Galya Zinko
Grandi soli spandevano fuoco roteando vorticosamente, rutilanti pesci di fiamma si tuffavano nell'aria azzurrina, riflettendosi nella calma distesa del mare.
Lomaev A.
Era molto tardi, ma la Sirenetta non riusciva a staccare lo sguardo dal battello e dal bel Principe. I lampioni colorati si erano ormai spenti a bordo, e così i razzi nel cielo, e i cannoni tacevano, ma un sordo brontolio saliva dal profondo del mare.
La Sirenetta si lasciava cullare dalle onde, che, a tratti, la sollevavano all'altezza dei saloni. Il bastimento filava sempre più veloce, a vele spiegate.
E le onde, a mano a mano, si ingrossavano e rotolavano, più in fretta e più in alto; nuvoloni neri oscurarono il cielo, e, in lontananza, si vedeva il lampo azzurrino dei fulmini che cadevano in mare. Si appressava una tempesta terribile! I marinai si affrettavano ad ammainare le vele. Il grande battello scivolava veloce sul mare agitato; le onde si innalzavano minacciose, come enormi montagne nere, pronte a rovesciarsi sugli alberi della nave, ma, simile ad un cigno, il bastimento si tuffava nelle vertiginose discese tra un'onda e l'altra, e poi si lasciava trasportare di nuovo su, su, in alto. Alla Sirenetta pareva tutto un bellissimo gioco, ma non lo era per i marinai a bordo! Il bastimento gemeva e scricchiolava, finché i suoi fianchi cedettero al terribile urto dei marosi, e l'acqua irruppe al suo interno. L'albero maestro si spezzò in due come un tenero ramo, e il battello rimase coricato sul fianco, mentre l'acqua inondava la stiva.
Lomaev A.
La Sirenetta, finalmente, si rese conto del terribile pericolo che incombeva sull'equipaggio e sugli ospiti: ella stessa doveva star bene attenta a non ferirsi, e schivava i rottami del battello che le galleggiavano tutt'intorno. Ora, la tenebra era così densa che non riusciva a distinguere nulla; ora, le saette diffondevano un chiarore tale che poteva scorgere ogni persona a bordo.
La Sirenetta, che non perdeva mai di vista il giovane Principe, lo vide cadere in mare quando il bastimento si squarciò. Dapprima ne fu felice pensando che, finalmente, sarebbe sceso giù, nelle acque profonde, da lei. Ma, poi, si ricordò che gli esseri umani non sopravvivono sott'acqua, e che i marinai dei bastimenti affondati giungevano cadaveri al palazzo di suo padre, il Re del Mare. No, il Principe non doveva morire.
C. Birmingham
C. Birmingham
Ed ecco, era in vista la terraferma: alte montagne azzurrine inghirlandate di candida neve, come se ospitassero stormi di bianchi cigni addormentati; e, più giù, grandi boschi verdeggiavano sino alla costa. Un grande edificio bianco, una chiesa o un chiostro, sorgeva non lontano. Era circondato da un giardino olezzante di aranci e limoni, e, davanti al grande portone, palme maestose ondeggiavano alla brezza. Là vicino, il mare, calmo come uno specchio, ma profondo, formava un'insenatura. La Sirenetta nuotò verso la riva ricoperta da finissima rena bianca, e depose dolcemente il bel Principe sulla sabbia, avendo cura che il tiepido sole gli battesse sul viso. Suonarono le campane del grande edificio bianco, e una frotta di giovinette si riversò nel giardino. La Sirenetta, allora, si nascose tra gli scogli, e si ricoprì di schiuma il collo ed i capelli, così da non esser scorta, e rimase a vedere se qualcuno avrebbe soccorso il Principe.
Poco dopo, una delle giovinette si avvicinò. Sulle prime, s'impaurì, poi, corse a chiedere aiuto alle altre. La Sirenetta vide che il Principe ritornava in sé e sorrideva alle sue soccorritrici. Non un sorriso per lei: neanche sapeva che le doveva la sua salvezza. Profondamente triste, la Sirenetta attese finché non lo vide sparire all'interno del grande edificio bianco, solo allora, si immerse nelle acque profonde, e ritornò al Palazzo di suo padre.
C. Birmingham
Era sempre stata quieta e riflessiva. Adesso, lo era più che mai. Le sorelle le domandarono che cosa avesse visto nel mondo di Lassù, ma la Sirenetta non volle raccontare nulla. Molto spesso, il mattino e la sera, ritornava dove aveva lasciato il Principe. Aveva visto maturare i frutti del giardino, e li aveva visti cogliere. Aveva visto sciogliersi le nevi sulle alte montagne azzurrine, ma non aveva mai più rivisto il Principe, e, ogni volta, se ne ritornava a casa sempre più disperata.
