mercoledì 7 settembre 2016

Dorani, Fiaba del Punjab (India), Raccolta da A. Lang - Traduzione Mia

Kate Baylay



anto, tanto tempo fa, viveva in una città dell'Hindustan un commerciante di profumi e di essenze che aveva una bellissima figlia di nome Dorani.
La fanciulla era amica di una Fata: entrambe godevano del favore di Indra*, il Signore del Paese delle Fate, poiché il loro canto era di una tale dolcezza e la loro abilità di danzatrici era così raffinata che in tutto il Regno non v'era alcuno che potesse rivaleggiare con loro quanto a grazia e bellezza.
Dorani aveva una lussureggiante, lunghissima chioma di incomparabile magnificenza che pareva oro filato e che profumava di rose appena sbocciate, ma il cui peso le pareva spesso insopportabile; così, un giorno, si tagliò una grossa treccia lucente, l'avvolse in una larga foglia e la gettò nel fiume che scorreva sotto le sue finestre. Ora, avvenne che il figlio di un Re impegnato in una battuta di caccia sostasse sulla riva del fiume per dissetarsi, e, proprio in quel momento, una larga foglia arrotolata che emanava un intenso profumo di rose galleggiò verso di lui. Spinto dalla curiosità, il Principe entrò in acqua e raccolse la foglia; la srotolò, e, al suo interno, scoprì una meravigliosa treccia lucente che pareva oro filato e che emanava un inebriante, delizioso profumo.
Quel giorno, quando tornò a casa, era così triste e silenzioso che suo padre si domandò se si fosse ammalato, e gli chiese cosa avesse. Allora, il giovane trasse dal petto la treccia che aveva trovato nel fiume, la sollevò verso la luce e disse:
"Guarda, padre mio, e dimmi se hai mai visto capelli simili a questi! Se non riuscirò a conquistare e a sposare la fanciulla a cui questa treccia appartiene, ne morirò!"



Subito il Re inviò araldi in tutto il Regno affinché trovassero la fanciulla dalla chioma simile ad oro filato, e, infine, venne a sapere che era la figlia di un commerciante di profumi. Quale fosse la missione degli araldi era ormai cosa nota in tutto il Paese, e anche Dorani ne venne a conoscenza. Così, un bel giorno, disse al padre:
"Se quella è la mia treccia, il Re esigerà che sposi suo figlio, e dovrò farlo, ma - ricorda bene - tu gli dirai che, dopo le nozze, trascorrerò l'intera giornata a Palazzo, ma tornerò ogni notte nella mia vecchia casa".
Il padre la ascoltò stupito, ma non replicò perché sapeva bene che era più saggia ** di lui. Naturalmente, i capelli erano proprio quelli di Dorani, e gli araldi, tornati immediatamente a Palazzo, informarono il loro Signore. Il Re mandò a chiamare il commerciante di profumi e gli annunciò che sua figlia sarebbe diventata la sposa del Principe.
Il vecchio padre toccò rispettosamente terra con la fronte per tre volte, poi, rispose:
"Vostra Maestà, voi siete il nostro signore e padrone e vi obbediremo. Mia figlia pone una sola condizione: dopo le nozze trascorrerà il giorno a Palazzo, ma, ogni notte tornerà nella casa paterna".
Il Re trovò la richiesta ben strana, ma si disse che, in fondo, erano affari di suo figlio, e che la giovane si sarebbe presto stancata di fare avanti e indietro. Così, accettò la condizione, stipularono i patti matrimoniali, e le nozze vennero celebrate tra grandi festeggiamenti.
Sulle prime, il Principe non si curò affatto della condizione posta dall'affascinante Dorani poiché pensava solo che avrebbe trascorso tutte le sue giornate con lei, ma, ben presto, scoprì, con grande rammarico, che la sposa se ne stava tutto il tempo seduta su di uno sgabello, con il capo chino e la fronte posata sulle ginocchia, e che non c'era verso di indurla a pronunciare una sola parola.


