domenica 12 aprile 2015

L'Allodola che Trilla e che Saltella, Grimm n.88 (Traduzione Mia)

'era una volta un uomo che si apprestava a partire per un lungo viaggio. Al momento dei saluti, chiese alle sue tre figlie che cosa avrebbero desiderato ricevere in dono. La maggiore rispose:"Perle", la secondogenita: "Diamanti", ma la minore disse:
"Caro padre, io desidero un'allodola che trilla e che saltella."
Il padre le rispose:
"Sì, bambina mia, se riuscirò a trovarla, l'avrai." Baciò le figlie e partì.
Il tempo passò, e, quando l'uomo prese la via del ritorno, aveva le perle e i diamanti per le figlie maggiori, ma, nonostante l'avesse cercata ovunque, non era riuscito a trovare l'allodola che trilla e che saltella per la minore, e ciò lo accorava perché la figlia più giovane era la sua prediletta. Il sentiero verso casa attraversava una grande foresta, nel cuore della quale si innalzava un magnifico castello, e, proprio accanto al castello, si ergeva un albero, e, in cima all'albero, l'uomo scorse  un'allodola che trillava e saltellava.







"Ah, capiti proprio al momento giusto!", esclamò, felice, e ordinò al suo servo di arrampicarsi sull'albero e di catturare la piccola creatura. Ma, non appena questi si avvicinò all'albero, balzò fuori un leone, che, scuotendo la criniera, emise un ruggito tale da far tremare anche le foglie sugli alberi.
"Chiunque tenti di rubarmi l'allodola che trilla e che saltella - gridò - io lo divoro!"
Allora, l'uomo disse:
"Non sapevo che l'uccello vi appartenesse. Farò ammenda per la mia colpa e pagherò un cospicuo riscatto se solo mi risparmierete la vita!"
"No - rispose il leone - non vi è nulla che possa salvarti, a meno che tu non prometta di consegnarmi il primo essere vivente che ti verrà incontro quando farai ritorno a casa. Se mi darai la tua parola, ti risparmierò la vita, e ti lascerò anche prendere per tua figlia l'allodola che trilla e che saltella."
Ma l'uomo non si rassegnava ad accettare perché - come spiegò:
"Potrebbe trattarsi della mia figlia più giovane: ella mi vuol bene più di ogni altro e mi corre sempre incontro quando ritorno a casa."
Il servo, che moriva di paura, disse:
"Ma perché dovrebbe essere proprio tua figlia a correrti incontro per prima? Non potrebbe farlo un gatto o uno dei tuoi cani?"
L'uomo si lasciò convincere, ma aveva il cuore pesante. Prese l'allodola che trilla e che saltella, e si accomiatò dal leone con la promessa che gli avrebbe consegnato il primo essere vivente che gli fosse corso incontro sulla soglia di casa.







Quando l'uomo tornò a casa, chi altri se non proprio la sua amatissima figlia minore gli andò incontro per prima? Ella arrivò correndo, lo baciò e lo abbracciò, e, quando vide che le aveva portato l'allodola che trilla e che saltella, era fuor di sé dalla contentezza. Ma il padre non poteva condividere la sua gioia; scoppiò a piangere e le disse:
"Bambina carissima, l'ho pagato ben caro quest'uccellino! Ho dovuto promettere di consegnarti ad un feroce leone, e, quando esso ti avrà nelle sue grinfie, ti farà a brandelli e ti divorerà."
E le raccontò per filo e per segno l'accaduto, e la implorò di non andare nella foresta, qualsiasi conseguenza ne derivasse. Ma la figlia lo consolò e disse:
"Padre carissimo, dovete mantenere la vostra parola: io andrò dal leone, lo ammansirò e farò ritorno sana e salva."
Il giorno seguente, fattasi indicare la via, salutò i suoi cari e si addentrò senza alcun timore nella foresta. Ma il leone, in realtà, era un principe stregato: di giorno era un leone - e, come lui, i cortigiani si trasformavano in leoni - e, di notte, tutti riprendevano le sembianze umane.
Al suo arrivo, ella fu accolta cerimoniosamente e condotta nel castello. Quando calò la notte, il leone ridiventò un bellissimo uomo e le loro nozze furono celebrate con grande sfarzo. Gli sposi si amavano e vivevano felici: vegliavano la notte e dormivano durante il giorno.






