lunedì 22 febbraio 2016

Oraggio e Bianchinetta, V.Imbriani

'era una volta una signora, che aveva due figli: il maschio si chiamava Oraggio, la femmina Bianchinetta. Da ricchissimi, che erano, per alcune disgrazie divennero poveri. Fu deciso che Oraggio sarebbe andato a servire; come infatti s'impiegò in casa di un Principe come cameriere. Dopo diverso tempo, contento il Principe del suo servigio, lo cambiò e lo mise a pulire i quadri della sua quadreria. Fra le varie pitture un ritratto di donna bellissimo formava continuamente l'ammirazione di Oraggio. Spesse volte il Principe lo sorprese ammirando il ritratto. Un giorno gli domandò per qual ragione passava tanto tempo innanzi a quella pittura. Oraggio rispose che quel ritratto era la vera immagine di sua sorella. Essendone lontano da diverso tempo, sentiva il bisogno di rivederla. Il Principe rispose che non credeva che quella pittura somigliasse alla sua sorella, giacchè aveva fatto cercare e non era stato possibile trovare nessuna donna, che a quella somigliasse. Inoltre soggiunse: "Falla venire qua; e, se è bella come dici, la farò mia sposa."
Subito scrisse Oraggio a Bianchinetta; ed essa immantinenti partì. Oraggio andò a attenderla al porto; e, quando cominciò da lontano a scorger la nave, ad intervalli gridava: "Marinari dall'alta marina, guardate la mia Bianchina, che il sol non la tinga.





Nella nave, dove si trovava Bianchinetta, eravi pure un'altra giovane con la madre, bruttissime ambedue. Giunte vicine al porto, la figlia dette un colpo alla Bianchinetta e la gettò nel mare. Giunte, Oraggio non sapeva riconoscere la sua sorella; e quella brutta ragazza si presentò dicendo che il sole l'aveva così tinta, che non si riconosceva più. Il Principe rimase sorpreso a vedere quella donna così brutta, rimproverò Oraggio e lo cambiò di ufficio; lo mise a guardare le oche. Tutti i giorni conduceva al mare le oche. E tutte le volte che le portava al mare, Bianchinetta usciva e le ornava di fiocchettini di diversi colori. Ed esse tornando a casa dicevano:

Crò! crò! 
Dal mar venghiamo, 
D'oro e perle ci cibiamo. 
La sorella d'Oraggio è bella, 
È bella come il sole: 
Sarebbe bene al nostro padrone. 

Domandò il Principe ad Oraggio, come mai le oche dicevano tutt'i giorni quelle parole. Ed esso raccontò che la sua sorella, gettata in mare, era stata presa da un pesce marino e l'aveva condotta in un bellissimo palazzo sott'acqua, ove la teneva incatenata. Però, con una lunga catena, che gli permetteva di venire fino alla sponda, allorquando lui portava fuori le oche.








Disse il Principe: "Se è vero ciò che racconti, domandagli cosa ci vorrebbe per liberarla da quella prigione."
Il giorno dopo domandò Oraggio a Bianchinetta come avrebbe potuto fare per toglierla di là e condurla al Principe.
Essa rispose: "È impossibile togliermi di qua. Così almeno mi dice sempre il mostro: Ci vorrebbe una spada che tagliasse quanto a cento; E un cavallo che corresse quanto il vento. Queste due cose è quasi impossibile trovarle. Tu vedi dunque, per me è destino, che debba rimaner sempre qua."
Tornando Oraggio al palazzo, riferì la risposta di sua sorella al Principe. Ed esso fece di tutto, e riuscì a trovare il cavallo che correva quanto il vento, e la spada che tagliava quanto cento. Andarono al mare: trovarono Bianchinetta, che li attendeva. Li condusse nel suo palazzo. Con la spada fu tagliata la catena. Montò sul cavallo e così potè liberarsi. Giunti al palazzo, il Principe la trovò bella quanto il ritratto che guardava sempre Oraggio, e la sposò. L'altra brutta fu bruciata in mezzo di piazza con la solita camicia di pece; e loro vissero contenti e felici.






Stretta la foglia, larga la via,
Dite la vostra, chè ho detto la mia.

Da : La Novellaja Fiorentina, n.25, Vittorio Imbriani.
Immagini  di Catrin Welz-Stein

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