mercoledì 25 gennaio 2017

L'Isola della Felicità, D. Comparetti

"Dammi lu Velu" e Liombruno e il paese dove non si more mai con finale felice. Non la superba regalità di Niamh che avamza sulle onde cavalcando il suo destriero soprannaturale e porta via con sé Oisin, il guerriero-poeta delle Fianna, non il pescatore Urashima e il suo viaggio meraviglioso fino al regno sottomarino del Drago, ma il ragazzotto figlio della vedova in cerca di fortuna. E la Fortuna è una donna in carne ed ossa, che, come le fanciulle-cigno, perde la sua forza e i suoi poteri con il furto delle vesti, ma segue il marito rapitore nel fatale viaggio di  ritorno proteggendolo dalle insidie che distruggeranno Oisin e Urashima.



ice che c'era una volta una povera vedova e un suo ragazzo che stavano in una casipola fuori di mano ed erano quasi alla limosina. Questo ragazzo quando fu ai diciotto o vent'anni disse a sua madre:
"Mamma, io voglio andar via a cercar fortuna, e starò fuori fin che l'abbia trovata, e se la trovo, farò star bene anche voi."
Questo giovanotto se ne va dunque a girare il mondo.




Gira, gira, era già passato un anno. La fortuna non l'aveva ancira trovata. Accadde che una volta entrò in un bosco e trovò una casetta, ed era notte. Picchiò alla porta e venne fuori un vecchio che per quella notte gli diede alloggio. Alla mattina poi gli domandò cosa andava cercando per quei luoghi, e il giovanotto glielo disse.
"Mio caro ragazzo - gli disse quel vecchio - la fortuna capita una volta ogni cent'anni, e se non si piglia allora non si piglia più. Ma guarda un po'! Per l'appunto da stasera a domani terminano i cent'anni e lei deve venire. Bisogna che tu stia ben attento al punto di mezzanotte. Mettiti quatto quatto dietro al bosco che c'è sulla riva del ruscello. Ci verrà tre bellissime ragazze che si spoglieranno per bagnarsi. Tu guarda quando sieno nude affatto, e allora piglia le vesti di quella che sta in mezzo e portale via. E se lei le vuole, tu piglia il libro del comando che c'è in tasca, e sei sicuro del fatto tuo".
E il giovanotto disse di sì, ma, quando venne la notte, lui, che non era avvezzo a far la veglia, s'addormentò e per la prima notte non pigliò nulla.
Alla mattina va dal vecchio e gli dice che non ha visto nulla.
“Ma eri desto?”
“No.”
“E allora sei un minchione, tuo danno”.
La seconda notte fa lo stesso.
Alla terza notte quel vecchio gli diede un pettine da canapa e gli disse:
“Quando ti venga sonno, fregati colla schiena nel pettine e ti sveglierai”.
E così fu perché quella grattata era più forte del sonno. E quando vennero le tre ragazze quel giovanotto stette attento, e, appena s'erano spogliate, lui porta via subito le vesti di quella che stava in mezzo. Le altre due si vestirono e se n'andarono, ma lei dovette correr dietro al giovanotto per farsi dare le vesti. Lui gliele diede, ma tenne il libro del comando e con quello faceva tutto quello che voleva. E avendo avuto voglia di sposare la Fortuna, bisognò che lei lo sposasse.
Accadde una volta che lui dové fare un viaggio. Serrò il libro in una cassa e poi disse a sua madre:
“Se mia moglie vuole qualcosa, non state a dargli nulla finché non sia tornato io”.
Appena lui fu partito, la moglie disse alla suocera che voleva andare a messa e aveva bisogno di quel libro che c'era nella cassa. Ma la suocera non glielo voleva dare a nessun patto. Allora lei tanto la pregò e supplicò che finalmente quella povera donna mandò a chiamare un fabbro ferraio, gli fece scassinare la cassa e diede a lei il libro che voleva. La Fortuna disse alla sua suocera:
“Addio, addio. Io me ne vado. Se tuo figlio vuol venirmi a trovare o vuol avere notizia di me, venga nell'isola della felicità. Là non si muore mai, si sta sempre bene e gli anni paiono momenti”.
Arriva a casa il figliuolo, e la madre gli dice:
“Tua moglie è andata all'isola della felicità. Se vuoi andarla a trovare, va in quel paese”.