La sua unica consolazione era starsene nella sua aiuola a rimirare la bella statua di marmo che le rammentava il Principe; ma non aveva più cura dei suoi fiori: li lasciava crescere selvatici, infestare i sentieri, intrecciare i lunghi steli e le foglie con i rami degli alberi, tanto che in quel groviglio non penetrava più neanche la luce.
C. Birmingham
Infine, non resistette e raccontò tutto ad una delle sue sorelle, e, così, anche le altre Principesse vennero a saperlo. E mantennero il segreto, eccezion fatta per qualche altra sirena, che lo rivelò soltanto alle amiche più intime.
Una di codeste sirene sapeva chi era il Principe, aveva assistito alla festa a bordo del bastimento, e riferì dove si trovasse il suo Regno.
"Vieni, sorellina!", dissero le Principesse, e si presero tutte per mano e risalirono in lunga fila sino al luogo dove sapevano che sorgeva il palazzo del Principe.
Il palazzo era di luminosa pietra gialla, ampie gradinate di marmo si snodavano fino al mare; sotto maestose cupole dorate, e tra le file di colonne che cingevano il palazzo, si ergevano splendide statue di marmo, che parevano vive. Attraverso i vetri tersi delle alte finestre, potevano ammirare le sale, i preziosi tendaggi di seta, e gli arazzi, e le pareti ricoperte di magnifici affreschi così belli che erano un incanto per gli occhi. Proprio nel centro del salone più grande, c'era una imponente fontana; e il getto sprizzava su, in alto, verso la volta di cristallo, da cui piovevano i raggi del sole sull'acqua e sulle piante lussureggianti che circondavano la vasca.
C. Birmingham
Ora che la Sirenetta sapeva dove abitava il Principe, quante notti trascorse in quelle acque! Nuotava molto più vicino alla terraferma di quanto avessero mai osato le sue sorelle; risaliva addirittura lo stretto canale fin sotto la splendida terrazza di marmo che proiettava la sua ampia ombra sull'acqua, e se ne stava nascosta, spiando il giovane Principe perso nei suoi pensieri al chiaro di luna, credendosi solo.
C. Birmingham
Spesso, la sera, il Principe salpava, fra musiche e canti, sulla sua imbarcazione con gli stendardi al vento; e la Sirenetta lo spiava, nascosta tra i verdi giunchi, e, se la brezza agitava un lembo del suo lungo, argenteo velo, e qualcuno lo scorgeva, la scambiava per un grande cigno bianco che spiegava le ali. Non di rado, la notte, quando i pescatori prendevano il mare aperto con le loro torce accese, capitava che la Sirenetta sentisse dire un gran bene del Principe, e, allora, si rallegrava di avergli salvato la vita, quando era in punto di morte, inerme, in balìa della furia delle onde, e ricordava l'abbandono del suo capo sulla propria spalla, e la tenerezza con cui lo aveva baciato. Ma il Principe non poteva serbarne ricordo né sognare di lei.
N. Illarionova
Sempre più la Sirenetta amava la razza umana, e, sempre più, nutriva lo struggente desiderio di poter vivere fra coloro che - le pareva - godevano di un mondo ben più vasto del suo: correrevano i mari sui loro bastimenti, e scalavano le alte montagne al di sopra delle corone di nubi, e le loro terre si estendevano a perdita d'occhio. Tante le domande che aveva nel cuore, ma le sorelle non sapevano rispondere, e, allora, tornava a rivolgersi alla vecchia Nonna che conosceva tante cose su quel mondo che ella, molto a proposito, chiamava: il Mondo-sopra-il Mare.
Dorothy Lathrope
"Se un essere umano non affoga - domandava la Sirenetta - può vivere per sempre? Non muoiono mai Lassù, a differenza di ciò che accade a noi, Popolo del mare?"
"Oh, no - rispondeva la vecchia Regina Vedova - Anch'essi devono morire, anzi, la loro vita è persino più breve della nostra. Noi possiamo vivere anche trecento anni, ma, al termine della nostra esistenza, trasformati in candida spuma, vaghiamo per sempre sulle onde del mare, e non abbiamo nemmeno una tomba, quaggiù, vicino a coloro che amiamo. Vedi, noi non possediamo un'anima immortale e non abbiamo altra vita che questa: siamo come le verdi alghe, che, una volta tagliate, non rifioriscono mai più. Gli esseri umani, invece, hanno un'anima che continua a vivere anche quando il corpo è oramai polvere, e la loro anima sale in cielo, tra le stelle luminose. Come noi saliamo fin sulla superficie del mare per contemplare tutti i Paesi della terra, così gli uomini si innalzano fino a remote plaghe celesti che noi non conosceremo mai."
"Perché non è data anche a noi un'anima immortale? - chiedeva, addolorata, la Sirenetta - Darei volentieri le centinaia d'anni che ho ancòra davanti a me, per vivere un giorno, anche un solo giorno, da essere umano, e avere la speranza di salire anch'io tra le stelle luminose".
"Non devi pensare a queste cose - replicava la Nonna - Noi siamo molto più felici e la nostra esistenza è più ricca e piacevole di quella degli uomini."
"Mi toccherà dunque morire, e divenire spuma di mare, e non ascolterò mai più la dolce musica delle onde, e non vedrò mai più i bei fiori e il sole purpureo? E non posso far nulla per conquistare un'anima immortale?"
"No - le rispondeva la Nonna - Solo se un uomo ti amasse più di quanto egli ami il proprio padre e la propria madre, solo se si legasse a te con la mente e con tutto il suo cuore, e, davanti ad un sacerdote, mettesse la sua mano destra nella tua e ti giurasse fedeltà per la sua vita mortale e per tutta l'eternità, solo allora la sua anima immortale si riverserebbe in te e parteciperesti alla felicità umana. L'uomo che ti amasse darebbe a te un'anima, e, tuttavia, non perderebbe la sua. Ma non accadrà mai: ciò che per noi, Popolo del mare, è segno peculiare di bellezza, la coda di pesce, risulta ripugnante agli occhi degli umani. Non capiscono nulla. Lassù, per essere considerati belli, è necessario reggersi su due goffe appendici ".
La Sirenetta sospirò, guardando tristamente la sua coda di pesce.
"Su, stiamo allegri! - esclamò la vecchia Regina - Danziamo e cantiamo per questi trecento anni che abbiamo da vivere. Mi pare che sia un bel po' di tempo prima di sprofondare nel Nulla. Questa sera a Corte si darà un gran ballo".
E un gran ballo nel Palazzo del Re del Mare era un evento straordinario, inimmaginabile per noialtri, sulla Terra.
Pareti e volta della imponente sala da ballo erano di cristallo molto spesso ma trasparente. Centinaia e centinaia di enormi conchiglie, rosee come le rose più belle, verdi come l'erba più tenera, disposte ai lati in lunghe file, custodivano fiamme azzurrine, che illuminavano la sala da ballo, e, attraverso le pareti trasparenti, anche il mare tutto intorno, che pareva in fiamme.
Pesci grandi e piccoli nuotavano verso le muraglie di cristallo: alcuni avevano le scaglie di porpora, altri, risplendevano d'oro e d'argento.
Una vorticosa corrente attraversava la sala, e, in quell'acqua, i Cavalieri e le Dame del mare danzavano senza sosta, al ritmo delle loro magiche canzoni, sconosciute sulla Terra. La Sirenetta cantava più soavemente di tutti, e la Corte applaudiva battendo le mani e agitando la coda, tanto che, per un breve attimo, ella si sentì felice di possedere la voce più melodiosa che fosse mai esistita nel profondo mare o sulla Terra.
Ma, ben presto, riprese a pensare al mondo di Lassù, poiché non riusciva a dimenticare il bel Principe, né il proprio rimpianto per non avere un'anima immortale come la sua. E fu per questo che scivolò fuori dal Palazzo di suo padre, e, mentre nelle belle sale risuonavano ancòra la musica festosa e i canti di gioia, ella sedette sola e malinconica nella sua piccola aiuola.
Ed ecco, il suono di un corno echeggiò attraverso le acque profonde, e giunse fino a lei, e la Sirenetta pensò:
"Oh, di certo, lassù, sta salpando nella sua barca il bel Principe che amo più di quanto io abbia mai amato mio padre e mia madre, colui al quale vanno tutti i miei pensieri, e nelle mani del quale metterei ogni speranza di felicità della mia vita. Sono pronta a tutto pur di conquistare il suo amore e un'anima immortale. Che le mie sorelle danzino nella reggia paterna: io andrò andrò a cercare la Strega del mare, che mi ha sempre fatto tanta paura, ma, che, forse, potrà darmi consiglio ed aiuto".
Lomaev A.
Fine Seconda Parte
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