martedì 22 agosto 2017
domenica 20 agosto 2017
La Voce della Morte (Romania), Traduzione Mia
Tanto tanto tempo fa, accadde qualcosa.
Se non fosse mai accaduto, non sarebbe mai stato raccontato.
C'era una volta un uomo che pregava Dio ogni santo giorno perché gli concedesse la ricchezza.
Un giorno, le sue innumerevoli e pressanti preghiere trovarono Nostro Signore dell'umore giusto perché gli prestasse ascolto ed esaudisse il suo desiderio. Quando l'uomo divenne molto ricco, non accettò più di morire. Così, decise di mettersi in viaggio e di stabilirsi laddove fosse risaputo che la gente vivesse per sempre. Si preparò per il viaggio, raccontò alla moglie i suoi progetti e partì.
In ogni paese che raggiungeva chiedeva se là gli uomini morivano, e ripartiva immediatamente non appena riceveva una risposta affermativa. Infine, giunse in una terra i cui abitanti gli risposero che non sapevano cosa significasse la parola "morire". Al colmo della gioia, il viaggiatore chiese:
"Ma come mai non vedo un'immensa moltitudine di gente, dal momento che nessuno muore?"
"Vedi, il paese non è sovraffollato - fu la risposta - perché, di tanto in tanto, arriva qualcuno che chiama gli abitanti uno per uno, e chiunque decida di seguirlo non ritorna mai più"
"E gli abitanti possono vedere la persona che li chiama?"
"Perché non dovrebbero?" fu la risposta.
L'uomo non finiva di meravigliarsi della stupidità di coloro che seguivano la persona che li chiamava, benché sapessero che sarebbero stati obbligati a restare là dove li avrebbe condotti.
Ritornò a casa, radunò i suoi beni, e, con la moglie e i figli, andò a stabilirsi nel paese in cui la gente non moriva mai, ma, che, se seguiva il richiamo di un essere misterioso, non tornava più.
Aveva preso l'incrollabile decisione che né lui né la sua famiglia avrebbero mai seguito alcun richiamo, da chiunque provenisse.
Così, dopo che si fu ben sistemato ed ebbe avviato i suoi affari, avvertì moglie e figli che, se non volevano morire, avrebbero dovuto guardarsi dal seguire qualsiasi richiamo. E trascorsero diversi anni in pace, godendosi la vita.
Un giorno, mentre erano tutti riuniti nella loro bella casa, sua moglie, improvvisamente, prese a gridare:
"Arrivo, arrivo..."
E, intanto, si guardava intorno, cercando la sua giacca di pelliccia. Immediatamente, il marito balzò in piedi, le afferrò la mano e la rimproverò:
"Non tieni in alcun conto il mio avvertimento, quindi? Rimani qui se non vuoi morire!"
"Ma non senti che mi chiama? Andrò solo a vedere cosa vuole da me e tornerò subito indietro"
E lottava per liberarsi dalla stretta del marito. L'uomo, però, la teneva con mano ferma e ordinò che venissero sprangate tutte le porte della stanza. Allora, la moglie si calmò e disse:
"Lasciami sola, marito, non m'importa più di uscire".
L'uomo pensò che fosse rinsavita e avesse rinunciato al suo folle impulso, ma, pochi istanti più tardi, la moglie si precipitò verso la porta più vicina, la spalancò precipitosamente e corse fuori. Il marito la seguì, la trattenne per la pelliccia, supplicandola di non andare poiché non sarebbe mai più tornata. Lei abbandonò le braccia lungo il corpo, si piegò leggermente indietro, poi, al'improvviso, si slanciò in avanti, scivolando fuori dalla pelliccia che abbandonò nelle mani del marito, il quale rimase là, impietrito, mentre la donna correva via gridando:
"Arrivo! Arrivo!"
Quando la moglie sparì alla sua vista, l'uomo rientrò in sé, tornò a casa e disse:
"Se sei pazza e vuoi morire, allora va', in nome di Dio, non posso farci nulla. Infinite volte ho detto di non seguire alcun richiamo, da chiunque provenga!".
E passarono i giorni, e poi le settimane, i mesi e gli anni, e la pace della casa non fu più turbata.
Un giorno, mentre era, come tutte le mattine, nella bottega del barbiere per farsi radere e aveva già il mento insaponato, e il negozio era pieno di gente, l'uomo incominciò a urlare:
"Non vengo - mi senti? - Non vengo!"
Il barbiere e gli avventori erano sbalorditi. L'uomo, guardando verso la porta, riprese a gridare:
"Una volta per tutte: non ho alcuna intenzione di seguirti! Quindi, vattene!"
E dopo un po':
"Vattene - mi ascolti? - se vuoi salvare la pelle, perché ti ho ripetuto mille volte che non voglio venire!"
Poi, come se sull'uscio ci fosse qualcuno che continuava incessantemente a chiamarlo, l'uomo montò su tutte le furie e gli rivolse frasi deliranti perché non si decideva a lasciarlo in pace. Infine, balzò in piedi, e strappò il rasoio dalle mani del barbiere gridando:
"Dammi qua, ché gli mostri cosa succede a chi infastidisce la gente!"
