Pensarono di recarsi in mezzo al bosco con la scusa di raccogliere funghi e bacche e far provvista di legna per l'inverno, e qui giunte abbandonare Annele e fuggire. In questo modo non le avrebbero fatto del male e si sarebbero liberate di lei senza incorrere nell'ira del padre. Annele però si trovava proprio davanti alla porta della stube (Soggiorno caratteristico delle abitazioni tirolesi) quando udì questi discorsi e scoprì così il piano ordito dalla matrigna e dalla sorella. Si chiedeva che cosa avrebbe fatto una volta sola nel bosco; aveva anche udito che vi si aggiravano branchi di lupi, e ne aveva una gran paura.
Pensò allora di correre dalla sua madrina, che era sorella della sua vera mamma e che sicuramente l'avrebbe aiutata. Non appena Annele le ebbe raccontato tutto, costei le disse:
"Su, non piangere più cara; ora ti do un sacchettino di segatura e domani, quando andrete nel bosco, senza farti vedere spargerai dietro di te la segatura, in modo da poter poi ritrovare la strada".
La bimba fece come le aveva consigliato la madrina. Il mattino seguente, dopo aver camminato per un tratto nel bosco, le tre donne si fermarono su una roccia coperta di muschio, mangiarono il loro pane e colsero qualche bacca.
A un certo punto la matrigna, rivolgendosi a Magretl, disse:
"Ho un tale fastidio in testa! Spidocchiami un po' mentre Annele ci precede giù per la discesa a raccogliere la legna".
Pur sapendo che si trattava di una scusa per farla allontanare Annele ubbidì e andò in cerca di rami secchi, continuando però a spargere dietro di sé la segatura. Raccolse la legna e quando vide che le altre non la raggiungevano, tornò alla roccia dov'erano sedute poco prima; la matrigna e Magretl non c'erano già più come la bimba supponeva. Allora Annele continuò a seguire la striscia di segatura e giunse felicemente a casa. Gettò il fascio di legna sotto la tettoia ed entrò in cucina. Quando la matrigna la vide corse in camera e disse a bassa voce: "Magretl, Annele è riuscita a tornare. Domani dobbiamo ritornare nel bosco, e portarla ancora più lontano in modo che non ritrovi la strada".
Annele, che aveva origliato alla porta, si rivolse di nuovo alla sua madrina che le disse: "Vedo che quella donna malvagia non si dà pace, finché non si libera di te. Prendi questo sacchetto di farina d'avena e spargila dietro di te come hai fatto con la segatura e anche questa volta ritroverai la strada per tornare a casa". Annele rincasò e mentre tutti sedevano a tavola per la cena la matrigna disse: "Domani andiamo di nuovo a cercare funghi e quindi dobbiamo inoltrarci più di oggi nella foresta".
Annele sapeva già il vero significato di quelle parole, ma non aveva paura; prima di coricarsi si inginocchiò davanti al letto e nella sua preghiera serale chiese a Dio di proteggerla.
Il giorno seguente si recarono nuovamente nel bosco. La matrigna e Magretl procedevano, entrambe molto divertite. Annele le seguiva triste, chiedendosi che cosa avesse fatto di male per meritarsi il loro odio. Quando furono nel bosco si sedettero ancora su una roccia e mangiarono il loro pane. Questa volta la matrigna disse:
"Mi sento mordere sulla gamba. Vieni Magretl, deve esserci una pulce nella mia calza: cerca di prendermela, tu che ci vedi bene e sei più svelta di me".
Magretl si inginocchiò per catturare la pulce della matrigna, e Annele fu spedita avanti con la solita scusa della legna. Anche questa volta Annele sparse dietro di sé la farina d'avena e così la sera giunse di nuovo a casa. Questa volta la matrigna si adirò moltissimo e disse a Magretl:
"Vorrei proprio sapere chi ha messo il suo zampino in questa vicenda. La prossima volta non deve tornare a casa in nessun modo, costi quel che costi". Udite queste parole Annele corse dalla sua madrina.
"Quella donnaccia! - disse la madrina - Stai tranquilla che ti aiuterò. Ora non ho però nient'altro che questo sacchettino di semi di canapa; prendilo e getta dietro di te i semi".
La madrina non si rese però conto di averle dato un cattivo consiglio. Il mattino seguente tornarono nel bosco; a mezzogiorno si sedettero sul tronco di un albero a mangiare il loro pane, Magretl ricominciò a spidocchiare la matrigna e Annele fu mandata più avanti. Al momento di far ritorno sui suoi passi, la bimba si accorse con terrore che gli uccellini stavano beccando gli ultimi semi di canapa rimasti. Non ritrovò quindi più la strada di casa e scoppiò a piangere Quando poi le ombre degli alberi cominciarono ad allungarsi e iniziò a calare la sera, Annele si mise a pregare; poi fu assalita dalla paura dei lupi, che sarebbero sopraggiunti nel corso della notte e, visto che era una bimba furba e sapeva arrampicarsi come uno scoiattolo, decise di salire su un albero per guardarsi intorno e vedere se nelle vicinanze non vi era per caso un maso o un paese. Così si accorse che in lontananza, nel mezzo del bosco, si levava un sottile filo di fumo. Si precipitò allora verso quel fumo e si trovò davanti a un'alta roccia incavata, chiusa con una parete di rami secchi, dove si poteva scorgere una piccola porta.
