lunedì 8 luglio 2013

L'Acciarino Magico. di H.C.Andersen, Traduzione Mia

aino in spalla e sciabola al fianco, un soldato marciava a passo sostenuto giù per la strada maestra: un-due, un-due... Era stato in guerra e, ora, se ne tornava a casa. Ed ecco, s'imbatté in una strega, vecchia ed orribile: il labbro inferiore le pendeva fino al petto!
“Buonasera, soldato! - gli disse - Che bella sciabola hai! E com'è grande il tuo zaino! Sei proprio un vero soldato, e io ti darò tutto il denaro che vuoi!”
“Grazie, vecchia!”, rispose il soldato.
“Vedi quel grosso albero? - e gli indicò un grande albero là vicino – E' completamente cavo. Arrampicati fino in cima e poi lasciati scivolare al suo interno, giù, giù... Io ti legherò una grossa corda intorno alla vita, così, non appena mi darai una voce, ti tirerò su!”
“Ma che devo fare là dentro?”, chiese il soldato.




Tenggren G.




“Prendere il denaro! - rispose la strega – Devi sapere che, una volta che i tuoi piedi avranno toccato il fondo, ti ritroverai in una grande stanza illuminata da centinaia di lampade. Davanti a te, vedrai tre porte: potrai aprirle con facilità perché le chiavi sono nelle serrature. Se aprirai la prima porta, ti ritroverai in una stanza; nel bel mezzo della stanza c'è un grande baule, e, sopra il baule, un grosso cane con  occhi grandi come piattini di un servizio da tè. Ma tu non badarci. Ti darò il mio grembiule a quadretti azzurri: tu afferra senza paura il cane e mettilo sul mio grembiule steso sul pavimento, poi, apri il baule e prendi pure tutte le monete che vuoi. Ma saranno solo monetine di rame... Se le vuoi d'argento, dovrai entrare nella seconda stanza. Lì troverai un cane con occhi grandi come macine da mulino, ma tu non badarci! Afferralo e mettilo sul mio grembiule steso sul pavimento. Potrai prendere tranquillamente tutto il denaro che vuoi! Ma se desideri belle monete d'oro, dovrai entrare nella terza stanza; lì troverai un cane davvero spaventoso a vedersi. I suoi occhi sono grandi come la Torre Rotonda di Copenaghen! Quello sì che è un cane, fidati! Ma non devi temere nulla: afferralo e mettilo sul mio grembiule steso sul pavimento: non ti farà alcun male e tu potrai prendere tutte le monete d'oro che sarai in grado di trasportare!”
"Beh, mi sembra proprio un buon affare! Ma tu che vuoi in cambio, vecchia strega? Perché anche tu vorrai qualcosa!”
“Io non voglio neanche una monetina. Soltanto, prometti di portarmi un vecchio acciarino che mia nonna dimenticò l'ultima volta che è stata laggiù.”
“Va bene, te lo prometto. Adesso, passami la corda intorno alla vita.”
“Eccola, ed ecco qui il mio grembiule a quadretti azzurri”.
Appena la corda fu ben tesa, il soldato si arrampicò sull'albero, poi si lasciò calare nel tronco cavo, giù giù, finché non toccò terra; e si ritrovò - come aveva detto la vecchia strega - in una grande stanza, in cui ardevano centinaia di lampade. Aprì la prima porta e – mio Dio!- ecco il grosso cane che lo fissava minacciosamente con gli occhi grandi come piattini di un servizio da tè!
“Sei proprio un bel tipo!”, disse il soldato. Lo afferrò, lo depose sul grembiule della strega, e, sollevato il coperchio del baule, prese a riempirsi le tasche di monete di rame. Poi, richiuse la cassa, ricollocò il cane sul coperchio ed entrò nella seconda stanza. Mamma mia! Eccolo il grosso cane con gli occhi grandi come macine da mulino!
“Non guardarmi cosi ché potrebbe farti male!”, gli disse. Poi, lo afferrò, lo depose sul grembiule steso sul pavimento, e... quante belle monete d'argento! Si affrettò a svuotarsi le tasche dalle monete di rame e a riempirle con le monete d'argento. E ne riempì anche lo zaino. Quindi, entrò nella terza ed ultima stanza. Che spettacolo orrendo! C'era davvero il cane con gli occhi grandi come la Torre Rotonda di Copenaghen, e quegli occhi li girava nel cranio come ruote.


Mathiesen A.

“Buonasera!” , disse il soldato, portandosi la mano al berretto in un saluto militare. Non aveva mai visto un cane di proporzioni e aspetto così ragguardevoli, ma, presto, si riprese, smise di osservarlo, lo depose sul grembiule steso sul pavimento e aprì il baule... Dio mio, quanto oro! Ci si poteva comprare l'intera Copenaghen, e tutti i porcellini di zucchero e tutti i soldatini di piombo e tutti i cavallucci a dondolo del mondo intero! Che gran tesoro! Si affrettò a gettar via l'argento e a prendere le monete d'oro: se ne riempì le tasche, e lo zaino, e il berretto, e perfino gli stivali, tanto che poteva a stento camminare. Adesso sì che era ricco! Chiuse il baule, ricollocò il cane al suo posto e gridò nel tronco cavo:
”Tirami su, vecchia strega!”
“Ce l'hai l'acciarino?”, chiese lei.
“E' vero! Me n'ero completamente dimenticato!”, e corse a prenderlo.
Allora, la strega lo tirò su, e il soldato si ritrovò sulla strada maestra, con tasche, zaino, berretto e perfino gli stivali ricolmi d'oro.
“Che te ne farai dell'acciarino?”, chiese.
“Non sono fatti tuoi! Tu hai avuto l'oro, dammi il mio acciarino!”
“Bada! Dimmi subito che vuoi farci, altrimenti estraggo la mia sciabola e ti stacco la testa!”
“No!” gridò la vecchia.
Allora lui, senza esitare, le tagliò la testa, e la vecchia cadde lunga distesa lì, sulla strada. Poi, il soldato riversò tutto l'oro nel grembiule, lo annodò, se lo gettò sulle spalle come una bisaccia, e si avviò di buon passo verso la città più vicina.
La città era grande e bella. Il soldato scese nell'albergo più lussuoso, scelse gli appartamenti più eleganti, e, per cena, ordinò tutti i suoi piatti preferiti, perché, adesso, era molto molto ricco!
Il servo che tirò a lucido i suoi stivali pensò, tra sé e sé, che erano davvero vecchi e malandati per un gentiluomo di così larghe sostanze. Ma, il giorno dopo, il soldato acquistò abiti e stivali adatti al suo nuovo stato, tanto che, in tutto e per tutto, sembrava un gentiluomo elegante e molto distinto.
Ricevette i notabili, che gli raccontarono le meraviglie della città e gli parlarono del Re e dell'affascinante Principessa sua figlia.
“Dove posso incontrarla?”, chiese il soldato.
“Nessuno può avvicinarla! Vive in un castello di rame circondato da alte muraglie e torri, e il Re solamente può andare a trovarla: una profezia dice che è destinata a sposare un semplice soldato, e certo il Re non potrebbe mai tollerare un simile matrimonio!”
'Quanto mi piacerebbe vederla!”, pensò il soldato, ma non ci fu verso di riuscirci.