E si precipitò all'inseguimento di colui che - diceva - continuava a chiamarlo, ma che nessun altro vedeva. Il povero barbiere, che non voleva perdere il suo rasoio, gli andò dietro. L'uomo correva, il barbiere correva finché uscirono dalle porte della città, e, appena fuori dalle mura, l'uomo precipitò in una voragine da cui non riemerse più. Così anche lui, nonostante la sua resistenza, aveva condiviso il destino di chi rispondeva al richiamo della Voce.
Il barbiere ritornò nella sua bottega senza fiato per la gran corsa, e raccontò a tutti ciò che era accaduto. In breve, per il paese si diffuse il convincimento che precipitare nella voragine fosse la sorte toccata a tutti quelli che avevano seguito il richiamo della Voce.
Quando una folla di cittadini si recò sul luogo della disgrazia, per vedere la voragine che aveva ingoiato tutta quella gente, e, tuttavia, non ne aveva mai abbastanza, non trovò nulla: pareva come se dall'inizio dei tempi, al posto del precipizio, si estendesse un'ampia pianura. E, da quel giorno, gli abitanti del paese incominciarono a morire proprio come tutti gli altri esseri umani di questo mondo.
"Romanian Fairy Tales", Mite Kremnitz.
Traduzione: Mab's Copyright.
Andrew Lang ha incluso questa storia ne "The Red Fairy Book".
Se non fosse mai accaduto, non sarebbe mai stato raccontato.
C'era una volta un uomo che pregava Dio ogni santo giorno perché gli concedesse la ricchezza.
Un giorno, le sue innumerevoli e pressanti preghiere trovarono Nostro Signore dell'umore giusto perché gli prestasse ascolto ed esaudisse il suo desiderio. Quando l'uomo divenne molto ricco, non accettò più di morire. Così, decise di mettersi in viaggio e di stabilirsi laddove fosse risaputo che la gente vivesse per sempre. Si preparò per il viaggio, raccontò alla moglie i suoi progetti e partì.
In ogni paese che raggiungeva chiedeva se là gli uomini morivano, e ripartiva immediatamente non appena riceveva una risposta affermativa. Infine, giunse in una terra i cui abitanti gli risposero che non sapevano cosa significasse la parola "morire". Al colmo della gioia, il viaggiatore chiese:
"Ma come mai non vedo un'immensa moltitudine di gente, dal momento che nessuno muore?"
"Vedi, il paese non è sovraffollato - fu la risposta - perché, di tanto in tanto, arriva qualcuno che chiama gli abitanti uno per uno, e chiunque decida di seguirlo non ritorna mai più"
"E gli abitanti possono vedere la persona che li chiama?"
"Perché non dovrebbero?" fu la risposta.
L'uomo non finiva di meravigliarsi della stupidità di coloro che seguivano la persona che li chiamava, benché sapessero che sarebbero stati obbligati a restare là dove li avrebbe condotti.
Ritornò a casa, radunò i suoi beni, e, con la moglie e i figli, andò a stabilirsi nel paese in cui la gente non moriva mai, ma, che, se seguiva il richiamo di un essere misterioso, non tornava più.
Aveva preso l'incrollabile decisione che né lui né la sua famiglia avrebbero mai seguito alcun richiamo, da chiunque provenisse.
Così, dopo che si fu ben sistemato ed ebbe avviato i suoi affari, avvertì moglie e figli che, se non volevano morire, avrebbero dovuto guardarsi dal seguire qualsiasi richiamo. E trascorsero diversi anni in pace, godendosi la vita.
Un giorno, mentre erano tutti riuniti nella loro bella casa, sua moglie, improvvisamente, prese a gridare:
"Arrivo, arrivo..."
E, intanto, si guardava intorno, cercando la sua giacca di pelliccia. Immediatamente, il marito balzò in piedi, le afferrò la mano e la rimproverò:
"Non tieni in alcun conto il mio avvertimento, quindi? Rimani qui se non vuoi morire!"
"Ma non senti che mi chiama? Andrò solo a vedere cosa vuole da me e tornerò subito indietro"
E lottava per liberarsi dalla stretta del marito. L'uomo, però, la teneva con mano ferma e ordinò che venissero sprangate tutte le porte della stanza. Allora, la moglie si calmò e disse:
"Lasciami sola, marito, non m'importa più di uscire".
L'uomo pensò che fosse rinsavita e avesse rinunciato al suo folle impulso, ma, pochi istanti più tardi, la moglie si precipitò verso la porta più vicina, la spalancò precipitosamente e corse fuori. Il marito la seguì, la trattenne per la pelliccia, supplicandola di non andare poiché non sarebbe mai più tornata. Lei abbandonò le braccia lungo il corpo, si piegò leggermente indietro, poi, al'improvviso, si slanciò in avanti, scivolando fuori dalla pelliccia che abbandonò nelle mani del marito, il quale rimase là, impietrito, mentre la donna correva via gridando:
"Arrivo! Arrivo!"
