venerdì 18 marzo 2016

Il Soldatino, (Francia) A.Lang - Traduzione Mia


'era una volta un soldatino che era appena tornato dalla guerra: si era comportato da valoroso in battaglia, e, tuttavia, non aveva perso né una gamba né un braccio.
Ma la guerra era finita, l'esercito era allo sbando, e il soldatino dovette prendere la via per il suo villaggio natìo. Ora, il nome del ragazzo era John, ma, per una ragione o per un'altra, gli amici lo chiamavano "Reuccio": il perché nessuno lo sapeva, ma tant'è...
Poiché non aveva né padre né madre ad attenderlo, non aveva fretta, e se la prendeva comoda, zaino in spalla e spada al fianco. Una sera, all'improvviso, fu preso dal desiderio di fumare la pipa: cercò i fiammiferi, ma, con suo grande disappunto, si accorse di averli smarriti. Ad un tiro di pietra dal punto in cui aveva cercato inutilmente i fiammiferi, scorse una luce brillare tra gli alberi. Quando la raggiunse, si ritrovò davanti ad un vecchio castello le cui porte erano spalancate.
Il soldatino entrò nella corte del castello, e, sbirciando attraverso una finestra, scorse un gran fuoco che divampava in fondo ad una sala. Mise la pipa in tasca e bussò con discrezione, chiedendo educatamente:
"Potreste darmi un po' di fuoco?", ma non ottenne risposta. Dopo aver atteso per qualche istante, bussò di nuovo - più energicamente questa volta - ma l'esito fu il medesimo.
Alzò il chiavistello ed entrò: la sala era vuota. Si diresse immediatamente verso il caminetto, e, quando, afferrate le molle, si chinò per cercare un pezzetto di brace per la sua pipa... Clic! Qualcosa scattò proprio in mezzo alle fiamme, e comparve un enorme serpente, che si rizzò fino ad arrivare all'altezza del suo viso.


H.J. Ford


Ad una tale vista molti uomini sarebbero scappati via a gambe levate temendo per la propria vita, ma John, benché fosse un piccoletto, aveva il cuore di un autentico soldato. Si limitò ad indietreggiare e ad afferrare l'elsa della sua spada.
"Non sguainarla - disse il serpente - poiché tu sarai il mio liberatore"
"Chi sei?"
"Mi chiamo Ludovina e sono la figlia del Re dei Paesi Bassi. Liberami e io ti sposerò e ti renderò felice per tutta la vita!"
Beh, parecchi uomini non avrebbero gradito la prospettiva di essere resi felici da un enorme serpente con la testa di donna, ma Reuccio non si lasciava confondere da simili paure. Inoltre, subiva il fascino degli occhi di Ludovina, che lo guardava come un serpente guarda un uccellino. Erano meravigliosi occhi verdi, non rotondi come quelli di un gatto, ma allungati, a forma di mandorla, e brillavano di una strana luce, e i fluttuanti capelli d'oro che li incorniciavano risplendevano ancor di più. Il volto aveva la bellezza di un angelo anche se il corpo era quello di un serpente.
"Che cosa devo fare?", chiese Reuccio.
"Apri quella porta. Ti ritroverai in una galleria che termina in una sala simile a questa. Attraversala. Vedrai un armadio in cui c'è una tunica. Portamela".
Il soldatino si accinse impavidamente ad eseguire la missione che gli era stata affidata. Attraversò senza problemi la galleria, ma, una volta entrato nella sala, vide, alla luce delle stelle, otto mani che fluttuavano all'altezza del suo viso, minacciando di picchiarlo, però, per quanto scrutasse in giro, non riuscì a scorgere i corpi a cui appartenevano.
Il soldatino si slanciò in avanti a testa bassa in mezzo ad una vera tempesta di colpi a cui rispose a suon di pugni. Raggiunto l'armadio, lo aprì, prese la tunica e la portò nella prima sala.
"Eccola", ansimò, quasi senza fiato.
Clic! Ancòra una volta, le fiamme si divisero ed apparve Ludovina: adesso, era donna fino alla vita. Prese la tunica e la indossò. Era una splendida tunica di velluto arancione tempestata di perle, eppure le perle non erano candide come il suo collo.
"Non è finita qui - disse - Ritorna nella galleria, sali su per lo scalone a sinistra, e, nella seconda sala del primo piano, troverai un altro armadio: dentro c'è la mia gonna. Portamela".
Reuccio seguì le istruzioni, ma, entrando nella stanza, invece di otto mani, scorse otto braccia, e ogni braccio reggeva un enorme bastone. Immediatamente, sguainò la spada, e si fece largo con un vigore tale che se la cavò solo con qualche graffio. Prese la gonna, che era di seta, blu come i cieli di Spagna.
"Eccola", disse John quando il serpente fece la sua comparsa: adesso era donna fino alle ginocchia.
"Non voglio altro che le scarpe e le calze - disse - va' e prendile dall'armadio del secondo piano".
Il soldatino si avviò, ma s'imbatté in otto goblins armati di bastoni e con gli occhi che saettavano fiamme. Questa volta, si bloccò sulla soglia.
"La spada non mi servirà a nulla - si disse - Questi miserabili la infrangerebbero come se fosse di vetro. Se non mi faccio venire un'idea, sono un uomo morto."



