giovedì 19 maggio 2016

Il Principe che Volle Andare in Cerca dell'Immortalità - Ungheria (A. Lang)


’era una volta, proprio nel bel mezzo di un vasto Regno, una città, e, in quella città c'era un palazzo, e in quel palazzo c'era un Re. Il Re aveva un unico figlio, ed era fermamente convinto che non fosse mai esistito un figlio più assennato e intelligente, e, in verità, il padre non si era risparmiato perché lo diventasse.
Quando il Principe era un bambino, aveva scelto con ogni cura i suoi maestri e precettori, e, quando era diventato un giovanotto, aveva voluto che girasse il mondo in lungo e in largo perché potesse conoscere i costumi degli altri popoli e scoprire che, spesso, valevano almeno quanto i proprii.
Era trascorso un anno da quando il Principe era tornato, e suo padre sentì che era giunto il momento che il figlio imparasse a governare il Regno che un giorno sarebbe stato suo. Però pareva che, nel corso della sua lunga assenza, il carattere del Principe avesse subito una radicale trasformazione. Da ragazzo allegro e cuor contento, era diventato un uomo cupo e pensieroso. Il Re non si raccapezzava sul perché di un simile cambiamento. Si lambiccò il cervello giorno e notte finché non gli parve di aver trovato la spiegazione: il giovane era innamorato!
Ora, il Principe non aveva mai parlato dei suoi sentimenti, anche perché parlava a malapena di qualsiasi argomento; e il padre sapeva che, se davvero voleva andare in fondo alla questione, doveva darsi da fare subito.
Così, un giorno, dopo cena, prese il figlio sottobraccio e lo condusse in un'altra stanza, completamente tappezzata di quadri che ritraevano bellissime fanciulle, una più attraente dell’altra.
"Mio caro ragazzo - gli disse - sei molto triste: forse, dopo aver viaggiato per il mondo, ti annoi a star solo qui con me. Quindi, penso che sarebbe un gran bene se ti sposassi, e ho raccolto in questa stanza i ritratti delle donne più belle del mondo, e di rango non inferiore al tuo. Scegli tra di loro quella che vorresti prendere in moglie e io manderò un ambasciatore a suo padre per chiedere la sua mano."
"Ahimè, vostra Maestà - rispose il Principe - non è l’amore o il matrimonio a rendermi così triste, ma il pensiero, che non mi dà tregua né giorno né notte, che tutti gli uomini, persino i re, devono morire. Mai tornerò ad essere felice finché non avrò trovato un regno in cui la Morte sia sconosciuta. Ho deciso di non concedermi requie e riposo finché non avrò scoperto la Terra dell’Immortalità."
Il vecchio Re ascoltò le sue parole con grande costernazione: la situazione era più grave di quanto pensasse. Tentò di far ragionare il figlio, e gli disse che per tutti quegli anni aveva atteso con impazienza il suo ritorno per affidargli il Trono e le sue incombenze, che gli risultavano ormai assai gravose. Ma fu tutto inutile: il Principe non volle sentir ragioni, e, il mattino dopo, cinta la spada, partì.
Aveva lasciato alle sue spalle il Regno paterno e viaggiava ormai da molti giorni, quando, sul bordo della strada, scorse un albero imponente. Sul ramo più alto era appollaiata un'aquila che scuoteva i rami con tutte le sue forze. Era un comportamento talmente strano ed inusuale per un'aquila che il Principe si fermò a guardare, sorpreso, e l’uccello lo vide e planò verso di lui.
Nel momento in cui le sue zampe toccarono terra, si trasformò in un re.
"Perché mi guardi così sorpreso?", chiese.
"Mi chiedevo perché scrollassi i rami con tanto accanimento", rispose il Principe.
"Sono condannato a farlo perché né io né alcuno della mia famiglia morirà finché mi impegnerò a sradicare questo grosso albero - rispose il Re delle aquile - Ma ormai è sera e non devo più lavorare per oggi. Vieni a casa mia e sii mio ospite per la notte."
Il Principe accettò con gratitudine l'invito dell'Aquila perché era stanco e affamato. A Palazzo, furono accolti dalla bellissima figlia del Re, che ordinò che fosse subito servita la cena. Durante il pasto, l'Aquila domandò al suo ospite se stesse viaggiando per svago o con uno scopo ben preciso. Allora, il Principe gli narrò ogni cosa e affermò che non sarebbe mai tornato a casa finché non avesse scoperto la Terra dell’Immortalità.
L'Aquila disse:
"Caro fratello, tu l’hai già scoperta e mi rallegra il cuore pensare che resterai con noi. Non mi hai appena udito dire che la Morte non avrà potere alcuno su di me né sulla mia famiglia finché non avrò finito di sradicare il grande albero? Ebbene, mi ci vorranno seicento anni di duro lavoro per riuscirci. Sposa mia figlia e viviamo felici tutti insieme. Dopotutto, seicento anni sono un'eternità!"
"Ah, mio caro Sovrano - rispose il giovane - la vostra offerta è molto allettante, pur tuttavia, al termine dei seicento anni, noi dovremo morire, dunque è un vantaggio relativo. No, devo continuare ad andare finché non troverò il Paese in cui la Morte non esiste affatto."
Allora, toccò alla Principessa tentare di convincere l'ospite, ma egli, pur addolorato, scosse la testa. Infine, vedendolo irremovibile, la Principessa trasse da uno stipo una scatoletta contenente il proprio ritratto e gliela porse, dicendo:
"Poiché non vuoi restare, Principe, accetta questa scatolina che, di tanto in tanto, ti rammenterà di noi. Se ti stancherai di viaggiare prima che tu abbia scoperto la Terra dell'Immortalità, apri questa scatola e guarda il mio ritratto: verrai trasportato sia per terra che per mare, rapido come il pensiero o come un turbine di vento."
Il Principe ringraziò la Principessa per il dono, che ripose nella tunica, poi, con suo grande dolore, disse addio all'Aquila e a sua figlia. Mai nessun regalo al mondo si rivelò utile come quella piccola scatola, e molte volte egli si ritrovò a benedire la Principessa per il suo gentile pensiero.
Una sera, grazie alla scatoletta, aveva raggiunto la cima di un'alta montagna, e là vide un uomo calvo, tutto indaffarato a scavare palate di terra e a gettarle in un cesto.


