venerdì 29 luglio 2016

Da "Il Brutto Anatroccolo", di H.C. Andersen. Traduzione Mia



Spirin G.


Ma il povero anatroccolo, che era uscito per ultimo dal suo uovo e che era tanto brutto, venne beccato, spinto e preso in giro non soltanto dalle anatre ma anche dalle galline:
"È troppo grosso!" dicevano tutti, e il tacchino, che era venuto al mondo con gli speroni e quindi si credeva un Imperatore, si gonfiò come un vascello a vele spiegate e si precipitò contro di lui gloglottando, con la testa avvampata d'indignazione.
Il povero anatroccolo non sapeva se rimanere o andar via: era molto infelice perché era tanto brutto e tutto il pollaio lo prendeva in giro.
E si andò avanti, giorno dopo giorno, e le cose non fecero che peggiorare. Il povero anatroccolo veniva scacciato da tutti; persino i suoi fratelli erano cattivi con lui, e gli ripetevano: "Ah, se solo il gatto ti prendesse, mostro!", e la madre: "Quanto vorrei che tu fossi molto molto lontano da qui!". Era troppo: volò oltre la siepe. Gli uccellini che si trovavano tra i cespugli frullarono ad ali spiegate.
"È perché sono brutto da far spavento", pensò l'anatroccolo e chiuse gli occhi, ma continuò a correre.[...]




Spirin G.


Una sera, contro un radioso tramonto si stagliò uno stormo di uccelli grandi e splendidi: mai l'anatroccolo aveva visto esseri così belli, di un bianco luminoso, con lunghi colli flessibili. Erano cigni. Emisero un grido bizzarro, allargarono le loro magnifiche, lunghe ali e volarono via, lasciando quelle terre gelide, alla volta di Paesi più caldi, e del mare aperto. Volavano così alti che il brutto anatroccolo avvertì una strana nostalgia, si rotolò nell'acqua, sollevò il collo verso di loro ed emise un grido così acuto e strano che lui stesso ne fu spaventato.


Tomislav Tomic


Oh, non riusciva a dimenticare quei bellissimi, fortunati uccelli e, quando non li vide più, si tuffò nell'acqua fino a toccare il fondo, e, una volta tornato a galla, era fuori di sé. Non sapeva che uccelli fossero e neanche quale fosse la loro mèta, eppure sentiva di amarli come non aveva mai amato nessun altro. Non provava affatto invidia. Come avrebbe potuto anche solo desiderare una simile bellezza?[...]


Birmingham C.


Le allodole cantavano, era giunta la bella primavera! [...] Dal folto della vegetazione, proprio davanti a lui, vennero avanti, galleggiando con eleganza sull'acqua e scrollando delicatamente le piume,  tre bellissimi cigni bianchi: l'anatroccolo riconobbe quegli splendidi animali e fu invaso da una strana tristezza. "Voglio volare da quegli uccelli regali; lo so, mi uccideranno a beccate perché io, tanto brutto, oso avvicinarmi a loro, ma non m'importa! Meglio essere ucciso da loro che essere pizzicato dalle anatre, beccato dalle galline, preso a calci dalla ragazza del pollaio, e soffrire tanto il gelo dell'inverno!" E volò nell'acqua e nuotò verso quei magnifici cigni. Essi lo guardarono e gli andarono incontro muovendo maestosamente le ali. "Uccidetemi!", esclamò il poveretto, e abbassò la testa verso la superfìcie dell'acqua, aspettando la morte, ma cosa vide in quell'acqua tersa e lucente? Vide la propria immagine: non era più il goffo pulcino grigio, brutto e sgraziato, ma uno splendido cigno. Che importa essere nati in un pollaio di anatre, quando si è usciti da un uovo di cigno?




Da "Il Brutto Anatroccolo", di H.C. Andersen.
Traduzione: Mab's Copyright.

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