lunedì 17 novembre 2014

Rosa Bella e Laida Leda, (Svezia)

'erano una volta un Re e una Regina, che avevano un'unica figlia. Si chiamava Rosa Bella perché era bella e piena di spirito e tutti quelli che la conoscevano le volevano bene. Ma dopo alcuni anni la Regina morì e il Re prese un'altra moglie. La nuova Regina aveva anche lei una figlia, ma era così brutta e sgarbata che tutti la chiamavano Laida Leda. Le due sorellastre crescevano insieme nel castello del Re e chiunque le vedeva si accorgeva di com'erano diverse.
La Regina e Laida Leda erano invidiose di Rosa Bella e la trattavano con perfidia. Ma lei era sempre mite e remissiva e sbrigava di buona voglia i compiti che le venivano assegnati, per quanto pesanti fossero. Questo esasperava la Regina che, più Rosa Bella era acquiescente in tutto, più s'incattiviva.
Accadde un giorno che la Regina e le due Principesse andassero a passeggio nel giardino. Così udirono il giardiniere che parlava con il garzone e gli ordinava di andare nel bosco a prendere la scure, che era rimasta dietro un albero. La Regina ordinò a Rosa Bella di andarci lei. Il giardiniere tentò di opporsi perché non gli sembrava un compito adatto a una principessa, ma la Regina fu irremovibile.
Quando Rosa Bella arrivò nel bosco, scorse subito la scure. Ma, appollaiate sul manico, c'erano tre colombe che si stavano riposando, e preso il pane che le era avanzato dalla colazione lo sbriciolò in mano e lo porse agli animali.
"Mie povere colombelle - disse con garbo - siate così cortesi da spostarvi perché devo riportare la scure alla matrigna."
Le colombe mangiarono dalla sua mano e, di buon grado, saltarono più in là, perché lei potesse riprendere la scure. Si era appena incamminata, che le colombe cominciarono a discutere per decidere come potevano ricompensare Rosa Bella per la sua gentilezza.
"Io le concedo di diventare due volte più bella", disse la prima.
"Io farò sì che i suoi capelli si trasformino in fili d'oro", disse la seconda.
"Da parte mia farò in modo che, ogni volta che sorride, un anello di oro rosso le esca dalla bocca", disse la terza.
E si allontanarono in volo.
Da allora, tutto fu come avevano detto. Quando Rosa Bella tornò dalla matrigna, tutti si stupirono per la sua straordinaria bellezza, i capelli dorati, e gli anelli d'oro rosso che si formavano dal suo sorriso. La Regina, appreso com'erano andate le cose, nutrì un odio ancor più profondo per la figliastra.
La perfida matrigna ora meditava notte e giorno come sua figlia potesse diventare attraente come Rosa Bella. Ordì un piano e, chiamato in segreto il giardiniere, lo istruì sul da farsi. Il giorno seguente ritornò a passeggiare in giardino con le principesse, com'era sua abitudine.
Quando passarono davanti al giardiniere, questi disse che aveva dimenticato la scure dietro un albero, e ordinò al garzone di andare nel bosco a prenderla. Intervenne la Regina e chiese a Laida Leda di andarci lei. Il giardiniere tentò di opporsi, ma la Regina fu irremovibile.
Quando Laida Leda si trovò in mezzo al bosco vide la scure, ma sul manico erano sedute tre colombe bianche e si arrabbiò. Cattiva com'era, prese gli uccelli a sassate maledicendoli:
"Sparite, spiriti maligni! State insozzando il manico della scure che io dovrò toccare con le mie bianche mani!"
A queste parole, gli uccelli si alzarono in volo e Laida Leda prese la scure. Si era appena allontanata, che le colombe cominciarono a confabulare sulla punizione da dare a quella perfida ragazza.
"Io la condanno a essere due volte più brutta", disse la prima.
"Io farò in modo che i suoi capelli diventino come un cespuglio spinoso", disse la seconda.
"Da parte mia farò sì che, ogni volta che sorride, le salti fuori dalla bocca un rospo", disse la terza.
E volarono via.




Tutto fu come avevano detto. Quando Laida Leda tornò dalla madre, tutti si stupirono per il suo aspetto orribile, i capelli che assomigliavano a un rovo, il rospo che le saltava di bocca ogni volta che rideva. La Regina si rattristò per questa terribile disgrazia, e da quel giorno né lei né sua figlia sorrisero più.
Ormai la perfida donna detestava Rosa Bella al punto da tramare contro la sua vita. Chiamò di nascosto un mercante diretto in terra straniera e gli promise un compenso in oro se avesse preso a bordo della sua nave la figlia del Re e l'avesse fatta annegare appena al largo. Il mercante si lasciò corrompere e rapì Rosa Bella. Quella stessa notte si scatenò una violenta tempesta e la nave venne travolta dalle onde come un guscio di noce, con tutta la mercanzia e l'equipaggio. L'unica a salvarsi fu Rosa Bella, che venne trasportata dalle acque su un'isola in mezzo al mare. In quel luogo lontano dalle rotte, senza esseri umani, ma con una vegetazione ricca e lussureggiante, Rosa Bella visse per qualche tempo, nutrendosi perlopiù di bacche e radici.


Bauer J.



Un giorno, camminando in riva al mare, trovò la testa e le ossa di un cervo che era stato divorato da belve feroci. Ciò che restava della carne era ancora fresco e Rosa Bella prese lo scheletro dell'animale e lo infilzò su un bastone affinchè gli uccellini lo vedessero e venissero a becchettare. Poi si distese in terra a fare un sonnellino.
La svegliò una musica fantastica, così gradevole che in un primo tempo era convinta di sognare, e, guardatasi attorno, vide che lo scheletro dell'animale che aveva infilato sul bastone perché gli uccellini del cielo si nutrissero si era trasformato in un tiglio frondoso; la testa del cervo era diventata invece un piccolo usignolo che si sgolava seduto sul sommo dell'albero. L'usignolo cantava con tanta maestria che chi lo udiva credeva di essere in cielo; e ogni foglia dell'albero trillava al canto dell'usignolo in diversi toni sicché il risultato era di una meravigliosa armonia. Da quel giorno alla Principessa non sembrò più tanto duro vivere sola su quell'isola, perché appena era colta dalla tristezza, si sedeva sotto il tiglio e le spariva la malinconia. Malgrado ciò, non riusciva a dimenticare la sua patria, e ogni volta che guardava l'orizzonte il cuore le si riempiva di nostalgia.


George Lawrence Bulleid



Un giorno, mentre era seduta come al solito sulla spiaggia, vide un bel veliero che si avvicinava. A bordo c'era una schiera di paggi capeggiati dal bel figlio di un Re. Mentre la nave adesso costeggiava l'isola sottovento, gli uomini udirono un canto soave, e convinti che l'isola fosse una terra incantata volevano riprendere il largo. Ma il Principe, che era coraggioso e non temeva nulla e nessuno, decise che non si sarebbero allontanati prima di aver scoperto l'origine di quella melodia e ordinò ai marinai di buttare l'ancora.
Quando il Principe sbarcò a terra, ed ebbe udito il suono del tiglio e il canto dell'usignolo, provò un sentimento struggente, perché gli sembrava di non avere mai udito una melodia più vibrante. Ma quale non fu il suo stupore quando, avvicinatosi, vide che sotto il tiglio sedeva una ragazza bellissima dai capelli che rilucevano come oro! La salutò e le chiese se era lei che deteneva il comando sull'isola. Alla sua risposta affermativa, le chiese se era una sirena o una normale fanciulla.
Rosa Bella raccontò le sue avventure, di come le onde l'avessero trasportata a terra e della sua nascita e della sua nobile stirpe, e il Principe tra sé non si stancava di elogiarla per la sua bellezza e i suoi modi cortesi. Parlarono a lungo e alla fine il Principe le chiese di seguirlo in patria e diventare la sua sposa, e lei accondiscese. Furono issate le vele, ma prima di partire Rosa Bella volle che a bordo fosse portato il tiglio con il suo usignolo, e quando giunse a casa del Principe lei stessa piantò il tiglio in giardino. Dal fremito delle foglie nascevano toni dolcissimi e l'usignolo gorgheggiava note mai udite prima, per la gioia dei cittadini del Reame.