Lucia Campinoti


Lo sguardo gli cadde sulla porta, che era di robusta e massiccia quercia: la divelse dai cardini, la sollevò sul capo e si slanciò contro i goblins schiacciandoli sotto di essa. Quindi, prese le scarpe e le calze dall'armadio e le portò a Ludovina, che, non appena le ebbe indossate, divenne donna dalla testa ai piedi.
Quando fu completamente vestita, con le calze di seta bianca e gli scarpini blu tempestati di carbonchi ai piedi, ella disse al suo liberatore:



"Adesso devi andar via, senza tornare indietro, qualunque cosa accada. Eccoti una borsa con duecento ducati. Stanotte, alloggia nella locanda ai margini della foresta. Domattina devi essere sveglio per le nove poiché io arriverò e ti porterò via con la mia carrozza".
"Perché non andiamo via insieme adesso?"
"Perché non è ancòra il momento - disse la Principessa - Intanto, dovresti bere questa coppa di vino alla mia salute!", e, mentre parlava, riempì un calice di cristallo con un liquido che sembrava oro fuso.
John vuotò il calice, si accese la pipa e si allontanò.


II


Arrivato alla locanda, il soldatino ordinò la cena, ma non fece in tempo a sedersi che s'accorse d'essere sul punto di addormentarsi.
"Devo essere molto più stanco di quanto credessi", disse fra sé e sé, e, dopo aver raccomandato alla locandiera di svegliarlo l'indomani alle otto, se ne andò a dormire.
Per tutta la notte dormì di un sonno simile alla morte. La mattina seguente, andarono a svegliarlo alle otto, poi alle otto e mezza, alle otto e tre quarti, ma fu tutto inutile. Infine, decisero di lasciarlo stare.
Quando, finalmente, John si svegliò, battevano le dodici. Schizzò fuori dal letto, e, vestitosi in fretta e furia, si precipitò dalla locandiera e le chiese se fosse venuto qualcuno a cercarlo.
"E' venuta un'affascinante principessa in una carrozza d'oro - disse la locandiera - Ha lasciato questo mazzo di fiori per voi, e vi manda a dire che tornerà domattina alle otto".
John imprecò contro il sonno, ma cercò di consolarsi rimirando il bouquet lasciatogli dalla Principessa, che era composto di fiori di elicriso.
"E' il fiore del ricordo", pensò il soldatino, dimenticando che è anche il fiore della morte.
Quella notte, dormì con un occhio aperto, e balzò in piedi venti volte l'ora. Quando gli uccelli del mattino incominciarono a cantare, non riuscì a restare a letto, ma, uscito attraverso la finestra, si arrampicò su uno dei grandi tigli che sorgevano nella corte e se ne stette lì, contemplando - sognante - il mazzo di fiori finché non crollò addormentato. Una volta che si fu addormentato, nulla riuscì a svegliarlo, né i luminosi raggi del sole, né il canto degli uccelli, né il rumore delle ruote della carrozza d'oro di Ludovina, né le grida di richiamo della locandiera, che lo andava cercando in ogni angolo le venisse in mente.
Quando l'orologio battè dodici rintocchi, John si svegliò e il cuore gli balzò nel petto scoprendo che i clienti della locanda si accingevano a mettersi a tavola.
"E' venuta la Principessa?", chiese.
"Sì, certo, è venuta. Vi ha lasciato questa sciarpa a fiori, e ha detto che sarebbe tornata un'ultima volta, domattina, alle sette".
"Devo essere sotto un incantesimo", disse tra sé e sé il soldatino. Prese la sciarpa, che emanava uno strano profumo, e se la legò al braccio sinistro, pensando che il modo migliore per restare sveglio fosse quello di non coricarsi affatto. Così, pagò il conto, comprò un cavallo con il denaro avanzato, e, quando scese la sera, montò a cavallo e si fermò davanti alla porta della locanda, deciso a restare lì fino al mattino.
Di tanto in tanto, si chinava ad annusare il dolce profumo della sciarpa legata intorno al suo braccio, e lo annusò così spesso che, infine, la testa gli crollò sul collo del cavallo, e il soldatino ed il suo cavallo russarono sonoramente all'unisono.
Quando arrivò la carrozza d'oro della Principessa, lo scossero, lo colpirono, gli gridarono addosso, ma fu tutto inutile: il soldatino ed il cavallo non si svegliarono prima che la carrozza non fu scomparsa in lontananza.
Allora John spronò il cavallo gridando con quanto fiato aveva in corpo: "Ferma! Ferma!", ma non servì a nulla, la carrozza non rallentò la sua corsa, e, benché il soldatino la inseguisse al galoppo notte e giorno, non riuscì ad accorciare la distanza di un passo. Si lasciarono alle spalle città e villaggi finché giunsero al mare. John pensò che - finalmente!- la carrozza si sarebbe fermata, ma... meraviglia delle meraviglie! Continuò spedita, percorrendo le acque con la stessa facilità con cui aveva corso sulla terraferma. Il cavallo di John, che lo aveva servito così bene, crollò in terra sfiancato dalla fatica, e il soldatino sedette sulla spiaggia, guardando tristemente la carrozza che spariva all'orizzonte.


