"Di tutte le varianti di Prezzemolina questa siciliana ha l'inizio più curioso, con quell'orecchio-fungo, e per questo la riportiamo, nonostante il non ricco sviluppo da fiabuccia infantile. ( E' narrata dalla Sanfratello di cui il Pitrè scrive:' La sancta simplicitas de' poveri di spirito è una dote sua particolare, per cui la narrazione si fa ingenua'). La ragazza che si vergogna a dire:'Sono ancora piccolina' è una mia aggiunta".
E, infatti, Calvino le fa dire:"Sono già grandina" autorizzando, secondo i misteriosi riti fiabeschi, la vecchia a rapirla.
La rimanda a "Prezzemolina" e a "Hansel e Gretel", alla quale la seconda parte è assolutamente identica, inclusa l'incomprensibile "cecità" della vecchia. (E ci dice molto sulla precarietà del personaggio-Hansel).
Solo nelle note a "Prezzemolina", Calvino ricorda l'augusta progenitrice "Petrosinella" (Basile II,1). Molto più povera e popolare "La Prezzemolina" di Imbriani, ricalcata comunque sulla più sontuosa antenata.
'era una volta un orto di cavoli: di annate un po' scarse ce ne sono spesso; c'erano due donne:
"Comare, andiamo a raccogliere qualche cavolo?"
"E se c'è qualcuno? Che ne sappiamo!"
"Eh be'! Ora mi affaccio e guardo chi fa la guardia".
S'affacciò: "Non c'è nessuno, andiamoci!".
Andarono ed entrarono nell'orto; colsero due bei fasci di cavoli e se ne andarono; i cavoluzzi se li mangiarono allegramente. L'indomani mattina ci tornarono. Ma l'altra comare aveva paura che ci fosse il giardiniere; non videro nessuno ed entrarono. Colsero altri due fasci di broccoli, se li mangiarono e fine.
E. Von Blaas
Lasciamo loro mangiarsi i cavoli e prendiamo la vecchia che era la padrona dell'orto.
Quando si affacciò sull'orto:
"Gesù! Tutti se li sono mangiati i miei cavoluzzi! Ora ci penso io... Adesso prendo un cane, l'attacco davanti alla porta e quando quelli vengono, sa lui cos'ha da fare..."
Lasciamo la vecchia che attacca il cane per la guardia e ripigliamo le comari. Una delle comari disse all'altra:
"Andiamo a pigliar cavoli?"
"No, comare. C'è il cane."
"Figurati! Pigliamo due soldi di pane secco e li tiriamo al cane, così poi facciamo quello che vogliamo."
Comprarono il pane, prima che il cane abbaiasse, gli gettarono il pane; il cane si zittì, colsero i cavoli e se ne andarono. S'affacciò la vecchia, vide quella rovina :
"Ah! Così gli hai lasciato cogliere i cavoli! Non sei buono a far la guardia, tu; levati di qua!".
E mise per guardiano un gatto e la vecchia nascosta dentro in casa, che, come il gatto faceva miu!miu! lei aveva da prenderli per la gola, i ladri. L'indomani, disse la comare:
"Comare, andiamo a prender cavoli?"
"No, comare, c'è il guardiano e per noi son guai..."
"Figurati! Andiamo."
Come videro il gatto, pigliarono due soldi di polmone e prima che il gatto facesse miu glielo gettarono e il gatto non disse nulla. Si colsero i cavoli e se ne andarono. Quando il gatto finì di mangiare il polmone fece miu! miu! La vecchia si affacciò ma non vide nessuno.
Allora pigliò il gatto e gli spaccò la testa. Poi disse :
"Ora ci metto il gallo, per guardiano; col cantare che fa io mi affaccio e così li ammazzo 'sti ladri".
Disse l'indomani la comare intraprendente:
"Andiamo a raccogliere cavoli?"
"Nossignora che c'è il gallo".
