Con tutto il mio inalterabile amore per il patrimonio culturale, la letteratura e le fiabe, e gli artisti classici russi, sovietici e moderni.
n un certo reame, ai confini della terra, nell’ultimo degli stati, viveva una
volta uno zar forte e potente. Questo zar aveva un giovane arciere, e il
giovane arciere aveva un valente cavallo.
Una volta l’arciere se ne andò a
caccia nel bosco col suo cavallo; va lungo la strada, la larga strada, ed ecco
trovò una piuma d’oro dell’uccello di fuoco; come fiamma splendeva quella
piuma!
Gli dice il valente cavallo: "Non prendere la penna d’oro; se la
prendi, un guaio attendi!" E medita il prode giovane: raccoglierla o non raccoglierla?
Se la raccoglie e la porta allo zar, certo egli lo ricompenserà generosamente;
e a chi non è caro il favore d’un re?
L’arciere non diede ascolto al suo cavallo, raccolse la piuma dell’uccello di
fuoco, la portò e la presentò in dono allo zar.
"Grazie, - dice lo zar, - e poiché
sei stato capace di trovare una piuma dell’uccello di fuoco, trovami l’uccello
stesso; e se non lo trovi, ecco la mia spada! Che la tua testa cada!"
L’arciere
versò amare lacrime e andò dal suo valente cavallo.
"Di che ti piangi,
padrone?"
"Lo zar m’ha ordinato di trovargli l’uccello di fuoco."
"Te l’avevo
detto: non prendere la piuma, che ti metterà nei guai! Bè, non aver paura,
non affannarti; questa non è ancora una disgrazia, la disgrazia verrà dopo! Va’
dallo zar e chiedigli che per domani vengano sparsi per i campi cento sacchi
di granone".
Lo zar diede ordine di spargere per i prati cento sacchi di granone.
Il giorno dopo, all’alba, il giovane arciere andò su quel campo, lasciò il cavallo
libero di passeggiare e lui si nascose dietro un albero. D’un tratto il bosco
stormì, le onde del mare s’agitarono: ecco il volare dell’uccello di fuoco; arrivò,
e si posò a terra e prese a beccare il grano.
Il valente cavallo s’avvicinò
all’uccello di fuoco, gli posò uno zoccolo sull’ala premendo forte contro terra;
il baldo arciere saltò fuori dall’albero, accorse, legò con uno spago l’uccello
di fuoco, salì a cavallo e galoppò verso la reggia. Porta l’uccello di fuoco allo
zar; al vederlo, il sovrano si rallegrò, ringraziò l’arciere del buon servigio, lo
ricompensò innalzandolo di grado, e gli affidò subito un altro compito:
"Sei
stato capace di raggiungere l’uccello di fuoco, adesso trovami anche la mia fidanzata:
nell’ultimo dei reami, ai confini della terra, dove nasce il rosso solicello,
c’è la principessa Vassilissa; è proprio di lei che ho bisogno. Se la trovi
ti ricompenserò con oro e argento, ma se non la trovi ecco la mia spada: che
la tua testa cada!"
L’arciere pianse amare lacrime, andò dal suo valente cavallo:
"Di che piangi,
padrone?", domanda il cavallo.
"Lo zar m’ha ordinato di trovargli la principessa
Vassilissa."
"Non piangere, non affliggerti; questa non è ancora una disgrazia,
la disgrazia verrà dopo! Va’ dallo zar, e chiedigli una tenda dalla cupola
d’oro e cibi e bevande per il viaggio".
Lo zar gli diede i cibi, le bevande
e la tenda dalla cupola d’oro. Il prode arciere salì sul suo valente cavallo e
partì per l’ultimo dei reami. Cammina cammina, arriva ai confini del mondo,
dove il rosso solicello spunta dall’azzurro del mare. Guarda e vede che sull’azzurro
del mare naviga la principessa Vassilissa in una barchetta d’argento
e voga con i remi d’oro. Il baldo arciere spinse il suo valente cavallo nei verdi
prati a pascolare, a mangiare la fresca erbetta; lui intanto drizzò la tenda dalla
cupola d’oro, dispose cibi e bevande varie; sedette nella tenda a mangiare, la
principessa ad aspettare.
Vassilissa vide la cupola d’oro, e vogò a riva, uscì dalla barchetta ad ammirare
la tenda.
"Salute, principessa Vassilissa! - dice l’arciere, - fatemi l’onore di
accettare la mia ospitalità, di assaggiare i vini d’oltremare".
La principessa
entrò nella tenda; cominciano a bere, mangiare, far baldoria.
La principessa bevve un bicchiere di vino d’oltremare, s’ubriacò e cadde in un
sonno profondo. Il prode arciere lanciò un grido al suo valente cavallo, e il
cavallo accorse; subito l’arciere smonta la tenda dalla cupola d’oro, salta a cavallo,
prende con sé la principessa Vassilissa addormentata e si mette in cammino,
come una freccia scoccata dall’arco.
