sabato 1 marzo 2014

La Mammadraga, G. Pitrè, Traduzione Mia

na volta, c'era una madre, e aveva una figlia femmina che si chiamava Rusidda [1]. Un giorno le disse:
"Rusidda, Rusidda, prendi il secchio [2] e va' a gettare la monnezza".



Prinsep V.C.



La ragazzina prese il secchio e andò a gettare la monnezza. C'era un fosso pieno d'acqua [3] e Rusidda andò a gettarla in quel fosso. Versando la monnezza, le scappò di mano il secchio.
A 'sta picciridda [4] ci avevano raccontato che dentro a quel fosso c'era la
Mammadraga, e dice:
"Mammadraga, ridammi il secchio"
"Scendi e pigliatelo", le rispose la Mammadraga.
"No, che tu mi mangi", le rispose la picciridda.
"No che non ti mangio; per l'animuccia di mio figlio Cola, non ti mangio!".
"E come scendo?"
"Metti un piede qua, un piede là e scendi".
Rusidda, per paura che la madre la bastonasse se non le riportava il secchio, scese. Come la Mammadraga la vide, se l'abbracciò tutta:
"Ah, ma quanto sei bella, Rusidda mia, quanto sei bella! Mo', scopami casa".
La picciridda si mise a scopare.
"Che trovi dentro 'sta casa?"
"Monnezzuccia, terruccia, come da tutti i cristianucci [5]".
"Cercami in testa. Che ci sta dentro 'sta testa?"
La picciridda si mise a cercare e disse:
"Pidocchiucci e lendinucci come da tutti i cristianucci".
"Mo' cercami dentro al letto. Che cosa ci trovi?"
"Cimicette e pulcette, come da tutti i cristianucci".
"Quanto sei bella, Rusidda! Che su 'sta bella fronte ti spunti una stella che per tanto splendore chi ti guarda deve abbassare gli occhi. Quant'è bella 'sta testa! Che su 'sta testa ti nascano capelli come fili d'oro, e, quando ti pettini, da una parte ti cadano perle e diamanti, e, dall'altra, frumento e oro!".
Poi la portò in una stanza, dove c'erano panni vecchi e panni nuovi. E cominciò dalle calze, un paio buono e un paio che non valeva niente.
"Quali vuoi?"
Rusidda le disse che voleva quelle più scadenti.
"E io ti voglio dare le più fini", le disse la Mammadraga. Poi la camicia, e lei si prese la più consumata. Poi la veste: lei voleva la più vecchia e la Mammadraga le diede quella più nuova. E poi tutto il resto, finché la Mammadraga la rivestì a nuovo e con abiti tanto belli che sembrava una bambola di porcellana [6].



Van Blaas E.



Infine, le regalò una bella sommetta e Rusidda se ne risalì. Appena la madre la vide:
"Ah, bellezza mia! E come diventasti così bella?"
E Rusidda le raccontò tutto quanto. Ma sapete com'è con i vicini!



Van Blaas E.



Una comare cominciò a fare tante e tante domande che la madre di Rusidda le raccontò tutto per filo e per segno [7]. 'Sta comare aveva una figlia orrenda quanto gli sfregi d'un coltello, e le disse:
"Senti a mamma, hai visto quante cose ha dato la Mammadraga a Rusidda? Vai a gettare la monnezza, butta il secchio nel fosso e poi cerca di fartelo ridare dalla Mammadraga".
Quella così fece; prese il secchio e lo gettò dritto nel fosso con tutta la monnezza:
"Mammadraga, Mammadraga, ridammi il secchio!"
"Scendi giù e vieni a pigliartelo".
Senza farsi pregare, quella scese nel fosso. La Mammadraga le fece scopare casa e poi le disse:
"Che trovi dentro 'sta casa?"
"Monnezzaccia e terraccia, come da tutti i cristianacci"
"Cercami in testa. Che ci sta dentro 'sta testa?".
La picciridda si mise a  cercare e disse:
"Pidocchiacci e lendinacci, come da tutti i cristianacci".
"Mo' rifammi il letto. Che ci sta dentro?"
"Cimiciacce e pulciacce, come da tutti i cristianacci"
"Ma quanto sei brutta! - le disse la Mammadraga - Che su questa fronte ti possa spuntare un corno fetente. Che da quei capelli ti possa cadere, da una parte, sterco, e, dall'altra, letame fetente!". Restò proprio contenta la picciridda!
Poi la fa entrare in una stanza, dove c'erano panni vecchi e panni nuovi; le mostra le calze e dice:
"Quali vuoi?"
"Quali voglio? Quelle buone!"
"E io ti  do le più meschine!". Poi, la camicia: di nuovo, la stessa cosa; poi il vestito: lo stesso; finché non la rivestì da brutta servaccia [8]. Infine, le dà un ceffone:
"Vattene!" e quella risalì.
Appena la madre la vide spuntare:
"Madre mia! [9] E chi ti ha fatto 'sta cosa?".
"La Mammadraga!".
E cominciarono le baruffe tra le comari, ma la madre di Rusidda restò ricca, e l'altra, brutta e pezzente. E così il Signore castiga l'invidia.

Raccontata da Rosa Brusca in "Fiabe, Novelle e Racconti Popolari Siciliani", di G. Pitrè.

[1]  Rosetta o, anche, Rosina.
[2] "lu munnidduzzu", un contenitore che è anche un'unità di misura.
[3]  "un puzzàngaru", una buca nel terreno piena di acqua stagnante. Impossibile, come ho letto, tradurre con "pozzo". Fosso, fossa, buca, forra...
[4]  Per i pochissimi che non afferrano il significato di picciridda, ho tradotto una prima volta ragazzina (o bambina, creatura), per poi conservare il termine siciliano per tutta la fiaba, in linea con  Rusidda, 'sta (questa) o ci (gli/le).
[5]  Cristiani, ovvero persone, esseri umani, uomini e donne.
[6]  " 'na pupidda di Girmania".
[7]  "lu 'nchinu di la 'mpanata". La 'mpanata è un rotolo di pasta riempito con carne e/o verdure, e/o uova, ecc. Quindi, metaforicamente, la madre vuota il sacco, descrivendole persino il "ripieno" della 'mpanata.
[8]  Ho seguito il suggerimento in una nota al testo.
[9]  "Figghioli, figghioli!", tradotta alla lettera non avrebbe mai la stessa valenza, mentre Madre! (mia) - così come Maria!- è più comprensibile.

Traduzione: Mab's Copyright

La fiaba in Siciliano è nella pagina, "Fiabe Popolari - Italia".

Nessun commento: