sabato 22 novembre 2014

La Figlia del Sole e i Dodici Principi Stregati, Svezia

'era una volta una Regina che un bel giorno d'inverno se ne andava a passeggio; piegando la testa, le uscì sangue dal naso e le gocce di sangue colorarono la neve come dei rubini. "Ah! - disse la Regina - come sono belli questi due colori! Potessi avere una figlia con la carnagione bianca e le gote rosse come questa neve macchiata!" Il Sole l'ascoltò e il suo desiderio venne esaudito ed ecco che la Regina mise al mondo una figlia così bella come non se n'era mai vista l'eguale. Nel crescere, l'ammirazione che suscitava la fece così altera e superba da renderla cattiva tanto quanto era bella.
All'età di prendere marito, andò sposa a un Re, ma la nuova condizione di vita non mutò il suo indomabile orgoglio, anzi lo rafforzò.
Avvenne che un messaggero straniero, giunto un giorno nel Regno, le disse: "Quant'è bella, mia Regina! E' bella come il Sole."
Fino a quel momento, la Regina aveva sempre sentito dire che nulla al mondo era paragonabile alla sua bellezza. Si sentì perciò profondamente offesa da questo nuovo giudizio, al punto da non trovare pace.
Rimasta sola si avvicinò alla finestra e con fare altezzoso chiese al Sole:
"Chi è più bella, tu o io?"
"Siamo ugualmente belli - disse il Sole - ma tu avrai una figlia che sarà ancòra più bella di te e di me."
La Regina andò su tutte le furie per la risposta e la profezia. Era già difficile accettare chi fosse bello come lei, ma che qualcuno dovesse batterla in bellezza, poi! Se la prese tanto con il Sole che da quel giorno non potè più sopportarne la vista. Teneva sempre le persiane chiuse e non si alzava dal letto prima del tramonto. Passato qualche tempo, secondo la predizione del Sole, alla Regina nacque una figlia di bellezza ineguagliabile.


Melissa Forman


La Regina convinse il Re a farla crescere in campagna per renderla sana e forte e affinché non fosse fuorviata dagli elogi della Corte, ma in realtà perché non la sopportava. Il luogo dove venne inviata era remoto e isolato e la bambina veniva tenuta chiusa in casa per la maggior parte del tempo perché la fama della sua bellezza non giungesse alla Capitale a offuscare la reputazione della Regina.
Un giorno, la Regina, più ingioiellata e splendente del solito, schiuse una persiana e chiese al Sole:
"E adesso, chi è più bello di noi due?"
"Siamo ugualmente belli, ma tua figlia è più bella di tutti e due", rispose il Sole.
La Regina sbattè con rabbia la persiana, e il suo odio per la figlia aumentò. Decise di non acconsentire mai che la Principessa tornasse a Corte. Il buon Re, desideroso di vedere la figlia, voleva spesso mandarla a cercare, ma, ogni volta, la Regina trovava pretesti per lasciarla in campagna. Una scusa era che il tutore doveva completarne l'educazione nella pace dei campi, ma ogni volta che la figlia aveva imparato da un maestro tutto ciò che quello poteva insegnarle, la Regina prontamente lo sostituiva con un altro.
Un giorno, il Re, in previsione del quindicesimo compleanno della figlia, diede l'ordine perentorio che fosse accompagnata a Corte. Poco prima del giorno stabilito per il viaggio, la Regina scrisse una lettera alla dama di compagnia che si occupava della figlia dandole certe precise istruzioni. Alla vigilia della partenza, la Principessa era in giardino con la sua accompagnatrice. Passando davanti a un pozzo, la donna le disse:
"Se vuole divertirsi, signorina, provi a chinarsi sul pozzo e vedrà la sua immagine riflessa nell'acqua!"
La Principessa si abbassò il più possibile sul bordo del pozzo per specchiarsi nell'acqua profonda e la dama di compagnia ne approfittò per darle una spinta e farla precipitare in fondo al pozzo. Poi fuggì. Senonché il Sole, che era al culmine della sua ascesa in cielo, rapidamente prosciugò l'acqua del pozzo e la Principessa giunse in fondo sana e salva pure se indolenzita perché in fondo al pozzo non c'erano che pietre. Ripresasi dal primo spavento, e dopo aver chiamato e pianto per un bel po', la Principessa si accorse che la luce del giorno filtrava attraverso il mucchio di pietre su cui stava seduta. Allargò con le mani quella fessura, si aprì un varco tra i sassi, ed ecco che dall'altra parte si trovò in un grande bosco tenebroso.
La Principessa si aggirò tutto il giorno per il bosco senza incontrare anima viva. Al tramonto, scorse un sentiero e, dopo averlo percorso, sbucò proprio davanti a un antico castello circondato dal folto di un giardino abbandonato. Entrò nel castello e cominciò a girare da una stanza all'altra, sempre più stupita di trovarlo completamente disabitato.
Dappertutto regnava un gran disordine. Vestiti sparsi, oggetti buttati qua e là mostravano che qualcuno vi era stato di recente; ma, malgrado la Principessa chiamasse, l'eco le rimandava la sua voce. La Principessa, che era linda e precisa, si mise a riassettare e pulire, passando di stanza in stanza. Alla fine, entrò nell'ultima grande camera dove dodici letti erano disfatti e tutto era buttato all'aria. Fece i letti e scopò per terra.
"Qualcuno deve pur abitare qui - pensò - ed è meglio che diventiamo amici."
Calata la sera, si sentì un gran baccano nel cortile.
Corse alla finestra, ma alla vista di ciò che scorse, la Principessa si rannicchiò per terra terrorizzata. Dodici esseri mostruosi si stavano avvicinando al portone; alcuni stavano già salendo le scale, ed erano creature per metà uomini e per metà animali. Non era più possibile scappare, e la Principessa trovò appena la forza di nascondersi dietro a un letto. La comitiva si avvicinava alla stanza da letto, e lei pensò che era arrivato il suo ultimo istante. Ma quando la porta si aprì e la banda entrò nella stanza, sentì una voce gentile che diceva:
"Oh, se potessimo ringraziare quella buona creatura che ha trasformato la nostra tana in una bella dimora!"
"Guardate! - rispose un'altra voce - persino i nostri letti sono fatti"
Si misero a frugare per tutta la casa, finché trovarono la Principessa che li supplicò di risparmiarle la vita.