La bimba abbassò la maniglia e dall'interno una voce domandò: "Chi è?"
Ella rispose: "Sono Annele", e chiese ospitalità per la notte.
La voce disse: "Puoi entrare solo se mi prometti che rimarrai tutta la vita con me, che non lascerai mai entrare nessuno in questa casa e che non mi tradirai mai". La bimba promise tutto, perché voleva trovare un rifugio prima che calasse la notte. Fu fatta entrare, e invece di un uomo vide un cervo dietro alla stufa. Annele si spaventò e stava per scappare quando il cervo le si rivolse con una voce d'uomo, e con uno sguardo così dolce che le fece passare ogni paura. Sollevando le sue corna enormi disse:
"Non devi fare altro che mungermi ogni mattina prima dell'alba e ogni sera prima del tramonto. Potrai bere il mio latte e se non farai entrare nessuno, nemmeno la tua sorella di sangue, io ti procurerò tutti i vestiti di velluto e seta che vorrai. Se tu però mi tradisci la nostra fortuna terminerà".
Annele promise, si mise nel letto che si trovava nell'angolo e sprofondò nelle piume come in una nuvola.
All'indomani, come aveva promesso, il cervo le portò dei vestiti così belli che sembravano quelli di una principessa. Da quel momento i due vissero felici e contenti nella grotta e gli anni passavano come fossero giorni.
Nel frattempo Magretl era diventata più giudiziosa e spesso pensava alla sua povera sorella e a ciò che le aveva fatto. Un bel mattino, andando nel bosco a far legna, smarrì la strada tra le felci e i cespugli. Giunta allo stremo delle forze si fermò a riposare e pregò Dio di aiutarla, ora che si trovava nella stessa situazione di pericolo e paura nella quale anni prima aveva gettato la sorella.
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Quando si svegliò il sole era al tramonto; piangendo e pregando si arrampicò anche lei su un albero come aveva fatto Annele e scorse in lontananza una sottile striscia di fumo. Seguendo quel segnale giunse alla roccia e bussò ripetutamente alla porta senza ottenere risposta. Proseguì allora il suo cammino fino a una grossa quercia dal tronco incavato, che le offrì protezione per la notte.
Il mattino dopo si alzò e cercando la via del ritorno giunse nuovamente alla roccia. Essendo ancora stanca, affamata e impaurita, e non conoscendo la strada, cominciò di nuovo a bussare alla porta, pregando e implorando di farla entrare per pietà di Dio, che lei era solo una povera ragazza che si era smarrita nel bosco. Annele riconobbe la sorella dalla voce, ma ricordando la promessa fatta al cervo non aprì e disse:
"Non posso far entrare nessuno, anche se lo volessi; non posso aprire la porta nemmeno alla mia sorella di sangue, perciò andatevene pure, perché se io non ubbidissi accadrebbe una disgrazia".
La sorella cominciò allora a lamentarsi e piangere, in modo tale da impietosire anche i sassi. Annele, che era buona di animo, non riuscì a sopportare a lungo le lacrime e le preghiere della sorella maggiore, e alla fine le aprì la porta e la accolse. Magretl, trovandosi davanti la sorella, le chiese scusa per i dolori che le aveva causato. Accortasi dei magnifici abiti che la sorella minore indossava, le si sedette vicino sulla panca del focolare e cominciò a tempestarla di domande. Annele, per non tradire la sua promessa, inventò una serie di storie dicendo dapprima di abitare presso un orso, poi presso un lupo e infine, cedendo alle lusinghe della sorella che non le credeva, le raccontò tutto.
Dopo essersi tradita Annele divenne molto triste. Magretl, invidiosa della sorte toccata alla sorella, si fece indicare la strada del ritorno e una volta a casa raccontò tutto alla matrigna che le disse:
"Domani andremo nel bosco e cercheremo la grotta, poi prenderemo Annele con il suo cervo e i suoi vestiti. I bei vestiti ce li terremo per noi e il cervo lo faremo uccidere".
Quando quella sera il cervo tornò a casa, era molto triste, e senza dire nulla si mise dietro la stufa e fece finta di dormire. Annele non osava guardarlo per la vergogna e il pentimento. D'un tratto però gli chiese:
"Perché sei così silenzioso stasera, caro cervo?".
"Come farei a non tacere - rispose il cervo - quando tu hai parlato così tanto? Non hai seguito il mio ordine e ora è la fine! Tutto è perduto per entrambi. E pensare che tu avresti potuto liberarmi! Invece ora io devo morire e tu sarai costretta a far ritorno alla tua antica miseria. La tua matrigna verrà a prenderti assieme a tua sorella e io non potrò più aiutarti, perché mi uccideranno".