H.J. Ford
Quando la moglie sparì alla sua vista, l'uomo rientrò in sé, tornò a casa e disse:
"Se sei pazza e vuoi morire, allora va', in nome di Dio, non posso farci nulla. Infinite volte ho detto di non seguire alcun richiamo, da chiunque provenga!".
E passarono i giorni, e poi le settimane, i mesi e gli anni, e la pace della casa non fu più turbata.
Un giorno, mentre era, come tutte le mattine, nella bottega del barbiere per farsi radere e aveva già il mento insaponato, e il negozio era pieno di gente, l'uomo incominciò a urlare:
"Non vengo - mi senti? - Non vengo!"
Il barbiere e gli avventori erano sbalorditi. L'uomo, guardando verso la porta, riprese a gridare:
"Una volta per tutte: non ho alcuna intenzione di seguirti! Quindi, vattene!"
E dopo un po':
"Vattene - mi ascolti? - se vuoi salvare la pelle, perché ti ho ripetuto mille volte che non voglio venire!"
Poi, come se sull'uscio ci fosse qualcuno che continuava incessantemente a chiamarlo, l'uomo montò su tutte le furie e gli rivolse frasi deliranti perché non si decideva a lasciarlo in pace. Infine, balzò in piedi, e strappò il rasoio dalle mani del barbiere gridando:
"Dammi qua, ché gli mostri cosa succede a chi infastidisce la gente!"
E si precipitò all'inseguimento di colui che - diceva - continuava a chiamarlo, ma che nessun altro vedeva. Il povero barbiere, che non voleva perdere il suo rasoio, gli andò dietro. L'uomo correva, il barbiere correva finché uscirono dalle porte della città, e, appena fuori dalle mura, l'uomo precipitò in una voragine da cui non riemerse più. Così anche lui, nonostante la sua resistenza, aveva condiviso il destino di chi rispondeva al richiamo della Voce.
Il barbiere ritornò nella sua bottega senza fiato per la gran corsa, e raccontò a tutti ciò che era accaduto. In breve, per il paese si diffuse il convincimento che precipitare nella voragine fosse la sorte toccata a tutti quelli che avevano seguito il richiamo della Voce.
Quando una folla di cittadini si recò sul luogo della disgrazia, per vedere la voragine che aveva ingoiato tutta quella gente, e, tuttavia, non ne aveva mai abbastanza, non trovò nulla: pareva come se dall'inizio dei tempi, al posto del precipizio, si estendesse un'ampia pianura. E, da quel giorno, gli abitanti del paese incominciarono a morire proprio come tutti gli altri esseri umani di questo mondo.
"Romanian Fairy Tales", Mite Kremnitz.
Traduzione: Mab's Copyright.
Andrew Lang ha incluso questa storia ne "The Red Fairy Book".
venerdì 18 agosto 2017
Il Cavaliere Errante Senza Innamoramento E' Come Arbore Spoglio di Fronde e Privo di Frutte
... Rese di già lucide l’arme sue; fatta del morione una celata; stabilito il nome al ronzino, e confermato il proprio, si persuase che altro a lui non mancasse se non se una dama di cui dichiararsi amoroso. Il cavaliere errante senza innamoramento è come arbore spoglio di fronde e privo di frutte; è come corpo senz’anima, andava dicendo egli a sè stesso.
"Se per castigo de’ miei peccati, o per mia buona ventura m’avvengo in qualche gigante, come d’ordinario intraviene ai cavalieri erranti, ed io lo fo balzare a primo scontro fuori di sella, o lo taglio per mezzo, o vinto lo costringo ad arrendersi, non sarà egli bene d’avere a cui farne un presente? laonde poi egli entri, e ginocchioni dinanzi alla mia dolce signora così s’esprima colla voce supplichevole dell’uomo domato: ' Io, signora, sono il gigante Caraculiambro, dominatore dell’isola Malindrania, vinto in singolar tenzone dal non mai abbastanza celebrato cavaliere don Chisciotte della Mancia, da cui ebbi comando di presentarmi dinanzi alla signoria vostra, affinchè la grandezza vostra disponga di me a suo talento'.
Oh! come si rallegrò il nostro buon cavaliere all’essersi così espresso! ma oh quanto più si compiacque poi nell’avere trovato a chi dovesse concedere il nome di sua dama! Soggiornava in un paese, per quanto credesi, vicino al suo una giovanotta contadina di bell’aspetto, della quale egli era stato già amante senza ch’ella il sapesse, nè se ne fosse avvista giammai, e chiamavasi Aldonza Lorenzo; e questa gli parve opportuno chiamar signora de’ suoi pensieri. Dappoi cercando un nome che non discordasse gran fatto dal suo, e che potesse in certo modo indicarla principessa e signora, la chiamò Dulcinea del Toboso, perchè del Toboso appunto era nativa. Questo nome gli sembrò armonioso, peregrino ed espressivo, a somiglianza di quelli che allora aveva posti a sè stesso ed alle cose sue.
