ice che c'era una volta una povera vedova e un suo ragazzo che stavano in una casipola fuori di mano ed erano quasi alla limosina. Questo ragazzo quando fu ai diciotto o vent'anni disse a sua madre:
"Mamma, io voglio andar via a cercar fortuna, e starò fuori fin che l'abbia trovata, e se la trovo, farò star bene anche voi."
Questo giovanotto se ne va dunque a girare il mondo.
Gira, gira, era già passato un anno. La fortuna non l'aveva ancira trovata. Accadde che una volta entrò in un bosco e trovò una casetta, ed era notte. Picchiò alla porta e venne fuori un vecchio che per quella notte gli diede alloggio. Alla mattina poi gli domandò cosa andava cercando per quei luoghi, e il giovanotto glielo disse.
"Mio caro ragazzo - gli disse quel vecchio - la fortuna capita una volta ogni cent'anni, e se non si piglia allora non si piglia più. Ma guarda un po'! Per l'appunto da stasera a domani terminano i cent'anni e lei deve venire. Bisogna che tu stia ben attento al punto di mezzanotte. Mettiti quatto quatto dietro al bosco che c'è sulla riva del ruscello. Ci verrà tre bellissime ragazze che si spoglieranno per bagnarsi. Tu guarda quando sieno nude affatto, e allora piglia le vesti di quella che sta in mezzo e portale via. E se lei le vuole, tu piglia il libro del comando che c'è in tasca, e sei sicuro del fatto tuo".
E il giovanotto disse di sì, ma, quando venne la notte, lui, che non era avvezzo a far la veglia, s'addormentò e per la prima notte non pigliò nulla.
Alla mattina va dal vecchio e gli dice
che non ha visto nulla.
“Ma eri desto?”
“No.”
“E allora sei un minchione, tuo
danno”.
La seconda notte fa lo stesso.
Alla terza notte quel vecchio gli diede
un pettine da canapa e gli disse:
“Quando ti venga sonno, fregati colla
schiena nel pettine e ti sveglierai”.
E così fu perché quella grattata era
più forte del sonno. E quando vennero le tre ragazze quel
giovanotto stette attento, e, appena s'erano spogliate, lui porta via
subito le vesti di quella che stava in mezzo. Le altre due si
vestirono e se n'andarono, ma lei dovette correr dietro al giovanotto
per farsi dare le vesti. Lui gliele diede, ma tenne il libro del
comando e con quello faceva tutto quello che voleva. E avendo avuto
voglia di sposare la Fortuna, bisognò che lei lo sposasse.
Accadde una volta che lui dové fare un
viaggio. Serrò il libro in una cassa e poi disse a sua madre:
“Se mia moglie vuole qualcosa, non
state a dargli nulla finché non sia tornato io”.
Appena lui fu partito, la moglie disse
alla suocera che voleva andare a messa e aveva bisogno di quel libro
che c'era nella cassa. Ma la suocera non glielo voleva dare a nessun
patto. Allora lei tanto la pregò e supplicò che finalmente quella
povera donna mandò a chiamare un fabbro ferraio, gli fece scassinare
la cassa e diede a lei il libro che voleva. La Fortuna disse alla sua
suocera:
“Addio, addio. Io me ne vado. Se tuo
figlio vuol venirmi a trovare o vuol avere notizia di me, venga
nell'isola della felicità. Là non si muore mai, si sta sempre bene
e gli anni paiono momenti”.
Arriva a casa il figliuolo, e la madre
gli dice:
Il figliuolo cominciò a disperarsi e a
gridare:
“Oh, povero me! Io non la vedrò mai
più!”
Ma poi, pensandoci, disse:
“Nasca quel che sa nascere, voglio
andare a cercarla”.
Cammina, cammina, arriva in un posto
dove c'era tre ladri che avevano una tovaglia che spiegandola
preparava pietanze d'ogni sorta, un paio di scarpe che mettendosele
nei piedi si facevano cento miglia in un minuto e un mantello che chi
lo portava non era più veduto. Tutti e tre dissero a quell'uomo:
“Vedi noi litighiamo per decidere a
chi tocca l'una o l'altra di queste robe. Fa' tu da giudice.”
