sabato 24 giugno 2017

La Fanciulla con Una Mano Sola, (Africa), A. Lang. Prima Parte - Traduzione Mia

anto tempo fa, un’anziana coppia viveva in una capanna all'ombra di un boschetto di palme: avevano un unico figlio e un'unica figlia.
Vissero felici insieme per molti anni, ma il padre cadde gravemente malato e sentì di essere in punto di morte. Chiamò i suoi figlioli nell'angolo in cui dormiva sul pavimento - poiché nessuno in quel paese possedeva un letto - e disse al figlio:
"Non ho del bestiame da lasciarti in eredità, ma solo le poche cose che si trovano in casa poiché sono un uomo povero, lo sai bene. Comunque, scegli: vuoi la mia benedizione o i miei beni?"
"I tuoi beni, senz'altro", rispose il figlio e il padre annuì.
"E tu?" domandò il vecchio alla figlia, che stava accanto al fratello.
"Io voglio la tua benedizione", rispose la ragazza, e il padre le diede la sua benedizione di tutto cuore.
Il vecchio morì quella stessa notte, e sua moglie, il figlio e la figlia lo piansero per sette giorni, poi lo seppellirono secondo le usanze del suo popolo.
Era appena finito il periodo di lutto che la madre cadde gravemente malata.
"Sto per lasciarvi - disse ai figli con voce morente - Figlio mio, scegli: vuoi la mia benedizione o i beni?"
"I beni, senz'altro", rispose il figlio.
"E tu, figlia mia?"
"Io voglio la tua benedizione", rispose la ragazza.
La madre le diede la sua benedizione con tutto il cuore e morì quella stessa notte. Finito il periodo del lutto, il fratello ordinò alla sorella di mettere fuori dalla capanna tutti i beni dei loro genitori. La ragazza obbedì e lui portò via ogni cosa, tranne una piccola pentola e un mortaio nel quale la sorella avrebbe potuto macinare il grano... se solo avesse avuto grano da macinare.
La ragazza sedeva triste e affamata, quando una vicina bussò alla sua porta.
"La mia pentola si è incrinata sul fuoco - disse - Prestami la tua perché io possa cucinare la cena e in cambio ti darò un pugno di grano."
La ragazza fu ben felice di accettare, e, quella sera, anche lei ebbe la sua cena.
Il giorno seguente, un’altra donna prese in prestito la sua pentola, e poi un’altra, e un’altra ancòra, poiché nel villaggio non si era mai riscontrato un così alto numero di pentole incrinate. In breve tempo, la ragazza si rinvigorì, e si fece bella florida con tutto il grano che ricavava grazie alla pentola.
Una sera, raccolse un seme di zucca trovato in un angolo, lo piantò vicino al pozzo, e il semino attecchì, germogliò e le diede molte zucche.
Accadde che un giovane del villaggio passasse nei paraggi della località in cui viveva il fratello della ragazza, lo incontrò e scambiarono due chiacchiere.
"Hai notizie di mia sorella?" chiese il giovane, a cui le cose andavano male.
"Si è fatta bella prosperosa - rispose l’altro giovane - Le donne del villaggio prendono in prestito il suo mortaio per macinare il grano e la sua pentola per cucinarlo, e, in cambio, le danno molto più cibo di quanto possa mangiarne."
E se ne andò per la sua strada.
Ma le sue parole avevano aceso una grande invidia nell'animo del fratello.
Senza perder tempo, si mise in viaggio, e, prima di sera, giunse alla capanna della sorella: la pentola e il mortaio erano là fuori. Se li caricò in spalla e ripartì, tutto soddisfatto della propria astuzia. Quando la sorella si svegliò, cercò la pentola per cucinare il grano per la colazione, ma non riuscì a trovarla. Alla fine, si disse:
'Un ladro deve averla rubata mentre dormivo. Andrò a vedere se qualcuna delle mie zucche è matura.'
E, per l'appunto, scoprì che le zucche erano belle mature, ed erano tante e così grosse che la pianta si piegava fin quasi a spezzarsi sotto il loro peso. Così, le mangiò, e, quando fu sazia, portò le zucche restanti al villaggio, dove le cedette in cambio di grano, e le altre donne dichiararono che non avevano mai assaggiato zucche più dolci, e che avrebbe dovuto portare loro ogni giorno tutte quelle che aveva. Dopo qualche tempo, aveva accumulato molto più grano di quanto le servisse per il suo sostentamento, e, in cambio del grano, fu in grado di prendere un altro mortaio e un’altra pentola. E pensò di essere diventata ricca.


