda degli usuali buoni sentimenti andersiani. Cupezza, delitto e castigo, mortificazione dei proprii desiderii, sofferenze come espiazione e strada per la Salvezza, fidanzati sfortunati (ma saranno felici in un mondo "migliore"), madri orbate dei bambini innocenti (ma è la volontà di Dio, magari le moriva sulla forca) pur respingendomi alla velocità della luce, si riscattano con rari spunti ironici, dialoghi surreali, e una sorta di malcelata soddisfazione con cui affonda nel ridicolo i "vincenti" tradizionali. Nessuna nemesi sociale, per carità, una sua debolezza. Tornando alla sua Hyldemoer, non si nega e non ci nega quegli assaggi, scorci, brandelli di cultura popolare che fanno irresistibilmente parte del suo immaginario. Naturalmente: maneggiare con cura. Ovvero, è tutto da decifrare e da depurare. In fondo, (per Andersen) trattasi di un mondo pagano e pericoloso, ma troppo radicato per essere rinnegato sbrigativamente.

mercoledì 20 luglio 2016

La Ballata del Marinaio di G. Doré e la "Mermaid" di Martin Carthy

Come resistere alla tentazione di illustrare una bellissima ballata con le incisioni di G. Doré, e alla tentazione di donare alle incisioni di Doré il canto di Martin Carthy?







sabato 16 luglio 2016

Incontri con le Fanciulle "Elle" Scandinave

La Fanciulla Vae


i fu un tempo uno sposalizio e grande festa a Oesterhaesinge. La festa continuò fino al mattino e gli ospiti si congedarono con molto rumore e scompiglio. Mentre stavano aggiogando i cavalli alle loro carrozze, prima di andare a casa, si fermarono a parlare dei rispettivi doni nuziali. E mentre parlavano ad alta voce e con la massima noncuranza, arrivò da una brughiera vicina una fanciulla vestita di verde con giunchi intrecciati nei capelli; andò dall'uomo che parlava più ad alta voce e che si vantava più di tutti del suo dono e gli disse:
"Cosa darete alla fanciulla Vae?"
L'uomo, che era alticcio per tutta la birra ed il brandy che aveva bevuto, raccolse velocemente un frustino e rispose:
"Dieci colpi del mio frustino", e nello stesso istante cadde a terra morto.


Bao Pham

Gli Elfi Scandinavi


Da: "Fate nordiche, francesi e medioevali", di Thomas Keightley una succinta descrizione degli Elfi scandinavi [Norvegesi, Svedesi e Danesi]. Per chi abbia una discreta conoscenza delle storie elfiche irlandesi e scozzesi - e inglesi, ma in misura minore, nonostante gli sforzi di inesausti raccoglitori - la parentela è impressionante. Compresa una delle tante interpretazioni sull'origine stessa degli Elfi, ovvero la loro identificazione con il popolo indigeno pagano precedente la nascita di Cristo, e, quindi, escluso dalla salvezza. Inutile sottolineare il valore, la valenza, l'interesse di questa teoria dovuta o ai soliti redattori cristiani o agli stessi storytellers, costretti a cristianizzare le proprie storie per salvarsi vita e "professione". E, come in tutte le comunità oppresse da una cultura imposta, si sarà creato, almeno inizialmente, prima che l'ignoranza (accuratamente coltivata) completasse l'opera, un codice tra storyteller e ascoltatore, codice la cui chiave sarà andata perduta con il tempo (e la morte degli storytellers più "antichi").



J. Duncan



"Gli Alfar vivono nel ricordo e nelle tradizioni dei contadini scandinavi. In un certo senso, anch'essi mantengono la loro distinzione tra Bianchi e Neri. I primi, o Buoni Elfi, dimorano in aria, danzano sull'erba o siedono sulle foglie degli alberi; i secondi, o Elfi Maligni, vengono considerati il popolo sotterraneo, che spesso infligge malattie o danni all'umanità; per questi vi è un particolare tipo di dottore chiamato Kloka män, (a) che si incontra in tutte le zone del paese.