sabato 31 ottobre 2015

La Leggenda di Bloody Mary


Mary Worth, o Mary Worthington o Hell Mary


Ormai si può definire una “leggenda metropolitana”, grazie anche ad un popolare e prolifico filone cinematografico americano di ambientazione giovanilista.
L'origine della leggenda è piuttosto nebulosa: da una parte, vanterebbe prestigiose ascendenze europee, dall'altra, è radicata nel profondo folklore rurale nordamericano, in particolar modo in quello della Pennsylvania. Bloody Mary, Mary Worth, Mary Worthington, e Hell Mary sono alcuni dei nomi con cui la protagonista di questa storia è stata identificata.
Si dice che, se si pronuncia il suo nome ad alta voce guardando in uno specchio, questa strana creatura, un po' spettro un po' strega, apparirà per predire il futuro a coloro che l'hanno evocata, soprattutto il futuro amoroso delle giovani ragazze (il che spiega il successo della location – tipo dei film americani, ovvero il college). Naturalmente, questo rito, incautamente riesumato, un po' per gioco e preferibilmente durante la notte di Halloween, si ritorce contro gli avventati evocatori che diventano vittime della furia vendicatrice di Bloody Mary. Ma quale terribile avvenimento nutre e scatena la sete di vendetta (e di sangue) di questa creatura?





Una versione della storia di Mary vede la presenza di un bambino. E questa circostanza è legata ad una leggendaria "parentela" regale senza alcun fondamento.
Bloody Mary, infatti, è spesso confusa con Maria I, detta, appunto, la Sanguinaria, sorellastra di Elizabeth I, che precedette sul trono d'Inghilterra. Affetta da un'intolleranza religiosa acuta, era una cattolica bigotta e superstiziosa, cresciuta dalla religiosissima madre, Caterina d'Aragona), scatenò le sue ossessioni contro l'onda montante del Protestantesimo. [E' a lei, ed alla sua fama di “stragista”, che dobbiamo...ehm... il famoso cocktail].
Feroce persecutrice, fu anche parecchio disgraziata: fonte di grande infelicità furono i numerosissimi aborti che ponevano bruscamente fine alle sue gravidanze. Morì senza eredi diretti, ed Elizabeth, l'odiata sorellastra protestante, salì sul trono d'Inghilterra. Dopo la sua morte, si sparse il dubbio che i suoi aborti fossero stati provocati proditoriamente. Il fantasma senza pace di Bloody Mary, in questo caso, tornerebbe a vendicarsi per la strage della sua figliolanza.



Linda Bergkvist



In Nord America, fra le tante, si narra anche questa storia:

Una quattordicenne morì per disgrazia e i suoi genitori la seppellirono in giardino. Sua madre, che sperava ch'ella fosse ancòra viva, si attaccò al braccio una cordicella collegata ad un campanello che aveva lasciato nella bara. Durante la notte, svegliò più volte il marito dicendo che sentiva il tintinnio del campanello, ma il marito pensò che fosse impazzita per il dolore e non le diede ascolto. La donna, però, era sicura di aver sentito qualcosa e spinse il marito a scoperchiare la bara e a riesumare il corpo della figlia. Quando i genitori videro tutti i segni della terribile lotta che la povera bambina aveva affrontato prima di morire nel tentativo disperato di uscir fuori dalla sua sepoltura, tanto da lasciare le unghie conficcate nel coperchio della bara, impazzirono per il dolore di essere stati causa della sua orribile morte. Ma lo spirito della bambina tornò. Mary è una piccola serial killer che aspetta la sua vendetta nel luogo dove lei stessa è stata assassinata, seppellita viva dai propri genitori.


Beatriz Martin Vidal


Sempre in Nord America, in Pennsylvania :

Una donna di nome Mary viveva in una capanna isolata nel cuore della foresta e si guadagnava il pane cercando e raccogliendo erbe medicinali che poi rivendeva. E così tirava avanti. Gli abitanti del paese vicino la temevano: erano convinti che fosse una strega ed usavano chiamarla "Bloody Mary". Temevano assai di indispettirla: certamente, i loro figli sarebbero caduti malati, il latte delle loro mucche si sarebbe seccato, le provviste per l'inverno sarebbero marcite, insomma, sarebbero stati colpiti da tutto il repertorio di terribili dispetti che le streghe infuriate usavano riservare ai propri vicini. Un certo terribile giorno, le ragazze del paese incominciarono a sparire, una dopo l'altra. Inutili le ricerche disperate dei genitori e di tutti gli abitanti del villaggio. Naturalmente, i sospetti si appuntarono su Mary, ma non esisteva alcuna prova. Un gruppetto di paesani particolarmente coraggiosi penetrò nel folto del bosco e si spinse fino alla capanna della vecchia per interrogarla. Mary rispose che non sapeva nulla delle giovinette scomparse. I suoi vicini, però, notarono qualcosa di strano: sembrava ringiovanita, anche più attraente! I loro sospetti aumentarono, ma se ne tornarono indietro sconsolati poiché non potevano provare in alcun modo che la "strega" avesse a che fare con la scomparsa delle loro figliuole.



J.Hush


Poi, una notte, la figlia del mugnaio lasciò il suo letto e seguì una musica incantata che riusciva a sentire soltanto lei. Sua madre era in piedi a causa di un terribile mal di denti e stava in cucina per prepararsi un decotto. La vide uscire di casa e lanciò un grido disperato che svegliò il mugnaio.Si precipitarono fuori e cercarono di trattenere la figlia, ma la ragazza, completamente presa dalla musica incantata, sfuggì dalle loro braccia e corse verso il bosco. Le grida disperate del mugnaio e di sua moglie svegliarono i vicini. Uno di loro, che aveva la vista lunga, notò una strana luce ai margini della foresta, e, seguito da qualche coraggioso, si spinse più avanti nei campi, finché, sull'orlo del bosco, accanto ad una grande quercia, videro Bloody Mary: puntava una verga in direzione della casa del mugnaio, e dalla verga scaturiva una luce che non era di questo mondo. I contadini corsero a casa e si armarono di forconi e fucili. Uno di loro, temendo che la strega potesse rapire sua figlia, aveva avuto l'intelligenza di armare il proprio fucile con proiettili d'argento. Intanto, Bloody Mary, accortasi dell'assalto, aveva bruscamente interrotto il suo incantesimo e si era data alla fuga . Ma uno dei famosi proiettili d'argento la colpì al fianco e l'abbattè a terra . In quattro e quattr'otto, i paesani le furono sopra, la legarono, accesero un gran fuoco e la bruciarono viva. Mentre soffriva la sua atroce agonia, Mary lanciò una tremenda maledizione sui suoi assassini: se qualcuno avesse pronunciato il suo nome ad alta voce davanti ad uno specchio, il suo spettro sarebbe tornato a prendersi la sua vendetta. Quando morì, i suoi giustizieri perquisirono la capanna della strega ed i terreni intorno. Trovarono le sepolture senza nome delle povere creature che Bloody Mary aveva rapito ed ucciso per ottenere l'eterna giovinezza dal loro sangue.
Si narra che, da allora, se qualcuno è così stupido o folle da evocarla ad alta voce davanti ad uno specchio oscurato, Bloody Mary ritorna, smembra i corpi delle sue vittime e condanna le loro anime alla sua stessa pena infernale, imprigionandole per sempre nello specchio.




Mab's Copyright  





Halloween Magazine - Vintage























La Leggenda di Jack O’Lantern (ma anche Hob O’Lantern, Fox Fire, Corpse Candle...)

La zucca intagliata (in origine, una grossa rapa) si rifa alla leggenda irlandese di Jack O' Lantern, prototipo del furbo contadino di tante storie popolari.
"... trae origine dalla leggenda di un Ne’er-do-well ( 'non ne combino una giusta') chiamato Stingy Jack, un fannullone e scommettitore dal brutto caratteraccio, assai dedito all’alcool. Una sera di Halloween, dopo l’ennesima sbronza, gli apparve il Demonio intenzionato ad impossessarsi della sua anima da peccatore. Jack chiese al Diavolo che gli venisse concesso di bere un ultimo bicchierino. Ottenuto il permesso, si lamentò del fatto che non aveva nemmeno un soldo per pagare la consumazione, così pregò il Demonio di trasformarsi in una moneta da 6 pence. Avvenuta la mutazione, Jack afferrò la moneta e la mise nel suo portafoglio, avente la caratteristica di una croce ricamata sopra. Imprigionato irrimediabilmente, per riottenere la libertà, il Diavolo accettò il patto proposto da Jack, che consisteva nel posticipare di un anno la sua morte.
La vigilia di Ognissanti seguente, il Diavolo si ripresentò per ottenere l’anima dell’uomo. Questa volta Jack gli propose una scommessa: non sarebbe più riuscito a scendere da un albero. Il Diavolo sorrise ed accettò, salendo su un albero lì vicino. Fu allora che Jack incise sulla corteccia una croce, che impediva al Diavolo di saltare giù.





Con la vittoria in pugno, Jack propose al Diavolo un patto: egli avrebbe cancellato la croce, se lui si fosse impegnato a non tentarlo più. Dopo circa un anno, Jack morì. Al suo bussare alle porte del Paradiso venne risposto che non sarebbe potuto entrare perché aveva condotto una vita dissoluta piena di peccati. Giunto all’Inferno, anche il Diavolo gli negò il permesso di entrare, perché ancora offeso per come era stato raggirato dall’uomo.
Tuttavia, il Diavolo donò a Jack un tizzone che gli illuminasse la strada nel limbo oscuro. Jack si ingegnò per far durare più a lungo quella luce e la ripose in una rapa svuotata, ricavandone così una lanterna. Da allora, nelle notti della vigilia di Ognissanti è possibile scorgere la fiammella di Jack, che vaga alla ricerca della sua strada. Da allora Jack fu soprannominato Jack O’Lantern (ma anche Hob O’Lantern, Fox Fire, Corpse Candle, Will O’ The Wisp).




Si sarà notato che nella leggenda si parla di una rapa e non di una zucca. La spiegazione a ciò sta nel fatto che gli Irlandesi sbarcati in America non ebbero più a disposizione il loro tubero e ricorsero, quindi, alle grosse zucche gialle, facilmente reperibili nella nuova terra e ben più grandi".

Questa la versione online della leggenda : http://www.irlandando.it

La leggenda narra, anche, che, la notte di Halloween, Jack cerca una casa da infestare; se, però, gli abitanti hanno preparato una zucca intagliata con un ghigno spaventoso e illuminata dall'interno, batte in ritirata.

Mab

Dolcetto o Scherzetto...

Giochino: "pescare" una mela in un catino d'acqua usando solo i denti.


J.C. Leyendecker


Norman Rockwell


Questo "scherzetto" è molto più interessante. Ho ricordato che il cosiddetto Capodanno Celtico ha poco o nulla a che fare con il nostro Capodanno. Al contrario, ha qualcosa in comune con il Carnevale - ed è curioso considerare come, nella nostra cultura e nel nostro immaginario, Carnevale e Quaresima siano indivisibili. Nella notte di Samain, regnava il Caos. Un Caos imbrigliato (il che mi porta, per affinità elettive all'educazione dei ragazzi di Sparta). Si travestivano, indossando abiti femminili, e, ad esempio, mani e viso dipinti di bianco o di nero (Inutile scomodare Propp per rammentare che il bianco e il nero - ovvero non-colori - sono i colori dell'Invisibilità e della Morte) recavano scompiglio nei campi coltivati e nei pascoli, dove, il giorno dopo, giacevano, divelti, recinti, steccati e persino porte.


Postcard


Postcard


Mab


La Caduta degli Dèi e l'Avvento delle Superstizioni: Gli "Incantesimi del Diavolo" della Vigilia di Ognissanti


Rackham A.


Con l'avvento del Cristianesimo ( e ricordiamo che tutti i Canti, le Ballate e le Saghe ci arrivano trascritti da monaci cristiani, ancorché irlandesi), arrivò anche il Diavolo. Gli Dei, e gli Eroi (spesso, semidèi), giganteschi, come tutti gli esseri degli Antichi Tempi, furono sviliti e rimpiccioliti, anche morfologicamente. Vennero trasformati, identificati con gli Elfi, il popolo magico, un tempo sconfitto e asservito, con cui si erano mescolati al tempo dell'Invasione dei Figli di Mil, prima dell'Esilio definitivo. E questi Elfi e Folletti hanno una natura (ovviamente) maligna ed uno stretto rapporto con il Nemico. Nella migliore delle ipotesi vengono identificati con gli "angeli caduti". E le sacre celebrazioni di quei giorni divennero un mega-sabba-party in cui infilarci anche le streghe. E arrivarono le superstizioni, segno dell'ignoranza, nel senso più ampio e triste del termine, e dell'odio per ciò che era stato e non sarebbe stato mai più. E' incredibile come il Cristianesimo abbia avuto su tutte le culture che ha snaturato, non riuscendo a distruggerle, l'identico effetto deformante dello Specchio fabbricato dal Diavolo ne "La Regina delle Nevi". E, stranamente, specchi e mele, come in una mortifera Biancaneve, sono i protagonisti dei giochi e dei riti superstiziosi della notte magica per eccellenza.


Monge J.B.


Né grandi scrittori come Yeats ("puro" e visionario) o lo stesso Joyce, o devote e, a loro modo, utili vestali di una tradizione, più che di una cultura, come Lady Wilde, si sottrassero a quell'annebbiamento della mente.

W.B. Yeats:
"Alla Vigilia di Novembre i folletti sono particolarmente tristi, perché secondo il vecchio calendario gaelico, questa è la prima notte d'inverno. In questa notte danzano con gli spettri, e il "pooka" si aggira, e le streghe lanciano i loro incantesimi, e le fanciulle imbandiscono una tavola nel nome del diavolo, affinché l'ombra del loro futuro innamorato possa entrare attraverso la finestra ad assaggiare il cibo. Dopo la Vigilia di Novembre le more selvatiche non sono più buone, perché il "pooka" le ha rovinate".

Lady Jane Francesca Wilde
(Fiabe e Leggende d'Irlanda):
"Tutti gli incantesimi lanciati alla vigilia di novembre sono pronunciati nel nome del Diavolo, che è quindi obbligato a rivelare la sorte futura a chi ne fa richiesta.
L'incantesimo più comune è quello di lavare un indumento in un ruscello, poi appenderlo su un biancospino e aspettare di vedere l'apparizione dell'amato, che arriverà e girerà il vestito. Ma in quella notte le magie che i giovani si lanciano l'un l'altro spesso hanno conseguenze nefaste.
Una fanciulla cadde morta di paura quando ci fu davvero un'apparizione che voltò l'indumento da lei appeso sul biancospino".

[A Samain, avvenivano gli incontri soprannaturali: Dèi si innamoravano di donne mortali, donne mortali scoprivano di essere la reincarnazione della divina sposa perduta di un guerriero del Popolo di Danu... A Samain, Oengus, forse il Dio più collegato a questo Tempo sacro (Egli stesso era anche Dio del Tempo), conquista la Faniulla-Cigno]

"Una dama narra che il primo novembre la sua domestica irruppe nella stanza e svenne sul pavimento. Ristabilitasi, disse che quella notte davanti allo specchio aveva fatto una magia nel nome del Diavolo, ma non osava raccontare ciò che aveva visto, nonostante il ricordo non le abbandonasse mai la mente e sapesse che il trauma avrebbe potuto ucciderla. Cercarono di farla ridere delle sue paure, ma la notte successiva la trovarono morta, con i lineamenti orribilmente deformati, stesa sul pavimento davanti allo specchio ridotto in frantumi".

[E' la notte della vigilia di Ognissanti che viene collocata la Leggenda di Bloody Mary, invocata per tre volte, davanti ad uno specchio, perché riveli il nome del futuro marito alle adolescenti brufolose dei college americani nei teen-movies]

"Un altro incantesimo permette di creare una famiglia.
Vengono prese dodici coppie di rametti di agrifoglio tenute insieme da un filo di canapa: ad ogni coppia viene dato un nome e vengono poste in cerchio sul terreno.
Poi, nel centro, si mette il carbone ardente e la coppia che prende fuoco per prima sicuramente convolerà a nozze. Quindi, nel nome del Demonio viene invocato il futuro marito affinché appaia a spegnere le fiamme.
In un'occasione rispose alla chiamata un morto avvolto nel sudario, e in silenzio trascinò via la fanciulla dal resto del gruppo. La paura le sconvolse la mente e non recuperò più la ragione. L'orrore di quell'apparizione la perseguitò per sempre, soprattutto perché si crede fermamente che alla vigilia di novembre i morti lascino davvero le loro tombe e abbiano il potere di apparire tra i vivi.

Una fanciulla che lavorava in una fattoria andò una sera nell'abbaino a cercare delle uova, quando due uomini entrarono nella stalla sottostante. Attraverso una fessura delle tavole, la ragazza riuscì a vederli abbastanza bene e a udire tutto quello che dicevano. Con orrore scoprì che stavano progettando l'assassinio di un vicino, sospettato di essere una spia e avevano deciso di sbarazzarsi del corpo gettandolo nello Shannon. Ella sgattaiolò a casa mezza morta di paura, ma non osò raccontare a nessuno quel che aveva sentito. Il giorno dopo, tuttavia, si diffuse la notizia che quell'uomo era sparito e si temeva che fosse stato ucciso. Ciononostante, la fanciulla aveva paura di rivelare ciò che sapeva, benché le sembrasse che il cadavere dell'uomo assassinato le fosse sempre davanti agli occhi. Alla fine non riuscì più a sopportare quella situazione e dopo essersi licenziata, andò a prendere servizio in un altro villaggio ad alcune miglia di distanza. Ma alla vigilia di novembre, mentre lavava i panni nello Shannon, la salma dell'uomo assassinato emerse dall'acqua e galleggiò verso di lei, fino ad arrivare quasi vicino ai suoi piedi. Allora ella capì che in quanto stava avvenendo c'era la mano di Dio e che lo spirito del morto non avrebbe avuto pace finchè non fosse stato vendicato. Così andò a dare le informazioni che aveva e grazie alla sua testimonianza i due assassini vennero catturati e giustiziati".

[Vorrei ricordare che siamo in Irlanda, e che la scrittrice, pur essendo una donna di grande intelligenza, cultura e apertura mentale, era pur sempre una Irlandese fortemente inglesizzata. Oltretutto, era una protestante convertita al Cattolicesimo, con tutto ciò che ne segue...]


Monge J.B.


"Le fate esercitano un'influenza maligna creando un sentiero attraverso le case, e allora tutti i bambini cominciano a deperire e la sventura cade sulla famiglia.
Un contadino, che aveva perso un figlio per attacco di cuore (una malattia sempre misteriosa per i contadini) e un altro per graduale deperimento, consultò una sapiente donna fatata per sapere cosa dovesse fare, poiché anche sua moglie era diventata delicata e debole. La donna gli disse che alla vigilia di novembre le fate avevano costruito una strada attraverso la casa e da allora andavano e venivano, e qualsiasi cosa su cui poggiassero lo sguardo era dannata. L'unico rimedio era di sostituire la vecchia porta e aprire un altro ingresso. L'uomo così fece, e quando come al solito di mattina giunsero le streghe per mendicare acqua, latte e cibo, non trovarono nessuna porta e furono costrette a tornare indietro. Dopo di che il sortilegio fu tolto dalla casa e tutti prosperarono senza timore delle fate".

[Questo episodio è strettamente collegato al Changeling, con tutte le sue recondite motivazioni sociali]

Non ho potuto fare a meno di commentare via via, in corsivo.
Suggerisco di dare una seconda occhiata alle cartoline vintage di Halloween che ho già postato e che sono più o meno contemporanee alla pubblicazione di questo libro. Gli stessi "incantesimi" sono trattati con grande leggerezza. Ma siamo in America, dove queste tradizioni sono state importate "di seconda mano" dagli immigrati, e dove il Protestantesimo era  ed è decisamente maggioritario.


Mab's Copyright

Halloween o Hallowe'en, da All Hallows' Eve (Vigilia di Ognissanti), Cristianizzazione di Samhain (Samain)

In tutte le tradizioni, in tutte le culture, si celebra il passaggio dalla Luce all'Oscurità, dal periodo dei raccolti e dell'abbondanza a quello della Natura apparentemente rinchiusa su se stessa, avara di vita, in attesa del ritorno della primavera. La Dèa, ovvero la sua incarnazione, si sacrificava perché dalla sua morte le acque e la terra tornassero feconde, garantendo i futuri raccolti e la pescosità di fiumi e laghi. Questa ricorrenza era la più importante per i Celti e si chiamava Samain.
I Celti erano convinti di venire da quello che noi chiameremmo Oltretomba, e il loro luogo di origine era anche uno dei luoghi dei loro "ritorni" dopo la morte.
La notte di Samain, la sottile parete che li divideva da quel mondo parallelo cadeva, e, per una notte, il Tempo scorreva in sincronia.
A Samain gli Eroi e i Re visitavano le Isole vaganti sulle acque e la Terra degli Eternamente Giovani; a Samain, gli Dèi si avvicinavano agli uomini per chiedere, sorprendentemente, il loro aiuto, o per riprendersi una sposa immortale reincarnatasi in una donna.
Quando san Patrizio cristianizzò l'Irlanda, costringendo i Luminosi Dèi all'esilio e spegnendo la poesia e la bellezza degli Antichi Tempi, ciò che era sacro e fonte di forza divenne pauroso e diabolico. Ridotti a folletti, a spiritelli maligni e dispettosi, gli Dèi, nelle nuove leggende, attendevano quella notte "pericolosa" per tendere astuti tranelli agli esseri umani. Da questa superstizione, dal rovesciamento di una celebrazione sacra della Vita sulla Morte, discende l'attuale "Halloween". Ai tempi in cui gli uomini non temevano i morti, perché abitavano nel luogo dal quale essi stessi provenivano, consacravano quella notte con offerte di cibo. Oggi, i bambini, caricature dei folletti, a loro volta, caricature degli Dèi spodestati, ripetono :"Dolcetto o scherzetto", mescolando il ricordo di un antico tributo al superstizioso terrore della vendetta del Piccolo Popolo.




Mab


mercoledì 21 ottobre 2015

Rumpelstilzchen, Grimm n.55, Traduzione Mia







C'era una volta un mugnaio: era molto povero, ma aveva una bella figlia.
Un giorno gli capitò di parlare con il Re, e, per darsi importanza, gli disse:
"Ho una figlia che sa filare l'oro dalla paglia"
E il Re rispose:
"Quest'arte mi garba assai. Se tua figlia è ciò che dici, domani la condurrai al castello e la metterò alla prova".







L'indomani, quando la fanciulla fu condotta alla presenza del Re, egli, senza perder tempo, la menò in una stanza ricolma di paglia fino al soffitto, e, indicandole l'arcolaio, disse:
"Bene, mettiti al lavoro. Se prima che faccia giorno non avrai filato tutta questa paglia in oro purissimo, ti toccherà morire".  E la rinserrò con le sue stesse mani nella stanza, lasciandola sola.
L'infelice figlia del mugnaio si vide perduta poiché ignorava l'arte di filare l'oro dalla paglia, e scoppiò a piangere. All'improvviso, la porta si aprì ed entrò un omino che disse:
"Buona sera, figlia del mugnaio, perché piangi?"









"Ahimè! - rispose la fanciulla - devo filare l'oro dalla paglia e non so proprio come fare!"
E l'omino:
"Che cosa mi dai se filo io al posto tuo?"
"La mia collana", rispose la fanciulla. L'omino prese la collana, sedette davanti all'arcolaio, e vrrr, vrrr, vrrr, tre giri di ruota e la conocchia era piena. Poi ne introdusse un altro e vrrr, vrrr, vrrr, tirò il filo tre volte e anche la seconda conocchia era piena, e andò avanti così fino al mattino, ed ecco tutta la paglia era filata e la stanza era ricolma di rocchetti d'oro.






All'alba, il Re andò a vedere: si meravigliò e si compiacque assai poiché era molto avido. Così condusse la fanciulla in un'altra stanza piena di paglia, ma grande il doppio della precedente, e le intimò di filare la paglia in oro purissimo prima del sorgere del sole se voleva salva la vita. La figlia del mugnaio pianse e si disperò, ma l'omino entrò e le chiese:
"Cosa mi dai se filo l'oro dalla paglia al posto tuo?"
"L'anello che porto al dito", rispose la fanciulla. L'omino prese l'anello, sedette all'arcolaio, e fece andare la ruota senza fermarsi mai, e, prima del sorgere del sole, tutta la paglia si era trasformata in oro scintillante.







Il Re ne fu deliziato, ma, poiché non era mai sazio di ricchezze, condusse la fanciulla in una terza stanza colma di paglia fino al soffitto - e ancòra più grande delle precedenti - e le disse:
"Dovrai filare in oro tutta questa paglia prima dell'alba: se ci riuscirai, ti prendo in moglie". E, andandosene, pensò: 'Sarà pure figlia di un mugnaio, ma dove potrei mai trovare una sposa così ricca?'
Rimasta sola, la fanciulla  ricevette per la terza volta la visita dell'omino che le disse:
"Che cosa mi dai se filo la paglia al posto tuo una volta ancòra?"
"Non ho più nulla da darti", rispose la figlia del mugnaio.
"Allora promettimi - disse l'omino - che, quando sarai Regina, mi darai il tuo primo figlio".
'Chissà come andrà a finire questa storia', pensò la fanciulla, e, poiché non aveva scelta, promise. L'omino filò l'oro dalla paglia per la terza notte.
All'alba venne il Re, constatò che tutto era stato fatto secondo i suoi desideri, e sposò la bella mugnaia, che, dunque, divenne Regina. Dopo un anno, diede alla luce un bel maschietto, senza pensare alla sua promessa, anche perché neanche si ricordava più dell'omino. Ma questi entrò improvvisamente nella sua camera e reclamò ciò che gli era stato solennemente promesso.








La Regina inorridì e supplicò l'omino di lasciarle il bambino, offrendogli, in cambio tutte le ricchezze del Regno, ma l'omino disse:
"No, un essere vivente vale più di tutti i tesori della terra!"
Allora la Regina incominciò a piangere e a disperarsi tanto che l'omino ne ebbe pietà e le disse:
"Ti lascio tre giorni di tempo: se riuscirai a scoprire il mio nome, non perderai il bambino".
La Regina passò quella notte cercando di rammentare tutti i nomi che mai avesse udito in vita sua, e, il mattino dopo, inviò un messaggero perché girasse in lungo e in largo il Regno alla ricerca dei nomi a lei sconosciuti.
La sera, l'omino si presentò, ella cominciò con Gaspare, Melchiorre e Baldassarre e poi, lesse tutta una lunghissima sfilza di nomi che conosceva o di cui aveva avuto notizia, ma, ad ogni nome, l'omino diceva: "No, non mi chiamo così!"






Il secondo giorno, la Regina mandò a cercare nelle province più lontane i nomi più bizzarri, originali e straordinarii che si fossero mai sentiti e li elencò all'omino, ma, invariabilmente, questi rispondeva: "No, non mi chiamo così!"
Il terzo giorno, il messaggero ritornò e raccontò:
"Non sono riuscito a trovare altri nomi, ma, laggiù, ai piedi di una grande montagna, sul limitare del bosco, dove la volpe e la lepre si augurano buona notte, ho scoperto una casina piccola piccola, e, davanti alla casina piccola piccola, ardeva un gran fuoco, e, davanti al fuoco, un buffo omino danzava saltellando su di una gamba sola, e, ballando, cantarellava:

"Oggi cucinerò, 
Domani la birra farò, 
E dopodomani il figlio del Re io avrò!
Ah, che gran fortuna, nessuno sa
Che il mio nome è Rumpelstilzchen!"






All'udire queste parole, la Regina si rianimò tutta, e, quando, quella sera, l'omino fece la sua comparsa e le disse: "Allora, Regina, qual è il mio nome?", ella cominciò:
"Ti chiami Corradino?"
"No"
"Ti chiami forse Enrico?"
"No"
"Ti chiami... Rumpelstilzchen?"
"Te l'ha detto il Diavolo, te l'ha detto il Diavolo!", strillò l'omino, e, per la gran stizza, pestò in terra il piede destro con tanta forza che sprofondò fino alla cintura. Poi, in un accesso di rabbia, afferrò con le mani il piede sinistro e si squarciò da cima a fondo da solo.

Grimm n.55, "Rumpelstilzchen".
Classificazione: AaTh 500, [Guessing the Helper's Name]
Traduzione: Mab's Copyright

Il testo in lingua originale è nella Pagina: "Brüder Grimm"


mercoledì 7 ottobre 2015

La Ninfea o Le Fanciulle che Filavano Oro (Estonia) A.Lang - Traduzione Mia

Welz-Stein C.


'era una volta una grande, fitta foresta, e, nella foresta, vivevano una vecchia donna [1] e tre fanciulle. Le fanciulle erano meravigliosamente belle, ma la piccola era la più bella. La loro capanna era ben nascosta dagli alberi, e nessuno aveva mai conosciuto la loro bellezza, se non il Sole di giorno, e la Luna e gli occhi delle Stelle di notte. La vecchia teneva sempre le fanciulle impegnate: da mane a sera, filavano oro purissimo, e, quando una conocchia era ultimata, ecco che ce n'era un'altra da riempire, così non conoscevano riposo. Il filato doveva essere sottile e regolare, e la vecchia lo serbava in una camera chiusa a chiave. In estate, si assentava due o tre volte. Prima di partire, assegnava alle ragazze la quantità di lavoro da portare a termine ogni giorno. Ritornava sempre nel cuore della notte, e le fanciulle non avevano idea di cosa avesse portato con sé, né della destinazione del filato d'oro, né a cosa servisse. Una volta, quando si avvicinava il tempo di uno dei suoi viaggi, la vecchia assegnò ad ogni ragazza la quantità di lino che avrebbe dovuto filare nei sei giorni a venire, e rivolse loro la solita raccomandazione:"Figliuole, non lasciate che il vostro sguardo vaghi qua e là, e, per nessun motivo, rivolgete la parola ad un uomo: se lo faceste, il filato perderebbe il suo splendore e ne conseguirebbero innumerevoli disgrazie" [2].
Il terzo giorno dopo la partenza della vecchia, un giovane Principe [3] che cacciava nella grande foresta si separò dai suoi compagni e si smarrì. Stanco di cercare la strada, si sdraiò sotto un albero, lasciò il suo cavallo libero di vagare dove voleva e cadde addormentato. Al suo risveglio, il sole era ormai tramontato. Il Principe riprese a cercare una via d'uscita dalla foresta, e, infine, con grande gioia, si ritrovò a percorrere uno stretto viottolo, e scoprì che portava ad una capannuccia.
Le fanciulle, che sedevano presso una finestrella a prendere il fresco, lo videro avvicinarsi. Le due maggiori si spaventarono, ricordando le parole della vecchia, ma la più giovane disse:"Non ho mai visto nessuno come lui, lasciate che gli dia un'occhiata!". Le ragazze più grandi le ingiunsero di rientrare, ma, vedendo la sua ostinazione, la lasciarono sola [4]. Intanto, era sopraggiunto il Principe, che, dopo aver cortesemente salutato la fanciulla, le raccontò che si era smarrito e che era stanco ed affamato.
Lei gli offrì del cibo, e, incantata dalla sua conversazione, dimenticò il monito della vecchia e si intrattenne a lungo con lui.
Nel frattempo, i compagni di caccia del Principe, dopo averlo cercato inutilmente battendo in lungo e in largo la foresta, inviarono dei messaggeri a riferire al Re che il figlio s'era smarrito, e il Re ordinò che un reggimento di cavalleria ed uno di fanteria si mettessero immediatamente sulle sue tracce.


Scheppach Ines


Dopo averlo cercato per tre giorni, lo trovarono, infine, seduto davanti alla capanna con la fanciulla: aveva trovato talmente affascinante la sua compagnia che gli pareva che fosse trascorsa soltanto un'ora. Nel congedarsi, le promise che sarebbe tornato per condurla con sé a Corte. La fanciulla si affrettò a sedere all'arcolaio per recuperare il tempo perduto, ma, con suo grande sgomento, scoprì che il filato aveva perduto tutto il suo prezioso splendore [5]. Il cuore le batteva a precipizio nel petto, e pianse amaramente ricordando il monito della vecchia e non sapendo quale terribile disgrazia stesse per abbattersi su di lei. Durante la notte, tornò la vecchia, e, vedendo il filato opaco, capì cos'era accaduto in sua assenza. Andò su tutte le furie e gridò alla fanciulla che non aveva idea di quale sventura avesse attirato su di sé e sul Principe [6].
Questo pensiero non lasciava requie alla ragazza, che, infine, decise di andare in cerca del Principe per chiedere il suo aiuto.
Quand'era bambina aveva imparato il linguaggio degli uccelli, e, adesso, questa conoscenza le tornò utile [7]. Vide un corvo che si ravviava le penne su di un ramo, e, piangendo sommessamente, gli disse:
"Caro Corvo, il più intelligente e veloce fra gli uccelli, vuoi aiutarmi?"
"Come posso aiutarti?", chiese il corvo.
"Vola lontano, fino alla grande città dove sorge il Palazzo del Re, cerca suo figlio e raccontagli la grande disgrazia in cui mi trovo". E raccontò al corvo come il filato avesse perduto il suo splendore, quanto si fosse infuriata la vecchia e che una qualche terribile sventura stava per colpirla. Il corvo promise di riferire fedelmente le sue parole, spiegò le ali e prese il volo. La fanciulla tornò a casa e si mise a lavorate sodo, avvolgendo il filato delle altre fanciulle, poiché la vecchia non voleva che toccasse l'arcolaio. Verso sera, sentì il richiamo del corvo, e si affrettò a raggiungere l'albero dove lo aveva visto la prima volta, per ascoltare la risposta del Principe.
La buona sorte aveva fatto sì che, nei giardini del Palazzo, il corvo si imbattesse nel figlio di un Mago del Vento che conosceva il linguaggio degli uccelli, e a lui aveva affidato il messaggio per il Principe. Questi si addolorò moltissimo per la fanciulla e si consigliò con i suoi amici su come liberarla.
Poi, disse al figlio del Mago del Vento:"Prega il corvo di affrettarsi a tornare dalla fanciulla per avvertirla di tenersi pronta la nona notte, poiché la porterò via con me".


Welz-Stein C.


Il figlio del Mago del Vento eseguì i suoi ordini e riferì il messaggio, e il corvo volo così rapidamente che raggiunse la capanna quella sera stessa. La fanciulla ringraziò il corvo di tutto cuore e rientrò in casa, senza dire ad alcuno una parola su ciò che le era stato riferito. Man mano che la nona notte si avvicinava, ella si incupiva sempre più, temendo che la terribile disgrazia profetizzata rovinasse tutto. La nona notte, la fanciulla scivolò silenziosamente fuori, e attese ad una certa distanza dalla capanna, tremando tutta. E, in effetti, udì il suono ovattato degli zoccoli dei cavalli, ed ecco apparire una compagnia di uomini in armi guidata dal Principe in persona, che, la volta precedente, aveva segnato gli alberi per essere sicuro di ritrovare la strada per la capanna. Non appena scorse la fanciulla, saltò giù da cavallo, sollevò la ragazza fra le braccia, la sistemò sulla sella, salì dietro di lei e galoppò verso casa. La luce della luna era così intensa e brillante che scoprirono con facilità gli alberi segnati. Pian piano, l'aurora sciolse le lingue degli uccelli, e, se solo il Principe avesse conosciuto il loro linguaggio o la fanciulla si fosse messa in ascolto, si sarebbero risparmiati tante sofferenze, ma non avevano occhi e pensieri che l'uno per l'altra, e, quando uscirono dalla foresta, il sole era alto nel cielo [8].
Quella mattina, quando la più giovane delle ragazze non si presentò al lavoro comune, la vecchia chiese dove fosse. Le sorelle finsero di non saperne nulla, ma la vecchia indovinò facilmente ciò che era accaduto, e, poiché era in realtà una malefica strega, decise di punire i fuggitivi. Quindi, raccolse nove differenti qualità di piante dalle proprietà magiche, vi aggiunse del sale, dopo averlo incantesimato, e chiuse il tutto in un panno che serrò in forma di una soffice palla. Poi, affidò la palla stregata alle ali del vento, dicendo:

"O Turbine - Madre del Vento!
Concedimi il tuo aiuto contro colei che ha peccato.
Porta con  te questa palla incantata,
Strappa per sempre la fuggitiva dalle braccia del suo amato,
E seppelliscila nel fiume vorticoso!"

A mezzogiorno, il Principe e i suoi cavalieri raggiunsero un fiume impetuoso, attraversato da un ponte così stretto che solo un uomo a cavallo per volta poteva percorrerlo. Il cavallo montato dal Principe e dalla fanciulla era giunto appena a metà del ponte che arrivò in volo la palla stregata, portata dal vento.
Terrorizzato, il cavallo si imbizzarrì [9], e, prima che chiunque potesse far qualcosa, lasciò cadere la fanciulla nei gorghi del fiume sottostante.


Scheppach Ines


Il Principe tentò di tuffarsi per raggiungerla, ma i suoi uomini lo trattennero, e, nonostante i suoi sforzi per liberarsi, lo ricondussero a casa, dove, per sei settimane, egli si rinchiuse in una camera appartata, rifiutando di bere e di mangiare, tanto straziante era il suo dolore. In breve, si ammalò così gravemente che ormai gli restava ben poco da vivere, e il Re, angosciato, ordinò che fossero mandati a chiamare tutti i Maghi del Regno. Ma nessuno riuscì a guarirlo. Allora, il figlio del Mago del Vento disse al Re:
"Mandate a chiamare il Mago della Finlandia: ne sa più lui di tutti i vostri Maghi messi insieme!"
Il Re inviò immediatamente un messaggero in Finlandia, e, una settimana più tardi, il vecchio Mago in persona arrivò a Palazzo sulle ali del vento.
"Vostra Maestà - disse - il vento ha soffiato la malattia su vostro figlio e gli ha strappato la sua amata dalle braccia causandogli questa sofferenza senza requie. Lasciate che sia il vento a portare via il suo male".
Allora, il Re ordinò che il figlio venisse esposto al vento, e il Principe, lentamente, guarì, e gli raccontò ogni cosa.
"Dimentica quella fanciulla! - disse il Re - E prenditi una nuova sposa", ma il Principe rispose che non avrebbe mai potuto amare un'altra donna.
Un anno dopo, il Principe decise improvvisamente di ritornare sul ponte dove la sua amata aveva incontrato la morte. Ricordando quella terribile sventura, pianse amaramente: avrebbe dato tutto ciò che possedeva per riaverla viva. All'apice del suo sfogo, gli parve di udire cantare una voce di donna. Si guardò intorno, ma non vide nessuno. E la voce riprese a cantare:

"Ahimè! Stregata e dimenticata,
Qui dovrò giacere per sempre,
Il mio amato mai si curò di liberarmi,
lui che giurava di amarmi!" [10]

Sbalordito, il Principe balzò giù dal cavallo, e scrutò ovunque, nel caso qualcuno si fosse nascosto sotto il ponte, ma non vide nessuno. Poi, notò una ninfea gialla che galleggiava sull'acqua, seminascosta dalle sue larghe foglie. Ma i fiori non cantano, e, stupefatto, il Principe attese, sperando che la voce cantasse ancòra. E la voce riprese:

"Ahimè! Stregata e dimenticata,
Qui dovrò giacere per sempre,
Il mio amato mai si curò di liberarmi,
lui che giurava di amarmi!"

E, all'improvviso, al Principe vennero in mente le altre due fanciulle che filavano oro nella capanna della foresta, e si disse:
'E se andassi fin laggiù? Chissà che non possano spiegarmi ciò che accade'.
Senza porre tempo in mezzo, galoppò fino nel folto della foresta e trovò le due fanciulle accanto alla fonte. Raccontò loro la mortale disgrazia che si era abbattuta sulla sorella l'anno prima, e riferì di aver udito per ben due volte una strana canzone, ma di non essere riuscito a scorgere chi la intonasse. Le fanciulle dissero che la ninfea gialla non poteva essere altri che la sorella più giovane, la quale non era morta, ma era stata trasformata dal maleficio della palla stregata.


Spalenka Greg


Prima che il Principe andasse a riposarsi, la maggiore preparò un dolce di erbe magiche e glielo offrì, e, quella notte, egli sognò che comprendeva tutto ciò che gli uccelli della foresta si dicevano l'un l'altro. La mattina dopo, raccontò il sogno alle fanciulle, che gli rivelarono le virtù magiche del dolce, e gli raccomandarono di ascoltare e di prestare grande attenzione a ciò che gli uccelli avevano da raccontare. Poi, lo implorarono affinché, una volta salvata la sorella, tornasse a liberarle da quella prigione stregata. Dopo aver promesso solennemente che sarebbe tornato, il Principe si avviò, pieno di speranza, sulla strada verso casa, e, mentre cavalcava attraverso la foresta, riusciva a comprendere tutto ciò che gli uccelli si dicevano l'un l'altro. Udì un tordo esclamare, rivolgendosi ad una gazza:
"Ma quanto sono stupidi gli uomini! Non riescono a comprendere le cose più semplici. E' passato un anno da quando la fanciulla venne trasformata in una ninfea, e, benché ella canti così tristemente che chiunque passi su quel ponte non possa fare a meno di sentire, pure, nessuno è andato in suo soccorso. Qualche giorno fa, anche il suo antico innamorato è passato su quel ponte e l'ha udita cantare, ma non si è certo dimostrato più sveglio degli altri!"
"Ed è lui da biasimare per tutte le disgrazie della poverina - disse la gazza - poiché, se continuerà a prestare attenzione solo alle parole degli uomini, la fanciulla resterà fiore per sempre. Ma il mistero della sua liberazione solo il Mago della Finlandia lo conosce!"
Udite queste parole, il Principe prese a domandarsi come avrebbe potuto far arrivare il più velocemente possibile un messaggio al Mago della Finlandia, quando sentì una rondine dire ad un'altra:"Voliamo in Finlandia! Là potremo fabbricare nidi migliori!"
"Fermatevi, gentili amici! - gridò il Principe - Volete fare qualcosa per me?"
Le rondini accettarono, e il Principe disse:
"Porgete i miei ossequii al Mago della Finlandia e chiedetegli come posso restituire le sue vere sembianze ad una fanciulla trasformata in un fiore".
Le rondini volarono via, e il Principe si diresse al ponte, e, lì, attese invano che la voce cantasse di nuovo, ma non udì altro che il lamento del vento e il rombo dell'acqua, e, deluso, se ne tornò a Palazzo.
Poco dopo, si trovava nei giardini del Castello e pensava che le rondini avessero dimenticato il suo messaggio, quando vide un'aquila roteare in alto, sul suo capo. L'aquila planò lentamente finché si posò su di un albero accanto al Principe e disse:
"Il Mago di Finlandia ti invia i suoi saluti e mi incarica di dirti che puoi liberare la fanciulla nel seguente modo: Va' al fiume, ricopriti da capo a piedi di fango e di': 'Da uomo in granchio!', e ti trasformerai in un granchio. Tuffati in acqua senza esitare e avvicinati il più possibili alle radici della ninfea per liberarle dal fango e dalle canne. Ciò fatto, afferra con le tue chele le radici e portale in superficie; quindi lascia che l'acqua trascini la ninfea finché non arriverete ad un sorbo rosso, sulla riva sinistra del fiume. Lì vicino c'è una grande pietra. Fermati e di': 'Da granchio in uomo, da ninfea in fanciulla', ed entrambi riavrete fattezze umane".
Il Principe era dibattuto fra dubbi e timori e lasciò passare un po' di tempo nell'attesa di trovare l'audacia per tentare di liberare l'amata finché un corvo gli disse:
"Perché esiti? Il vecchio Mago non si sbaglia e gli uccelli non ti hanno ingannato, quindi, va', affrettati ad asciugare le lacrime della fanciulla".
'Il peggio che mi possa capitare - pensò il Principe - è di trovare la morte nell'impresa, e la morte è preferibile a un dolore senza fine!'
Ancòra una volta si recò al ponte, e, ancòra una volta, udì il lamento della fanciulla. Allora, senza più esitare, si ricoprì di fango, disse:"Da uomo in granchio", si trasformò in granchio e si tuffò nel fiume.
Per un attimo, sentì il ronzio dell'acqua, poi, tutto fu silenzio. Si avvicinò alla ninfea e si diede da fare per liberare le radici dal fango e dalle canne, ma esse erano così strettamente avviluppate che gli ci volle molto tempo. Infine, riuscì a portarle in superficie e lasciò che la ninfea venisse trasportata dalla corrente finché non scorse il sorbo rosso, e, lì accanto, la grande pietra. Allora si fermò e disse:"Da granchio in uomo e da ninfea in fanciulla", e riacquistò le sue vere sembianze e accanto a lui c'era la fanciulla: era dieci volte più bella di prima e indossava una veste giallo pallido scintillante di gioielli. [11]
Ella lo ringraziò per averla liberata dal potere della strega crudele e acconsentì volentieri a sposarlo. Ma, una volta risaliti sul ponte, non ci fu verso di ritrovare il cavallo: infatti, il Principe era convinto di aver trascorso solo poche ore sotto forma di granchio, ma, in realtà, erano passati più di dieci giorni. Mentre si chiedevano come fare a raggiungere il Palazzo, ecco arrivare lungo la riva un magnifico cocchio tirato da sei cavalli splendidamente bardati [12]. Vi salirono e raggiunsero la reggia; il Re e la Regina erano chiusi in cappella a piangere il figlio che credevano morto. Fu quindi con grande gioia e stupore che videro entrare il Principe, che recava per mano una bellissima fanciulla. Il matrimonio fu celebrato seduta stante, e per sei settimane, si tennero in tutto il Regno. banchetti, balli e festeggiamenti.
Qualche tempo dopo, mentre il Principe e la sua sposa sedevano nei giardini, giunse un corvo e disse:
"Che ingrate creature! Avete dimenticato le due povere fanciulle che vi hanno aiutato nel momento dell'angoscia più grande? Devono filare lino in oro per sempre? E non abbiate alcuna pietà per la vecchia strega. Le tre fanciulle sono tre Principesse che ella rapì quando erano bambine: che il veleno sia il suo castigo!"
Il Principe si vergognò di non aver mantenuto la parola data. Immediatamente, corse alla capanna nella foresta. Per fortuna, la vecchia non c'era. Le fanciulle avevano visto in sogno ch'egli sarebbe arrivato e si fecero trovare pronte. Prima di fuggire, lasciarono sul tavolo un dolce che avevano riempito di veleno, sapendo che avrebbe attratto l'attenzione della strega. E, infatti, cosi fu. La vecchia vide il dolce e lo trovò molto invitante: lo mangiò e morì all'istante, uccisa dal veleno. Nella camera segreta scoprirono cinquanta carri di filato d'oro, e altrettanti erano stati sotterrati. La capanna venne rasa al suolo e il Principe, la sua sposa e le due fanciulle vissero felici per sempre. [13]



Sauvant H.


Traduzione: Mab's Copyright
"The Water Lily. The Gold Spinners", da "The Blue Fairy Book", Andrew Lang.


Note (mie)
Nell'omonimo racconto di Friedrich Reinhold Kreutzwald, redattore del poema epico èstone Kalevipoeg, al quale questa fiaba è strettamente legata:

[1] La vecchia, definita letteralmente "zoppa vecchia donna", è indicata come la madre delle tre filatrici.

[2] L'ammonizione è: Non spezzate il filo.

[3] Il Principe è "della stirpe di Kalev", mitico eroe nazionale èstone.

[4] Tutt'e tre le filatrici si intrattengono con il Principe, poi, le maggiori, vinte dal sonno, si ritirano, mentre la più giovane rimane a conversare con lui, e l'incontro romantico si prolunga per tre giorni.

[5] Congedatasi dal Principe, la fanciulla scopre che il filo si è spezzato, e - di conseguenza - ha perduto il suo splendore.

[6] Al suo ritorno, la vecchia, avendo intuito la presenza di un uomo, impreca orribilmente e giura che, se dovesse tornare, gli spezzerebbe il collo e getterebbe le sue carni alle bestie feroci.

[7] La fanciulla ha appreso dalla madre il linguaggio degli uccelli.

[8] Il biasimo del mancato ascolto ricade solo sulla fanciulla, come è ovvio, dal momento che lei soltanto può comprenderne il linguaggio.

[9] La palla stregata attacca il cavallo come un tafano.

[10] La fanciulla dice che la sua sepoltura sono le acque di Ahti - Dèa delle acque èstone.

[11] Poiché il Principe si è liberato dei vestiti per ricoprirsi completamente di fango, e la fanciulla è un'ex ninfea, entrambi sono: Nudi come Dio li aveva fatti. Lei si nasconde dietro il sorbo e lui corre sul ponte, ma non ritrova né il cavallo, né i proprii abiti.

[12 ] A bordo del cocchio ci sono un valletto ed una cameriera personale che rivestono il Principe e la fanciulla con magnifici abiti nuziali. Ed è già abbigliati da sposi che fanno il loro ingresso nella cappella, dove il Re e la Regina, vestiti a lutto, piangono il figlio creduto morto.

[13] Finale: gli sposi lasciano passare l'autunno seguente e l'inverno finché una gazza giunge a rimproverare la loro ingratitudine nei confronti delle filatrici rimaste nel bosco. La sposa sogna che la vecchia è partita per uno dei suoi soliti viaggi, così il Principe può liberare le sue sorelle senza eccessivi rischi. Una volta liberate le filatrici ed uccisa la strega, un fedelissimo del Principe ispeziona la capanna e trova i cinquanta carichi di gomitoli d'oro. Ma - si specifica - la vecchia doveva averne seppellite altrettanti che, per quanto si scavasse, non furono mai ritrovati. Inoltre, i soldati, con l'aiuto di un uccello parlante, catturano un gatto demoniaco, che, morta la vecchia, ha riacquistato la parola, ma non il sembiante umano. Grazie a lui, è reso noto l'antefatto della storia: il "gatto" era ciambellano presso un grande Re, mentre la strega era la cameriera personale della Regina. Decisero di rapire le Principessine, con una gran quantità di vasellame d'oro che la strega mutò in filato. Per timore di un suo ripensamento, la vecchia trasformò il ciambellano in gatto. Adesso il "gatto" implora pietà, ma l'uccello ne decreta la stessa fine della strega e viene gettato nel fuoco.

Poiché si specifica che "per avidità" decidono di rapire le Principesse, sono certa che, magari in qualche antica ballata, le bambine avevano dalla nascita il dono di filare oro.

Mab

venerdì 2 ottobre 2015

Il Fuso, l'Aspo e l'Arcolaio, la Vecchina nella Torre

La Fata, la Strega e la Vecchietta ne La Bella Addormentata.
La Fata cattiva e vendicativa che lancia la maledizione sulla regale neonata e la Fata buona - la minore delle "sorelle", come sempre - che addolcisce il maleficio trasformando la Morte in un Sonno secolare. Quindi, Fata cattiva, non strega.
Ma il dualismo non è certo tra la definizione "Fata" - che presuppone una natura benevola - e il suo comportamento crudele e vendicativo. Ho già sottolineato come, sia nelle fiabe popolari che in quelle colte, raramente si usi il termine strega se non per indicare la canonica vecchiaccia di Hansel e Gretel.
Laddove la natura della strega non è sempre e completamente truce - vedi le fiabe del tipo La Bella e la Brutta -  si preferisce il termine Fata, anche contro ogni evidenza (vedi le "mamme" delle varianti feline de La Bella e la Brutta, ad esempio). La vera ambiguità è appresentata dalla sbiadita e stordita vecchina in cima alla torre: forse un dolce Essere fuori dal Mondo, forse la Fata cattiva della maledizione trasformatasi in mite adescatrice...
Riflettendoci, sono speculari: la vecchia Fata non invitata al battesimo della piccola Principessa perché era da così tanti anni rinserrata nel suo vecchio castello che il mondo l'aveva creduta morta, e la vecchina appartata in una delle centinaia di stanze della reggia, a cui il mondo era estraneo, tanto da non sapere nulla dell'editto sugli arcolai, pur vivendo nella Casa del Re e da non riconoscere la giovane Principessa che s'affaccia, curiosa, nella sua stanzina.


Dorè G.


Anche le illustrazioni riflettono, nel tempo, questa ambiguità. In alcune, all'arcolaio è seduta una dolce nonnina con scialletto e cuffietta, in altre, il dubbio è insinuato da un gatto nero ch'ella tiene in grembo o sulla spalla, o che striscia come una pantera lungo la parete. Nelle illustrazioni più moderne, il dubbio è sciolto e la vecchina è dipinta senz'altro come la cattiva Fata in agguato. Una più attenta riflessione, una diversa sensibilità o l'assorbimento tout court della versione disneyana? (stra-sic!).




Innocenti R.

Quanto al fuso e all'arcolaio, lascerei perdere azzardati confronti mitologici (e/o il sanguinamento del ditino principesco immancabilmente accostato al menarca): solo nell'Italia del Sud (da Roma in giù) e in Grecia il Filo non si è mai spezzato e la presenza di Iside o Ecate o Medusa o Medea o Febo nelle fiabe è altrettanto naturale di quanto sia far risalire la fondazione di una grande città a Eracle, così come raccontano gli antichi storiografi. E, sinceramente, da Roma al nord Europa, mi risulta stranamente difficile immaginare, nelle loro capanne di fango riscaldate da fuochi di sterco essiccato, i narratori analfabeti (ai tempi in cui neanche avevano raggranellato un proprio alfabeto) dissertare degli amori di Afrodite o della furiosa castità di Artemide.
E' molto più complesso di così... e molto più semplice. Le fiabe, una cinquantina di archetipi in tutto il mondo, raccontate come mantra da centinaia e centinaia di anni, inevitabilmente risentono del luogo, dei tempi, delle peculiari culture e
convenzioni sociali. E, quindi, Mai in un'unica e definitiva versione. Si tratta di innumerevoli stratificazioni. E' il medesimo fenomeno che accade per quanto riguarda una Lingua. Più  che antropologo, un amante delle fiabe deve essere  un po' geologo un po' Indiana Jones!

A proposito de Il Fuso, l'Aspo e l'Arcolaio..
Storia e folklore nell'opera museografica di Giuseppe Pitrè, di Pasqualina Manzo:
"... Non a caso quindi gli arnesi della filatura sono donati dai fidanzati alle future spose; 'Nelle concezione popolare - dice Pitrè -  il fuso ha il naso (muscola) sul cappello (fusaiuolo), unito alla conocchia è sempre un figliuolo; la mamma (la conocchia) dimagra fino a diventare uno stecco ed il figliuolo balla ed ingrassa'. Fuso, aspo, arcolaio 'aprono l'adito a pregiudizi incredibili', carichi come sono di valenze simboliche; il fuso nella stanza di una partoriente è di ostacolo al parto, ma contro la jettatura è molto efficace; una leggenda modicana parla di una vecchia che sta in guardia di un tesoro filando senza mai smettere: se le si tolgono fuso e rocca, sarà possibile cavare il tesoro; l'aspo è efficace contro le "donne di fuori"* se è unito a un corno, una crocetta di canna o a uno straccio rosso; anche le streghe sono tenute lontano dalle case dall'aspo, invece l'arcolaio (animulu) è simbolo del volo vorticoso delle streghe, che di notte percorrono i cieli cavalcando un caprone o un manico di scopa." Gli usi e le credenze connessi al lavoro della filatura sono riportati da Pitrè in più punti della sua Biblioteca: ci sono giorni ritenuti infausti per filare, alcuni infortuni durante la filatura che sono ritenuti cattivi auspici, ci sono formule usate contro il malocchio ed invocazioni devote a sant'Agata, protettrice delle filatrici.

*Le "Donne di fuori" o "donne di casa" o "belle sinore" sono chiamate in Sicilia le Dominae Nocturnae o "bonae res" ricordate nella letteratura medievale italiana e d'oltralpe, girovaganti la notte con Diana, Erodiade o con la "Signora d'Oriente" per visitare le case degli uomini in cerca di cibo e bevande. Se non trovano tavole imbandite, scagliano maledizioni [...] Amano specialmente i bambini, li coccolano e li colmano di doni, ma possono fargli dispetti pericolosi per la loro salute e il loro sviluppo.
(G. Bonomo)


A. Anker, La regina Berta e le filatrici

Ciò detto, sempre da Proppiana convintissima, ricordo che, nel Rito di Iniziazione, la Morte Temporanea veniva indotta nell'Iniziando anche tramite l'introduzione, da parte del celebrante, di oggetti acuminati sotto la pelle e le unghie. E Propp include il fuso de La Bella Addormentata, o il pettine infilato nei capelli di Biancaneve o lo spillone conficcato nella testa della sfortunata eroina di tante fiabe russe tra gli epigoni di quegli oggetti sciamanici.

Mab's Copyright