III


Tuttavia, John si riprese in fretta e percorse tutta la spiaggia alla ricerca di un'imbarcazione su cui correre all'inseguimento della Principessa, ma non ne trovò, e, infine, stanco ed affamato, si lasciò cadere sui gradini della capanna di un pescatore per riposarsi un po'. Nella capanna c'era una ragazza, intenta a rammendare una rete. Invitò John ad entrare, gli offrì pesce fritto e vino, e John, dopo aver mangiato e bevuto, si sentì rinfrancato e raccontò le sue avventure alla piccola pescatrice. Ma, sebbene ella fosse molto graziosa e la sua pelle fosse candida come il petto di un gabbiano tanto che i vicini la chiamavano Gabbianella, non la guardò neanche perché non sognava altro che i meravigliosi occhi verdi della Principessa.
Quando John ebbe finito il suo racconto, la ragazza, mossa a pietà, gli disse:
"La settimana scorsa, mentre ero a pesca, la mia rete divenne all'improvviso molto pesante, e, una volta che l'ebbi ritirata, vi ho trovato un grande vaso di rame chiuso da un sigillo di piombo. Lo portai in casa e lo misi sul fuoco. Quando il piombo incominciò a fondere, aprii il vaso con il mio coltello e trovai un mantello rosso ed una borsa contenente cinquanta corone. Il mantello è sul mio letto e mi fa da coperta, e avevo messo da parte il denaro per la mia dote, ma prendili, va' al porto più vicino, e imbarcati per i Paesi Bassi. Quando sarai Re, mi renderai le cinquanta corone!".
E Reuccio rispose:
"Quando sarò Re dei Paesi Bassi, tu diventerai dama di compagnia della Regina, perché sei buona quanto bella! Addio, allora!"
Ciò detto, si avvolse nel mantello rosso e si sdraiò su un mucchio d'erba secca, ripensando a tutte le strane cose che gli erano capitate, finché, all'improvviso, esclamò:
"Quanto vorrei essere nella Capitale dei Paesi Bassi!"