Lui dice:
“Prima bisogna che io veda da me come
sono queste robe e poi giudicherò”.
Distese dunque la tovaglia e vennero
subito fuori le pietanze, e lui che per l'appunto aveva fame, mangiò.
Poi si mise il mantello e le scarpe e domandò ai ladri:
“Mi vedete ancora?”
“No.”
“Dunque a rivederci il giorno del
Mai”.
E via e via con quelle scarpe finché
arrivò alla rupe del Tuono, e di là pareva che venisse giù
l'inferno e pietre e rocce cascavano con fracasso, e lui dice:
“Oh brav'uomo! Ho qui una tovaglia da
apparecchiare la tavola, fermatevi un po' e venite a mangiare”.
E il Tuono si fermò e mangiò. E quel
giovinotto gli disse:
“Sapreste dove sia l'isola della
Felicità?”
“No, ma ho una sorella, la Saetta,
che sta lontano cinquecento mila migliaia di miglia. Se tu sei buono
d'andarci, lei te lo dirà”.
E lui in due o tre giorni ci arrivò. E
la Saetta mandava un chiarore che pareva di giorno. E il giovane
domandò anche a lei dove fosse l'isola della felicità. Ma neppure
lei lo sapeva, e lo mandò da suo fratello il Fulmine. E lui gira,
gira e trova finalmente il Fulmine che gettava a terra campanili e
torri e piante e sino le cime delle montagne; e lui lo fece fermare e
gli disse quel che voleva sapere. E il Fulmine gli disse che
l'avrebbe domandato a sette suoi cugini: Libeccio, Tramontano,
Marino, Scirocco, Ponente, Grecale e Zeffiro. Ma nessuno di loro lo
sapeva, salvo Scirocco che gira dappertutto. Scirocco non soltanto
disse al giovane dov'era l'isola della felicità, ma gli diede una
spinta col suo soffio per mandarlo innanzi. Arrivando alla casa della
Fortuna, che era in quell'isola, il giovane si mise il suo mantello
sulle spalle e così senza essere veduto passò per la finestra ed
entrò nella stanza dov'erano le tre sorelle. E quella che era stata
sua moglie diceva:
“Se io non avessi avuto paura di
restare là dove si more e avessi potuto portar via mio marito sarei
ben contenta.” Lui allora si mostrò e disse: “Eccomi.”
Lei fu tutta contenta e disse:
“Ora voglio che tu stia sempre con
me.”
Lui per un po' ci stette, ma poi disse:
“Voglio andare un po' a trovare mia
madre.”
“Cosa vuoi andar a fare? A quest'ora
non ce n'è più nemmeno la cenere.”
“Come? Sono due mesi che sono venuto”
“Sarà più di duecent'anni. Ma se tu
vuoi andarci, bada che il tuo mantello e le tue scarpe non servono
più. Ti darò un cavallo che farà un anno di viaggio per passo e io
verrò sempre con te.”
Viaggiando colla Fortuna incontrò un
carro dove c'era una donna magra che aveva consumato una carrettata
di ciabatte dal gran camminare. E quella donna finse di cadere per
terra per vedere se la rialzasse, e se l'avesse toccata lui moriva di
certo. Ma la Fortuna che era con lui gli gridò:
“Guardati che è la Morte!” E lui
lasciò là quella donna, e andò per la sua strada. Poi incontrò un
diavolo a cavallo, in figura d'un gran signore, e il cavallo dal gran
correre s'era logorato le gambe. Anche lui cadde da cavallo, e quel
giovinetto quasi correva ad aiutarlo, ma la Fortuna tornò a
gridargli “Guardati!”.E lui se ne andò senz'altro al suo paese. Ma là nessuno lo conobbe e sua madre poi, non c'era nemmeno uno de' più vecchi che se ne ricordasse. Allora lui vedendo questo si accorse che nel mondo s'invecchia e si more. E tornò a montare sul suo cavallo, e si mise in viaggio colla sua Fortuna, e ritornò all'isola della Felicità, e là non morì mai, e c'è ancora adesso.
(Monferrato)
"Novelline, Popolari Italiane" (1875), Domenico Comparetti
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