Arrivò dallo zar; quando vide la principessa Vassilissa il sovrano si rallegrò
assai, ringraziò l’arciere del buon servigio, e lo ricompensò con una grossa
somma, e lo insignì di un grado altissimo. La principessa Vassilissa si svegliò,
apprese che si trovava ben lontana dall’azzurro mare e cominciò a piangere, a
languire, il suo viso cambiò completamente; per quanto lo zar la esortasse,
tutto fu vano.
Ecco che lo zar pensò di sposarla, ma lei dice:
"Lascia che
quello che m’ha portato qui vada all’azzurro mare; in mezzo al mare c’è una grossa pietra, sotto quella pietra è nascosto il mio abito nuziale. Io non mi
sposerò se non avrò quel vestito!"
Subito lo zar va dal prode arciere: "Va’
presto ai confini del mondo, dove spunta il rosso solicello, là nell’azzurro
mare si trova una grande pietra, e sotto la pietra è nascosto l’abito nuziale
della Vassilissa; trova quell’abito e portalo qua; è venuto il tempo di celebrare
le nozze! Se lo trovi, ti ricompenserò ancor meglio di prima, ma se non lo
trovi, ecco la mia spada: che la tua testa cada!"
L’arciere pianse lacrime
amare, andò dal suo valente cavallo:
'Questa volta, - pensa, - non sfuggirò
alla morte!'
"Di che piangi, padrone? - domanda il cavallo. - Lo zar m’ha
ordinato di cercargli sul fondo del mare l’abito nuziale della principessa Vassilissa".
"Ecco! Te l’avevo detto: non prendere la piuma d’oro, che ti capiteranno
dei guai! Suvvia, ora non temere: questa non è ancora una disgrazia, la
disgrazia verrà dopo! Siediti su di me e andiamo all’azzurro mare".
Va e va, il baldo arciere arrivò ai confini del mondo e si fermò proprio sulla
riva del mare; il valente cavallo vide un enorme gambero marino che strisciava
sulla sabbia e gli pose sul collo il suo pesante zoccolo. Disse il gambero
marino:
"Non uccidermi, lasciami vivere! Farò tutto quel che t’occorre!"
Gli rispose il cavallo: "In mezzo all’azzurro mare giace una grossa pietra,
sotto quella pietra è nascosto l’abito nuziale della principessa Vassilissa; portami
quell’abito!"
Il gambero urlò con voce profonda per tutto l’azzurro
mare; subito le acque ribollirono, da ogni parte s’arrampicarono sulla riva
gamberi grossi e piccoli: una quantità prodigiosa! Il vecchio gambero diede
loro un ordine ed essi si gettarono in acqua; un’ora dopo traevano dal fondo
del mare, da sotto la grande pietra, l’abito nuziale della principessa Vassilissa.
Il prode arciere torna dallo zar, portando l’abito della principessa; ma di
nuovo Vassilissa s’intesta: "Non ti sposerò, - dice allo zar, - finché non avrai
dato ordine al giovane arciere di fare un bagno nell’acqua bollente".
Lo zar
ordinò di riempire d’acqua un pentolone di ferro, di riscaldarla il più possibile
e, quando fosse bollente, di gettarvi l’arciere. Ecco che tutto è pronto, l’acqua
bolle, gli spruzzi volano; portarono il povero arciere.
'Che guaio, questa sì
che è una di sgrazia! - pensa, - ah! Perché ho preso la piuma d’oro dell’uccello
di fuoco? Perché non ho dato ascolto al cavallo?'
Si rammentò di lui e disse
allo zar: "Zar sovrano! Permetti che prima di morire io dica addio al mio cavallo."
"Bene, vai a dirgli addio!"
L’arciere arriva dal suo valente cavallo e
piange a calde lacrime.
"Di che piangi, padrone?"
"Lo zar m’ha ordinato di
fare un bagno nell’acqua bollente."
"Non temere, non piangere, resterai vivo!", gli disse il cavallo, e presto presto fece un incanto sull’arciere, perché il bollore
non nuocesse al suo bianco corpo. L’arciere tornò dalla stalla; subito i lavoranti
l’afferrarono e lo buttarono dritto nel pentolone; andò a fondo una
volta o due e poi saltò fuori del pentolone; era diventato così bello da non
potersi raccontare nelle fiabe, né descrivere con la penna. Quando lo zar vide
ch’egli era diventato così bello, volle bagnarsi anche lui; come uno stupido
scivolò in acqua e nello stesso momento si lessò. Seppellirono lo zar, e al suo
posto elessero il baldo arciere; egli sposò la principessa Vassilissa e visse con
lei lunghi anni d’amore e d’accordo.
"L’uccello di fuoco e la principessa Vassilissa", in Antiche fiabe russe, Einaudi, Aleksandr Nikolaeviã
Afanase’ev. Ho inserito le splendide illustrazioni di Igor Oleynikov.
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