IV


In un attimo, il soldatino si ritrovò in piedi, davanti ad uno splendido palazzo. Si stropicciò gli occhi, si pizzicò, e, quando fu assolutamente sicuro che non si trattava di un sogno, chiese ad un uomo che se ne stava davanti al palazzo fumando la pipa:
"Dove mi trovo?"
"Dove ti trovi? Non vedi? Davanti al Palazzo del Re, naturalmente"
"Quale Re?"
"Il Re dei Paesi Bassi!", rispose l'uomo ridendo, poiché pensava che fosse matto.
Poteva esserci nulla di più strano? Ma John era una brava persona, e si turbò all'idea che Gabbianella potesse pensare che le avesse rubato il mantello e la borsa. E cominciò a chiedersi come avrebbe potuto restituirglieli il più presto possibile. Poi si rammentò che il mantello - per qualche segreto incantesimo - donava a colui che lo indossava il potere di spostarsi da un luogo all'altro a suo piacimento, e, per averne conferma, espresse il desiderio di trovarsi nella migliore locanda della città. In un attimo, fu là.
Affascinato dalla scoperta, ordinò la cena, e, poiché era troppo tardi per far visita al Re, se ne andò a dormire.
Quando si svegliò, la mattina seguente, scoprì che tutte le case erano inghirlandate di fiori e ricoperte di bandiere e che le campane di tutte le chiese suonavano all'unisono. Il soldatino chiese il motivo di tutto quel trambusto e gli fu risposto che la principessa Ludovina, la bellissima figlia del Re, era stata ritrovata, e che stava per fare il suo ingresso trionfale in città.
"Bene! - si disse Reuccio - Mi metterò proprio vicino alla porta e vedrò se mi riconosce!".
Ebbe appena il tempo di vestirsi che la carrozza d'oro di Ludovina entrò in città.
La Principessa aveva una corona d'oro sul capo e sedeva tra il Re e la Regina. Per caso, il suo sguardo cadde sul soldatino: si fece pallida e voltò la testa dall'altra parte.
"Non mi avrà riconosciuto? - si domandò il soldatino - O, piuttosto, è arrabbiata con me perché non mi sono presentato ai nostri appuntamenti?", e seguì la folla sino al Palazzo Reale.
Dopo che il regale corteo fu entrato, il soldatino si rivolse ai soldati di guardia dicendo che era lui il liberatore della Principessa e che desiderava parlare con il Re. Ma, più parlava, più quelli si convincevano che era matto e non lo lasciarono passare.
Il soldatino era furioso. Aveva bisogno di fumare la sua pipa per calmarsi, così entrò in una taverna e ordinò una pinta di birra.
"E' tutta colpa di questa miserabile divisa da povero fante - disse tra sé e sé - Se avessi un po' di denaro per rivestirmi da capo a piedi, non sarei meno elegante dei gran Signori della Corte; ma a che serve pensarci se non ho che il resto delle cinquanta corone di Gabbianella?"
Prese la borsa per scoprire quanto gli fosse rimasto e vide che c'erano sempre cinquanta corone.
"Gabbianella deve aver contato male", pensò e pagò la sua birra, poi contò di nuovo le monete e scoprì che erano sempre cinquanta corone. Tolse cinque monete e ricontò: erano sempre cinquanta corone. Allora vuotò la borsa, la richiuse, poi la riaprì e contò per la terza volta: c'erano sempre cinquanta corone!
Gli venne in mente un piano, e si recò dal sarto e dal carrozziere di Corte.
Ordinò al sarto un abito e un mantello di velluto blu, interamente tempestati di perle, e ordinò al carrozziere una carrozza d'oro identica a quella della principessa Ludovina, e promise che, se avessero lavorato in fretta, avrebbe pagato il doppio. Qualche giorno dopo, il soldatino attraversava la città nella sua carrozza d'oro trainata da sei cavalli bianchi, e con quattro lacchè impettiti sul predellino. John sedeva, splendidamente abbigliato di velluto blu, con in mano un bouquet di fiori di elicriso e una sciarpa legata al braccio. Fece per due volte il giro della città lanciando monete a destra e a sinistra. La terza volta, passando sotto le finestre del Palazzo, vide Ludovina che scostava le cortine e sbirciava fuori.


V


Il giorno dopo, non si parlava d'altro che del ricco Signore che aveva percorso la città in carrozza distribuendo denaro sonante a destra e a manca. Le chiacchiere giunsero fino al Palazzo Reale, e la Regina, che era molto curiosa, fu presa da un gran desiderio di conoscere quel magnifico Principe.
"Molto bene - dise il Re - invitatelo a giocare a carte con me".
Questa volta, Reuccio non mancò all'appuntamento.
Il Re mandò a prendere le carte e incominciarono. Giocarono sei partite e John le perse tutte. La posta era di cinquanta corone, e, ogni volta, egli svuotava la borsa, che, un istante dopo, era nuovamente piena.