Il figliuolo cominciò a disperarsi e a gridare:
“Oh, povero me! Io non la vedrò mai più!”
Ma poi, pensandoci, disse:
“Nasca quel che sa nascere, voglio andare a cercarla”.
Cammina, cammina, arriva in un posto dove c'era tre ladri che avevano una tovaglia che spiegandola preparava pietanze d'ogni sorta, un paio di scarpe che mettendosele nei piedi si facevano cento miglia in un minuto e un mantello che chi lo portava non era più veduto. Tutti e tre dissero a quell'uomo:
“Vedi noi litighiamo per decidere a chi tocca l'una o l'altra di queste robe. Fa' tu da giudice.”
Lui dice:
“Prima bisogna che io veda da me come sono queste robe e poi giudicherò”.
Distese dunque la tovaglia e vennero subito fuori le pietanze, e lui che per l'appunto aveva fame, mangiò. Poi si mise il mantello e le scarpe e domandò ai ladri:
“Mi vedete ancora?”
“No.”
“Dunque a rivederci il giorno del Mai”.
E via e via con quelle scarpe finché arrivò alla rupe del Tuono, e di là pareva che venisse giù l'inferno e pietre e rocce cascavano con fracasso, e lui dice:
“Oh brav'uomo! Ho qui una tovaglia da apparecchiare la tavola, fermatevi un po' e venite a mangiare”.
E il Tuono si fermò e mangiò. E quel giovinotto gli disse:
“Sapreste dove sia l'isola della Felicità?”
“No, ma ho una sorella, la Saetta, che sta lontano cinquecento mila migliaia di miglia. Se tu sei buono d'andarci, lei te lo dirà”.
E lui in due o tre giorni ci arrivò. E la Saetta mandava un chiarore che pareva di giorno. E il giovane domandò anche a lei dove fosse l'isola della felicità. Ma neppure lei lo sapeva, e lo mandò da suo fratello il Fulmine. E lui gira, gira e trova finalmente il Fulmine che gettava a terra campanili e torri e piante e sino le cime delle montagne; e lui lo fece fermare e gli disse quel che voleva sapere. E il Fulmine gli disse che l'avrebbe domandato a sette suoi cugini: Libeccio, Tramontano, Marino, Scirocco, Ponente, Grecale e Zeffiro. Ma nessuno di loro lo sapeva, salvo Scirocco che gira dappertutto. Scirocco non soltanto disse al giovane dov'era l'isola della felicità, ma gli diede una spinta col suo soffio per mandarlo innanzi. Arrivando alla casa della Fortuna, che era in quell'isola, il giovane si mise il suo mantello sulle spalle e così senza essere veduto passò per la finestra ed entrò nella stanza dov'erano le tre sorelle. E quella che era stata sua moglie diceva:
“Se io non avessi avuto paura di restare là dove si more e avessi potuto portar via mio marito sarei ben contenta.” Lui allora si mostrò e disse: “Eccomi.”
Lei fu tutta contenta e disse:
“Ora voglio che tu stia sempre con me.”
Lui per un po' ci stette, ma poi disse:
“Voglio andare un po' a trovare mia madre.”
“Cosa vuoi andar a fare? A quest'ora non ce n'è più nemmeno la cenere.”
“Come? Sono due mesi che sono venuto”
“Sarà più di duecent'anni. Ma se tu vuoi andarci, bada che il tuo mantello e le tue scarpe non servono più. Ti darò un cavallo che farà un anno di viaggio per passo e io verrò sempre con te.”
Viaggiando colla Fortuna incontrò un carro dove c'era una donna magra che aveva consumato una carrettata di ciabatte dal gran camminare. E quella donna finse di cadere per terra per vedere se la rialzasse, e se l'avesse toccata lui moriva di certo. Ma la Fortuna che era con lui gli gridò:
“Guardati che è la Morte!” E lui lasciò là quella donna, e andò per la sua strada. Poi incontrò un diavolo a cavallo, in figura d'un gran signore, e il cavallo dal gran correre s'era logorato le gambe. Anche lui cadde da cavallo, e quel giovinetto quasi correva ad aiutarlo, ma la Fortuna tornò a gridargli “Guardati!”.




E lui se ne andò senz'altro al suo paese. Ma là nessuno lo conobbe e sua madre poi, non c'era nemmeno uno de' più vecchi che se ne ricordasse. Allora lui vedendo questo si accorse che nel mondo s'invecchia e si more. E tornò a montare sul suo cavallo, e si mise in viaggio colla sua Fortuna, e ritornò all'isola della Felicità, e là non morì mai, e c'è ancora adesso.

(Monferrato)
"Novelline, Popolari Italiane" (1875), Domenico Comparetti

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