Leo e Diane Dillon






Sfortunatamente per lei, anche un'altra persona aveva pensato la stessa cosa: la moglie di suo fratello, che era venuta a sapere della pianta di zucche.
La donna mandò il suo schiavo a prendere una zucca in cambio di un pugno di grano. In un primo momento, la ragazza disse allo schiavo che le zucche rimaste erano poche e non poteva privarsene, ma, quando scoprì che lo schiavo apparteneva al fratello, cambiò subito idea, andò alla pianta, colse la zucca più bella, la più grossa e matura, e la consegnò allo schiavo dicendo:
"Prendi questa zucca e portala alla tua padrona, ma dille di tenersi pure il suo pugno di grano poiché la zucca è un regalo."
La moglie del fratello fu felicissima alla vista della zucca, e, quando la assaggiò, dichiarò che era la più buona che avesse mai mangiato, e, per tutta la notte, non riuscì a pensare a nient’altro. Appena spuntò il sole, chiamò un altro schiavo - era una donna ricca - e gli ordinò di andare a chiedere un’altra zucca alla cognata.
Ma la ragazza disse allo schiavo che le aveva già date via tutte, così lo schiavo tornò dalla sua padrona a mani vuote.
La sera, il fratello, che si era spinto molto lontano per cacciare, tornò a casa e trovò la moglie in lacrime.
"Che ti succede?", le chiese.
"Ho mandato uno schiavo da tua sorella con un po’ di grano per scambiarlo con una zucca, ma lei non ha voluto saperne e mi ha mandato a dire di non averne più, ma io so che ne aveva molte e le ha date alle altre donne."
"Non ti preoccupare adesso, va' a dormire - le disse lui - Domani andrò a sradicare la pianta di zucche di mia sorella: sarà il suo castigo per averti trattata male."
Prima del sorgere del sole, si alzò, andò a casa della sorella, e la trovò che nettava il grano.
"Perché hai rifiutato una zucca a mia moglie che la desiderava tanto?” le chiese.
"Le zucche mature erano finite, e le altre sono ancòra acerbe - rispose la ragazza - Quando, due giorni fa, tua moglie mi ha mandato il suo schiavo, mi erano rimaste solo quattro zucche, ma io gliene ho data una in dono, e non ho voluto accettare il suo grano."
"Non ti credo; so che le hai date alle altre donne. E adesso taglierò quella pianta di zucche!" urlò il fratello, pieno di rabbia.
"Se tagli la pianta di zucche, dovrai tagliare anche la mia mano!" Esclamò la ragazza, che corse alla pianta e si afferrò ai suoi rami. Ma il fratello la seguì e, con un sol colpo, tagliò la pianta e anche la mano della sorella.


H.J. Ford



Quindi entrò nella capanna e si impadronì di tutto ciò che riuscì trovare, e vendette la capanna ad un suo amico che la desiderava da tempo, così sua sorella non ebbe più neanche una casa.
Intanto, la ragazza lavò con cura il braccio ferito, lo fasciò con alcune foglie medicamentose che crescevano là vicino, e lo avvolse in un panno. Poi, corse a nascondersi nel folto della foresta sperando che il fratello non riuscisse a trovarla.
Vagò per sette giorni, cibandosi solo di frutti selvatici che le pendevano sul capo dai rami più bassi, e la notte, si arrampicava su di un albero e si metteva al sicuro tra le liane che legavano i grossi rami, perché i leoni, le tigri e le pantere non riuscissero a ghermirla.
La mattina del settimo giorno, si svegliò, e, dall'albero su cui aveva trascorso la notte, vide il fumo che saliva dai focolari di un grosso villaggio ai margini della foresta. La vista delle capanne la fece sentire più sola e indifesa che mai. Desiderava disperatamente un sorso di latte da una delle scodelle ricavate dalle zucche svuotate, perché non c'era acqua da quelle parti e lei era molto assetata, ma come avrebbe potuto guadagnarsi il latte con una mano sola? E questo pensiero spense il suo coraggio, e la ragazza si sciolse in un amarissimo pianto.
Ora, accadde che il figlio del Re, quella mattina, si fosse recato a caccia quando appena albeggiava, e, adesso che il sole era alto, si sentiva molto stanco.
”Mi sdraierò sotto questo albero, e mi riposerò un po' - disse ai cacciatori che lo scortavano - Voi continuate la caccia, con me terrò solo questo schiavo."
La scorta si allontanò e il giovane Principe si addormentò e dormì a lungo. Improvvisamente, fu svegliato da un qualche liquido salato che gli gocciava sul viso.
"Ma che succede? Sta forse piovendo? - chiese allo schiavo - Va' a vedere."
"No, padrone, non sta piovendo", rispose lo schiavo.
"Allora arrampicati sull’albero e guarda di che cosa si tratta".
Lo schiavo si arrampicò, poi tornò dal figlio del Re e gli riferì che, in cima all'albero, sedeva una splendida ragazza, e che dovevano essere state le sue lacrime a bagnargli il volto.
"Perché piange?" chiese il Principe.
"Non ho osato domandarglielo, ma, forse, a voi lo direbbe."