La comare allora:
"Non fa niente, pigliamo un po' di becchime, glielo gettiamo e il gallo non canta".
E così fecero. Mentre il gallo mangiava il becchime, quelle raccolsero i cavoli e se ne andarono.
Quando il gallo finì di mangiare il becchime cantò cucurucù ! La vecchia si affacciò e vide i cavoli raccolti; pigliò il gallo, gli tirò il collo e se lo mangiò. Poi chiamò un contadino e gli disse:
"Scavami un fosso lungo quanto son lunga io".
E si mise lunga lunga dentro la buca, con l'orecchio di fuori. L'indomani mattina le comari andarono nell'orto, non videro neanche un'anima. La vecchia si era fatta scavare il fosso nel viottolo su cui dovevano passare le comari. Passarono e non se ne accorsero; raccolsero i broccoli e al ritorno, quella gravida, guardò in terra e vide un fungo che era l'orecchia della vecchia:
"Comare, guarda che bel fungo".
Si chinò e tirò, e tira e tira con un gran strattone tirò su la vecchia.
"Ah - disse la vecchia - siete voialtre che m'avete raccolto i cavoli! Aspettate che vi faccio vedere io!".
Prese quella gravida, quell'altra con belle gambe se l'era svignata, come la vecchia l'abbrancò:
"Ora ti mangio viva, viva!"
"No! Vi prometto che quando partorisco...quando mio figlio ha sedici anni ve lo mando...mantengo la promessa..."
"Allora va bene - disse la vecchia - cogliti pure i cavoli che vuoi e vattene ma pensa alla promessa che m'hai fatto!"
Poverina, più morta che viva se ne tornò a casa:
"Ah! Comare voi ve ne siete scappata e io son rimasta nei guai, ho promesso alla vecchia che non so chi mi nasce, ma a sedici anni glielo devo dare alla vecchia..."
"E io che ci posso fare?"
Dopo due mesi il Signore a quella gravida fece la grazia di una femminella :
"Ah! Figlia mia - diceva quella alla bambina - io t'allevo, ti do le mammellucce e un'altra ti deve mangiare..."
E piangeva la povera madre!
Quando la ragazzina arrivò a sedici anni uscì perché doveva comprare l'olio per la madre. La vecchia la incontrò:
"A te, ragazzina, di chi sei figlia?"
"Della signora Sabedda " (per esempio, dico il mio nome ma io mica c'ero laggiù).
"Devi dire a tua madre: e la promessa? Tu ora ti sei fatta bella grandicella (le diceva), sei gustosa (e la accarezzava). Tieni, pigliati questi fichi e portali a tua madre ".
"Devi dire a tua madre:
E loro restarono felici e contente
E noialtri qua senza niente.
"La novellatrice si chiama Gna Sabbedda. Essa nel dare la risposta della ragazza interrogata dalla vecchia non va lontano a cercare un nome; presta il suo: figlia di la gnà Sabbedda; e aggiunge che si mentova (m'ammuntua) essa stessa, ma che però essa non era là dove avvenivano questi fatti.
Dalle note al testo originale:
Gnà, contr. di gnura, signora".
E, sempre a proposito di questa sua fonte, il Pitrè scrive, nell'introduzione alla raccolta:
"Elisabetta Sanfratello, detta la Gnura Sabedda, di Vallelunga, sta a' servigi de' fratelli Gugino. La sancta simplicitas de' poveri di spirito è una dote sua particolare, per cui la sua narrazione si fa ingenua. La Sanfratello s'avvicina a' 55 anni, e dice di aver appresi i racconti da una sua nonna, che morì a cento."
Raccontata da "Sabedda" (Elisabetta Sanfratello)", nativa di Vallelunga (Pa).
Raccolta da Giuseppe Pitrè.
Tradotta dalla lingua Siciliana da Cecilia Codignola.
Il testo in Siciliano è nella Pagina: "Fiabe Popolari - Italia".
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