domenica 28 febbraio 2016

La Principessa-Serpente, A.N. Afanas'ev


n Cosacco andava per la sua strada, ed entrò in un fitto bosco; in una radura del bosco stava un mucchio di fieno. Il Cosacco si fermò un poco a riposarsi, si stese vicino al pagliaio a fumare la pipa; fuma fuma, e non vede che una scintilla è caduta sul fieno. Dopo aver riposato, salì a cavallo e si mise in cammino; non fece dieci passi che guizzò una fiamma e tutto il bosco s'illuminò. Il Cosacco si guarda intorno e vede che il fieno arde, e in mezzo al fuoco c'è una bella fanciulla che dice a voce alta:
"Cosacco, buon uomo! Salvami dalla morte"
"Come salvarti? Sei contornata di fiamme, non saprei come avvicinarmi."
"Spingi la tua picca nel fuoco, e io mi tirerò fuori".
Il Cosacco ficcò la picca nel fuoco e lui si tirò indietro, dal gran calore.
Subito la bella ragazza si tramutò in un serpente, s'arrampicò sulla picca, scivolò sul collo del cosacco, gli si avvolse attorno tre volte, e si prese la coda fra i denti.
Il Cosacco si spaventò, non sapeva cosa fare, come comportarsi.
Disse il serpente con voce umana:
"Non temere, bravo giovane! Portami al collo sette anni e cerca il reame di stagno, e quando sarai arrivato in quel reame restaci, vivi lì ancora sette anni senza uscirne mai. Se mi fai questo servigio sarai felice!"
Il Cosacco partì alla ricerca del reame di stagno; ne passò di tempo, ne corse di acqua sotto i ponti! Alla fine del settimo anno arrivò a un ripido monte. Su quel monte sta un castello di stagno, intorno al castello c'è un muro di bianche pietre. Galoppò su per il monte, davanti a lui la muraglia si apre ed egli entra nell'ampio cortile. Nello stesso istante il serpente si staccò dal suo collo, si gettò contro l'umida terra, si tramutò in una splendida fanciulla e scomparve alla vista, come non esistesse.



C.Schloe

giovedì 25 febbraio 2016

Le Tre Foglie della Serpe, Grimm n16, Traduzione Mia




Denis Forkas



'era una volta un pover'uomo che non poteva più mantenere il suo unico figlio. Il figlio, allora, gli disse:
"Caro padre, viviamo in una miseria tale che io sono diventato solo un peso per voi; me ne vado per il mondo e cercherò di guadagnarmi il pane."
Così il padre gli diede la sua benedizione e si accomiatò da lui con grande dolore. A quel tempo, c'era il Re di un immenso impero, e questo Re era in guerra. Il giovane si arruolò nel suo esercito e andò a combattere per lui.
Quando fronteggiò il nemico, si ritrovò al culmine della battaglia e in estremo pericolo: piovevano proiettili e i suoi camerati cadevano da ogni parte, e, quando anche il comandante cadde, i superstiti volevano fuggire, ma il giovane si fece avanti e li apostrofò gridando:
"Non lasciamo che la Patria vada in rovina!".
Allora gli altri lo seguirono, ed egli li condusse all'assalto del nemico e lo sconfisse. Quando al Re giunse notizia che a lui solo doveva la vittoria, lo innalzò sopra tutti, gli donò grandi ricchezze e ne fece il primo uomo del Regno.
Il Re aveva una figlia, che era molto bella ma piuttosto eccentrica. Ella, infatti, aveva giurato che chi volesse diventare suo signore e sposo avrebbe dovuto promettere di lasciarsi seppellire vivo con lei, nel caso le fosse sopravvissuto.
"Se mi amerà davvero con tutto il cuore, che senso avrebbe per lui la vita dopo la mia morte?"
Da parte sua, se il suo sposo fosse morto per primo, ella sarebbe scesa nella tomba con lui.
Questo giuramento aveva scoraggiato tutti i pretendenti, ma il giovane fu così affascinato dalla bellezza della Principessa che la chiese in sposa al Re suo padre.
Allora, il Re disse:
"Ma tu conosci il suo giuramento?"
"Sarò seppellito vivo con lei se dovessi sopravviverle - rispose il giovane - Il mio amore è così grande che affronterò il rischio".
Allora il Re diede il suo consenso e le nozze furono celebrate con grande solennità.
Per un po', i due sposi vissero felici e contenti, amandosi teneramente, ma avvenne che la giovane Regina fosse aggredita da una perniciosa malattia e che nessun medico riuscisse a guarirla, cosicché ella, in breve tempo, morì.
E, guardando la sua sposa giacere morta, il giovane rammentò il suo giuramento e inorridì al pensiero d'essre calato vivo e seppellito nella tomba della moglie, ma non aveva scampo: il Re aveva ordinato che ogni via d'uscita fosse sorvegliata da sentinelle armate perché non fuggisse, e, non c'era modo di sottrarsi al suo destino. Quando il cadavere fu inumato nella cripta regale, anche il giovane sposo fu calato giù, e le porte furono chiuse e sigillate.
Accanto alla bara, c'era un tavolo, e sul tavolo c'erano quattro candele, quattro pani e quattro bottiglie di vino. Una volta consumate queste provviste, egli sarebbe morto di fame. E lui se ne stava seduto là, vicino alla bara, oppresso dal dolore, e ogni giorno mangiava soltanto un morso di pane e beveva soltanto un sorso di vino, eppure vedeva la morte avvicinarsi sempre di più.
Un giorno, egli scorse una serpe strisciare fuori da un angolo della cripta e avvicinarsi al cadavere. Pensando che volesse morderlo, sguainò la spada e disse:
"Finché sarò vivo, non la toccherai", e tagliò la serpe in tre pezzi.



Jeremy Hush

lunedì 22 febbraio 2016

Oraggio e Bianchinetta, V.Imbriani

'era una volta una signora, che aveva due figli: il maschio si chiamava Oraggio, la femmina Bianchinetta. Da ricchissimi, che erano, per alcune disgrazie divennero poveri. Fu deciso che Oraggio sarebbe andato a servire; come infatti s'impiegò in casa di un Principe come cameriere. Dopo diverso tempo, contento il Principe del suo servigio, lo cambiò e lo mise a pulire i quadri della sua quadreria. Fra le varie pitture un ritratto di donna bellissimo formava continuamente l'ammirazione di Oraggio. Spesse volte il Principe lo sorprese ammirando il ritratto. Un giorno gli domandò per qual ragione passava tanto tempo innanzi a quella pittura. Oraggio rispose che quel ritratto era la vera immagine di sua sorella. Essendone lontano da diverso tempo, sentiva il bisogno di rivederla. Il Principe rispose che non credeva che quella pittura somigliasse alla sua sorella, giacchè aveva fatto cercare e non era stato possibile trovare nessuna donna, che a quella somigliasse. Inoltre soggiunse: "Falla venire qua; e, se è bella come dici, la farò mia sposa."
Subito scrisse Oraggio a Bianchinetta; ed essa immantinenti partì. Oraggio andò a attenderla al porto; e, quando cominciò da lontano a scorger la nave, ad intervalli gridava: "Marinari dall'alta marina, guardate la mia Bianchina, che il sol non la tinga.





Nella nave, dove si trovava Bianchinetta, eravi pure un'altra giovane con la madre, bruttissime ambedue. Giunte vicine al porto, la figlia dette un colpo alla Bianchinetta e la gettò nel mare. Giunte, Oraggio non sapeva riconoscere la sua sorella; e quella brutta ragazza si presentò dicendo che il sole l'aveva così tinta, che non si riconosceva più. Il Principe rimase sorpreso a vedere quella donna così brutta, rimproverò Oraggio e lo cambiò di ufficio; lo mise a guardare le oche. Tutti i giorni conduceva al mare le oche. E tutte le volte che le portava al mare, Bianchinetta usciva e le ornava di fiocchettini di diversi colori. Ed esse tornando a casa dicevano:

Crò! crò! 
Dal mar venghiamo, 
D'oro e perle ci cibiamo. 
La sorella d'Oraggio è bella, 
È bella come il sole: 
Sarebbe bene al nostro padrone. 

Domandò il Principe ad Oraggio, come mai le oche dicevano tutt'i giorni quelle parole. Ed esso raccontò che la sua sorella, gettata in mare, era stata presa da un pesce marino e l'aveva condotta in un bellissimo palazzo sott'acqua, ove la teneva incatenata. Però, con una lunga catena, che gli permetteva di venire fino alla sponda, allorquando lui portava fuori le oche.