H.J. Ford




Quando il cesto fu colmo, lo portò via e tornò indietro portandone uno vuoto, che riempì nello stesso modo. Il Principe rimase a osservarlo per un po' finché l’uomo calvo levò lo sguardo e gli domandò:
"Caro fratello, che cosa ti meraviglia tanto?"
"Mi chiedevo perché stessi riempiendo il cesto", rispose il Principe.
"Oh! - disse l'uomo - Sono condannato a farlo perché né io né alcuno della mia famiglia moriremo finché io non avrò spalato la montagna sino a spianarla. Ma adesso vieni, si è fatto buio e non lavorerò oltre."
Staccò una foglia da un albero lì vicino e, da rozzo manovale, si trasformò in un maestoso Re calvo.
"Vieni con me - soggiunse - devi essere stanco e affamato e mia figlia ci apparecchierà la cena".
Il Principe accettò volentieri, e si recarono al Palazzo, dove la figlia del Re calvo, che era anche più bella dell’altra principessa, diede loro il benvenuto e li condusse in un'ampia sala e ad una ricca mensa apparecchiata con piatti d'argento. Durante la cena, il Re calvo chiese al Principe come mai si fosse spinto così lontano, e il giovane gli raccontò ogni cosa e di come stesse cercando la Terra dell'Immortalità.
"Tu l’hai già trovata - disse il Re - poiché, come ti ho detto, né io né la mia famiglia moriremo finché non avrò livellato questa enorme montagna, e ci impiegherò ottocento anni. Resta con noi e sposa mia figlia. Ottocento anni sono tanti da vivere."
"Senza dubbio, - ribattè il Principe - tuttavia voglio andare in cerca della Terra in cui la Morte non esiste affatto."
Così, il mattino seguente, disse loro addio, benchè la Principessa lo pregasse con tutto il cuore di restare. Quando si convinse che non l'avrebbe persuaso, gli diede per ricordo un anello d’oro. Questo anello si rivelò ancòra più utile della scatolina poiché quando chi lo portava desiderava trovarsi in un certo luogo, si ritrovava là all'istante, senza prendersi neanche il disturbo di esservi trasportato in volo.
Il Principe infilò l'anello al dito e, dopo aver ringraziato con tutto il cuore la Principessa, se ne andò per la sua strada. Camminava da un po' quando si ricordò dell'anello e pensò di verificare se la Principessa gli avesse detto la verità sui suoi poteri.
"Vorrei trovarmi alla fine del mondo",  disse, chiudendo gli occhi, e, quando li riaprì, era in una strada fiancheggiata da maestosi palazzi di marmo.
Gli uomini che incrociava erano alti e forti, e indossavano magnifiche vesti. Ne fermò alcuni e chiese loro il nome della città nelle ventisette lingue che conosceva, ma non ricevette risposta alcuna. Allora, il suo cuore divenne pesante, e si domandò che cosa avrebbe fatto in quel luogo sconosciuto se nessuno comprendeva le sue parole.
Improvvisamente, il suo sguardo cadde su un uomo vestito secondo gli usi del suo Paese natìo; corse da lui e gli rivolse la parola nella sua lingua:
"Che città è questa, amico mio?", chiese.
"È la capitale del Regno Blu - rispose l’uomo - ma il Re è morto e adesso sua figlia è la Regina."
Il Principe ascoltò con piacere queste notizie, e pregò il suo conterraneo di indicargli la via per il Palazzo della giovane Regina. L’uomo lo guidò, percorrendo vie e viuzze, fino ad una vasta piazza. Un intero lato della piazza era occupato da uno splendido edificio che sembrava sorretto unicamente da sottili pilastri di marmo verde acqua. Davanti al Palazzo c'era una scalinata in cima alla quale era assisa la Regina avvolta in un velo vaporoso e fitto come la nebbia, ricamato d’argento risplendente, ed era intenta ad ascoltare le lamentele dei suoi sudditi e ad amministrare la giustizia.


"Garden of Kama", J.L.B. Shaw


All'arrivo del Principe, ella si accorse immediatamente che non era un uomo comune, e, dopo aver ordinato al suo Ciambellano di congedare i postulanti rimasti, fece cenno al Principe di seguirla all'interno del Palazzo. Per fortuna, da bambina, aveva studiato la lingua madre del suo ospite così non ebbe alcuna difficoltà  a conversare con lui.
Il Principe le raccontò la sua storia e come stesse viaggiando in cerca della Terra dell'Immortalità. Quando tacque, la Principessa, che lo aveva ascoltato con attenzione, si alzò e, prendendolo per un braccio, lo condusse in un’altra stanza, il cui pavimento era fatto interamente di aghi, conficcati così vicini tra loro che non c'era posto neanche per un solo ago in più.
"Principe - disse la Principessa rivolgendosi al suo ospite - vedi questi aghi? Ebbene, sappi che né io né alcuno della mia famiglia morirà finché non avrò consumato, cucendo, tutti questi aghi. Ci vorrà un migliaio d’anni. Rimani qui con me, regnando al mio fianco: mille anni sono tanti da vivere!"
"Senza dubbio - rispose il Principe - Tuttavia, trascorsi i mille anni io dovrei comunque morire. No, devo trovare la Terra in cui la Morte non esiste affatto."
La Regina fece del suo meglio per convincerlo a restare, ma, visto che ogni suo sforzo si rivelò inutile, infine, si arrese. Allora, gli disse:
"Dal momento che non vuoi restare con me, prendi questa piccola verga d’oro come mio ricordo. Essa ha il potere di trasformarsi in qualsiasi cosa tu voglia, ogni volta che ne avrai bisogno."
Il Principe la ringraziò e, riposta la piccola verga in tasca, se ne andò per la sua strada.
Si era appena lasciato alle spalle la città, quando arrivò ad un ampio fiume che nessun uomo avrebbe mai potuto attraversare poiché si trovava alla fine del mondo, e il fiume vi scorreva tutto intorno. Non sapendo che fare, camminò per un po' lungo la riva e lì, proprio sulla sua testa, vide fluttuare nell'aria una meravigliosa città. Desiderava raggiungerla, ma come fare? Non si scorgeva un ponte né una strada, pur tuttavia, la Città lo attirava a sé, e lui sentiva che, finalmente, aveva trovato il Paese che aveva tanto cercato. All'improvviso, si rammentò della piccola verga d'oro che gli aveva donato la Regina velata. Con il cuore che gli batteva forte, la gettò per terra, desiderando con tutto se stesso che si trasformasse in un ponte, ma temendo che la sua richiesta andasse al di là del suo potere. Invece no, al posto della verga, ecco una scalinata d'oro che portava dritto dritto nella Città in Aria. Stava per varcarne i cancelli d'oro, quando apparve una bestia mostruosa di cui non aveva mai visto l'eguale.
"La spada fuori dal fodero!", gridò il Principe, ritraendosi con un grande urlo.
E la spada schizzò fuori dal fodero e tagliò alcune teste del mostro, ma altre ricrescevano immediatamente al loro posto, così il Principe, pallido di terrore, restò dov'era, e, rinfoderando la spada, chiese aiuto.


H.J. Ford


La Regina della Città senti il gran frastuono e guardò fuori dalla finestra per vedere che cosa stesse succedendo. Convocato un servitore, gli comandò di andare a salvare lo straniero e di portarlo da lei. Il Principe, colmo di gratitudine, obbedì al suo ordine e fu ammesso al suo cospetto. Nel momento stesso in cui lo vide, la Regina si rese conto che non era un uomo comune e gli diede il benvenuto con grande gentilezza, chiedendogli che cosa lo avesse condotto nella sua Città. Il Principe le raccontò la sua storia e di come avesse viaggiato in lungo e in largo in cerca della Terra dell’Immortalità.
"L’hai trovata - gli disse lei - poiché io sono la Regina della Vita e della Morte. Qui potrai dimorare tra gli Immortali."


Olga e Sergey Kamennoy


Erano trascorsi mille anni da quando il Principe era entrato nella Città in Aria, ma erano volati via così in fretta che gli pareva fossero passati non più di sei mesi. Neanche per un attimo, in quei mille anni, il Principe fu infelice finché, una notte, sognò il padre e la madre. Allora, la nostalgia del suo Paese natìo gli gonfiò il cuore, e, la mattina seguente, disse alla Regina degli Immortali che doveva andare a rivedere il padre e la madre un'ultima volta. La Regina lo fissò sbalordita e gridò:
"Principe, sei forse uscito di senno? Sono più di ottocento anni che tuo padre e tua madre sono morti! Di loro non sarà rimasta neanche la polvere."
"Tuttavia, io devo andare", rispose lui.
"Ebbene, non affrettarti - disse la Regina, comprendendo che non avrebbe potuto trattenerlo in alcun modo - Aspetta finché non avrò provveduto ai preparativi per il tuo viaggio."
Così, aprì il grande forziere dove custodiva il suo tesoro e ne estrasse due meravigliose borracce, una d'oro e una d'argento, che gli appese al collo. Poi gli indicò una piccola botola in un angolo della sala e disse.
"Riempi la borraccia d’argento con l'acqua che è sotto quella botola. È un'acqua incantata e chiunque spruzzerai con essa morirà all'istante, anche se avesse vissuto mille anni. Invece, devi riempire la borraccia d’oro con quest'altra acqua - aggiunse, indicando un pozzo - Sgorga dalla roccia dell'Eternità: non devi spruzzarne che poche gocce su un cadavere ed esso tornerà in vita, anche se fosse morto da mille anni."
Il Principe ringraziò la Regina per i doni e, dopo averla salutata, partì per il suo viaggio. Ben presto, arrivò nella città in cui regnava la Regina velata, ma l'intera città era profondamente cambiata, tanto che trovò a malapena la strada per il Palazzo. E anche il Palazzo era silente e senza vita; e vagò per le sale senza che nessuno lo fermasse. Infine, entrò nella camera della Regina: ella giaceva, con il ricamo ancòra tra le mani, profondamente addormentata. Il Principe tirò un lembo della sua veste, ma la Regina non si svegliò. Allora, gli venne un terribile sospetto, e si precipitò nella stanza in cui erano conservati gli aghi, e scoprì che era completamente vuota. La Regina aveva rotto l’ultimo ago lavorando al ricamo che teneva in mano, e, con esso, si era spezzato anche l'incantesimo e lei giaceva morta. Veloce come il pensiero, il Principe tirò fuori la borraccia d’oro e spruzzò alcune gocce d’acqua sulla Regina, che, immediatamente, si mosse lievemente, sollevò il capo e aprì gli occhi.
"Oh, caro amico, sono così felice che tu mi abbia svegliata. Devo aver dormito a lungo."
"Avresti dormito per l’eternità, se non fossi stato qui io a svegliarti", rispose il Principe.
A queste parole, la Regina si ricordò degli aghi. Adesso sapeva di essere morta e che il Principe l'aveva riportata in vita. Lo ringraziò di tutto cuore e giurò che lo avrebbe ripagato se mai fosse capitata l'occasione.
Il Principe si congedò e s'incamminò alla volta del Paese del Re calvo. Man mano che si avvicinava, scoprì che la montagna era stata interamente spianata e che il Re giaceva a terra morto, con accanto la vanga e il secchio.
Ma, non appena l’acqua della borraccia d’oro lo toccò, il Re sbadigliò, si stiracchiò, poi si alzò lentamente in piedi.
"Oh, caro amico, sono così felice di vederti! - esclamò - Devo aver dormito a lungo!"
"Avresti dormito per l’eternità, se non fossi venuto qui io a svegliarti", rispose il Principe. E il Re si ricordò della montagna e dell'incantesimo e giurò di ripagarlo, se mai fosse capitata l'occasione.