Bauer J.


Rimirarono a bocca aperta quella bellissima fanciulla, convinti che fosse un angelo, fin quando lei raccontò ciò che le era successo. Per consolarla delle sue disgrazie, le raccontarono a loro volta di essere dodici Principi fratelli e che la matrigna, alla morte del padre, per mettere sul trono il proprio figlio, li aveva condotti in quello sperduto castello di caccia e trasformati in quei mostri che le stavano dinnanzi. L'incantesimo poteva essere infranto solo nel momento in cui avessero trovato un uccello parlante, le cui penne risplendessero come oro. Era l'unica condizione per annientare il potere della matrigna e riprendere il loro aspetto umano.
Dissero alla Principessa che intorno c'era solo un bosco fitto e inesplorato e le chiesero con tanto calore di rimanere con loro, che la Principessa decise di trattenersi nell'antico castello.
Quanto prima si abituò alla presenza dei dodici Principi stregati e visse felice in loro compagnia. Si allontanavano ogni mattina presto e ritornavano solo verso sera, portandole sempre qualcosa in regalo. La consideravano la loro sorellina e la trattavano con deferenza e rispetto.
Ma durante quelle lunghe giornate, quando i Principi erano assenti, la Principessa ripercorreva spesso il sentiero che la portava al pozzo, che era sempre rimasto prosciugato. Restava seduta a cantare le sue canzoni predilette e pensava al castello del padre, di cui aveva tanto sentita parlare, e dove non era mai giunta.
Intanto, la dama di compagnia, dopo aver spinto la Principessa nel pozzo, era andata dritta a Corte a raccontare alla Regina l'accaduto. La Regina malvagia era uscita felice sul balcone a rivolgere al Sole la solita domanda:
"Ascolta bene, Sole, sei più bello tu o io?"
"Siamo ugualmente belli, ma nostra figlia è più bella di te e di me", rispose il Sole.
Piena di rabbia nell'apprendere che la Principessa viveva ancora, e che lei stessa era stata tradita da una serva, la Regina si infuriò con la dama incaricata dell'assassinio. Costei si affrettò a tornare in campagna, e corse al pozzo, che con grande stupore trovò prosciugato. Mentre era piegata in avanti sul bordo del pozzo a ispezionarne il fondo, sentì la Principessa che cantava. La chiamò per nome, e la Principessa s'infilò tra le pietre e passò dall'altra parte. La dama di compagnia simulò una gran gioia nel vederla viva. Raccontò di non aver avuto la minima intenzione di spingerla nel pozzo, ma che, scivolando, le era caduta addosso facendola precipitare.
Dal gran dolore si era ammalata e adesso era straordinariamente felice di trovare la Principessa in vita. Concordarono che la Principessa si sarebbe accomiatata dai dodici Principi stregati e il giorno successivo la governante avrebbe portato tutto l'occorrente per tirarla su.
"Per addolcire l'attesa, ho con me una piccola leccornia - aggiunse la dama di compagnia - un po' di quello zucchero caramellato che le piaceva tanto."
E con queste parole buttò giù un bastoncino di zucchero che la Regina le aveva dato perchè rimediasse alla sua sbadataggine.
La Principessa la ringraziò e tornò al castello di caccia. Mentre stava seduta tristemente a meditare sul miglior modo di annunciare ai Principi la prossima separazione, mordicchiò un pezzetto di zucchero. Nel deglutirlo le si fermò in gola, e lei cadde come morta.