H.J. Ford



Ogni sera, Dorani veniva condotta nella casa paterna in un palanchino***, e, ogni mattina, appena dopo l'alba, ritornava a Palazzo, tuttavia, non un suono le usciva dalle labbra, e non dava il minimo segno di vedere, ascoltare o accorgersi del marito.
Una sera, il Principe, infelice e tormentato, vagabondava senza meta in un antico e bel giardino nei pressi del Palazzo. Il giardiniere era un uomo molto vecchio che aveva servito anche il bisnonno del Principe. Non appena lo vide, s'inchinò profondamente davanti a lui e disse:
"Bambino, bambino... mi sembri così triste. Cosa ti affligge?"
E il Principe rispose:
"Mio vecchio amico, sono triste perché ho preso in moglie una giovane donna bella come le stelle, ma che non mi rivolge la parola, e non so cosa fare. Notte dopo notte, mi abbandona per recarsi nella casa di suo padre, e, giorno dopo giorno, siede nella mia casa immobile come una statua, e se ne sta in silenzio, qualunque cosa io dica o faccia."
Il vecchio ci pensò su per un po', e, quindi, si diresse zoppicando verso la sua casetta. Poco dopo, ritornò portando cinque o sei pacchetti che mise nelle mani del Principe dicendo:
"Domani, quando la tua sposa lascerà il Palazzo, cospargiti il corpo con la polvere contenuta in uno di questi pacchetti: tu vedrai ogni cosa con grande chiarezza, ma diventerai invisibile agli occhi di tutti. Di più non posso fare, ma ti auguro che le cose vadano per il meglio!"
Il Principe lo ringraziò calorosamente e ripose i pacchetti nel suo turbante con estrema cura.
La notte seguente, quando Dorani partì nel suo palanchino alla volta della casa paterna, il Principe si cosparse con la polvere magica di uno dei pacchetti e le corse dietro.
Ben presto, si accorse che, come aveva promesso il vecchio, era invisibile agli occhi di tutti, eppure non si sentiva diverso dal solito e vedeva con grande chiarezza ciò che gli succedeva intorno.
Rapidamente, si affiancò al palanchino e camminò fino alla casa del mercante di profumi, dove il palanchino fu posato a terra e la sua sposa, fittamente velata, scese ed entrò, sempre seguita dal Principe invisibile. Oltrepassata la prima porta, Dorani si tolse un velo; quando giunse, attraverso un'altra porta, alla fine di un passaggio, si tolse il secondo velo. Salì una scala, e, prima di entrare nel gineceo, si tolse l'ultimo velo. Quindi, raggiunse la sua camera dove erano stati approntati per lei due grandi bacili, uno colmo di essenza di rose e l'altro di acqua, in cui si lavò. Poi, ordinò che le portassero del cibo. Uno schiavo le servì una scodella di cagliata che Dorani mangiò frettolosamente. Poi, si drappeggiò addosso una tunica d'argento, si cinse con i suoi fili di perle e si ornò i capelli con una corona di rose. Quindi, sedette su uno sgabello a quattro gambe sormontato da un baldacchino ornato da cortine di seta che chiuse intorno a sé, esclamando in tono d'imperio:
"Vola, sgabello! Portami al palazzo del Raja Indra!"
Immediatamente, lo sgabello si alzò in volo, e il Principe, che aveva osservato tutti quei preparativi con grande meraviglia, fece appena in tempo ad afferrare una gamba dello sgabello che si ritrovò trasportato a gran velocità attraverso l'aria. In breve, giunsero alla dimora della Fata che - come vi ho già raccontato - era la migliore amica di Dorani. La Fata attendeva in piedi sulla soglia, abbigliata splendidamente come Dorani, e, non appena scorse l'amica, gridò, stupita:
"Perché lo sgabello vola tutto sghembo, oggi? Mi domando quale sia il motivo. Sospetto che tu abbia rivolto la parola a tuo marito, ed ecco il risultato".
Ma Dorani affermò che non aveva pronunciato neanche una parola, e non aveva idea del motivo per cui lo sgabello volasse come se fosse appesantito da un lato.
La Fata non sembrava convinta, ma non rispose e le sedette accanto sullo sgabello, al quale il Principe si teneva sempre ben stretto. Poi, lo sgabello spiccò il volo e, in un baleno, raggiunse il Palazzo del Raja Indra.


H.J. Ford


Per tutta la notte, le due donne cantarono e danzarono al cospetto del Raja, mentre un magico liuto suonava da solo la più ammaliante delle melodie, e il Principe, che se ne stava seduto e vedeva e ascoltava ogni cosa, ne fu come ipnotizzato.
Poco prima dell'alba, il Raja le congedò, e le due amiche si accomodarono sullo sgabello, e il Principe invisibile le seguì nel solito modo. E lo sgabello tornò sulla Terra e trasportò Dorani e suo marito sani e salvi davanti alla casa del commerciante di profumi. Il Principe si affrettò a superare il palanchino e gli insonnoliti trasportatori, e tornò di corsa a Palazzo. Non appena oltrepassò la soglia dei suoi appartamenti, ridiventò visibile. Si sdraiò su un divano e attese l'arrivo di Dorani. La moglie ritornò e, immediatamente, sedette come il solito, muta ed immobile, con la testa sulle ginocchia. Per un po' se ne stettero in silenzio, poi, il Principe disse:
"La notte scorsa ho fatto un sogno stranissimo, e, poiché ti riguarda, voglio raccontartelo, anche se tu non mi presterai attenzione"
E, infatti, Dorani sembrava assente, muta e sorda, ma il marito non se ne curò e raccontò tutto ciò che aveva visto e udito, senza tralasciare alcun dettaglio.
Quando elogiò il suo canto e la voce gli tremò un poco, Dorani lo guardò, ma non disse una parola anche se, dentro di sé, era colma di meraviglia. Che strano sogno! - pensava. Poteva un semplice sogno aver mostrato a suo marito tutto ciò che era stato detto e fatto nel corso dell'intera notte? Tuttavia, anche quel giorno, sedette immobile, con la testa sulle ginocchia, senza pronunciare una parola, ma aveva lanciato uno sguardo al marito.
Quando calò la notte, il Principe si rese nuovamente invisibile e la seguì. Tutto ciò che era accaduto la notte precedente accadde nuovamente, ma Dorani cantò come non aveva mai cantato. E, il mattino dopo, il Principe le raccontò ciò che aveva visto e ascoltato, fingendo di averlo sognato. Aveva appena finito di parlare che la moglie lo guardò e disse:
"Lo hai sognato davvero o eri là?"
"Ero là", rispose il Principe.
"Ma perché mi hai seguita?"
"Perché ti amo e per me la felicità è stare dove sei tu".
A queste parole, le palpebre di Dorani ebbero un piccolo fremito, ma non aggiunse parola e se ne restò zitta e immobile anche quel giorno. Tuttavia, la sera, mentre stava entrando nel palanchino, disse al marito:
"Se mi ami davvero, provamelo: non seguirmi stanotte!"
E il Principe rispettò il suo desiderio e rimase a casa.
Quella notte, il volo dello sgabello fu talmente turbolento che le due donne faticarono a restare sedute. Infine, la Fata esclamò:
"Non può esservi altra ragione: hai rivolto la parola a tuo marito!"
E Dorani rispose:
"Sì, gli ho parlato! Oh, sì, gli ho parlato!", e non aggiunse altro.
E, al cospetto di Indra, cantò così soavemente che, quando tacque, il Raja balzò in piedi e proclamò che le avrebbe donato qualsiasi cosa gli avesse chiesto. Sulle prime, Dorani non disse nulla, poi, pressata dal Raja, disse:
"Dammi il liuto magico".
A questa richiesta, Indra si infuriò con se stesso per essere stato così precipitoso e avventato nelle promesse poiché riteneva il liuto magico il più prezioso dei suoi tesori, ma aveva impegnato la sua parola e non poté far altro che consegnare  - con malagrazia - il magico strumento a Dorani.
"Non devi tornare mai più - le disse - Hai chiesto un dono di inestimabile valore: come potresti accontentarti in futuro di doni meno preziosi?"
Dorani s'inchinò profondamente nel ricevere il liuto, poi, con la Fata, attraversò il grande cancello e salì sullo sgabello, che le riportò sulla Terra, benché il suo volo fosse più precario di prima. L'indomani, rientrata a Palazzo, Dorani domandò al Principe se avesse sognato nuovamente, e lui rise di gioia perché, questa volta, gli aveva rivolto la parola di sua volontà, e disse:
"No, ma incomincio a sognare adesso, e non sogno ciò che è accaduto, ma ciò che potrebbe accadere in futuro!"
E Dorani trascorse la giornata seduta silenziosa e tranquilla, ma rispondeva al marito quando lui le rivolgeva la parola. Calò la sera e si avvicinò l'ora in cui era solita lasciare il Palazzo, ma Dorani non si mosse. Allora, il Principe le si avvicino e le domandò dolcemente:
"Non vai a casa tua, Dorani?"
A queste parole, Dorani balzò in piedi, si gettò fra le sue braccia, e, scoppiò in lacrime, bisbigliando con la sua tenera voce:
"Mai più, mio signore! Non ti abbandonerò mai più!"
Fu così che il Principe conquistò il cuore della sua bellissima sposa, e, sebbene, in seguito, né l'uno né l'altra ebbero mai più a che fare con le Fate e con la magia, impararono giorno dopo giorno la magia dell'Amore, che ognuno è in grado di apprendere, anche se quella delle Fate non esiste più.



Kate Baylay


Da "The Olive Fairy Book" di A Lang.

Il caro maggiore Campbell era l'Agatuzza Messia di Lang. Ehm. Quando non ho i testi originali, almeno di qualche variante delle fiabe di cui Campbell è il redattore, mi affido alla Provvidenza dei Traduttori. Il nucleo della fiaba è autentico. Si apparenta a tutte le fiabe - soprattutto persiane e siriane - da cui discendono le nostre Dodici Principesse Danzanti. Io le ho catalogate nel Blog anche come Fughe Notturne (la principessa stregata de "Il Compagno di Viaggio" di Andersen, ad esempio). Nelle fiabe più tarde e/o rimaneggiate, e nelle nostre, l'assenza notturna è frutto di una sorta di possessione demoniaca, spesso lievemente perversa. Il mostruoso stregone, il drago, lo "schiavo moro" che attende la principessa ogni notte e la spinge al delitto è chiaramente il suo amante. E solo un esorcismo salvifico le ridarà libertà e "purezza". Qui, non sapremo mai l'origine di Dorani. Molto probabilmente, manca una parte in cui si accenna ad una nascita "miracolosa", il che spiegherebbe l'amicizia con la Fata, e la sua confidenza con il Mondo Altro. Molte ninfe celesti si facevano donne per lenire il dolore di due sposi infecondi o il dolore di un padre orbato di una figlia o di un vedovo inconsolabile. Poi ritornavano nel loro mondo. Le fiabe raccontano spesso le traversie che accompagnano la loro scelta di restare. E questa è la storia della scelta di Dorani, vestale di Indra, che vive come tale nella casa del marito, assumendo persino la posa fisica dell'obbedienza al Dio e della contemplazione.

Mab's Copyright

Note (mie):

* Indra nel pantheon vedico era il Signore di tutti gli Déi - come suggerisce il suo stesso nome - Dio delle tempeste, della folgore e del tuono, del flusso vitale che crea il mondo, e, anche, Signore della Magia e dell'Illusione.

** "Saggia" o "Furba" nelle fiabe spesso sostituisce esperta nelle arti magiche, che ne sa di magia. Le fiabe di Afanas'ev, ad esempio, straripano di titoli come V. la Saggia.

*** Per i pochi che non ne fossero a conoscenza, questo è il "palanchino", una sorta di portantina. Nell'immagine, un palanchino regale, ovviamente.



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