Continuando il suo viaggio verso casa, il Principe trovò il grande albero sradicato e il Re delle aquile seduto per terra, morto, con le ali spiegate come se stesse per spiccare il volo. Non appena le ali furono toccate dalle gocce d'acqua, vennero percorse da un fremito, e l’aquila sollevò il becco dal terreno e disse:
"Oh, quanto ho dormito! Come posso ringraziarti per avermi svegliato, mio caro e buon amico?"
"Avresti dormito per l’eternità se non fossi stato qui io a svegliarti", rispose il Principe. Allora, il Re si ricordò dell'albero e seppe di essere morto e resuscitato, e giurò di ripagarlo, se mai fosse capitata l'occasione.
Infine, arrivò nella capitale del Regno paterno, ma, giunto dove un tempo sorgeva il Palazzo, invece delle gallerie di marmo per le quali era solito giocare, vide un grande lago sulfureo che dardeggiava fiamme blu nell’aria. Come avrebbe potuto trovare il padre e la madre e riportarli in vita, se giacevano sul fondo di quelle orribili acque? Ritornò tristemente sui suoi passi, vagando senza meta per le vie della città, quando una voce alle sue spalle gridò:
"Fermati, Principe, ti ho preso, finalmente! Sono mille anni che ti inseguo."
E, accanto a lui, si levò la Morte, con l'aspetto di un vecchio dalla barba bianca. Rapidamente, si sfilò l'anello da dito, e il Re delle aquile, il Re calvo e la Regina velata si precipitarono in suo aiuto. In un attimo, afferrarono la Morte e la tennero stretta, perché il Principe avesse il tempo di raggiungere la Terra dell'Immortalità. Ma essi non sapevano quanto rapidamente la Morte potesse volar via, e il Principe aveva appena messo un piede oltre il confine che si sentì artigliare alle spalle, e udì la voce della Morte che gridava: "Fermo! Adesso sei mio!"
La Regina degli Immortali, che stava guardando dalla finestra, gridò alla Morte che non aveva potere nel suo Regno e che doveva cercare altrove la sua preda.
"È vero - rispose la Morte -  ma ha ancòra un piede nel mio Regno e, quindi, appartiene a me!"
"Tuttavia, metà di lui è mia - ribattè la Regina - e che te ne fai dell'altra metà? Mezzo uomo non vale niente, né per me né per te! Ma, per questa volta, ti permetterò di attraversare il mio Regno, e, con una scommessa, decideremo a chi appartenga."
E così fu stabilito.
La Morte oltrepassò lo stretto confine che circondava la Terra dell’Immortalità e la Regina propose la scommessa che avrebbe dovuto decidere della sorte del Principe.
"Lo scaglierò in cielo - disse - dietro la stella del mattino, e, se il Principe cadrà all'interno della mia città, sarà mio. Se, invece, dovesse cadere al di là delle mura, apparterrà a te."
Nel centro della città c'era un'ampia piazza e la Regina volle che la scommessa avesse luogo in quella piazza. Quando fu tutto pronto, mise il piede sotto il piede del Principe e lo lanciò in aria. Su, su, saliva il Principe, in alto tra le stelle, e nessun occhio umano poteva scorgerlo. Lo aveva scagliato nella giusta direzione? - si chiedeva ansiosamente la Regina poiché, se fosse caduto al di là delle mura, lo avrebbe perduto per sempre. Per attimi che sembrarono eterni, la Regina e la Morte rimasero a guardare in alto nel cielo, in attesa di scoprire chi di loro avrebbe vinto la scommessa, la cui posta era il Principe. Improvvisamente, avvistarono un granellino, non più grande di una vespa, su nel blu del cielo. Stava venendo giù diritto? No! Sì! Ma, proprio mentre si avvicinava alla città, si levò una lieve brezza che lo mandò in direzione della cinta muraria. Ancòra un istante e sarebbe caduto al di là delle mura, quando la Regina si slanciò in avanti, lo afferrò tra le braccia e lo lanciò all'interno della città.


H.J. Ford


Quindi, ordinò ai servi di scagliare la Morte fuori delle mura, il che essi eseguirono assestandole tali e tanti colpi che Essa non osò mostrare mai più la sua faccia nella Terra dell’Immortalità.


"The Prince Who Would Seek Immortality" (Ungheria), da "The Crimson Fairy Book" di A. Lang.

Traduzione: Mab's Copyright

1 commento:

LetameEspianto ha detto...

Ricordo una fiaba di struttura simile in cui però la ricerca della famiglia originaria avviene in groppa a un cavallo da cui il principe non avrebbe dovuto scendere volendo restare nel dominio dell'immortalità. Incontrò la Morte sotto forma di vecchio o vecchia che chiedeva aiuto, e per aiutarla scese un attimo e la Morte poté ghermirlo.