Kinuko Y Craft


Al rientro a casa la sera, i Principi correvano come prima cosa a salutare la sorellina. Ma quale fu la loro disperazione nel trovarla distesa a terra senza vita! La vegliarono tutta la notte con pianti e lamenti.
Venne infine il momento di sotterrarla. La adagiarono in una cassa d'argento, che chiusero con una chiavetta d'oro, ma sul punto di calarla sotto terra si consultarono e decisero che una tale bellezza non poteva sprofondare nel buio degli abissi. Trasportarono dunque la cassa argentata per giorni nel bosco e i rari raggi del sole che filtravano attraverso i rami intricati vi si riflettevano come saette finché un riflesso abbagliante illuminò il piccolo corteo: erano giunti al mare. Lì costruirono una zattera, vi poggiarono sopra la cassa e, piangendo, la affidatono alle onde, finché la videro sparire all'orizzonte. Poi ritornarono al vecchio maniero e non facevano che parlare dell'amata sorellina che, come un angelo, li aveva cosolati per breve tempo dalle loro sventure.
La cassa d'argento navigò e navigò finché giunse in un Regno lontano. Il destino volle che il giovane Re di quel luogo si trovasse sulla spiaggia in quel momento per fare un bagno. Non riusciva a capire cosa fosse quel luccichio al largo, che si andava man mano avvicinando. Non resistendo alla curiosità, salì su una barchetta per avvicinarsi. Quando vide che si trattava di una cassa d'argento, pensò si trattasse di un tesoro e, sfilata la chiave, trainò la zattera con una cima a riva, dando ordine che la cassa venisse portata nella sua stanza.
Il Re non intendeva aprire quello che credeva un forziere alla presenza dei cortigiani, ma li fece uscire tutti per girare la misteriosa chiavetta nella serratura. Nel sollevare il coperchio e nel vedere la bellissima fanciulla distesa, fu talmente stupito da prendere quella figura per un ritratto ma, tirate su le braccia e le mani della fanciulla, si rese conto che si trattava di una creatura in carne ed ossa. Non smetteva di rimirarla e temeva che, rivelando la sua presenza, sarebbe stato costretto a separarsi da tanta bellezza. Perciò decise di tacere e, infilata la chiave in tasca, uscì dalla stanza.
Il Re non intendeva svelare il contenuto della cassa e, vedendolo serio e afflitto, nessuno osava porgli delle domande. Ma era evidente che la comparsa di quella cassa d'argento lo turbava. Il Re era assente e silenzioso e, appena poteva, correva a chiudersi nella sua stanza. La cosa divenne una vera ossessione che rischiava di fargli perdere il sonno e il senno.


Kinuko Y Craft


La Regina madre, che era vedova, decise alla fine di scoprire la verità e, approfittando di un improvviso sonno profondo che aveva colto il figlio dopo il pranzo, gli rubò la chiave della stanza e corse su per chiarire il mistero. Aperto il coperchio della cassa, volle anche lei capire se si trattava di un essere umano o di un quadro e sollevò la fanciulla a mezzo busto. Ma in quell'istante sentì qualcuno che saliva le scale. Temendo che si trattasse del figlio, lasciò cadere di botto la Principessa, abbassò il coperchio, chiuse la porta a chiave e corse giù. Ma trovò il Re ancora addormentato.
Il colpo subìto dalla Principessa aveva sbloccato il pezzetto di zucchero rimastole in gola e, annullato l'incantesimo, la fanciulla si svegliò e scese dalla cassa d'argento, dato che la Regina, nella fretta, non ne aveva richiuso il coperchio. Scesa a terra, trovò però la porta della stanza chiusa, e si nascose dietro le tendine del letto.
Al risveglio, il Re corse nella sua stanza, e fu colto dal panico nel trovare la cassa vuota. Stava per precipitarsi fuori per scoprire l'autore di quella sparizione, quando la Principessa gli comparve davanti viva e vegeta.
Non è facile descrivere la gioia del Re. Mandò subito a chiamare la madre, e la Principessa raccontò a tutti e due il suo tragico destino. Ma questo drammatico destino si trasformò subito nella più radiosa felicità perchè il Re, innamoratosi al primo sguardo della Principessa, volle sposarla e quanto prima ebbero luogo le nozze.
I  due vivevano d'amore e d'accordo e, quando la giovane Regina rimase incinta, il Re, preoccupato della fragilità di quella creatura che il mare gli aveva regalato, emanò un proclama che invitava il più dotto dei medici a presentarsi per assisterla  durante la gravidanza, esibendo a garanzia i suoi titoli di studio e i meriti acquisiti.
Nel frattempo la Regina, madre della Principessa, aveva rivolto più volte la rituale domanda al Sole e non sentendo più nominare la figlia pensava di essersene definitivamente liberata. Quando un bel giorno ebbe dal Sole la seguente risposta:
"Io sono bello come te, ma nostra figlia è più bella di te e di me".
Non c'era dubbio che la Principessa vivesse, ma dove si trovava? La Regina voleva saperlo a tutti i costi per ucciderla. Dopo aver chiesto a destra e a sinistra, sentì dire da un viandante che al mondo c'era un'altra Regina che la uguagliava in bellezza e dopo ulteriori ricerche scoprì dove viveva e l'editto bandito dal giovane Re suo sposo.


Jeff Simpson


Senza porre alcun indugio scrisse a suo nome un elenco di benemerenze, sottoscritte da tutti i notabili del Regno e, tintasi il viso di giallo, si mise in viaggio per il Paese ai confini del mondo dove abitava la figlia.
Dopo aver attraversato foreste e mari, giunse alla Capitale di quel Regno lontano e, travestita da vecchia saggia, venne introdotta alla presenza del Re, che, dopo aver letto l'elenco degli attestati, la assunse a Corte per assistere la sua sposa. Giunto il momento del parto, la vecchia chiese di rimanere sola con la Regina e, appena questa ebbe messo al mondo un Principino, le ficcò in testa uno spillone d'oro dicendo:
"Poiché ti piace tanto volare in giro per il mondo, asseconda la tua vocazione!"
E, all'istante, la giovane Regina fu trasformata in un uccello. Ma tanto quant'era stata bella da donna, divenne un uccello meraviglioso dalle ali dorate. La madre aprì la finestra e la cacciò fuori. Poi si lavò il colore giallo dal viso, indossò gli abiti della giovane Regina e si coricò. Cominciò allora a chiamare a turno le dame di compagnia per sapere dove fosse finita la vecchia che doveva accudirla e, per rifarsi delle giornate in cui si era dimostrata mite e remissiva, cominciò a bisticciare con tutte quante. Anche il Re venne convocato e si adirò persino con lui, ma era tale la gioia per la nascita del figlioletto che questi non se la prese più di tanto per il cattivo umore della puerpera e per la misteriosa sparizione della vecchia. Portò il neonato alla Regina, perché questa si ammansisse, ma lei ordinò che venisse sistemato in una stanza lontana dalla sua, per non sentirlo strillare.
Il Re era stupito e addolorato. Fece di tutto per accondiscendere ai desideri e ai capricci della consorte, ma i suoi tentativi erano vani. Sperava a ogni istante che la moglie rinsavisse, ritornando ad essere la dolce creatura di un tempo, ma invano! Del Principino non voleva neanche sentir parlare, né tantomeno vederlo.
Ogni volta che il Re andava a trovarla, riversava su di lui solo rabbia e lamentele sule dame del suo appannaggio, e il Re finì col diradare le visite. Ciò non toglie che continuasse a preoccuparsi per lo stato di salute della Regina e a consultare medici per sapere se i travagli del parto potessero trasformare a tal punto il carattere di una donna.




L'uccellino, appena libratosi nell'aria, sostò sul ramo di un albero, colto da una profonda tristezza. Il caso volle che sotto l'albero ci fosse una fontana in cui la Principessa stregata potè rimirarsi. Appena vide che le sue ali rilucevano d'oro, si ricordò di quanto i fratellini le avevano raccontato sul modo di rompere l'incantesimo che li teneva prigionieri. Partì a volo in direzione della sua antica dimora, attraversando l'ampio mondo, le foreste e le acque del mare, finché arrivò stremata a poggiarsi sul davanzale di una finestra del Castello, appena in tempo per udire una voce che diceva:
"Come tutto è vuoto e cupo da quando la nostra sorellina ci ha lasciato! E quale infelicità nel sapere che il nostro destino è segnato e che mai più ritorneremo a vivere tra gli esseri umani!"
Dopo aver ascoltato altri gemiti e pianti, sporse la testolina dal davanzale e disse:
"Buongiorno a voi tutti!"
"Chi è che parla?", chiese il fratello maggiore.
"Sono io", rispose l'uccello, e volò dentro la stanza.
La vista dell'uccello dorato sorprese e rallegrò i poveri Principi deformi. Ci fu un coro di domande e risposte e ognuno di loro, come per incantesimo, riacquistò il suo aspetto originale. Caddero tutti in ginocchio riconoscenti per questa inaspettata liberazione.
Quale fu mai il loro stupore nell'apprendere che tra le ali d'oro di quell'uccello si nascondeva la loro sorellina! Lei raccontò loro tutto quanto le era successo dal giorno in cui l'avevano creduta morta e l'avevano adagiata nella cassa d'argento. Piansero tutti partecipando al dolore di lei per aver perso l'adorato sposo e il bambino che non aveva mai potuto abbracciare. Tentarono di consolarla e promisero d'impulso di andare dal Re a denunciare l'inganno, ma il viaggio era molto lungo, il luogo molto lontano e loro non conoscevano la strada.


