'era una volta una vecchierella. Questa vecchierella aveva una nipote e le faceva fare ogni cosa in casa; lei usciva e andava a guadagnarsi il pane. Un giorno portò a casa sette teste d'agnello; le diede alla nipote e disse: "Tanasia,* io esco; tu cucina queste sette teste, che quando giorno le mangiamo."
La ragazza prese le teste e le mise a cuocere. C'era una gatta lì vicino: come sentì il profumo disse:
"Miio, Miio!
Mezza tu e mezza io!"
La ragazza pigliò una di quelle teste, mezza la diede alla gatta e mezza se la mangiò lei. Poi la gatta le si rivolse un'altra volta:
"Miio! Miio!
Mezza tu e mezza io!"
"Miio, Miio!
Mezza tu e mezza io!"
E non sapendo come fare, aprì la porta e scappò lasciando la casa a gambe all'aria. Cammina, cammina, capitò in un campo di questi. Guardò in terra e vide delle chiocciole; ne prese un po' e si fece una bella collana e due bei braccialetti e se li infilò. La sera, venne notte che lei era in mezzo ai campi; stanca e affamata si gettò sotto un albero e si addormentò. Chi passò? Tre fate.
Quando la videro la più grande disse:
"Mi fa pena questa povera ragazza! Le faccio il dono di diventare più bella di quanto non è."
"E io - disse la mezzana - che queste cose che ha al collo e ai polsi possano diventare diamanti perle e pietre preziose."
"E io - disse la più piccola - che si possa prendere un re!"
E sparirono.
Tanasia si svegliò e si vide i braccialetti e la collana, tutte di cose preziose e disse: "E chi mi ha fatto 'sto bene? che il Signore glielo renda!"
Lasciamo lei e prendiamo la nonna. La nonna come tornò e vide tutta la casa sbaraccata, le ossa delle teste e la nipote fuggita, si struggeva:
"Gesù! Tutte se l'è mangiate!"
Stupita e impallidita uscì di casa; pensava e ripensava e poi diceva:
"Tutte se l'è mangiate!" E non si poteva dar pace .
Un giorno il Reuccio andò a caccia e dove va a capitare? Nello stesso campo dov'era Tanasia, bella, bella quanto il sole e la luna. Come incontrò la bella giovane, disse: "Oh! Che caccia grande! E tu che fai qua?"
La ragazza gli raccontò ogni cosa, e il Reuccio, presto presto, glielo spiegò e se la portò a palazzo. Nel tempo di una settimana, fatti gli incartamenti il Reuccio si sposò con Tanasia; e stavano tutti e due contenti godendosi pure i capelli in testa! Ora successe che la vecchia camminando camminando entrò nella città dov'era Tanasia. Entrò e passò dal palazzo reale dov'erano affacciati il Reuccio e Tanasia. Tanasia, come la vide, la riconobbe e disse:
"Questa è mia nonna."
"Presto, camerieri, scendete da quella vecchia e ditegli di venire a Palazzo, che c'è alloggio e da mangiare per lei."
Il cameriere andò: "Buona donna, la regina dice che c'è alloggio e da mangiare per voi, salite!"
La vecchia, come se non l'avesse sentito, andava sempre dicendo:
"Tutte se l'è mangiate!" e si struggeva.
Il cameriere tornò dalla regina:
"Maestà, la vecchia non sente: gli ho fatto l'ambasciata e l'ho sentita dire 'Tutte se l'è mangiate!' e ha dato un sospiro da far paura ."
La regina ne chiamò un altro e gli fece fare la stessa cosa; come il cameriere andò dalla vecchia lei inghiottiva e poi diceva: "Tutte se l'è mangiate!"
Quando la reginetta sentì questo, disse tra sé: 'Gesù, ancora alle teste pensa! E se questa sale e mi svergogna... dove vado a nascondermi ??! Vecchia affamata! che pure dopo un anno ancora piangi due schifezze di testine!"
Si rivolse allora al cameriere e gli disse:
"Presto per mio ordine e comando, prendete quella vecchia megera e gettatela dalla finestra all'ingiù."
I camerieri presero la vecchia e la legarono e tirituffiti! la precipitarono dal finestrone. Tanasia se la divertì con il Reuccio.
"E restarono felici e contenti
E noialtri qua senza niente."
*Il nome del santo patrono di Ficarazzi è S.Atanasio.
"Li Sette Tistuzzi"
Raccontata da Giuseppe Foria, Ficarazzi.
Raccolta da Giuseppe Pitré, n.94.
Tradotta dalla lingua Siciliana da Cecilia Codignola.
Il testo in lingua originale è nella Pagina: Fiabe Popolari-Italia.
Nella versione rimaneggiata, fa parte della raccolta di Calvino (n.170). Ed è uno splendido esempio della fiaba-Frankenstein di Calvino. Ha preferito - come racconto-base - questa variante siciliana ad una calabrese per "il dialogo con il gatto". Ha seguito, però, la variante calabrese per "l'incontro col re nel bosco ed il finale con la decapitazione e il salice." E ha scelto una variante siciliana per "l'insistenza della vecchia durante il festino."
E ci siamo salvati dal solito tocco personale: una canzoncina, una filastrocca, magari... o, addirittura, lo scambio di ruoli di alcuni comprimari...
Alla fine della fiera, il mostro, un ibrido in realtà, viene classificato tra le fiabe siciliane.
"E' tra la fiaba e la storiella di carattere: la meschinità taccagna e lamentosa, che ha più gusto a lagnarsi che a rallegrarsi, per cui la piccola perdita subita non è mai cancellata dai guadagni posteriori." (I. Calvino)
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