La Hyldemoer di H. C. Andersen, spesso sbrigativamente tradotta in Italiano: la Nonnina del Sambuco, è dichiaratamente (nelle versioni integrali) una Driade, una ninfa o divinità minore degli alberi. La novella - perché tale è, non una fiaba - gronda degli usuali buoni sentimenti andersiani. Cupezza, delitto e castigo, mortificazione dei proprii desiderii, sofferenze come espiazione e strada per la Salvezza, fidanzati sfortunati (ma saranno felici in un mondo "migliore"), madri orbate dei bambini innocenti (ma è la volontà di Dio, magari le moriva sulla forca) pur respingendomi alla velocità della luce, si riscattano con rari spunti ironici, dialoghi surreali, e una sorta di malcelata soddisfazione con cui affonda nel ridicolo i "vincenti" tradizionali. Nessuna nemesi sociale, per carità, una sua debolezza. Tornando alla sua Hyldemoer, non si nega e non ci nega quegli assaggi, scorci, brandelli di cultura popolare che fanno irresistibilmente parte del suo immaginario. Naturalmente: maneggiare con cura. Ovvero, è tutto da decifrare e da depurare. In fondo, (per Andersen) trattasi di un mondo pagano e pericoloso, ma troppo radicato per essere rinnegato sbrigativamente.
Non ce l'ho fatta a tradurre la novella: è una di quelle davvero, davvero noiose. Tanto per esprimere un arguto, profondo e dotto rilievo critico. Non ce l'ho fatta. In breve: un bimbo prende un'infreddatura e la bionda mammina danese lo sistema nel suo lettino e lo riempie di tisane di sambuco (bollenti). Per alleviarne il delirio, si reca al suo capezzale un anziano amico di famiglia che lo ammorba con una storia di vecchi sposi smemorati alla vigilia delle nozze d'oro, ma non se ne ricordano. Per fortuna, la febbre è più divertente del vecchio signore e movimenta la degenza.
[..] Il bambino guardò verso la teiera: il coperchio si sollevava sempre più, e i fiori di sambuco ne uscivano candidi e freschi, e gettarono lunghi rami frondosi persino fuori dal beccuccio della teiera, che diventarono sempre più grandi. In brevissimo tempo, era cresciuto un meraviglioso cespuglio di sambuco, anzi, proprio un albero, che raggiungeva persino il letto e ne scostava le cortine di lato: che fiori, e che profumo! Tra i rami dell'albero c'era una gentile vecchina che indossava un abito molto strano: tutto verde, come le foglie dell'albero di sambuco, e ricamato con grandi fiori bianchi di sambuco. A prima vista, non era chiaro se l'abito fosse di stoffa o effettivamente di verdi foglie e candidi fiori..
"Chi è quella donna?", chiese il bambino.
"Uhm, i Greci e i Romani - spiegò il vecchio signore - la chiamavano Driade, ma per noi è incomprensibile. Giù, al quartiere dei marinai, le hanno trovato un nome migliore: la chiamano Madre Sambuco. Ma adesso ascoltala e ammira quel bell'albero"...
E giù, un altro sbrodolio che annoierebbe un novantenne costipato, figuriamoci un derelitto ragazzino danese...
[...] "Non è una favola - disse Madre Sambuco - ma adesso la favola arriva. E' dalla realtà che spesso nasce la più bella di tutte le fiabe, altrimenti il mio bel sambuco non sarebbe cresciuto da una teiera", e trasse il bambino dal letto e se lo strinse al petto, e i rami del sambuco, carichi di foglie, si chiusero intorno a loro, e il bambino si ritrovò in una sorta di fittissimo pergolato che s'innalzava rigoglioso: era fantastico! Intanto, Madre Sambuco si era trasformata in una bambina molto graziosa, e il suo vestitino era tutto verde e a fiori bianchi, come quello di Madre Sambuco. Sul petto c'era un vero fiore di sambuco e sui riccioli biondi una ghirlanda di fiori di sambuco; aveva gli occhioni grandi e azzurri. Oh, era così bello stare a guardarla! La bambina e il ragazzo si baciarono, e, subito, ebbero la stessa età e la stessa allegria...
A cavalcioni del "bastone del babbo", che assomiglia terribilmente ad una scopa stregonesca, i due ragazzini partono per un tour che tocca terre e stagioni.
Hans Tegners
[...] Il bambino crebbe e divenne un ragazzo, e dovette andarsene per il mondo, lontano lontano, fino a quei Paesi caldi dove cresceva il caffè, ma, nel salutarlo, la bambina trasse il fiore di sambuco dal suo petto e glielo donò perché lo conservasse; il ragazzo lo mise nel libro dei salmi, e, sempre, quando in terra straniera apriva il libro, il libro si apriva proprio nel punto in cui si trovava il fiore del ricordo, e, quanto più lo guardava, tanto più il fiore diventava fresco...
[...] Disse la fanciulla dell'albero: "Alcuni mi chiamano Madre Sambuco, altri Driade, ma in realtà io mi chiamo Ricordo - Abito l'albero che continua a crescere, e io posso ricordare e raccontare! Conservi ancòra il tuo fiore?"
Il vecchio aprì il libro dei salmi, dove ancora si trovava il fiore di sambuco, fresco come quando vi era stato riposto, e il Ricordo annuì...
Rackham A., Driade
Il Sambuco nella tradizione danese.Da "Fate nordiche, francesi e medioevali", Thomas Keightley:
"Nel bosco di Rugaard vi è un albero che di notte diventa completamente uno del popolo Elle e va in giro tutto vivo. Non vi sono foglie su di esso, tuttavia sarebbe estremamente pericoloso cercare di romperlo o abbatterlo, perché il popolo sotterraneo tiene frequentemente i propri incontri sotto i suoi rami.
In un altro luogo vi è un sambuco cresciuto in un'aia che spesso si fa una camminata per il cortile al crepuscolo e sbircia attraverso la finestra i bambini quando sono soli.
Furono forse questi sambuchi a dare origine alla nozione. In Danese Hyld o Hyl – una parola non molto lontana da Elle – si dice Elder ed i contadini credono che dentro o sotto il sambuco dimori un essere chiamato Hyldemoer (Elder-mother – Madre Sambuco), o Hyldequinde (Elder-woman – Donna Sambuco) con i suoi spiriti officianti. [Si tratta evidentemente della Frau Holle dei Germani, nda]
Se un contadino danese voleva prendere una qualunque parte di un sambuco era solito dire precedentemente per tre volte: "O, Hyldemoer, Hyldemoer! Lasciami prendere un poco del tuo sambuco ed io ti lascerò prendere qualcosa di mio in cambio." Se non si faceva questo si veniva puniti severamente.
Si narra di un uomo che abbattè un sambuco e morì improvvisamente poco tempo dopo.
E' inoltre imprudente avere una qualunque parte dell'arredamento fatta di legno di sambuco.
Una volta venne messo un bambino in una culla fatta con questo legno, ma arrivò Hyldemoer e lo tirò per le gambe, non dandogli requie fin quando non venne messo a dormire da qualche altra parte.
Il vecchio David Monrad riferisce di un pastore che una notte udì tre bambini piangere e, quando indagò sulla causa, gli dissero che qualcuno li aveva succhiati. Avevano trovato i loro capezzoli rigonfi e vennero spostati in un'altra stanza, dove rimasero tranquilli.
Si dice che il motivo fosse stato che quella stanza era stata pavimentata con legno di sambuco.
Il tiglio è particolarmente prediletto dagli Elfi e dai loro simili e non è sicuro rimanervi vicino dopo il tramonto."
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