H.J. Ford


La sesta volta, il Re esclamò:
"E' meraviglioso!"
La Regina gridò:
"E' incredibile!"
La Principessa disse:
"E' sconcertante".
"Non tanto sconcertante quanto la vostra trasformazione in un serpente!", disse il soldatino.
"Zitto!", tagliò corto il Re, che non gradiva si toccasse quell'argomento.
"Ne ho parlato solo perché voi vedete in me il liberatore della Principessa, colui che l'ha liberata dai goblins e che lei ha promesso di sposare", ribattè John.
"E' la verità?", chiese il Re alla Principessa.
"E' vero, ma io dissi al mio liberatore di aspettarmi e che sarei passata a prenderlo con la carrozza. Passai tre volte, ma dormiva così profondamente che nessuno riuscì  svegliarlo".
"Qual è il vostro nome, e chi siete?"
"Mi chiamo John e mio padre è un barcaiolo"
"Non siete un marito all'altezza di mia figlia, tuttavia, se ci date la vostra borsa, potrete averla in sposa".
"La borsa non mi appartiene e non posso disporne"
"Ma puoi prestarmela fino al giorno del nostro matrimonio", disse la Principessa, con uno di quegli sguardi a cui il soldatino non poteva resistere.
"E quando ci sposeremo?"
"A Pasqua", disse il Re.
"O quando nevicherà ad agosto", mormorò la Principessa, ma Reuccio non udì le sue parole e le affidò la borsa.
La sera successiva, il soldatino si presentò a Palazzo per giocare a picquet con il Re e per corteggiare la Principessa, ma gli dissero che il Sovrano stava viaggiando per il Regno per riscuotere le sue rendite. Quando, il giorno seguente, ritornò alla carica, ebbe la stessa risposta. Allora, chiese di vedere la Regina, ma aveva l'emicrania e non poteva ricevere. Dopo la quinta o sesta volta, incominciò a capire che si stavano facendo beffe di lui.
"Non è il comportamento degno di un Re!- pensò John - Vecchia canaglia!"
E, improvvisamente, gli venne in mente il mantello rosso.
"Che idiota! - si disse - ma io posso andare dove mi pare con l'aiuto del mantello!"
Quella sera, si appostò davanti al Palazzo, avvolto nel mantello rosso.
Una delle finestre del primo piano era illuminata, e, dietro le cortine, scorse l'ombra della Principessa.
"Voglio trovarmi nella camera della Principessa", disse, e, in un attimo, si ritrovò là.
La figlia del Re sedeva ad un tavolo contando le monete che ammucchiava svuotando ripetutamente l'inesauribile borsa.
"Ottocentocinquanta, novecento, novecentocinquanta..."
"Mille! - concluse per lei John - e buonasera a tutti!"
La Principessa fece un balzo lanciando un piccolo grido.
"Tu qui? Che pensi di fare? Vattene immediatamente o chiamo..."
"Sono venuto - disse Reuccio - per rammentarti che Pasqua è dopodomani e che è tempo di pensare al nostro matrimonio".
Ludovina scoppiò a ridere.
"Il nostro matrimono! Sei davvero così pazzo da credere che la figlia del Re dei Paesi Bassi sposerebbe mai il figlio di un barcaiolo?"
"Allora, ridammi la borsa!"
"Mai", disse tranquillamente la Principessa e la ripose in tasca.
"Come vuoi - disse il soldatino - ma ride bene chi ride per ultimo", e, presa la Principessa tra le braccia, gridò "Voglio andare ai confini della Terra!", e, in un attimo, ci si ritrovò, sempre tenendo stretta la Principessa.
"Non ho mai fatto un viaggio così lungo - disse John, deponendola delicatamente ai piedi di un albero - Che avete da dire, Signora?"
La Principessa capì che non era il momento di scherzare e non rispose, anche perché le girava la testa per la rapidità del volo e non era ancòra del tutto padrona di sé.