Alan Lee (Tolkien)


Dopo un certo tempo, Rosa Bella mise al mondo un figlio. La felicità della nascita fu all'origine di un sentimento di nostalgia per suo padre, e gli mandò un messaggero che gli riferisse tutto ciò che le era successo. Non disse, però, che la causa delle sue disgrazie era stata la Regina.
Il Re e i cortigiani furono felici delle buone notizie, perché tutti avevano sempre amato Rosa Bella, ma la Regina e la figlia, irritate che fosse viva, si prepararono a fargliela pagare. Poco dopo, la Regina disse che sarebbe andata a trovare Rosa Bella e si preparò per il viaggio. Giunta a quel Regno remoto, fu molto ben accolta, perché la figliastra era incapace di rancore e la ricevette con calore e amicizia.
Una sera, la matrigna volle offrirle ciò che chiamò un pegno di affetto ed era una splendida camicia di seta, intessuta d'oro. La camicia era stregata, e, appena Rosa Bella la indossò, venne tramutata in un'oca che volò fuori dalla stanza per una delle finestre e raggiunse il mare; ma come la figlia del Re aveva i capelli d'oro, l'oca ebbe penne d'oro. Nello stesso istante, il tiglio cessò di suonare e l'usignolo di cantare, e il Palazzo Reale si riempì di dolore e di tristezza. Più di tutti soffriva lo sposo di Rosa Bella, il giovane Re, e nulla poteva consolarlo.
Dopo qualche tempo, la notte, quando splendeva la luna, i pescatori del Re, al largo a gettare le reti, cominciarono a vedere una bella oca dalle penne d'oro che ondeggiava sulla superficie dell'acqua. L'apparizione li lasciava pieni di stupore, e non sapevano se fosse un cattivo presagio o un auspicio. Una notte, l'oca si avvicinò a nuoto alla barca di un pescatore e cominciò a parlargli:

"Buonasera, pescatore! Dimmi, com'è la vita al Castello?

Suona il mio tiglio?
Canta l'usignolo sul fiore?
Piange mio figlio?
E' felice il mio Signore?"

All'udire queste parole, il pescatore fu sconvolto, poiché riconobbe la voce della Regina. Rispose:

"Al Castello le cose vanno male.
Non suona il tuo tiglio.
L'usignolo non canta sul fiore.
Notte e giorno piange tuo figlio.
E' sempre infelice il tuo Signore."

L'oca trasse un sospiro di dolore e poi disse:

"Povera me
che sulle onde azzurre vago
e per la felicità passata pago!"

Buonanotte, pescatore! Verrò altre due volte e poi mai più!"


Christensen J.


L'uccello sparì all'istante, ma il pescatore tornò a casa e raccontò al suo Signore, il giovane Re, ciò che aveva udito e veduto.
Il Re diede ordine che si catturasse l'oca e promise una ricca ricompensa. I pescatori prepararono una trappola e uscirono in mare per gettare le reti. Era appena spuntata la luna che, portata dalle onde, l'oca si avvicinò alle barche a nuoto, e disse al solito pescatore:

"Buonasera! Dimmi, com'è la vita al Castello?

Suona il mio tiglio?
Canta l'usignolo sul fiore?
Piange mio figlio?
E' felice il mio Signore?"

Il pescatore rispose allo stesso modo dell'altra volta:

"Al Castello le cose vanno male, molto male.
Non suona il tuo tiglio.
L'usignolo non canta sul fiore.
Notte e giorno piange tuo figlio.
E' sempre infelice il tuo Signore."


L'oca trasse un sospiro di dolore. Poi disse:

"Povera me
che sulle onde azzurre vago
e per la felicità passata pago!"

Buonanotte, pescatore! Verrò un'altra volta e poi mai più!"

Pronunciate queste parole, l'uccello volle allontanarsi, ma i pescatori pronti lo intrappolarono. La povera bestia incominciò a sbattere le ali e a gridare in preda all'angoscia:
"Mollate la presa o tenete duro!
Nessuno mi porterà al Castello, ve l'assicuro!".

Allo stesso tempo mutò sembianze. Si trasformò in serpente, drago e altri tremendi animali, sicché i pescatori spaventati mollarono la presa e l'uccello volò via.
Il Re, udito l'esito della loro spedizione, s'infuriò e disse che dei veri uomini di mare non si sarebbero mai fatti ingannare da un'illusione ottica. Diede ordine di costruire una nuova trappola e ordinò ai pescatori, sotto pena di morte, di non lasciarsi scappare la preda la prossima volta.
La terza notte, appena sorta la luna, i pescatori remarono al largo per gettare le reti. Aspettarono a lungo e finalmente l'oca d'oro apparve sulla cresta dell'onda e si avvicinò a nuoto alla prima barca. Cominciò al solito modo:

"Buonasera, pescatore! Dimmi, com'è la vita al Castello?

