sabato 31 dicembre 2016

The Twelve Days of Christmas - dal 29 al 31 Dicembre

Laurel Long - The Twelve Days of Christmas .

Day 6 - 31 dicembre
"On the SIXTH Day of CHRISTMAS, my True Love Gave to Me SIX GEESE A-LAYING, Five Golden Rings, Four Calling Birds,Three French Hens Two Turtle Doves and a Partridge in a Pear Tree"




venerdì 30 dicembre 2016

La Cintura Magica, (Fiaba Gypsy, Grecia)

'era una volta un cacciatore che ogni giorno andava a caccia nella foresta.
Un giorno, però, non riuscì a cacciare niente e sua moglie si chiedeva che cosa mai gli avrebbe preparato da mangiare. Alla fine si tagliò un seno e glielo cucinò. Appena il marito tornò a casa, lei gli disse di andare a sedersi per mangiare. Quando ebbe finito, il cacciatore disse:
"Davvero ottimo. Dove l'hai preso? Dovresti comprarne ogni giorno!"
Allora la donna gli rispose:
"Non l'ho comprata questa carne: è uno dei miei seni!"
"Ah! È davvero così saporita la carne umana?"
"Davvero".
Allora il cacciatore disse:
"Donna, se la carne umana è così gustosa, uccidiamo i nostri figli e
mangiamoceli".
Ma appena sentite queste parole, la donna svenne. Quando riprese i sensi il marito le disse:
"Non preoccuparti, ti abituerai all'idea".

mercoledì 28 dicembre 2016

The Twelve Days of Christmas - dal 26 al 28 Dicembre



Day 3 - (28 dicembre)
"On the Third Day of Christmas, my True Love Gave to Me Three French Hens Two Turtle Doves and a Partridge in a Pear Tree"...





martedì 27 dicembre 2016

Coro dell'Armata Rossa: Fischia il Vento

Urashima Tarō, e la Tir-na-n-Og Giapponese

La leggenda giapponese di Urashima Tarō è probabilmente la più conosciuta in Occidente, forse perché il tema principale, il viaggio in una terra soprannaturale dove il trascorrere del Tempo è pericolosamente diverso, è diffusissimo anche nelle nostre storie. Vengono in mente Oisin e Niam e Tir-na-n-Og, Thomas the Rhymer, e persino le contaminazioni cristiane del tema, con le estasi mistiche che annullano e moltiplicano il passare del Tempo.
Della leggenda di Urashima Tarō esistono numerose varianti. Ne ho ricostruita una, basandomi su quella più diffusa e attendibile.
La variante che si stacca marcatamente da quella che considero l'originale, (o, chissà, forse è, invece, l'ultima traccia dell'antico nucleo), narra di un giovane e ardito pescatore che, in una notte di luna piena, si sporge pericolosamente dalla barca, i lunghi e bellissimi capelli inzuppati di raggi lunari e acqua marina, e cade negli abissi, "reso pazzo dalla Luna", attratto dagli incantamenti della figlia del Dio degli Abissi del Mare, che lo imprigiona nella sua "fredda grotta", disteso su di un letto di sabbia.


Ford H.J.


Nessuna traccia, quindi, del Palazzo del Re Drago e della sua elegante Corte.
E inizia un dialogo in versi, una sorta di nenia, tra la Creatura che chiede l'amore del giovane pescatore poiché i suoi lunghi capelli  "si sono attorcigliati intorno al suo cuore",  e Urashima Tarō, qui sorprendentemente padre di famiglia, che si ostina a rifiutarla invocando la tenerezza verso i proprii bambini e la sua preoccupazione per il loro destino. Infine, la Figlia del Dio del Mare acconsente a lasciarlo libero, in cambio di un'unica notte. Il pescatore acconsente. Liberato con il cofanetto da-non-aprire-mai, ritorna nel suo villaggio. Il finale della storia non muta, se non per una disperata ricerca fra le lapidi del cimitero, alla ricerca di una conferma di cui è, in cuor suo, già consapevole. E, infatti, trova i nomi di tutti i suoi figli, morti vecchissimi, e dei figli dei suoi figli.  E il dono di addio, qui, potrebbe avere in senso, il senso di una fredda vendetta, basato sulla consapevolezza delle debolezze umane.


Yamamoto Hōsui



anto tanto tempo fa, sulle coste del Giappone, nella provincia di Tago, in un modesto villaggio di pescatori,viveva un giovane di nome Urashima Tarō (浦島太郎). Suo padre era stato un abile pescatore, e aveva trasmesso la sua abilità al figlio, che era certamente il pescatore più audace del villaggio e non temeva di spingersi in mare aperto. Tuttavia, più che per il suo ardimento nell'affrontare le onde con qualsiasi tempo, era rinomato per la gentilezza e la grande generosità del suo animo.

domenica 18 dicembre 2016

Un'Altra Storia su Contarape

on un vecchio pastore, un uomo molto schietto, Contarape aveva quasi stretto amicizia, tanto che gli permetteva di recarsi al pascolo col gregge fino alle siepi del suo giardino, cosa che nessun altro avrebbe mai potuto fare.
Un giorno però il vecchio non prestò sufficiente attenzione e alcune pecore sconfinarono nel giardino dello gnomo.
Contarape si adirò a tal punto che spaventò il gregge e lo fece precipitare giù per la montagna.
La maggior parte delle pecore si infortunò, e il pastore si trovò in gravissime difficoltà.
Un medico di Schmiedberg, che era solito raccogliere erbe sui Monti dei Giganti, aveva avuto anche lui l'onore, pur senza saperlo, di intrattenere con la sua loquacità da spaccone lo gnomo, che gli compariva davanti di volta in volta nelle vesti di taglialegna, o in quelle di viaggiatore, lasciandosi spiegare da questo Esculapio tutte le sue cure.
Talvolta era anche tanto cortese da portargli per un buon pezzo il pesante fascio di erbe e da informarlo su alcune proprietà balsamiche ancora sconosciute.
Il medico, che si riteneva più esperto di un banale taglialegna, si infastidì di questo insegnamento e gli disse risentito:
"Il calzolaio deve fare il suo mestiere e il boscaiolo non deve avere la pretesa di insegnare al medico. Ma visto che tu te ne intendi così bene, allora dimmi sapientone: che cosa vi fu per prima, la ghianda o la quercia?"
Lo Spirito rispose: "Senza dubbio fu l'albero a venire per primo perché il frutto proviene dall'albero".
"Stolto!- soggiunse il medico - e da dove provenne il primo albero se non poté nascere dal seme, racchiuso nel frutto?"
Il boscaiolo rispose: "E' davvero una bella domanda, ma è troppo elevata per me.
Anch'io però voglio farvi una domanda: a chi appartiene la terra sotto ai nostri piedi, al re di Boemia o al signore della montagna?"


Rübezahl (Il Contarape in Slesia)


Così infatti si faceva chiamare lo Spirito, perché il nome di Contarape non gli era gradito e provocava una scarica di legnate e di lividi.
"Ritengo che questo terreno appartenga al mio signore, il re di Boemia, perché Contarape è solo un fantasma, uno spauracchio per i bambini".
Non appena ebbe pronunciato queste parole, il taglialegna si trasformò in un terribile gigante, con occhi di fuoco e gesti minacciosi, che, inveendo terribilmente contro il medico, disse con voce roca:
"Eccolo qui Contarape che ti farà vedere come non esiste spezzandoti le costole!".
Lo prese quindi per il collo e lo sbatté contro alberi e pareti rocciose, poi gli cavò un occhio e lo abbandonò in quel luogo più morto che vivo, tanto che in seguito il medico non volle più andare su quelle montagne a raccogliere erbe.

"Leggende di Contarape" (Boemia), J. K. A. Musaus.
Da : Il Bosco. Miti, leggende e fiabe, A. Mari - Ulrike Kindl

martedì 13 dicembre 2016

Lucia, Lussi e Christkindel (e Scorta Diabolica)

E rispunta la Scorta Diabolica.
La Chiesa Protestante luterana si arrocca nel cuore dell'Europa centrale guardando al Nord, "cancella" san Nicola e tenta di soppiantarlo con Lussi-Lucia. Ma, con il tempo, la tradizione popolare lo sostituirà con Sancta, mentre san Nicola resisterà nelle zone più conservatrici e rigidamente cattoliche, affiancato da... Lussi la "Luterana",  sotto il nome di Christkindel, (la ben nota figura di fanciulla bionda, incoronata di candele fiammeggianti, generosa distributrice di dolci e doni), degradata a "braccio destro" di Nicola, ma anch'ella accompagnata dal diabolico essere mostruoso conosciuto altrove come Krampus.

Christkindel e "Hans Trapp"









13 Dicembre. Lussi. La Tenebra e la Luce.





La Notte di Lussi, Lussinatta. Il lato oscuro di santa Lucia. O meglio, è santa Lucia l'idilliaca usurpatrice cristiana dell'antica Dèa del solstizio d'inverno.
Lussi, l'aspetto terrifico della Dèa Madre, imperversava nelle gelide regioni nordiche, accompagnata, come le pre-olimpiche Iside o Ecate, dalla caccia selvaggia [Lussiferda], tra i fischi delle bufere e le tempeste di neve. Guai a chi l'avesse incontrata di notte. I dèmoni e gli spiriti e i troll che la scortavano erano partecipi della sua natura maligna. La Lussinatta, a ridosso del solstizio invernale, era una notte di veglia e di terrore. Nelle case si accendevano lumi e candele per tenere lontani gli spiriti delle tenebre al massimo della loro potenza e del loro furore nell'imminenza del rinnovato trionfo della Luce. Il sonno costituiva un pericolo pari a quello delle tenebre né si era al sicuro fra le mura domestiche. Lussi la Terribile si calava dai camini delle case dove i lavori giornalieri non erano stati portati a termine prima del crepuscolo e rapiva i colpevoli.
Di questo aspetto minaccioso restano tracce anche nella soavità della festa cristiana di santa Lucia, della santa Lucia buona. I bambini, in attesa dei doni, le lasciano dolci, biscotti e latte (v. Befana!), ma non devono arrischiarsi ad aspettarla svegli perché potrebbero essere accecati per punizione con la cenere del focolare.

Il Fedele Johannes, Grimm n.6, Traduzione Mia

'era una volta un vecchio Re che cadde ammalato, e, sentendo di essere ormai prossimo alla fine, disse: "Mandate a chiamare il mio Fedele Johannes".
Il Fedele Johannes era il suo servitore prediletto, e si chiamava così perché per tutta la vita aveva dimostrato un'incrollabile lealtà verso il suo Signore. Quando il Fedele Johannes fu al suo capezzale, il Re gli disse:
"Mio fedelissimo Johannes, sento che la mia fine si avvicina. Muoio sereno, ma ho un unico grande cruccio e riguarda il mio figliuolo. È ancòra molto giovane e non sempre ha le idee chiare su quale sia la strada giusta da intraprendere. Se tu non mi prometterai di insegnargli tutto ciò che gli serve sapere e di fargli da secondo padre, non potrò chiudere gli occhi in pace".
Il Fedele Johannes promise:
"Non lo abbandonerò e lo servirò fedelmente, dovesse anche costarmi la vita".
Allora, il vecchio Re disse:
"Ecco, adesso muoio sereno e in pace."
E soggiunse: "Dopo la mia morte, devi mostrargli il Castello da cima a fondo: le stanze, le sale, i sotterranei e i tesori che vi sono custoditi. Solo una camera dovrai nascondergli: quella in fondo alla lunga galleria dov'è nascosto il ritratto della Principessa del Regno dai Tetti d'Oro; se egli per caso dovesse vederlo, sarebbe còlto da un amore subitaneo e fatale per lei, tanto da cadere svenuto, e, a causa sua, correrebbe grandi pericoli. Devi preservarlo da questa sciagura".
E, non appena il Fedele Johannes ebbe rinnovato la sua solenne promessa, il vecchio Re tacque, abbandonò la testa sul cuscino e morì.



Hermann Vogel


sabato 10 dicembre 2016

San Nicola e il Krampus

E' il 10 dicembre. San Nicola ed il suo tenebroso compagno-servo, il Krampus, hanno già concelebrato (5-6 dicembre) il loro rito, legato al solstizio invernale: il Bene e il Male (asservito, ma sempre pericoloso), uno dei Santi più celebri e amati e l'ombra grottesca di un diavolo. Inutile precisare che la cerimonia, così come viene rappresentata, è frutto della "rivisitazione" cristiana. Non se ne conoscono le origini con precisione. Confrontare per capire, e, Proppianamente, guardare alla funzione e non al personaggio. L'ossessione dell'asservimento dell'Uomo Selvaggio è presente anche nelle fiabe, dove, più onestamente, la strana Creatura, la divinità agreste, si dimostra riconoscente, se liberata, e una figura paterna se salva ed accoglie. (Vedi "L'Uomo Selvaggio", Grimm n.136, Traduzione mia)


Sfilata dei Krampus a Dobbiaco

San Nicola e la Sua Scorta Diabolica, i Krampus (Rieditato)




"Un interessantissimo caso di sopravvivenza di culti e rituali precristiani connessi al periodo invernale, nonché di contaminazione suggestiva tra culture diverse (germanica, latina, slava e anche cristiana) è quello dei Krampus, una tradizione che è tutt’oggi mantenuta in vita in molte zone dell’arco alpino italiano ed europeo (dalla Germania, all’Italia, all’Austria fino ad arrivare in Croazia) e che richiama moltissimi curiosi. Niente da dire, oltre che affondare le proprie radici in un passato che ormai nessuno conosce più (e anche a livello di studio antropologico, è difficile risalire alla sua cellula madre), la festa è un’occasione di rara suggestione e fascinazione proprio per tutti, dai bambini agli adolescenti agli adulti. Che si creda o meno, che si sia scettici o meno, difficile non farsi aggrovigliare le viscere al rumore dei campanacci che si avvicinano...

domenica 4 dicembre 2016

Il Corvo, Giornata Quarta, Cunto Nove, (Pentamerone, G.B. Basile)

Gennariello, per dare soddisfazione a Milluccio, re di Frattombrosa e fratello suo, intraprende un lungo viaggio e reca a lui quello che desiderava. Ma, per liberarlo poi dalla morte imminente è condannato a morte, e, per dimostrare la sua innocenza, diventa statua di marmo. Infine, per uno strano successo, ritorna vivo e gode contento.


'era una volta un re di Frattombrosa, chiamato Milluccio, cosi perduto per la caccia che mandava a monte le cose più necessarie dello stato e della casa sua per andar dietro le tracce di una lepre o il volo di un tordo; e tanto continuò per questa strada, che un giorno la fortuna lo portò a un bosco, che aveva fatto uno squadrone fitto e serrato di alberi e di terra per non essere rotto dai cavalli del Sole. Ivi, sopra una bellissima pietra di marmo, trovò un corvo, che era stato ucciso di fresco. A quel vivo sangue, schizzato sopra la bianchissima pietra, il re gettò un gran sospiro e disse:
"Oh Cielo! e non potrei avere una moglie cosi bianca e rossa come questa pietra, e che avesse i capelli e le sopracciglia cosi nere come le piume di questo corvo!".

venerdì 25 novembre 2016

L'Innamorato di una Statua, Domenico Comparetti n. 24


Principesse Luise e Friederike di Prussia, Johann Gottfried Schadow


C'era una volta un re che aveva due figliuoli, e il maggiore non voleva pigliare moglie, e il più giovane, benché andasse in giro dappertutto, non trovava una donna che gli piacesse. Ora accadde che una volta andò in una città, vide una statua e se ne innamorò. La comperò, la fece portare in camera sua, e tutti i giorni si metteva ad abbracciare e baciare la statua. Un giorno suo padre se ne accorse e gli disse:
"Ma cosa fai? Se vuoi una donna, pigliala in carne e ossa e non di marmo".

domenica 18 settembre 2016

La Principessa Fillide, il Mito del Mandorlo

C'è sempre di mezzo un Demofoonte (o Demofonte), fratello ora di Trittolemo, ora di Acamante, e figlio o del re di Eleusi Celeo e di Metanira, o dell'ateniese Teseo.
Il Demofoonte che, al momento, non ci interessa, ebbe per balia occasionale, da bambino, Demetra, che viaggiava per il mondo in incognito alla ricerca di Persefone, e Demetra, di nascosto, nottetempo, lo forgiava nel fuoco per donargli l'immortalità. Ma sua madre non riconobbe la Dèa, e, cogliendola sul fatto, mentre lo accostava alle fiamme del focolare, urlò e la fermò. Demofoonte perse la sua occasione, e, si dice, anche la vita, ma i Mortali guadagnarono, attraverso suo fratello Trittolemo, ciò che Prometeo aveva significato con il dono del fuoco. Demetra, infatti, insegnò loro, tramite il fratello di Demofoonte, l'arte di coltivare il grano.


Fillide e Demofoonte, Edward Burne-Jones

mercoledì 14 settembre 2016

La Leggenda del Serpente Bianco, del Serpente Nero, del Giovane Xu Xian e del Monaco Fa Hai

Toshiyuki Enoki


Questa antichissima storia cinese, tramandata oralmente per secoli, divenne un racconto scritto nel settimo secolo, durante la dinastia Tang, e si inserisce nel filone, noto anche nel nostro patrimonio folcloristico, della "sposa soprannaturale". Ho già avuto occasione di sottolineare come il nostro tipo fiabesco, in genere riguardante la ragazza-serpe, sia totalmente rovesciato rispetto al mito e/o alle fiabe diffuse in Asia e in Africa.
In Asia e in Africa, la donna non è stregata, né soggiace a qualche incantesimo, ma è un serpente, che assume l'aspetto di una bellissima umana, si unisce ad un giovane mortale, e, in genere, gli dà anche un figlio. Quando il marito scopre la sua vera natura, il Serpente sparisce per sempre, ma non senza provvedere al figlioletto, che lascia allo sposo mortale. Melusina, la bellissima donna-drago, è la parente più stretta di questo genere di eroine. E la sua leggenda, come molte altre, era funzionale a creare un alone mitico intorno alle origini di una potente famiglia realmente esistita.
In Cina, la versione più pericolosa e popolare di questo mito ha per protagonista una Volpe, dèmone lussurioso e fatale o spettro inquieto e maligno che s'incarna in una donna bellissima e affascinante, spesso accompagnata da una "consorella" che si finge sua serva. Nei panni di una donzella in difficoltà, durante una tempesta di neve o di pioggia, attende le sue vittime nei pressi di una pagoda in rovina, di un ponte, dei resti di un'antica villa o di una tomba. "Salvata" e ospitata da qualche giovane e solitario mortale, riesce d ammaliarlo e a farsi sposare. In genere, la natura maligna della moglie viene scoperta da qualche saggio monaco buddista chiamato per curare la malattia del giovane, che sta deperendo rapidamente. Che sia anche un'allegoria, una spiegazione soprannaturale, o meglio, superstiziosa, della tisi, mi pare evidente.
(Vedi la Lamia e la Dame-sans-Merci di Keats).



Toshiyuki Enoki



l Serpente Bianco, Bai Suzhen, e il Serpente Nero, Xiao qing, vivevano da millenni sul monte Emei, montagna sacra per il Buddismo, il Taoismo e il Confucianesimo. Avevano studiato anche la magia, di cui erano diventati maestri. Un giorno, decisero che ne avevano abbastanza di una vita solitaria fra le nevi e i tramonti d'oro del monte Emei, e, curiosi di sperimentare la vita dei mortali, dopo aver assunto l'aspetto di due bellissime fanciulle umane, scesero al meraviglioso Lago dell'Ovest, che si diceva nato da una perla caduta dalla Via Lattea, nel distretto di Hangzhou. Mentre si trovavano sul ponte Duan Qiao, ammirando l'incantevole bellezza del lago, vennero sorprese da un improvviso e violento acquazzone. Un giovane e bellissimo uomo di nome Xu Xian, che lavorava presso una farmacia, accorse in loro aiuto offrendo la protezione del proprio ombrello.

sabato 10 settembre 2016

I Re Elle, Danimarca

Secondo la tradizione danese, i re Elle, sotto la denominazione di re del promontorio (Klintekonger), sorvegliano e proteggono tutto il paese. Quando guerra o qualche altra sfortuna minacciano di arrivare nel paese, sul promontorio si possono vedere eserciti completi allineati fermi a difesa del paese.
Uno di questi re risiede a Möen, sulla macchia che porta tuttora il nome di Collina del Re (Kongsbjerg). La sua regina è la più bella tra le creature e dimora al Seggio della Regina (Dronningstolen). Quel re è un grande amico del re di Stevns ed entrambi sono nemici di Grap, il re del promontorio di Rűgen, che deve tenersi alla larga e scrutare oltre il mare per vedere se si avvicinano.

Un'altra tradizione, tuttavia, dice che vi è un solo re che governa sulle terre dei promontori di Möen, Stevns e Rűgen. Egli possiede una magnifica carrozza tirata da quattro cavalli neri. Su di essa egli attraversa il mare, da un promontorio all'altro. In quelle occasioni il mare diventa nero ed è molto agitato e si possono udire distintamente lo sbuffare e nitrire dei suoi cavalli.

Un tempo si credeva che nessun monarca mortale osasso andare a Stevns, perché il re Elle non gli avrebbe permesso di attraversare il fiume che lo circonda, ma Christian IV lo passò senza opposizione e da allora diversi monarchi danesi sono stati là.
A Skjelskör, in Zelanda, regna un altro di questi gelosi sovrani di promontorio di nome Toly (Twelve = Dodicesimo). Egli non tollera che un principe mortale passi il ponte di Kjelskör. Egli avverte anche la sentinella che se si dovesse avventurare in zona deve gridare "dodici in punto al villaggio" e potrebbe accadergli di trovarsi trasportato al villaggio di Borre o presso i mulini a vento. Gli anziani che hanno occhio per queste cose dichiarano che spesso vedono il re Toly rotolarsi sull'erba alla luce del Sole.
La notte di capodanno egli prende dalla forgia di un fabbro o dell'altro nove nuovi ferri per i suoi cavalli; devono essere sempre lasciati lì pronti per lui e con essi i chiodi necessari a complemento.

Il re Elle di Bornholm si lascia occasionalmente sentire mentre suona il piffero e il tamburo, in particolare quando la guerra è vicina; lo si può vedere nei campi con i suoi soldati. Questo re non tollera che un monarca terreno passi più di tre notti sulla sua isola.




Nel credo popolare vi è una qualche strana connessione tra gli Elfi e gli alberi. Non solo essi li frequentano, ma hanno un interscambio di forma con loro. Nel cimitero di Store Heddinge, in Zelanda, vi sono i resti di un bosco di querce. Questi, dice la gente comune, sono i soldati del re Elle; di giorno sono alberi, di notte valenti guerrieri.


Maud Tindal Atkinson 


Da "Fate nordiche, francesi e medioevali - mito e leggende", Thomas Keightley

venerdì 9 settembre 2016

La Rosa di Bagdad (1949)

Presentato come il primo lungometraggio in technicolor italiano ed europeo (onore contestato sia in Italia che in Germania), nacque dalla folgorazione di Anton Gino Domeneghini, colpito dalla Biancaneve di Disney. Lavorazione lunghissima e tormentata, sotto i bombardamenti. Le scene sono di Libico Maraja.








mercoledì 7 settembre 2016

Dorani, Fiaba del Punjab (India), Raccolta da A. Lang - Traduzione Mia

Kate Baylay



anto, tanto tempo fa, viveva in una città dell'Hindustan un commerciante di profumi e di essenze che aveva una bellissima figlia di nome Dorani.
La fanciulla era amica di una Fata: entrambe godevano del favore di Indra*, il Signore del Paese delle Fate, poiché il loro canto era di una tale dolcezza e la loro abilità di danzatrici era così raffinata che in tutto il Regno non v'era alcuno che potesse rivaleggiare con loro quanto a grazia e bellezza.
Dorani aveva una lussureggiante, lunghissima chioma di incomparabile magnificenza che pareva oro filato e che profumava di rose appena sbocciate, ma il cui peso le pareva spesso insopportabile; così, un giorno, si tagliò una grossa treccia lucente, l'avvolse in una larga foglia e la gettò nel fiume che scorreva sotto le sue finestre. Ora, avvenne che il figlio di un Re impegnato in una battuta di caccia sostasse sulla riva del fiume per dissetarsi, e, proprio in quel momento, una larga foglia arrotolata che emanava un intenso profumo di rose galleggiò verso di lui. Spinto dalla curiosità, il Principe entrò in acqua e raccolse la foglia; la srotolò, e, al suo interno, scoprì una meravigliosa treccia lucente che pareva oro filato e che emanava un inebriante, delizioso profumo.
Quel giorno, quando tornò a casa, era così triste e silenzioso che suo padre si domandò se si fosse ammalato, e gli chiese cosa avesse. Allora, il giovane trasse dal petto la treccia che aveva trovato nel fiume, la sollevò verso la luce e disse:
"Guarda, padre mio, e dimmi se hai mai visto capelli simili a questi! Se non riuscirò a conquistare e a sposare la fanciulla a cui questa treccia appartiene, ne morirò!"

giovedì 25 agosto 2016

La Bella dai Capelli d'Oro, Carlo Collodi Traduce Mme d'Aulnoy

In genere, non uso fiabe letterarie come esempio, ma questa, nell'interpretazione di Mme d'Aulnoy, tradotta da Collodi, ha abbondanti riferimenti e salde radici popolari. Chi ha letto la fiaba "L'Uccello di Fuoco" coglierà subito le affinità.
La penna francese e aristocratica si nota soprattutto per quanto riguarda il personaggio del Re. Bello, ma non bello quanto Avvenente, e, quindi, in competizione con lui, fuorviato dai soliti cortigiani gelosi, non si fa portavoce dei compiti impossibili richiesti dalla fidanzata: è lei che impone le prove al protetto del Re, e sceglie lui proprio perché ha superato le prove e si è guadagnato la Regalità. E la morte del marito-Re è dovuta ad un fatale incidente "domestico" che non manca di svelare i metodi di governo del defunto.  La Bella dai Capelli d'Oro svolge la funzione dell'uccello di fuoco. E' il segno ed il premio della predestinazione e della regalità. A suo modo, è anche l'Aiutante. L'oro, il colore rosso, il fuoco sono riferimenti al prodigioso e al soprannaturale. Nella realtà storica.



'era una volta la figlia di un Re, la quale era tanto bella, che in tutto il mondo non si dava l'eguale; e per cagione di questa sua grande bellezza, la chiamavano la Bella dai capelli d'oro, perché i suoi capelli erano più fini dell'oro, e biondi e pettinati a meraviglia le scendevano giù fino ai piedi.
Essa andava sempre coperta dai suoi capelli inanellati, con in capo una ghirlanda di fiori e con delle vesti tutte tempestate di diamanti e di perle, tanto che era impossibile vederla e non restarne invaghiti.
In quelle vicinanze c'era un giovane Re, il quale non aveva moglie, ed era molto ricco e molto bello della persona. Quando egli venne a sapere tutte le belle cose che si dicevano della Bella dai capelli d'oro, sebbene non l'avesse ancora veduta, se ne innamorò così forte, che non beveva né mangiava più; finché un bel giorno, fatto animo risoluto, pensò di mandare un ambasciatore per chiederla in isposa.



Cowper F.


lunedì 22 agosto 2016

L’Uccello di Fuoco e la Principessa Vassilissa, Afanas'ev, Russia

Con tutto il mio inalterabile amore per il patrimonio culturale, la letteratura e le fiabe, e gli artisti classici russi, sovietici e moderni.





n un certo reame, ai confini della terra, nell’ultimo degli stati, viveva una volta uno zar forte e potente. Questo zar aveva un giovane arciere, e il giovane arciere aveva un valente cavallo.
Una volta l’arciere se ne andò a caccia nel bosco col suo cavallo; va lungo la strada, la larga strada, ed ecco trovò una piuma d’oro dell’uccello di fuoco; come fiamma splendeva quella piuma!
Gli dice il valente cavallo: "Non prendere la penna d’oro; se la prendi, un guaio attendi!" E medita il prode giovane: raccoglierla o non raccoglierla? Se la raccoglie e la porta allo zar, certo egli lo ricompenserà generosamente; e a chi non è caro il favore d’un re?
L’arciere non diede ascolto al suo cavallo, raccolse la piuma dell’uccello di fuoco, la portò e la presentò in dono allo zar.