VI


Il Re dei Paesi Bassi non era un tipo che si facesse tanti scrupoli e la Principessa aveva preso da lui. Questo era il motivo per cui era stata trasformata in un serpente. Era stato predetto che sarebbe stata liberata da un soldatino, e avrebbe dovuto sposarlo, a meno che non si fosse presentato per tre volte ad un appuntamento, così, l'astuta Principessa aveva agito di conseguenza: il vino che aveva offerto a John, il bouquet di fiori di elicriso e la sciarpa avevano tutti il potere di suscitare un sonno simile alla morte, e sappiamo bene l'effetto che avevano avuto su di lui!
Tuttavia, persino messa alle strette, Ludovina mantenne il suo sangue freddo.
"Pensavo che fossi un avventuriero da due soldi - disse facendogli mille moine - ma vedo bene che sei più potente di qualsiasi re. Ecco la tua borsa. Hai ancòra il bouquet e la sciarpa?"
"Eccoli", disse Reuccio, al settimo cielo per quel cambiamento di tono, e trasse fiori e sciarpa dal farsetto.
Ludovina gli appuntò i fiori sul petto e legò la sciarpa al suo braccio.
"Ecco, adesso sei il mio signore e padrone e ti sposerò quando vorrai".
"Sei più gentile di quanto pensassi - disse John - e non sarai mai infelice con me poiché io ti amo".
"Allora, caro maritino, dimmi come hai fatto a trasportarci in un lampo ai confini del mondo".
Il soldatino si grattò la testa.
"Vuole davvero sposarmi - pensò tra sé e sé - o sta cercando di ingannarmi nuovamente?"
Ma Ludovina disse:"Non vuoi dirmelo?" con una voce così tenera che non seppe resistere.
"In fondo, che problema c'è se le rivelo il segreto - si disse - dal momento che non intendo certo darle il mio mantello?"
E le svelò la virtù del mantello.



Accornero V.


"Oh, caro, come sono stanca! - sospirò lei - Non credi che potremmo dormire un po'? Dopo, parleremo dei nostri progetti per il futuro". E si sdraiò sull'erba. John la imitò e posò la testa sul braccio sinistro, intorno al quale era annodata la sciarpa.
Ludovina, che lo osservava di sottecchi, non appena lo udì russare, sciolse il mantello, lo fece scivolare delicatamente sotto il corpo del soldatino addormentato e vi si avvolse, poi, prese la borsa e la ripose in tasca, e disse:"Voglio ritornare in camera mia!". E, in un attimo, fu là.


VII


Quanto si sentì sciocco John quando, ventiquattro ore dopo, si svegliò e si ritrovò senza borsa, senza mantello e senza Principessa?
Si strappò i capelli, si picchiò il petto, poi calpestò il bouquet e ridusse in briciole la sciarpa. Oltretutto, moriva di fame e non aveva nulla da mangiare. Ripensò a tutte le fantastiche storie che sua nonna gli raccontava quando era bambino, ma nessuna poteva essergli di qualche utilità in quel momento. Era in preda alla più nera disperazione, quando, all'improvviso, alzò lo sguardo e si accorse che l'albero sotto il quale aveva dormito era un magnifico susino carico di splendidi frutti gialli che parevano d'oro.
"E vada per le susine - si disse - tutto è lecito in guerra!"
Si arrampicò sull'albero ed incominciò a mangiare. Aveva appena divorato due susine che, con suo grande orrore, si accorse che qualcosa gli stava spuntando in fronte. Si tastò la fronte e scoprì che si trattava di due corna!
Balzò giù dall'albero e corse al fiume che scorreva lì vicino. Ahimè! Non c'era alcun dubbio: erano proprio due deliziosi cornetti che non avrebbero sfigurato sulla testa di una capra.
Allora il coraggio lo abbandonò.
"Come se non bastasse che una donna mi abbia giocato, anche il diavolo ci mette lo zampino e mi appioppa un bel paio di corna. Che figura meschina farei se ritornassi nel mondo conciato così!"
Ma, poiché aveva ancòra fame e il danno, ormai, era fatto, si arrampicò su un altro susino, carico di frutti di un bel verde. Non appena ne ebbe buttati giù un paio, le corna scomparvero! Il soldatino rimase incantato, e anche molto sorpreso, e giunse alla conclusione che non è saggio lasciarsi prendere troppo presto dalla disperazione. Quando fu ben sazio, gli venne un'idea.
"Forse - pensò - queste graziose piccole susine mi aiuteranno a recuperare la mia borsa, il mio mantello e il mio cuore dalle mani di quella malvagia Principessa. Ha gli occhi di una cerbiatta: perché non fare in modo che abbia anche le corna di un cervo? Scommetto qualsiasi cifra che, se riuscissi a fargliene spuntare un bel paio, non la vorrei più per moglie. Una fanciulla con le corna non è così attraente da guardare".
Confezionò un cestino intrecciando i rami di un salice e lo riempì accuratamente con entrambe le varietà di susine. Poi, camminò per giorni e giorni, sfamandosi solo con le bacche che trovava lungo la strada, e affrontando il pericolo delle fiere e degli uomini selvaggi. Ma lui non aveva alcun timore, tranne la preoccupazione che le susine si guastassero, cosa che non accadde. Infine, raggiunse una contrada civilizzata, dove, con i gioielli che indossava la sera del gran volo, comprò il passaggio su un vascello diretto alla volta dei Paesi Bassi. Così, dopo un anno ed un giorno, arrivò alla Capitale del Regno.


VIII


Il giorno seguente, si rese irriconoscibile indossando una barba finta e gli abiti di un mercante di datteri, e sedette dietro un piccolo banco che aveva sistemato all'ingresso della chiesa.
Dispose con grande cura le sue gialle susine Mirabelle, che parevano appena colte dall'albero, su di una tovaglia di finissimo panno, e, non appena la Principessa uscì dalla chiesa, incominciò a gridare, con voce contraffatta:
"Belle susine! Deliziose susine!"
"Quanto costano?", chiese la Principessa.
"Cinquanta corone l'una"
"Cinquanta corone? Ma che hanno di tanto prezioso? Conferiscono acutezza d'ingegno o accrescono la bellezza?"
"Non possono accrescere ciò che è già perfetto, bella Principessa, ma potrebbero aggiungere un qualcosa in più".
Le pietre smosse non fanno muschio, ma possono guadagnarne in lucentezza, e i mesi che John aveva impiegato per le vie del mondo non erano trascorsi invano.
Il complimento così abilmente confezionato lusingò Ludovina.
"E cosa aggiungono?", domandò, con un sorriso.
"Lo vedrete, mia bella Principessa, quando le assaggerete. Sarà una sorpresa!"
La curiosità spinse Ludovina ad aprire la famosa borsa e a trarne tante pile da cinquanta monete quante susine erano sul tavolo. Il soldato fu còlto da una voglia matta di strapparle la borsa e di smascherarla davanti a tutti, ma riuscì a riprendere il controllo di sé.
Vendute le susine, sbaraccò il banchetto, si liberò del travestimento, e prese alloggio in un'altra locanda, aspettando tranquillamente gli eventi.
Intanto, la Principessa, non appena rientrata nella sua camera, escalmò:
"E adesso vediamo cosa possono aggiungere alla mia bellezza queste susine!", e, gettato indietro il cappuccio, ne prese un paio e le mangiò.
Immaginate la sorpresa e l'orrore che la colsero quando sentì qualcosa spuntarle in fronte! Si precipitò davanti allo specchio e lanciò un acutissimo grido.
"Corna! Ecco cosa mi ha promesso! Trovate il venditore di susine e portatelo da me. Che gli vengano tagliati naso ed orecchie, che sia scorticato vivo o arso a fuoco lento e che le sue ceneri vengano disperse al vento! Oh, morirò per la vergogna e la disperazione!"
Le dame, che erano accorse alle sue grida, tentarono di strapparle le corna, ma non le procurarono altro che un violento mal di testa.
Allora, il Re inviò un araldo a proclamare che chiunque avesse liberato la Principessa da quel bizzarro ornamento l'avrebbe avuta in moglie. Così tutti i medici, gli stregoni, i chirurghi dei Paesi Bassi e dei Regni confinanti si affollarono a Palazzo, recando ognuno il proprio miracoloso rimedio. Ma nulla si dimostrò efficace e la Principessa soffrì talmente sperimentando quei rimedii che il Re fu costretto ad emanare un secondo editto in cui prometteva l'impiccagione all'albero più vicino a chi avesse tentato di curare la Principessa e avesse fallito.
Ma il premio era troppo allettante perché un editto riuscisse a scoraggiare i pretendenti, così, quell'anno, i frutteti dei Paesi Bassi produssero cadaveri in quantità.


Artus Scheiner


IX


Il Re aveva dato ordine che il venditore di susine fosse cercato in lungo e in largo per tutto il Regno, ma, nonostante le affannose ricerche, non era stato possibile scovarlo.
Quando il soldatino capì che la pazienza regale era al limite, spremette in una piccola fiala il succo delle susine verdi, le susine Reine-Claude, indossò una parrucca ed una zimarra da medico, si mise sul naso un paio di occhiali e si recò dal Re. Si spacciò per un famoso scienziato proveniente da terre lontane e assicurò che avrebbe guarito la Principessa se solo gli fosse concesso di restare solo con lei.
"Ecco un altro pazzo determinato a farsi impiccare! - disse il Re - Benissimo, che sia fatto ciò che chiede: non si rifiuta nulla ad un uomo che ha già la corda intorno al collo!"
Quando il soldatino si trovò in presenza della Principessa, versò qualche goccia del succo in un bicchiere. Non appena la Principessa si bagnò le labbra, le punte delle corna scomparvero!


H.J. Ford


"Le corna sarebbero scomparse completamente se solo non vi fosse qualcosa che contrasta l'effetto del rimedio - disse il finto medico - E' possibile curare solo chi ha l'animo pulito come il palmo della mia mano. Siete sicura di non avere qualche peccatuccio sulla coscienza? Riflettete bene".
Ludovina non aveva certo bisogno di molto tempo per pensarci, ma era penosamente combattuta tra la vergogna di un'umiliante confessione e il pressante desiderio d'essere liberata dalle corna. Infine, rispose, con lo sguardo a terra:
"Ho rubato una borsa di cuoio ad un soldatino"
"Datela a me. Il rimedio non funzionerà finché la borsa non sarà in mano mia"
Rinunciare a quella borsa era per Ludovina un enorme sacrificio, ma considerò che tutte le ricchezze del mondo non le avrebbero portato gran giovamento se non si fosse liberata delle corna.
Sospirando, porse la borsa al medico, che versò un altro po' di liquido nel bicchiere. Dopo aver bevuto, la Principessa si accorse che le corna si erano ridotte della metà.
"Dovete avere qualche altro peccatuccio sulla coscienza! Siete proprio sicura di aver rubato solo la borsa a quel soldatino?"
"Gli ho rubato anche il mantello"
"Datelo a me"
"Eccolo".
Ludovina pensò tra sé e sé che, una volta liberata dalle corna, avrebbe chiamato la servitù e si sarebbe ripresa la borsa e il mantello con la forza.
Era molto compiaciuta da questa idea quando, all'improvviso, il finto medico si avvolse nel mantello, si levò parrucca ed occhiali e si rivelò essere il soldatino.
Ludovina restò davanti a lui, paralizzata dal terrore.
"Avrei potuto lasciarti le corna sino alla fine dei tuoi giorni - disse John - ma sono un buon ragazzo e un tempo ti ho amata, e, inoltre, sei così simile al diavolo che non hai certo bisogno di portare anche le sue corna".


X


John aveva desiderato di ritrovarsi in casa di Gabbianella. Lei sedeva accanto alla finestra, ramendando la sua rete, e, di tanto in tanto, alzava il capo ed errava con lo sguardo per il mare, come se aspettasse qualcuno. Alla comparsa del soldato, lo guardò e arrossì.
"Così sei tu! Che fai qui? - disse, e, abbassando la voce, aggiunse - Hai sposato la Principessa?"
Allora, John le raccontò le sue avventure, e, quando ebbe finito, le restituì la borsa ed il mantello.
"E che me ne faccio? - disse lei - Mi hai dimostrato che la felicità non si conquista con il possesso di tesori"
"Si conquista con il lavoro e con l'amore di una donna onesta", rispose il soldatino, che, per la prima volta, si accorgeva di quanto fossero belli i suoi occhi. "Cara Gabbianella, mi vuoi per marito?", le domandò, tendendole la mano.
"Sì, ti voglio - rispose, avvampando tutta, la piccola pescatrice - ma a condizione che rimettiamo borsa e mantello nel vaso di rame e che lo gettiamo in mare"
E così fecero.


The Little Soldier, da "The Green Fairy Book" di Andrew Lang, basato su una fiaba di Charles Deulin.

Traduzione: Mab's Copyright.




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