TESTO ORIGINALE
Limpias, pues, sus armas, hecho del morrión celada, puesto nombre a su rocín y confirmándose a sí mismo, se dio a entender que no le faltaba otra cosa sino buscar una dama de quien enamorarse; porque el caballero andante sin amores era árbol sin hojas y sin fruto y cuerpo sin alma. Decíase él a sí: -Si yo, por malos de mis pecados, o por mi buena suerte, me encuentro por ahí con algún gigante, como de ordinario les acontece a los caballeros andantes, y le derribo de un encuentro, o le parto por mitad del cuerpo, o, finalmente, le venzo y le rindo, ¿no será bien tener a quien enviarle presentado y que entre y se hinque de rodillas ante mi dulce señora, y diga con voz humilde y rendido: Yo, señora, soy el gigante Caraculiambro, señor de la ínsula Malindrania, a quien venció en singular batalla el jamás como se debe alabado caballero don Quijote de la Mancha, el cual me mandó que me presentase ante vuestra merced, para que la vuestra grandeza disponga de mí a su talante?
¡Oh, cómo se holgó nuestro buen caballero cuando hubo hecho este discurso, y más cuando halló a quien dar nombre de su dama! Y fue, a lo que se cree, que en un lugar cerca del suyo había una moza labradora de muy buen parecer, de quien él un tiempo anduvo enamorado, aunque, según se entiende, ella jamás lo supo, ni le dio cata dello. Llamábase Aldonza Lorenzo, y a ésta le pareció ser bien darle título de señora de sus pensamientos; y, buscándole nombre que no desdijese mucho del suyo, y que tirase y se encaminase al de princesa y gran señora, vino a llamarla Dulcinea del Toboso, porque era natural del Toboso; nombre, a su parecer, músico y peregrino y significativo, como todos los demás que a él y a sus cosas había puesto.
Dal Capitolo Primo de: "L'ingegnoso idalgo don Chisciotte della Mancia", Miguel de Cervantes.
"El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha",
Traduzione dallo spagnolo di Bartolommeo Gamba (1818).
Ho aggiunto le illustrazioni di Gustave Dorè.
mercoledì 16 agosto 2017
Il Baule Volante, H.C. Andersen (Testo Integrale) - Traduzione Mia
'era una volta un mercante così ricco che, se avesse voluto, avrebbe potuto lastricare d'oro l'intera via, e ne avrebbe avuto a sufficienza anche per un vicolo laterale, ma, naturalmente, non ci pensò neanche: conosceva troppo bene il valore del denaro. Era molto accorto, e se investiva uno scellino, doveva ricavarne almeno un tallero: era proprio un commerciante in tutto e per tutto, e, come tale, morì.
Il figlio ereditò le sue ricchezze e si diede al bel tempo: partecipava a balli in maschera ogni notte, costruiva aquiloni con le banconote, e, invece di far rimbalzare sassolini sull'acqua del lago, usava monete d'oro, poiché - si sa - i pezzi d'oro rimbalzano meglio.
Naturalmente, sperperò ben presto tutto il patrimonio: non gli restarono che un paio di pantofole, una vecchia veste da camera e quattro scellini.
I suoi amici lo abbandonarono, non sapevano che farsene di lui dal momento che non poteva più condividere i loro festini notturni. Uno solo della vecchia brigata, uno tenero di cuore, gli mandò un vecchio baule con un messaggio: "Fa' i bagagli!". Facile a dirsi, peccato che non avesse nulla da impacchettare. Così si mise lui stesso nel baule.
Era un baule straordinario. Quando si faceva scattare la serratura, si sollevava da terra e spiccava il volo. Infatti, non appena il figlio del mercante si sdraiò al suo interno e chiuse il chiavistello, il baule volò su per il camino, e poi, sempre più in alto, tra le nuvole. Il fondo scricchiolava, e lui tremava: se il baule fosse andato in pezzi, avrebbe fatto una fine orribile!
Invece, arrivò sano e salvo nella terra dei Turchi.
Nascose il baule nel bosco, sotto un mucchio di foglie secche, e se ne andò in città.
Passava inosservato poiché i Turchi andavano in giro in vestaglia e babbucce come lui.
Incontrò una balia con un bambinello.
Naturalmente, sperperò ben presto tutto il patrimonio: non gli restarono che un paio di pantofole, una vecchia veste da camera e quattro scellini.
I suoi amici lo abbandonarono, non sapevano che farsene di lui dal momento che non poteva più condividere i loro festini notturni. Uno solo della vecchia brigata, uno tenero di cuore, gli mandò un vecchio baule con un messaggio: "Fa' i bagagli!". Facile a dirsi, peccato che non avesse nulla da impacchettare. Così si mise lui stesso nel baule.
Era un baule straordinario. Quando si faceva scattare la serratura, si sollevava da terra e spiccava il volo. Infatti, non appena il figlio del mercante si sdraiò al suo interno e chiuse il chiavistello, il baule volò su per il camino, e poi, sempre più in alto, tra le nuvole. Il fondo scricchiolava, e lui tremava: se il baule fosse andato in pezzi, avrebbe fatto una fine orribile!