Catrin Welz-Stein


La Regina-uccello aveva nostalgia del Castello dove vivevano il marito e il figlioletto. Intraprese il lungo volo di ritorno, arrivando a destinazione una mattina presto quando tutti dormivano, tranne il vecchio giardiniere che zappava la terra.
"Buongiorno, mastro giardiniere!", disse l'uccellino.
Il giardiniere si guardò intorno, ma non vedendo nessuno continuò il suo lavoro.
Udì di nuovo lo stesso saluto.
"Buongiorno, chiunque tu sia!", rispose il giardiniere.
L'uccello gli saltellò vicino e gli disse
"Come sta il mio Re?"
"Sta bene, grazie!", rispose il giardiniere.
"E il Principino?"
"Anche lui sta bene, grazie!"
"Che Dio ti benedica!", disse l'uccello dorato.
"Ma perché non chiedi della Regina?", disse il mastro giardiniere.
"Che Dio la ripaghi!", rispose l'uccello e volò via.
Il giardiniere rimase così sbigottito dalla visita dell'uccello dorato che raccontò la sua avventura, che, di bocca in bocca, giunse all'orecchio del Re, che si recò a fargli visita. E siccome il Re non riusciva a capitarsi dell'accaduto, chiese al giardiniere di lavorare sotto la sua finestra, e si nascose all'ora stabilita dietro alla tenda.
La mattina seguente, l'uccello arrivò alla stessa ora e, dopo aver salutato il giardiniere, chiese del Re e del Principino. E quando il giardiniere menzionò la Regina, l'uccello rispose come il giorno prima:
"Che Dio la ripaghi!"
E volò via.
Il Re fu anche lui assai sorpreso e ordinò che si piazzassero delle reti per acchiappare l'uccello. Ma questi, più furbo, le scansò.
Passò molto tempo e l'uccello si presentava al Castello ogni mattina alla stessa ora a dialogare allo stesso modo con il maestro giardiniere, senza rispondere ad altre domande.
Nell'animo del Re cresceva il desiderio di impadronirsi di quello strano uccello parlante e una bella mattina, presi gli abiti del giardiniere, si mise egli stesso a zappare. L'uccello gli saltellava sempre più vicino e alla fine il Re disse:
"Cos'è questo bisbiglio? Ah, eccoti qua di nuovo! Ma sto diventando proprio sordo e, se hai qualcosa da dirmi, poggiati su questo ramo e infilami il becco nell'orecchio".
L'uccello gli obbedì, e il Re ne approfittò per afferrarlo quando gli stava accanto all'orecchio. Lo portò nella sua stanza, lo mise in una gabbia e cominciò a parlargli. Ma l'uccello aveva perso la facoltà della parola.
Il Re fu felice di tenersi accanto quell'uccellino che, anche se muto, lo guardava con occhi così teneri, e gli parlava per ore, trovando grande conforto alla sua tristezza. Aveva severamente proibito di rivelare alla Regina la presenza dell'uccello dalle ali d'oro, ma le chiacchiere corrono e la Regina lo venne a sapere. Gli rimproverò allora di trascurarla per un animale irragionevole.
Un giorno, la Regina disse al medico di Corte che se non le avesse dato ascolto, ubbidendo ai suoi ordini, lo avrebbe discreditato presso il Re facendogli perdere l'incarico. E gli ordinò di dire al Re che l'unico modo di farla guarire era quello di darle in pasto l'uccello dalle ali dorate. Il medico, conoscendo la sua cattiveria, e considerando che un uccello di più o di meno non avrebbe danneggiato il Reame, si premurò di darle retta.
Il Re, pur addolorato, accondiscese alla disposizione del medico, nella speranza di riavere la sua sposa di una volta. Tirò fuori dalla gabbia l'uccello e lo stava consegnando nelle mani del cuoco, quando questi si liberò, ma invece di volar via, si poggiò sulla spalla del Re cominciando ad accarezzarlo in volto con le ali e mettendogli il suo beccuccio in bocca. Il Re ne fu così commosso che cominciò a piangere e ad accarezzare l'uccellino. Nel fare questo, sentì un nodulo sul collo dell'animale, e vide la capocchia di uno spillo.
"Povero piccolino - disse - come questo spillo deve farti male! Che ti sia concesso un attimo di sollievo, almeno prima di morire!"
Aveva appena estratto lo spillo, che si ritrovò tra le braccia la sua diletta sposa, la quale gli raccontò dell'impostura della madre. La gioia del Re nell'averla ritrovata era grande come lo sdegno per la frode della vecchia Regina cattiva.
Il cuoco ebbe l'ordine di arrostire un altro uccello e di portarlo alla Regina nella sua camera. Quando le venne portato l'uccello, lo divorò tutto, senza lasciare sul piatto neanche un ossicino.
Controllò persino che lo spillo d'oro gli fosse stato conficcato nel collo, ma il Re non aveva trascurato nemmeno questo dettaglio.
Per la prima volta la Regina si mostrò pienamente soddisfatta, e disse che non aveva mai in vita sua mangiato niente di migliore. Adesso che era di buon umore voleva che tutti fossero felici, e chiese al Re perché fosse così scuro in volto.
"Mah - rispose il Re - mi hanno dato un compito da assolvere che mi pesa molto."
"Che cosa sarà mai? - chiese la Regina - Tutto si può risolvere. Dimmi di cosa si tratta!"
"Beh - disse il Re - si tratta di condannare una madre che ha voluto mangiare la propria figlia."
"Che orrore! - disse la Regina - Chi commette una tale infamia deve essere affogato senza indugio."
"Più che giusto!", disse il Re, e, dopo esser passato nell'altra stanza, ritornò con la giovane Regina per mano.
Alla vista della figlia, la vecchia Regina fu colta da un tale terrore che le scoppiò il cuore e cadde morta stecchita sul letto.
I due giovani non riuscivano a saziarsi della gioia di essersi ritrovati e della rinata felicità, e vissero uniti fino alla fine dei loro giorni.



Fiabe Popolari Svedesi, Scelta, Traduzione e Note di Annuska Palme Sanavio.

"Variante di Biancaneve... A differenza di molte altre derivazioni svedesi della favola [sic!] dei Grimm Sneewittchen, diffusa nell'Ottocento in forma di canzone popolare, questa versione è autoctona.
Provenienza svedese: Regione dello Uppland"[N.d.A]

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