Passò del tempo, e, un giorno, il principe le disse: "Domani tuo padre darà una gran festa perché si sposa la tua sorella maggiore. Se desideri andarci, i miei leoni ti scorteranno." Ella accettò, felice di rivedere il padre, e tornò a casa in compagnia dei leoni. Al suo arrivo, grande fu la gioia poiché tutti l'avevano creduta morta da tempo, sbranata dal leone. Dal canto suo, ella li rassicurò. Raccontò loro che bell'uomo fosse il principe e quanto fosse felice con lui. Si trattenne per tutto il tempo dei festeggiamenti, poi ritornò alla sua vita nel cuore della foresta.
Quando venne a sapere che anche l'altra sorella era in procinto di sposarsi, ella disse al leone: "Questa volta non ci andrò sola, devi venire anche tu".
Ma il leone si rifiutava, protestando che era troppo pericoloso per lui, perché, se anche il minimo raggio di luce lo avesse sfiorato, si sarebbe trasformato in una colomba e, come colomba, sarebbe volato via e avrebbe vissuto per sette anni con gli uccelli della sua razza. Ma ella insistette giurando che lo avrebbe protetto da qualsiasi pericolo. E così partirono insieme, e portarono anche il loro bambino.







Una volta a casa del padre, ella fece costruire una camera dai muri così spessi e compatti che nessuna luce poteva penetrarvi: là si sarebbe rinserrato il principe quando avrebbero acceso le fiaccole nuziali. Tuttavia, il legno della porta era troppo giovane e si spaccò creando una fenditura, ma talmente piccola che nessuno la notò. E, quando il corteo, sfolgorante di fiaccole e di lanterne, fece ritorno dalla chiesa, sfilò davanti alla porta della camera, e un raggio di luce, sottile come un capello, cadde sul principe, e, non appena egli ne fu sfiorato, si trasformò.
Quando la sposa cercò il principe nella camera serrata, non lo trovò. C'era solo una bianca colomba che le disse: "Bisogna che per sette anni io voli da un capo all'altro del mondo, ma, per indicarti il cammino, ogni sette passi lascerò cadere una rossa goccia del mio sangue e una piuma bianca: se mi seguirai, potrai liberarmi." E la colomba volò fuori dalla porta e, ogni sette passi, lasciava cadere una rossa goccia di sangue e una piuma bianca, a indicarle il cammino.







Ed ella s'inoltrò sempre più nel vasto mondo, senza mai guardarsi intorno e senza riposarsi mai, e i sette anni erano quasi trascorsi e già se ne rallegrava, pensando che la liberazione fosse vicina, e, invece, era ancòra così lontana!
Oh, sì, molto lontana davvero, poiché una volta, mentre camminava, le piume e le gocce di sangue cessarono di cadere, e, levando gli occhi al cielo, si accorse che la colomba era sparita. Pensò che nessun essere umano avrebbe potuto aiutarla, così salì vicino al Sole e gli disse:
"Tu che risplendi sulle vette più alte e nei burroni più profondi, hai visto volare una colomba bianca?"
"No - rispose il Sole - non ho visto niente del genere, ma voglio regalarti una scatolina: aprila quando ti troverai in grande difficoltà."






Ella ringraziò il Sole e proseguì il suo cammino finché scese la sera e nel cielo comparve la Luna, e le chiese:
"Tu che risplendi tutta la notte sui campi e sulle foreste, hai visto volare una colomba bianca?"
"No - rispose la Luna - non ho l'ho vista, ma voglio regalarti un uovo: rompilo quando ti troverai in grande difficoltà."







Ella ringraziò la Luna e proseguì il suo cammino finché giunse dove soffiava il Vento del Nord. Allora ella gli disse:
"Tu che soffi tra gli alberi e scompigli le foglie, hai visto volare una colomba bianca?"
"No - rispose il Vento del Nord - non l'ho vista, ma chiederò agli altri tre venti, forse loro l'hanno vista."
Vennero il Vento dell'Est e il Vento dell'Ovest, ma neanche loro avevano visto la colomba. In ultimo, arrivò il Vento del Sud e disse:
"Ho visto io la colomba bianca: è volata fino al mar Rosso dove si è trasformata nuovamente in un leone, poiché è scaduto il settimo anno, e il leone sta combattendo con un drago, ma il drago è una principessa stregata."






"Ecco il mio consiglio - le disse, allora, il Vento del Nord - Va' fino al mar Rosso, sulla riva destra vedrai un canneto: conta le canne, taglia l'undicesima e con quella colpisci il drago. Solo allora il leone potrà batterlo, ed entrambi riacquisteranno la loro forma umana. Poi, guardati intorno: sulla riva, vedrai un grifone. Saltagli sul dorso con il tuo sposo. il grifone vi porterà a casa sorvolando il mare. Eccoti anche una noce: quando sarai in mezzo al mare, lasciala cadere: essa getterà i germogli, e, in un attimo, dall'acqua s'innalzerà un grande albero di noci sul quale il grifone si riposerà. Se non potesse riposarsi, gli mancherebbero le forze per portarvi sani e salvi sull'altra riva. E, se dimentichi di lasciar cadere la noce, precipiterete in mare."
Ella andò sulle rive del mar Rosso e trovò tutto come aveva detto il Vento del Nord. Tagliò l'undicesima canna e con quella colpì il drago, così il leone poté batterlo ed entrambi riacquistarono il loro aspetto umano. Ma, non appena la principessa che prima era un drago fu libera dall'incantesimo, afferrò il giovane per un braccio, salì con lui in groppa al grifone e lo condusse via con sé.










E quell'infelice che aveva peregrinato per tanto tempo e così lontano, si ritrovò di nuovo sola e abbandonata. E pianse. Ma, ben presto, le tornò il coraggio.
"Andrò fin dove soffia il vento e camminerò finché canta il gallo, e lo ritroverò", disse.
Cammina cammina, giunse finalmente al castello dove colui che era stato un leone e colei che era stata un drago vivevano insieme, e venne a sapere che si sarebbe tenuta una gran festa in onore delle imminenti nozze del principe e della principessa. Ella esclamò: "Che Dio mi assista e venga in mio soccorso!"
Prese la scatolina che le aveva donato il Sole: dentro c'era un abito che risplendeva proprio come il sole. Lo tirò fuori, lo indossò e salì al castello e tutta la gente la guardava ammirata, anche la stessa fidanzata. E alla fidanzata l'abito piacque al punto che lo desiderò per indossarlo come veste nuziale.
"Acconsentireste a vendermelo?", le chiese.
"Non per oro o per denaro - rispose - Carne e sangue sono il suo prezzo."
La fidanzata le chiese che cosa intendesse dire con quelle parole, ed ella rispose:
"Lasciatemi dormire per una notte nella camera in cui dorme lo sposo."







La fidanzata non voleva, ma desiderava talmente quell'abito che, infine, acconsentì, non senza aver ordinato al cameriere personale del principe di somministrargli un potente sonnifero. Quella notte, quando il principe era profondamente addormentato, condussero la giovane nella camera. Ella si sedette accanto al letto e disse:
"Per sette anni ti ho seguito ovunque, sono andata dal Sole, dalla Luna e dai quattro Venti per ritrovarti; ti ho aiutato a battere il drago... e ora ti scordi di me?"
Ma il principe dormiva così profondamente che i suoi lamenti gli parevano il bisbigliare del vento tra gli alberi. All'alba, fu condotta fuori dalla camera e dovette consegnare l'abito d'oro.






Com'era triste! Quanta disperazione nel vedere che anche questo espediente non era servito a nulla; si allontanò dal castello, si lasciò cadere a terra e pianse. Mentre versava tutte le sue lacrime, le venne in mente l'uovo che le aveva donato la Luna. Lo ruppe e ne uscirono una chioccia e dodici pulcini tutti d'oro zecchino, ma vivi e svelti. Correvano qua e là pigolando e becchettando, per poi tornare a rifugiarsi sotto le ali della madre: al mondo non si era mai vista una tale meraviglia. Allora la giovane si alzò, si asciugò le lacrime e spinse dolcemente la chioccia e la sua nidiata innanzi a sé, fin sotto le finestre della fidanzata. Appena li vide, la fidanzata se ne incapricciò e scese subito per domandarle se fosse disposta a venderglieli.
Ed ella rispose:
"Non per oro o per denaro. Carne e sangue sono il loro prezzo. Lasciatemi dormire ancòra una notte nella camera dello sposo."
La fidanzata accettò, decisa ad ingannarla come la sera precedente.
Ma, quando il principe andò a letto, chiese al suo cameriere che cosa era stato tutto quel sussurrare nella notte. Allora, il cameriere gli confessò ogni cosa: lo avevano obbligato a somministrargli di nascosto un potente sonnifero perché una povera fanciulla aveva dormito nella sua camera, e aveva ricevuto gli stessi ordini per quella notte. Il principe allora gli disse:
"Versa il sonnifero accanto al letto."
Più tardi, quando la giovane donna fu condotta nella camera e prese a ricordargli la sua triste storia, il principe riconobbe immediatamente la voce della sua cara sposa; balzò in piedi e disse:
"Adesso sono libero, finalmente! Mi pareva di vivere in uno strano sogno poiché quella principessa sconosciuta mi aveva stregato affinché mi dimenticassi di te, ma Dio mi ha salvato in tempo da questo maleficio dello spirito e dei sensi!"






Poi, protetti dalla notte, scivolarono fuori dal castello, poiché temevano il padre della principessa che era un grande Incantatore. Montarono in groppa al grifone, che li portò al di là del mar Rosso; e, quando furono in mezzo al mare, ella lasciò cadere la noce: subito crebbe un grande albero di noci sul quale il grifone poté riposare, quindi li condusse a casa, dove rividero il figlio, che, nel frattempo, si era fatto grande e bello. E, da quel giorno in poi, vissero sempre insieme, felici e contenti, fino alla morte.





Grimm n.88, "Das singende springende Löweneckerchen".
Classificazione: AaTh 425C [La Bella e la Bestia]
Traduzione: Mab's Copyright

Il testo in lingua originale è nella Pagina: "Brüder Grimm"

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