venerdì 5 febbraio 2016

Il Latte Sacro di Koumongoe (Africa Sub-Equatoriale) Traduzione Mia

Lontano lontano, in un Paese molto caldo, un tempo vivevano un uomo e una donna che avevano due figli: un maschio di nome Koane e una femmina chiamata Thakane.
Dall'alba al tramonto, i genitori lavoravano sodo nei campi, riposando all'ombra di un albero quando il sole era alto nel cielo.
La bambina restava sola in casa poiché il fratello si alzava prima dell'alba, quando l'aria era fresca e sottile, e conduceva le greggi là dove l'erba era più tenera.
Un giorno, Koane si svegliò più tardi del solito. I genitori si erano già recati nei campi, e Thakane preparava il pane per la cena.
"Thakane! - gridò - ho sete! Prendimi da bere dall'albero Koumongoe, che ha il latte più buono del mondo!"
"Oh, Koane! - gridò di rimando la sorella - Lo sai che è proibito toccare quell'albero!"
"Sciocchezze! - rispose Koane - Ha tanto latte che non se ne accorgerà nemmeno. Se non me lo porterai, non condurrò le greggi al pascolo: resteranno tutto il giorno chiuse nella capanna e moriranno di fame."
E le voltò le spalle con rabbia, e andò a sedersi in un angolo.
Dopo un po', Thakane disse:
"Fa sempre più caldo, non dovresti condurre fuori le greggi?"
Ma Koane le rispose, imbronciato:
"Ti ho detto che non le condurrò al pascolo oggi. Se io dovrò fare a meno del latte, loro dovranno fare a meno dell'erba".
Thakane non sapeva cosa fare. Aveva paura di disobbedire ai genitori, che, con ogni probabilità, l'avrebbero picchiata. Tuttavia, non vi era dubbio che, se le bestie fossero rimaste chiuse nella capanna, avrebbero sofferto molto, e lei, forse, sarebbe stata picchiata ugualmente. Così, alla fine, prese un'ascia ed una piccola ciotola di terracotta e aprì un forellino nel fianco dell'albero da cui uscì latte a sufficienza per riempire la scodella.
"Ecco il latte che volevi", disse a Koane, che se ne stava tutto imbronciato nell'angolo.
"E questo cos'è? - brontolò - Non basta ad annegare una mosca. Va' e portamene tre volte tanto!"
Tremante di paura, Thakane tornò all'albero e gli inferse un colpo deciso con l'ascia. In un attimo, ne sgorgò tanto latte da riempire la capanna come un fiume in piena.
"Koane! Koane! - gridò Thanake - Vieni ad aiutarmi a tappare il taglio nell'albero o non resterà più latte per i nostri genitori!"
Ma gli sforzi di Koane non ebbero più successo di quelli di Thanake, e, ben presto, il latte straripò dalla capanna e dilagò giù per la collina, fino ai campi in cui lavoravano i genitori.
L'uomo vide l'onda bianca e capì cos'era successo.
"Moglie! Moglie! - disse a gran voce a sua moglie, che lavorava poco lontano - Vedi il Koumongoe precipitare giù per la collina? Questo è un tiro dei ragazzi, ne sono certo. Devo scoprire che hanno combinato". E l'uomo e la donna lasciarono cadere le zappe e corsero verso il Koumongoe. Inginocchiati sull'erba, unirono le mani a mo' di coppa, raccolsero un po' di latte e lo bevvero. E il Koumongoe si ritirò su per la collina e rientrò nella capanna.
"Thakane - dissero severamente i genitori, quando raggiunsero la capanna, ansimanti per la canicola - che fai? Perché il Koumongoe è sceso giù per la collina, fino ai campi, invece di restare nell'orto?"
"E' stata colpa di Koane - rispose la ragazza - Si è rifiutato di condurre le greggi al pascolo finché non avesse bevuto il latte di Koumongoe, così, non sapendo cos'altro fare, gliel'ho portato".
Il padre ascoltò le parole di Thakane, ma non le rispose. Invece, portò nella capanna due pelli di pecora, le macchiò di rosso e mandò a chiamare il fabbro perché forgiasse degli anelli di ferro. Quindi, il collo, le braccia e le gambe di Thakane vennero passati attraverso gli anelli di ferro, e le misero indosso le due pelli di pecora: una davanti e una dietro. Quando tutto fu pronto, il padre mandò a chiamare i servi e disse:
"Voglio sbarazzarmi di Thakane."
"Sbarazzarti della tua unica figlia? - risposero quelli, sorpresi - Ma perché?"
"Perché ha mangiato ciò che non avrebbe dovuto mangiare. Perché ha toccato l'albero sacro, che appartiene a sua madre e a me solamente".
E, voltate loro le spalle, ordinò a Thakane di seguirlo, e s'incamminarono giù per la via che conduceva alla dimora di un Orco.
Mentre passavano lungo i campi in cui maturava il mais, un coniglio spuntò improvvisamente ai loro piedi, si rizzò sulle zampe posteriori, e cantò:

"Perché dai all'Orco
tua figlia, così buona, così bella?"

"E' meglio che tu lo chieda a lei - rispose l'uomo - E' grande abbastanza per risponderti".
E, a sua volta, Thakane cantò:

"Ho dato Koumongoe a Koane, ho dato Koumongoe al custode delle greggi,
Perché, senza Koumongoe, sarebbero morte di inedia nella capanna;
Ecco perché ho dato a Koane il latte di mio padre!"

Appena ebbe udito il suo canto, il coniglio gridò:

"Miserabile uomo! E' te che l'Orco dovrebbe divorare, non la tua bellissima figlia!".

Ma il padre non prestò alcuna attenzione alle sue parole, e affrettò il passo, ammonendo la figlia di tenersi vicina a lui.



Ford H.J.


Cammina cammina, incontrarono un gruppo di quei grandi cervi chiamati elands, che, vedendo Thakane, si fermarono e cantarono: