Principesse Luise e Friederike di Prussia, Johann Gottfried Schadow
C'era una volta un re che aveva due figliuoli, e il maggiore non voleva pigliare moglie, e il più giovane, benché andasse in giro dappertutto, non trovava una donna che gli piacesse. Ora accadde che una volta andò in una città, vide una statua e se ne innamorò. La comperò, la fece portare in camera sua, e tutti i giorni si metteva ad abbracciare e baciare la statua. Un giorno suo padre se ne accorse e gli disse:
"Ma cosa fai? Se vuoi una donna, pigliala in carne e ossa e non di marmo".
E lui rispose che piglierebbe quella, o una che fosse tutta come quella o nissuna. E il suo primo fratello, che intanto se ne stava a far nulla, andò per il mondo a cercargliela. Cammina, cammina, e vede in una città uno che aveva un topo, il quale ballava che pareva un uomo. Allora lui dice fra sé:
'Voglio portarlo a casa, a mio fratello perché si diverta'.
Viaggia ancora, e arriva in un paese ancora più lontano, e trova un uccello che cantava come un angelo, e compera anche questo per portarlo a suo fratello. Lui era già lì per tornar a casa e passeggiava per una via, quando vide un povero che andava a picchiare a una porta. Si affacciò alla finestra una bellissima ragazza che somigliava in tutto a quella statua del figlio del re, e subito si nascose. Allora lui disse a quel povero che tornasse a domandar la limosina, e lui disse di no, perché aveva paura che venisse a casa il mago, che allora non c'era, e lo mangiasse. Ma gli diede tanti quattrini e tanta roba che tornò a picchiare, e vide quella ragazza, ma lei subito si nascose. Allora lui andò per le vie, dicendo che accomodava e vendeva specchi. La serva della ragazza che lo sentì, disse alla sua padrona che andasse a vedere degli specchi. E lei ci andò, ma lui disse che se lei voleva scegliere gli specchi bisognava che andasse sulla nave. E quando ci fu, la portò via, e lei fece un gran piangere e sospirare perché la lasciasse tornare a casa; ma che? era come dire al muro.
Quando furono in alto mare sentirono la voce di un grosso uccello nero che diceva:
"Ciriù, ciriù, che bel sorcio porti tu, lo porterai a tuo fratello, gli farai voltar il cervello, e se tu glielo dirai, di marmo diventerai. Ciriù, ciriù, bell'uccello porti tu, lo porterai a tuo fratello, gli farai voltar il cervello, e se tu glielo dirai, di marmo diventerai. Ciriù, ciriù, bella donna porti tu, tu la porti a tuo fratello, gli farai voltar il cervello, e se tu glielo dirai, di marmo diventerai".
E lui non sapeva come fare a dirglielo, poiché aveva paura di diventar di marmo.
Sbarcò e portò a suo fratello il topo, e quando questo lo ebbe veduto e lo voleva, lui tagliò la testa al topo. Poi gli mostrò l'uccello che cantava come un angelo, e suo fratello lo voleva, e lui da capo tagliò la testa all'uccello. E poi gli disse "Io ho qualcosa di più bello", e fece venire quella bella ragazza che somigliava ala statua. E siccome questo fratello che l'aveva condotta non diceva nulla, quell'altro temeva che gli volesse levare la sposa, lo fece mettere in prigione dove stette un gran pezzo. E perchè seguitava a star zitto, lo fece condannare a morte.
Lui tre giorni avanti di morire pregò il fratello di andarlo a vedere, e benché di malavoglia, ci andò. Allora il fratello condannato disse:
"Un grand'uccello nero mi ha detto che, se portandoti a casa il topo che balla io parlerò, diventerò statua", e dicendo questo diventava statua fino alle gambe.
"E se portandoti l'uccello che canta io parlerò sarà lo stesso". Diventò statua fino al petto.
"E se portandoti la donna parlerò, diventerò statua". E diventò una statua tutto; suo fratello si mise a piangere, a disperarsi e a tentare di farlo risuscitare, ma che? Vennero medici d'ogni razza, ma niuno fu capace. Finalmente ne venne uno e disse che era buono di far tornare la statua uomo, basta che gli dessero quello che bisognava. Il re disse che lo darebbe, e lui domandò il sangue dei due figliuoli che il re aveva avuto intanto da quella ragazza, ma la madre non voleva a nessun patto. Allora suo marito diede un ballo, e intanto che sua moglie stava ballando fece ammazzare i due bambini e bagnò col sangue la statua di suo fratello, e la statua tornò subito uomo e andò al ballo. Questa madre vedendo quell'uomo pensò subito ai suoi bimbi. Corse a vedere e li trovò tramortiti e si svenne. E tutti intorno a consolarla e a cercare di farle coraggio. Ma quando lei, aprendo gli occhi, vide quel medico, disse:
"Fuor di qui, brutto ceffo! Tu sei che hai fatto ammazzare le mie creature."
E lui rispose:
"Perdono, signora, non ho fatto nulla di male. Vada a vedere che i suoi figliuoli sono là." Corre a vedere e li trova che facevano il chiasso.
Poi il medico disse:
"Io sono il mago tuo padre che tu hai abbandonato, e ho voluto farti provare cosa vuol dire voler bene ai figliuoli".
E poi fecero la pace e stettero allegri e contenti.
(Monferrato)
"Novelline Popolari Italiane" (1875), Domenico Comparetti
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