H.J. Ford



E il Principe, assai meravigliato, si arrampicò sull'albero.
"Che ti succede?- chiese gentilmente alla ragazza, ma, poiché ella si limitò a singhiozzare ancòra più forte, continuò - Sei una donna o uno spirito dei boschi?"
"Sono una donna", rispose lei lentamente, asciugandosi gli occhi con una foglia dei rampicanti tra i quali si era nascosta.
"Perché piangi?” insistette il Principe.
"Ne ho di motivi per piangere - rispose la ragazza - più di quanti tu possa mai immaginare."
"Vieni con me -  le disse il Principe - Non molto lontano da qui c'è la casa di mio padre e di mia madre. Io sono figlio di re."
"Allora cosa fai qui?" chiese la ragazza, spalancando gli occhi e fissandolo.
"Una volta al mese io e i miei compagni veniamo a caccia nella foresta, ma oggi ero molto stanco e ho detto loro di lasciarmi riposare. E tu, che fai su questo albero?"
La ragazza ricominciò a piangere e raccontò al figlio del Re tutto ciò che le era capitato dalla morte della madre.
"Non posso scendere perché non voglio essere vista dalla gente", concluse con un singhiozzo.
"Ci penso io", disse il Principe.
Scese fino ad un ramo basso e ordinò allo schiavo di correre fino al villaggio e di ritornare con quattro uomini robusti e una portantina chiusa.
Quando l’uomo si allontanò, la ragazza scese dall'albero e si nascose tra i cespugli.
Presto, lo schiavo ritornò con la portantina, che fu posata a terra, vicino ai cespugli in cui si nascondeva la ragazza. E il Principe disse agli uomini:
"Adesso andate a chiamare i miei cacciatori perché non desidero trattenermi oltre qui", e, non appena rimasero soli, il Principe ordinò alla ragazza di entrare nella portantina e chiuse accuratamente le tende.
Poi, entrò dall’altro lato della portantina e attese finché giunsero i suoi uomini.
"Che succede, figlio di re?" domandarono, tutti trafelati per la corsa.
"Credo di essermi ammalato, ho molto freddo", disse, e, fatto segno ai portatori, tirò le tende e fu trasportato di gran carriera, attraverso la foresta, diritto a casa.
Chiamò lo schiavo e gli ordinò:
"Va' da mio padre e mia madre e di' loro che ho la febbre e desidero una scodella di farinata, e raccomandati che me la mandino in fretta."
Così lo schiavo corse a Palazzo e riferì il messaggio, che preoccupò grandemente il Re e la Regina. Fu subito preparata e portata al malato una scodella di farinata calda, e, non appena terminato il Consiglio che si era riunito, il Re e i suoi ministri si recarono a fargli visita, latori anche di un messaggio della Regina.






Leo e Diane Dillon




Dovete sapere che il Principe fingeva di essere malato per addolcire il cuore dei genitori, e, infatti, il giorno seguente, dichiarò di sentirsi molto meglio e, salito nella portantina, raggiunse il Palazzo accompagnato dal solenne rullo dei tamburi lungo tutto il percorso. Scese dalla portantina ai piedi delle scale che salì all'ombra di un grande parasole sorretto da uno schiavo. Poi, entrò nell'ampia e fresca sala in penombra in cui sedevano il padre e la madre, e disse loro:
"Ieri, nella foresta, ho incontrato una ragazza che desidero sposare, e, di nascosto dai miei cacciatori, l'ho portata a casa mia in una portantina chiusa. Datemi il vostro consenso, vi supplico, poiché nessuna donna mi piace quanto lei, benché abbia una mano sola."
Naturalmente, il Re e la Regina avrebbero preferito una nuora con entrambe le mani e fornita di una ricca dote, ma non se la sentirono di dire no al figlio, così approvarono la sua scelta e disposero che le nozze fossero celebrate immediatamente.


FINE PRIMA PARTE
"The One-handed Girl",
da "Swaheli Tales", di E. Steere
in "The Lilac Fairy Book" di A. Lang.

Traduzione: Mab's Copyright.

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