venerdì 19 agosto 2016

Le Dodici Oche Selvatiche, Irlanda





'erano una volta un Re e una Regina che vivevano insieme felici e contenti e avevano dodici figli maschi e nemmeno una figlia. Desideriamo sempre ciò che non abbiamo e non apprezziamo abbastanza quello che già possediamo; la regina non era in questo diversa da noi.
Un giorno d'inverno, quando il cortile del castello era coperto di neve, la regina guardando dalla finestra del salone vide là fuori un vitello appena ucciso dal macellaio e un corvo posato lì accanto.
"Oh, - disse, - se soltanto avessi una figlia con la pelle bianca come quella neve, le guance rosse come quel sangue, e i capelli neri come quel corvo! Per lei darei tutti i miei dodici figli".



Burkert Nancy Elkolm


Nel momento stesso in cui pronunciò quelle parole provò un grande spavento e un brivido la scosse, e un attimo dopo una vecchia dall'aspetto severo stava davanti a lei.
"Ben malvagio è stato il tuo desiderio, - disse, - e per punirti verrà esaudito. Avrai una figlia proprio come la desideri, ma il giorno stesso della sua nascita perderai gli altri tuoi figlioli"

Deirdre, i Figli di Lir, i Cigni... e le Oche






Una dritta riguardo l'esplorazione internettiana, e, spero, cartacea.
Di tanto in tanto, ho seminato qualche avvertimento. I segnali esistono. Dopo aver tradotto una fiaba famosissima - di solito disinvoltamente mutilata, destino comune a molte fiabe, ancorché di autore - "I Cigni Selvatici" di H.C. Andersen, non posso resistere alla tentazione di mettere sull'avviso chi dovesse capitare da queste parti. Se doveste imbattervi in un libro, un blog, un post, un saggio che definisca "Le Dodici Oche Selvatiche" riportata da Patrick Kennedy in una delle sue raccolte di racconti, storie e fiabe irlandesi (ampiamente "saccheggiate" da W.B. Yeats) una variante de I Cigni, beh, chiudete il libro, e, se siete in un blog, cambiate strada. La fiaba irlandese, molto più vicina a "I Sette Colombi" di G.B. Basile ha origini a sé.

lunedì 15 agosto 2016

Il Ragazzo-Pesce Nichola de Bar, o Colapesce, Papi che Odiano i Grandi Re, 'E Figlie 'e Nettuno...

La storia di "Nichola de Bar", il ragazzo-pesce di origine pugliese, compare nelle cronache grazie ad un trovatore provenzale vissuto alla fine del 1100, Raimon Jordan, libero pensatore, oserei dire. Nichola de Bar era un nuotatore prodigioso, in grado di resistere in mare, anzi, sotto le onde del mare, per giorni.
Walter Map (chi legge spesso i post lo avrà già incontrato più volte), interessante uomo di lettere gallese nonché arcidiacono di Oxford, "scopritore" dei Valdesi e arguto e sprezzante critico dei Benedettini e di Bernardo di Chiaravalle, (ispiratore dei monaci-guerrieri, leggi Templari, e sponsor di Crociate), gli fa eco parlando di "Nicolaus", soprannominato Pipe, ormai più pesce che uomo, e della fatale visita a Messina di Guglielmo II, che porterà alla sua morte.
Anche Gervàsio di Tilbury autore degli Otia Imperialia (altra frequentazione nei post, vedi Virgilio Mago) vissuto a cavallo del dodicesimo e tredicesimo secolo, parla di un pescatore pugliese, "Nicolaus", soprannominato "Papa", famoso per la sua abilità di nuotatore, ma soprattutto, di sommozzatore, che esplora i fondali del mare di Messina dal Porto al Faro e ne descrive le meraviglie.
Qui, il Re è Ruggero II, non più incolpevole, in quanto spinge Nicolaus ad esplorazioni sempre più lunghe e ardite fino a provocarne la morte.