Invece, arrivò sano e salvo nella terra dei Turchi.
Nascose il baule nel bosco, sotto un mucchio di foglie secche, e se ne andò in città.
Passava inosservato poiché i Turchi andavano in giro in vestaglia e babbucce come lui.
Incontrò una balia con un bambinello.
sabato 12 agosto 2017
Storia del Terzo Vecchio e del Mulo, Mille e Una Notte
uindi, si fece avanti il terzo vecchio, che conduceva con sé un mulo e disse:
"O Principe dei Djinn, ti narrerò una storia ancòra più sorprendente di quelle che hai ascoltato, e so che mi accorderai l'ultimo terzo del sangue e del delitto del mercante".
E incominciò a raccontare:
"Sappi, o gran Principe e Capo dei Djinn che questo mulo era mia moglie. Tempo fa, intrapresi un viaggio che durò un intero anno; Tornai a casa nottetempo e trovai mia moglie a letto con uno schiavo moro: conversavano, ridevano, giocavano, si baciavano e amoreggiavano.
Non appena mi vide, mia moglie si affrettò a prendere una brocca d'acqua e vi mormorò sopra alcune parole. Poi, mi si avvicinò e mi spruzzò con l'acqua dicendo:
"Lascia la forma umana e prendi quella di un cane!" E, all'istante, diventai un cane.
Mi scacciò fuori di casa, e io presi a correre finché non mi arrestai sulla porta della bottega di un macellaio, dove incominciai a rosicchiare le ossa. Il macellaio mi condusse a casa sua, ma, quando sua figlia mi vide, si velò il viso e disse al padre:
"Padre, perché conduci un uomo in mia presenza?"
"Dov'è quest'uomo?"
E lei rispose:
"Questo cane è un uomo, la cui moglie lo ha incantato, ma io posso liberarlo".
A queste parole, suo padre disse:
"Allora, ti scongiuro in nome di Allah di liberarlo!"
La giovane prese una brocca d'acqua, vi mormorò sopra alcune parole, poi mi spruzzò sopra qualche goccia d'acqua dicendo:
"Abbandona questa forma e riprendi le sembianze umane!"
E immediatamente tornai uomo, e le baciai la mano supplicandola di incantare mia moglie come lei aveva incantato me. Così, la fanciulla mi diede un po' d'acqua e mi disse:
"Sorprendila nel sonno, spruzzala con questa acqua, ripetendo le parole che mi hai sentito pronunciare, indicando la forma che tu vorresti assumesse, e lei si trasformerà in qualsiasi cosa tu desideri".
Così ho preso l'acqua, sono tornato a casa, dove ho trovato mia moglie addormentata, e l'ho spruzzata con l'acqua, dicendo:
"Abbandona la forma umana per quella di un mulo!"
E all'istante si trasformò in un mulo, questo che vedi davanti a te, o Sultano e Capo dei Re dei Djinn".
Poi disse al mulo: "È vero?"
E il mulo scosse il capo annuendo, come se volesse dire: "Sì, questa è la mia storia, è proprio ciò che mi è capitato".
Il Djinn, non appena ebbe udito la fine del racconto, concesse al vecchio l’ultimo terzo della vita del mercante, e disparve. Il mercante si gettò ai piedi dei suoi tre salvatori ringraziandoli con tutto il cuore, e se ne tornò dalla sua sposa e dai suoi figli, con i quali trascorse serenamente il resto dei suoi giorni.
"O Principe dei Djinn, ti narrerò una storia ancòra più sorprendente di quelle che hai ascoltato, e so che mi accorderai l'ultimo terzo del sangue e del delitto del mercante".
E incominciò a raccontare:
"Sappi, o gran Principe e Capo dei Djinn che questo mulo era mia moglie. Tempo fa, intrapresi un viaggio che durò un intero anno; Tornai a casa nottetempo e trovai mia moglie a letto con uno schiavo moro: conversavano, ridevano, giocavano, si baciavano e amoreggiavano.
Non appena mi vide, mia moglie si affrettò a prendere una brocca d'acqua e vi mormorò sopra alcune parole. Poi, mi si avvicinò e mi spruzzò con l'acqua dicendo:
"Lascia la forma umana e prendi quella di un cane!" E, all'istante, diventai un cane.
Mi scacciò fuori di casa, e io presi a correre finché non mi arrestai sulla porta della bottega di un macellaio, dove incominciai a rosicchiare le ossa. Il macellaio mi condusse a casa sua, ma, quando sua figlia mi vide, si velò il viso e disse al padre:
"Padre, perché conduci un uomo in mia presenza?"
"Dov'è quest'uomo?"
E lei rispose:
"Questo cane è un uomo, la cui moglie lo ha incantato, ma io posso liberarlo".
A queste parole, suo padre disse:
"Allora, ti scongiuro in nome di Allah di liberarlo!"
La giovane prese una brocca d'acqua, vi mormorò sopra alcune parole, poi mi spruzzò sopra qualche goccia d'acqua dicendo:
"Abbandona questa forma e riprendi le sembianze umane!"
E immediatamente tornai uomo, e le baciai la mano supplicandola di incantare mia moglie come lei aveva incantato me. Così, la fanciulla mi diede un po' d'acqua e mi disse:
"Sorprendila nel sonno, spruzzala con questa acqua, ripetendo le parole che mi hai sentito pronunciare, indicando la forma che tu vorresti assumesse, e lei si trasformerà in qualsiasi cosa tu desideri".
Così ho preso l'acqua, sono tornato a casa, dove ho trovato mia moglie addormentata, e l'ho spruzzata con l'acqua, dicendo:
"Abbandona la forma umana per quella di un mulo!"
E all'istante si trasformò in un mulo, questo che vedi davanti a te, o Sultano e Capo dei Re dei Djinn".
Poi disse al mulo: "È vero?"
E il mulo scosse il capo annuendo, come se volesse dire: "Sì, questa è la mia storia, è proprio ciò che mi è capitato".
Il Djinn, non appena ebbe udito la fine del racconto, concesse al vecchio l’ultimo terzo della vita del mercante, e disparve. Il mercante si gettò ai piedi dei suoi tre salvatori ringraziandoli con tutto il cuore, e se ne tornò dalla sua sposa e dai suoi figli, con i quali trascorse serenamente il resto dei suoi giorni.
FINE
Traduzione: Mab's Copyright
venerdì 11 agosto 2017
Variante "Rusticana" della Ballata di Sir Olaf
ro un bel giovane contadino ed alla corte dovevo andare.
Uscii a cavallo nell'ora della sera; nel boschetto profumato di rose mi stesi a dormire.
Fin da quando la vidi per la prima volta.
Mi ero disteso sotto un verde tiglio, i miei occhi cadevano dal sonno; giunsero allora due fanciulle che mi parlarono volentieri.
Fin da quando la vidi per la prima volta.
Una mi diede un colpetto sulla guancia, l'altra mi sussurrò all'orecchio: "Alzati, bel giovane contadino, se vuoi udire parlare d'amore."
Fin da quando la vidi per la prima volta.
Portarono quindi una fanciulla i cui capelli come oro splendevano: "Alzati, bel giovane contadino, se sei incline alla gioia."
Fin da quando la vidi per la prima volta.
La terza cominciò a cantare un canto, con buona volontà lo fece; accanto vi era il rapido fiume, che prima era solito fluire.
Fin da quando la vidi per la prima volta.
Accanto vi era il rapido fiume, che prima era solito fluire, e dietro era coperta dai suoi capelli così marroni ed aveva scordato dove doveva andare.
Fin da quando la vidi per la prima volta.
Mi alzai dal terreno e posai la mano sulla spada; le donne Elfo danzarono in dentro ed in fuori, tutte avevano il modo elfico.
Fin da quando la vidi per la prima volta.
Se la fortuna non fosse stata così buona con me da far sì che le ali del gallo sbattessero in quel momento, avrei dormito all'interno della collina quella notte con le donne Elfo.
Fin da quando la vidi per la prima volta.
Variazione della ballata danese di Elveskud, che è stata tradotta dal Dr. Jamieson (Popular Ballads) e da Lewis in Tales of Wonder.
Da "Fate nordiche, francesi e medioevali", Thomas Keightley
nota: Questa è la Elvesböj delle ballate danesi, tradotta da Jamieson e da Lewis. Nella diversa variante svedese, esse sono Hafsfruen, cioè Sirene, che tentano di sedurre giovani uomini al loro amore con l'offerta di doni preziosi. Una leggenda danese (Thiele, i. 22) riferisce che un pover'uomo che lavorava vicino a Gillesbjerg, una collina incantata, vi si sdraiò sopra per riposare a metà giornata. Improvvisamente apparve davanti a lui una bella fanciulla con una coppa d'oro in mano. Gli fece cenno di avvicinarsi ma quando l'uomo, spaventato, si fece il segno della croce, ella fu costretta a voltarsi e lui vide la sua schiena, che era cava.
Uscii a cavallo nell'ora della sera; nel boschetto profumato di rose mi stesi a dormire.
Fin da quando la vidi per la prima volta.
Mi ero disteso sotto un verde tiglio, i miei occhi cadevano dal sonno; giunsero allora due fanciulle che mi parlarono volentieri.
Fin da quando la vidi per la prima volta.
Una mi diede un colpetto sulla guancia, l'altra mi sussurrò all'orecchio: "Alzati, bel giovane contadino, se vuoi udire parlare d'amore."
Fin da quando la vidi per la prima volta.
Portarono quindi una fanciulla i cui capelli come oro splendevano: "Alzati, bel giovane contadino, se sei incline alla gioia."
Fin da quando la vidi per la prima volta.
La terza cominciò a cantare un canto, con buona volontà lo fece; accanto vi era il rapido fiume, che prima era solito fluire.