Suona il mio tiglio?
Canta l'usignolo sul fiore?
Piange mio figlio?
E' felice il mio Signore?"

E il pescatore rispose:

"Al Castello le cose vanno male.
Non suona il tuo tiglio.
L'usignolo non canta sul fiore.
Notte e giorno piange tuo figlio.
E' sempre infelice il tuo Signore."


L'oca trasse un sospiro di dolore e disse:

"Povera me
che sulle onde azzurre vago
e per la felicità passata pago!

Buonanotte, pescatore! Non tornerò mai più!"

L'oca voleva partire al volo, ma i pescatori buttarono la loro trappola e la imprigionarono. La povera bestia cominciò a sbattere le ali e a gridare in preda all'angoscia:

"Mollate la presa o tenete duro!
Nessuno mi porterà al Castello, ve l'assicuro!".

Allo stesso tempo, mutò sembianze e si trasformò in serpente, drago e altri animali spaventosi. Ma questa volta i pescatori, temendo l'ira del Re, non lasciarono la presa e riuscirono così a catturare l'oca d'oro e a portarla al Castello. Qui era sorvegliata giorno e notte, perché non prendesse il volo. L'uccello, però, aveva perso la parola ed era tetro e silenzioso. L'umore del Re diveniva sempre più cupo.
Qualche tempo dopo, una vecchia dall'aspetto singolare arrivò al Castello e chiese di parlare al Re. La sentinella rispose che il Re, immerso nella sua profonda tristezza, non voleva vedere nessuno, ma dopo molte insistenze, la donna riuscì ad essere ammessa alla sua presenza. Allora disse:
"Maestà, mi è stato detto che la tua Regina è stata trasformata in un'oca d'oro e che la tua disperazione non ha limiti. Sono venuta a sciogliere l'incantesimo e a restituirti la tua sposa, se tu verrai a patti".
Il volto del Re si illuminò di gioia e chiese di conoscere le condizioni della donna.
"La mia casa è sulla piccola salita dall'altro lato del fiume nero. Ti chiedo di far costruire una muraglia intorno alla montagna, in modo che i tuoi armenti non mi disturbino quando vanno al pascolo."
Al Re sembrò una proposta equa e promise di esaudire quel desiderio anche se aveva poca fiducia nel potere della povera vecchia. Quella allora raccontò ciò che era successo a Rosa Bella per la perfidia della matrigna, e il Re non poteva credere alle sue orecchie. 
La vecchia chiese poi di vedere la camicia di seta che Rosa Bella aveva ricevuto in dono dalla matrigna, e insieme al Re andò nella stanza dov'era imprigionato l'uccello d'oro. La Maga, poiché era una maga che si celava sotto le spoglie della vecchia, poggiò la camicia sulle ali dell'oca e l'incantesimo si sciolse all'istante.
La Regina riprese il suo aspetto umano, e quando il Re baciò la sua sposa sulle labbra zuccherine, il tiglio ricominciò a suonare e l'usignolo a cantare. Nel Reame si fece festa per il ritorno della Regina scomparsa.


Amelia Bowerley


Visto che la Maga aveva mantenuto la parola, il Re mantenne la sua e insieme alla sposa si preparò ad andare dal padre di Rosa Bella. Al loro arrivo, il vecchio Re fu così contento che sembrava ringiovanito e con lui si rallegrarono tutti i cittadini e la gente a Corte. La sola a essere scontenta era la Regina, che si vedeva scoperta e sentiva i suoi giorni contati. In effetti, quando il vecchio Re venne a sapere ciò che la figlia aveva sofferto per colpa della matrigna, si infuriò e condannò la Regina a morte. Ma Rosa Bella intercedette per la vita della Regina, che venne incarcerata a vita nella torre insieme alla figlia Laida Leda. Il giovane Re tornò al suo Reame con Rosa Bella.
Lì suona il tiglio, canta l'usignolo sul fiore, non piange più il figlio, regna su tutti l'amore.

Raccolta e tradotta da Annuska Palme Sanavio.




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