Intanto, se la spassava. Andava a teatro, passeggiava in carrozza nei Giardini del Re, e distribuiva generosamente una gran quantità di denaro ai poveri, il che era proprio un bel gesto da parte sua. Il fatto è che non aveva dimenticato quanto fosse duro non avere un soldo. Adesso che era ricco ed elegantemente vestito, aveva tanti amici, che, con sua profonda soddisfazione, lo proclamavano un arguto e raffinato gentiluomo. Ma il denaro non era inesauribile: spendeva con larghezza e non aveva entrate di alcun genere; ben presto, si ritrovò solo con un paio di monete in tasca. Fu costretto ad abbandonare l'elegante appartamento in albergo e a trasferirsi in una misera mansardina, dove si lucidava da sé gli stivali, e li rattoppava con un grosso ago. Nessuno dei vecchi amici andava mai a trovarlo perché c'erano davvero troppi scalini da salire!
Una sera molto buia, poiché non aveva neanche una monetina per comprare una candela, si ricordò di un vecchio mòccolo attaccato a quell'acciarino che la vecchia strega gli aveva fatto portar su dall'albero cavo. Così, ritrovato l'acciarino, aveva appena fatto sprizzare qualche scintilla sfregando la pietra focaia, che la porta si spalancò ed entrò il grosso cane con gli occhi come piattini da tè che aveva incontrato nella stanza sotterranea.
“Che ordina il padrone?”, chiese.
“Toh, guarda! Ma che gran cosa questo acciarino che mi dà tutto ciò che desidero!” e ordinò al cane di portargli un po' di denaro. Il cane scomparve e ritornò in un batter d'occhio con una grossa borsa piena di monete di rame in bocca.
Così il soldato comprese appieno il valore dell'acciarino e come funzionava. Se lo batteva una volta, compariva il cane che custodiva le monete di rame, se lo batteva due volte, ecco il cane del baule colmo d'argento, e, se lo sfregava tre volte, era la volta del cane guardiano dell'oro. Il soldato, con le tasche nuovamente ben fornite, riprese possesso delle più belle stanze dell'albergo, comprò splendidi abiti... e i suoi vecchi amici lo riconobbero immediatamente, dimostrandogli la stessa devozione di prima.
Un giorno, disse tra sé e sé:
”E' proprio un peccato che nessuno possa vedere la Principessa: dicono che sia una gran bellezza! Ma a che le serve se deve vivere rinchiusa in quel castello di rame cinto da torri? Davvero, non c'è modo che io la veda? Dov'è il mio acciarino?”
Lo battè una volta e comparve il cane con gli occhi grandi come piattini.
“So che siamo nel cuore della notte, ma ho il desiderio irresistibile di vedere la Principessa, anche per un solo istante!”
In un batter d'occhio, il cane andò e tornò con la Principessa addormentata sul suo dorso: era così graziosa che chiunque avrebbe riconosciuto in lei una vera Principessa. Il giovanotto non riuscì a trattenersi e la baciò: dopotutto, era pur sempre un soldato! Dopo poco, il cane riportò indietro la fanciulla, ma, l'indomani mattina, prendendo il tè con il Re e la Regina, la Principessa raccontò lo stranissimo sogno che aveva fatto durante la notte, parlò di un cane e di un soldato, di come il cane l'avesse trasportata sul suo dorso e  di come il soldato l'avesse baciata.