Fin da quando la vidi per la prima volta.
Accanto vi era il rapido fiume, che prima era solito fluire, e dietro era coperta dai suoi capelli così marroni ed aveva scordato dove doveva andare.
Fin da quando la vidi per la prima volta.
Mi alzai dal terreno e posai la mano sulla spada; le donne Elfo danzarono in dentro ed in fuori, tutte avevano il modo elfico.
Fin da quando la vidi per la prima volta.
Se la fortuna non fosse stata così buona con me da far sì che le ali del gallo sbattessero in quel momento, avrei dormito all'interno della collina quella notte con le donne Elfo.
Fin da quando la vidi per la prima volta.
B. Froud
Variazione della ballata danese di Elveskud, che è stata tradotta dal Dr. Jamieson (Popular Ballads) e da Lewis in Tales of Wonder.
Da "Fate nordiche, francesi e medioevali", Thomas Keightley
nota: Questa è la Elvesböj delle ballate danesi, tradotta da Jamieson e da Lewis. Nella diversa variante svedese, esse sono Hafsfruen, cioè Sirene, che tentano di sedurre giovani uomini al loro amore con l'offerta di doni preziosi. Una leggenda danese (Thiele, i. 22) riferisce che un pover'uomo che lavorava vicino a Gillesbjerg, una collina incantata, vi si sdraiò sopra per riposare a metà giornata. Improvvisamente apparve davanti a lui una bella fanciulla con una coppa d'oro in mano. Gli fece cenno di avvicinarsi ma quando l'uomo, spaventato, si fece il segno della croce, ella fu costretta a voltarsi e lui vide la sua schiena, che era cava.
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martedì 8 agosto 2017
Sir Olof nella Danza degli Elfi - Variante della Precedente Ballata
Beatriz Martin Vidal
Sir Olof esce a cavallo la mattina presto e giunge così ad una gioiosa danza elica.
La danza procede bene, molto bene nel boschetto.
Il padre Elfo raggiunse la sua bianca mano: “Venite, venite, Sir Olof, procedete nella danza con me.” La danza procede bene, molto bene nel boschetto.
“Oh, io né voglio né potrei, domani sarà il giorno del mio matrimonio.”
La danza procede bene, molto bene nel boschetto.
E la madre Elfo raggiunse la sua mano: “Venite, venite, Sir Olof, procedete nella danza con me.”
La danza procede bene, molto bene nel boschetto.
“Oh, io né voglio né potrei, domani sarà il giorno del mio matrimonio.”
La danza procede bene, molto bene nel boschetto.
E la sorella Elfo raggiunse la sua mano: “Venite, venite, Sir Olof, procedete nella danza con me.”
La danza procede bene, molto bene nel boschetto.
“Oh, io né voglio né potrei, domani sarà il giorno del mio matrimonio.”
La danza procede bene, molto bene nel boschetto.
E la sposa parlò ed anche le sue damigelle: “Cosa può significare che le campane suonino in tal modo?”
La danza procede bene, molto bene nel boschetto.
“E‟ usanza della nostra isola”, essi risposero; “ogni giovane contadino richiama a casa la sua sposa.” La danza procede bene, molto bene nel boschetto.
“E la verità io temo di nasconderti, Sir Olof è morto e giace nella sua bara.”
La danza procede bene, molto bene nel boschetto.
E l'indomani luminoso era il giorno, nella casa di Sir Olof giacevano tre corpi.
La danza procede bene, molto bene nel boschetto.
Erano Sir Olof, la sua dolce sposa ed anche la madre di lui, morta di dolore.
La danza procede bene, molto bene nel boschetto.
Variazione della ballata danese di Elveskud, che è stata tradotta dal Dr. Jamieson (Popular Ballads) e da Lewis in Tales of Wonder.
Da "Fate nordiche, francesi e medioevali", Thomas Keightley
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lunedì 7 agosto 2017
La Donna Elfo e Sir Olof (Scandinavia)
Beatriz Martin Vidal
Sir Olof cavalcava all‟alba, sul cominciare del giorno; il giorno luminoso arrivò,
Sir Olof giunse a casa quando il bosco era verde di foglie.
Sir Olof cavalca presso Borgya, irrompe il giorno,
Incontra una danza di Elfi gioiosa.
Sir Olof giunse a casa quando il bosco era verde di foglie.
Là danzano un Elfo ed una fanciulla Elfo; irrompe il giorno.
La figlia del re degli Elfi, con i suoi capelli fluttuanti.
Sir Olof giunse a casa quando il bosco era verde di foglie.
La figlia del re degli Elfi gli porse la mano; irrompe il giorno,
“Venite qui, Sir Olof, unitevi alla danza con me.”
Sir Olof giunse a casa quando il bosco era verde di foglie.
“Non mi unirò alla danza con voi”; irrompe il giorno “La mia sposa me lo ha proibito.”
Sir Olof giunse a casa quando il bosco era verde di foglie.