Annele pianse per tutta la notte, il dolore le spezzava il cuore. Il cervo non poté resistere a questa vista e la consolò dicendole:
"Io ora devo morire per te, ma questo fatto si muterà nella tua fortuna. Quando la tua matrigna mi avrà ucciso, fatti consegnare il mio cuore, le mie corna e il mio zoccolo posteriore sinistro. Poi sotterra il mio cuore, mettigli sopra le mie corna e per ultimo il mio zoccolo. Tre giorni dopo ritorna sulla mia tomba: vi troverai un albero di ciliegie rosso scure, che avranno la forma del mio cuore. Le ciliegie cresceranno d'estate e d'inverno, e nessuno, eccetto te, sarà in grado di coglierle. Queste ciliegie, nate dal mio cuore, ti faranno diventare la donna più ricca e più felice del paese".
Il giorno seguente la matrigna e la sorella giunsero alla grotta a prendere Annele, e condussero via anche il cervo, che le seguì senza opporre alcuna resistenza, poiché la matrigna era una strega cattiva e lo teneva in suo potere. Fece quindi uccidere l'animale da un cacciatore. Annele pianse con tutto il cuore la morte del suo amico, ma questa volta non si dimenticò di seguire i consigli che il cervo le aveva dato prima di morire. Si fece consegnare il cuore, le corna e lo zoccolo, e fece come le era stato detto.
Quando dopo tre giorni tornò sul posto trovò un albero di ciliegie a forma di cuore, così rosse e così grosse come non se ne erano mai viste da quelle parti.
Un giorno d'inverno, dopo un'abbondante nevicata, passarono davanti alla casa di Annele il duca di Lotaringia e suo figlio, di ritorno da un lungo viaggio. Erano stati infatti in pellegrinaggio in Terra Santa e il figlio aveva riportato in battaglia gravi ferite, provocate dal misterioso veleno con cui i pagani avevano cosparso le punte delle lance, e che nessuno era in grado di guarire. Quando il duca vide in mezzo alla neve quell'albero carico di ciliegie così grosse, pensò a un prodigio: forse quelle ciliegie miracolose avrebbero potuto guarire suo figlio! Nello stesso momento anche il giovane aprì gli occhi, vide le ciliegie e subito sembrò desiderarle. Il duca si avvicinò allora alla staccionata del giardino, chiamò a gran voce verso la casa e, senza farsi riconoscere, chiese alcune ciliegie. Magretl uscì e cercò di cogliere quei frutti, ma ogni volta che allungava la mano i rami si sollevavano e le ciliegie non si facevano cogliere. Allora provò la matrigna, ma nemmeno lei riuscì a raggiungere i rami che si erano allontanati. Il duca, meravigliato, chiese se in casa non c'era nessun altro. La matrigna e la figlia dissero di no ma in quel momento uscì di casa Annele, alla quale il duca ripeté la richiesta. Molto volentieri rispose la ragazza e si diresse verso l'albero. I rami si piegarono allora verso di lei e le ciliegie le caddero in mano.
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Il figlio del duca pensò che Annele fosse una santa mandata da Dio, mangiò le ciliegie e immediatamente guarì. Il vecchio duca era molto contento e disse: "Come ringraziamento diverrai la sposa di mio figlio".
Annele si rifiutò perché provava soggezione per quel nobile signore, lei che era solo una povera ragazza. Ma anche il giovane duca insistette: erano state le sue ciliegie a guarirlo e quindi lei doveva diventare sua moglie. Non avrebbe ceduto per nessuna ragione. Annele allora raccontò al duca tutta la sua storia e pianse per la misera sorte toccata al suo amico cervo. Il giovane duca le regalò un anello con un carbonchio sul quale era inciso lo stemma di Lotaringia, le rivelò di essere l'erede al trono, e che il padre era l'attuale regnante, e le disse che sarebbe diventata duchessa. Dopodiché l'accolse sulla sua carrozza. La matrigna divenne verde dall'invidia e dall'ira. Prima di andarsene Annele fece salire sulla carrozza anche il suo vecchio padre. Giunti al palazzo vennero celebrate le nozze più belle e sontuose che si fossero mai viste. Annele lasciò vivere suo padre con lei al castello in una bella stube ampia. Perdonò poi anche la sorella, mentre quella vecchia strega della sua crudele matrigna venne messa al rogo dal duca.
In seguito si ordinò che non venisse più ucciso un cervo in tutto il ducato di Lotaringia, e che si coltivassero le ciliegie a forma di cuore in tutta la regione. Ancora oggi in Lotaringia si possono trovare queste bellissime ciliegie.
Di Angelika Merkelbachpinck, dalla raccolta "Il Bosco. Miti leggende e fiabe", Mari-Kindl.
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