Ségur A.


“Ah, ma bene! “, esclamò la Regina.
Quella notte, una delle vecchie dame di Corte ricevette l'incarico di vegliare accanto al letto della Principessa, per scoprire se si trattasse solo di un sogno.
Intanto, il soldato si struggeva dal desiderio di rivedere l'affascinante Principessa. Così, il cane tornò a rapirla e corse verso casa, veloce come il vento. Ma la vecchia Dama aveva infilato i suoi grandi stivali e gli tenne dietro. E scoprì che il cane, con la Principessa addormentata sul dorso, entrava in una grande casa. “Ah, ecco dove va!”, disse, e, con un pezzetto di gesso, tracciò una croce sul portone e se ne tornò indietro. Più tardi, riportando la Principessa, il cane si accorse della croce e ne disegnò una uguale su tutte le porte della città cosicché la vecchia Dama non potesse ritrovare la casa.
Il giorno dopo, di buon mattino, il Re, la Regina, la vecchia Dama e i Dignitari si recarono a vedere dove aveva trascorso la notte la Principessa.
“Ecco, è là!”, gridò il Re, non appena scorse una porta contrassegnata da una croce.
“Ma no, caro marito, è qui”, ribatté la Regina  dopo aver visto una seconda porta segnata dalla croce di gesso.
“Qui ce n'è una! Eccone un'altra!“, gridavano tutti, perché non vi era porta che non fosse stata contrassegnata da una croce. Così, capirono che era inutile insistere a cercare.
Ma la Regina era una donna molto furba: non si intendeva solo di passeggiate in carrozza! Prese le sue grandi forbici d'oro e tagliò degli scampoli quadrati ricavandoli da una pezza di seta, poi, confezionò un grazioso sacchetto, lo riempì fino all'orlo di farina finissima e lo cucì sulla schiena della Principessa. Quindi, praticò un minuscolo forellino sul fondo del sacchetto cosicché la farina si spandesse lungo tutta la strada che la Principessa avrebbe percorso.
Quella notte, il cane ritornò e si caricò sul dorso la Principessa addormentata per portarla da colui che tanto l'amava e che avrebbe voluto essere un principe per poterla ottenere in sposa.
Ma il cane non si accorse della farina che si era sparsa per tutto il cammino, dal castello fino all'abitazione del soldato, addirittura vicino alla finestra attraverso cui era passato con il suo prezioso fardello.
Così, l'indomani, il Re e la Regina non ebbero alcuna difficoltà a scoprire dove aveva trascorso la notte la loro figliuola: il soldato fu arrestato e gettato in carcere.
Com'era buio e desolato! Il soldato era proprio infelice; e lo fu ancor di più quando gli annunciarono che l'indomani sarebbe stato impiccato: non è il genere di notizia che ti tira su di morale! Oltretutto, aveva dimenticato l'acciarino in albergo.
Il mattino dopo, attraverso le sbarre della finestrella della sua cella, vide una folla di gente che si affrettava ad uscir fuori dalle porte della città per assistere alla sua impiccagione. I tamburi rullavano e i soldati sfilavano a passo di marcia. Un piccolo apprendista calzolaio, in grembiule di cuoio e ciabatte, era talmente trafelato che una delle ciabatte gli sfuggì dal piede e, dopo un bel volo, andò a sbattere proprio contro il muro dov'era la piccola finestra della cella in cui era rinchiuso il soldato.
"Ehi! Non ti scalmanare così, tanto non possono incominciare senza di me! Piuttosto, perché non corri al mio albergo a prendere il mio vecchio acciarino? Se lo farai, ti darò quattro monete. Ma devi sbrigarti!”
Al garzone non pareva vero di guadagnare quattro monete: gambe in spalla, si precipitò a prendere l'acciarino e a portarlo al soldato... E vediamo un po' cosa accadde dopo!
Fuori città, avevano eretto una grande forca. Era circondata da soldati schierati e da centinaia di migliaia di curiosi. Il Re e la Regina sedevano su magnifici troni, proprio di fronte ai giudici e all'intero Consiglio.
Il soldato aveva salito la scala, e già gli passavano la corda intorno al collo, quando gridò che era buona usanza concedere ad un condannato a morte un ultimo desiderio, e che il suo era davvero poca cosa: voleva fumare la sua vecchia pipa, perché sarebbe stata proprio l'ultima volta che avrebbe potuto farlo in questo mondo.
Il Re non poté rifiutare, e il soldato prese l'acciarino e lo sfregò una, due, tre volte, ed ecco il cane con gli occhi grandi come piattini da tè, e il cane con gli occhi grandi come macine da mulino, e quello con gli occhi grandi come la Torre Rotonda di Copenaghen!
“Aiutatemi! Salvatemi dalla forca!”, gridò il soldato, e i cani si lanciarono sui giudici e sui membri del Consiglio, e li afferrarono, chi per una gamba, chi per il naso, e li lanciarono in aria, ma così in alto che, quando ricaddero, si sfracellarono in mille pezzi.
“Non io!”, urlò il Re, ma il cane più grosso afferrò sia lui che la Regina e li lanciò dietro agli altri malcapitati. Allora i soldati e tutti i cittadini si spaventarono moltissimo e gridarono:
”Buon soldato, sii il nostro Re e sposa la bella Principessa!”






Lo caricarono sulla carrozza reale, e tutti e tre i cani correvano davanti alla carrozza gridando “Viva il Re!”, e, al loro passaggio, i ragazzini fischiavano infilandosi due dita in bocca e i soldati presentavano le armi. La Principessa uscì dal castello di rame e divenne Regina, la qual cosa le riuscì assai gradita.
I festeggiamenti nuziali durarono una settimana, e i cani sedettero a tavola spalancando tanto d'occhi.


Traduzione: Mab's Copyright

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