“Né lo vorrei né lo potrei”; irrompe il giorno, “Domani è il giorno delle mie nozze.”
Sir Olof giunse a casa quando il bosco era verde di foglie.
“Non vi unirete a me nella danza?” Irrompe il giorno, “Un male io fisserò su di voi.”
Sir Olof giunse a casa quando il bosco era verde di foglie.
Sir Olof voltò il cavallo; irrompe il giorno,
Malanno e tormento lo seguirono a casa.
Sir Olof giunse a casa quando il bosco era verde di foglie.
Sir Olof cavalcò verso sua madre; irrompe il giorno.
Sua madre era fuori davanti a lui.
Sir Olof giunse a casa quando il bosco era verde di foglie.
“Benvenuto, benvenuto, mio caro figlio”; irrompe il giorno "Perché la tua rosea guancia è così pallida?”
Sir Olof giunse a casa quando il bosco era verde di foglie.
“Il mio puledro è stato veloce ed io lento”; irrompe il giorno, “Ho sbattuto contro una quercia verde”. Sir Olof giunse a casa quando il bosco era verde di foglie.
“Mia cara sorella, preparate il mio letto”; irrompe il giorno,
“Mio caro fratello, portate il mio cavallo al prato”.
Sir Olof giunse a casa quando il bosco era verde di foglie.
“Mia cara madre, pettinate i miei capelli”; irrompe il giorno,
“Mio caro padre, fatemi una bara”.
Sir Olof giunse a casa quando il bosco era verde di foglie.
“Mio caro figlio, non dire questo”; irrompe il giorno “Domani è il giorno del tuo matrimonio.”
Sir Olof giunse a casa quando il bosco era verde di foglie.
“Sia quando accadrà”; irrompe il giorno “Io non andrò mai dalla mia sposa”
Sir Olof giunse a casa quando il bosco era verde di foglie.
Variazione della ballata danese di Elveskud, che è stata tradotta dal Dr. Jamieson (Popular Ballads) e da Lewis in Tales of Wonder.
Da "Fate nordiche, francesi e medioevali", Thomas Keightley
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Scandinavia
venerdì 4 agosto 2017
Storia del Secondo Vecchio e dei Due Cani, Mille e Una notte
ran Principe dei Djinn, devi sapere che questi due cani ed io siamo fratelli. Morendo, nostro padre ci lasciò mille zecchini ciascuno. Con questa somma, tutti e tre decidemmo di darci al commercio e diventammo mercanti. Il mio fratello maggiore si mise in viaggio per cercar fortuna in terre straniere. Un anno dopo, un uomo male in arnese, che io scambiai per un mendicante, si affacciò all'uscio della mia bottega, e io gli dissi:
"Che Allah ti benedica!"
"E che benedica anche te - mi rispose lui, e aggiunse - Ebbene, non riconosci tuo fratello?"
Allora, lo guardai attentamente e lo riconobbi: era il mio fratello maggiore.
"Ah, fratello mio! - esclamai, abbracciandolo - come avrei potuto riconoscerti ridotto in questo stato?"
Lo feci entrare in casa, e gli domandai notizie del suo viaggio.
"Non chiedere - mi disse - Guardami e avrai le tue risposte".
Al contrario, i miei affari andavano a gonfie vele, tanto che avevo raddoppiato il capitale iniziale, e disponevo di duemila zecchini. Gliene donai la metà dicendo:
"Fratello mio, con questi denari potrai dimenticare le perdite subite".
Egli accettò i mille zecchini con gioia, riprese il suo commercio, e vivemmo insieme, come prima.
Qualche tempo dopo, il mio secondo fratello - l'altro di questi due cani - partì in cerca di fortuna, e non gli andò meglio: ritornò dopo aver perduto tutti i suoi averi. Lo rimisi in sesto, e, poiché gli affari mi andavano bene e avevo nuovamente raddoppiato l'eredità paterna, gli donai mille zecchini. Riaprì la sua bottega, e riprese la sua attività di mercante.
I miei due fratelli mi facevano continuamente pressioni perché intraprendessi un viaggio in terre straniere con loro. Sulle prime, spaventato dal triste esito dei loro precedenti viaggi, non ne volli sapere, e per cinque anni, rifiutai ogni proposta. Infine, sfinito dalla loro insistenza, mi arresi.
Quando giunse il momento in cui dovevamo comprare le mercanzie, scoprii che avevano nuovamente sciupato i loro averi. Non mossi loro il minimo rimprovero, e poiché il mio capitale ammontava ora a seimila zecchini, ne divisi la metà in parti uguali tra noi, e nascosi i rimanenti tremila zecchini in casa mia.
Comprate le mercanzie, ci imbarcammo. Trascorso un mese, gettammo le àncore in un porto. Vendemmo le nostre merci, e io fui particolarmente fortunato perché, per ogni zecchino speso, ne guadagnai dieci. Conclusi i nostri affari, ci accingevamo ad imbarcarci nuovamente, quando, sulle rive del mare, m'imbattei in una donna molto bella, ma vestita poveramente.
E. Dulac
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