domenica 19 febbraio 2017

La Sirenetta, H.C. Andersen, Traduzione Mia (Terza e Ultima Parte)


Gabriel Pacheco



E la Sirenetta abbandonò la sua aiuola e nuotò fino al gorgo mugghiante al di là del quale abitava la Strega. Non si era mai spinta in quei luoghi remoti, dove non crescevano fiori né erbe marine. Solo nuda sabbia grigia si estendeva fino al vertiginoso abisso dove un terribile vortice d'acqua turbinava come la ruota di un mulino, e trascinava nello sprofondo tutto ciò che riusciva a ghermire.
E i vapori velenosi di quel vortice dovette attraversare la Sirenetta per raggiungere il dominio della Strega del Mare, e, per un lungo tratto, fu costretta a nuotare sul pantano ribollente che la Strega chiamava la sua torbiera.
E al di là del pantano era la sua dimora, nel mezzo di una foresta ben strana, i cui alberi, rami e sterpeti erano, infatti, polipi, per metà animali e per metà piante.
Parevano serpenti dalle cento teste che spuntavano dal suolo: i rami erano lunghe braccia viscide, con dita mollicce come vermi, ed era tutto un torcersi ed uno strisciare, e ciò che riuscivano a brancicare lo avvinghiavano stretto e non lo lasciavano andare mai più.
Per un istante, alla Sirenetta mancò il cuore per lo spavento: fu tentata di tornare indietro, ma ripensò al Principe, ripensò all'agognata anima immortale, e riprese coraggio. Si avvolse i lunghi, fluttuanti capelli intorno alla testa perché i polipi non glieli afferrassero, si strinse le braccia sul petto, e continuò ad avanzare, guizzando come un pesce, tra le orribili lunghe braccia e le dita mollicce protese per afferrarla.
Vide uomini annegati e colati a picco sul fondo, e, adesso, bianchi scheletri nella morsa dei polipi, e remi e relitti di naufragi, e ossa di animali marini, e scheletri di navi affondate, e persino una piccola sirena che i polipi avevano ghermito e strangolato, e questo fu lo spettacolo più orribile da sopportare per la Principessina.
Giunse, infine, ad una grande palude nel cuore della spaventosa foresta, dove enormi bisce d'acqua strisciavano all'intorno, e svolgevano le loro spire mostrando il ventre giallastro. E nella palude sorgeva la dimora della Strega, edificata con bianche ossa di naufraghi, e là se ne stava la Strega, impegnata a dar da mangiare ad un rospo dalla propria bocca, così come noialtri, a volte, porgiamo un pezzetto di zucchero ad un canarino.
La Strega chiamava gli orridi serpenti  i "suoi cari pulcini", e lasciava che le strisciassero in grembo e intorno alle spalle.



Lomaev A.





"So bene ciò vuoi! - disse alla Sirenetta - E lo trovo incredibilmente stupido da parte tua, ma sarà fatta la tua volontà poiché non ti porterà altro che sventura, mia affascinante Principessa. Vuoi liberarti della tua coda di pesce, e avere, al suo posto, due colonne come quelle che gli uomini  usano per camminare, affinché il bel Principe si invaghisca di te, e, con il suo amore, possa donarti un'anima immortale".
E, su queste parole, la Strega scoppiò in un riso così stridulo e odioso che il rospo e le bisce d'acqua precipitarono al suolo, e là rimasero, strisciando e contorcendosi.
"Tuttavia, arrivi giusto in tempo - continuò - Trascorsa l'alba di domani non avrei più potuto aiutarti, e avresti dovuto aspettare un anno intero. Ti preparerò un filtro: domattina, prima del sorgere del sole, dovrai nuotare sino alla terraferma, e, là, bere il filtro. La tua coda si spartirà e diventerà ciò che la gente di Lassù chiama gambe, ma bada: avvertirai un dolore acutissimo, come se una spada affilata ti trapassasse il corpo. Tutti quelli che incontrerai diranno che sei la più bella figlia degli uomini che abbiano mai visto. Flessuose ed eleganti resteranno le tue movenze, e nessuna danzatrice sarà agile e affascinante come te, ma, ad ogni passo, sarà come se camminassi su coltelli acuminati, come se tutto il tuo sangue ti scorresse via, goccia a goccia. Se credi di poter sopportare tutto ciò, io posso aiutarti".
"Sì", disse la Sirenetta, con voce tremante; e ripensò al Principe e all'anima immortale.
"Ma tieni bene a mente questo - continuò la Strega - Una volta che avrai acquistato forma umana, non potrai tornare ad essere una sirena, non potrai mai più immergerti nelle acque profonde con le tue sorelle, né potrai rivedere il Palazzo di tuo padre; e, se non riuscirai a far sì che il Principe ti ami tanto da dimenticare padre e madre per te, se non otterrai che egli ti dia il suo cuore e la sua anima e chieda ad un sacerdote di unire le vostre mani, tu non avrai un'anima immortale. E, all'alba del giorno dopo il suo matrimonio con un'altra, il tuo cuore si spezzerebbe e ti scioglieresti in spuma di mare".
"Sono pronta a tutto", disse la Sirenetta, ma era più pallida di una morta.



Lomaev A.



"E dovrai anche pagarmi, bada bene!- disse la Strega - E non sarà poca cosa ciò che ti chiedo. Tu hai la voce più bella che si sia mai sentita in fondo al mare, e speri, con la tua voce meravigliosa, di affascinare il Principe, ma devi darla a me. Dovrai darmi la tua dote più preziosa, in cambio del mio filtro. Serve il mio stesso sangue perché il filtro sia potente come una spada a doppio taglio."
"Ma se mi togli la voce - disse la Sirenetta - che mi resterà?"
"La tua bellezza - rispose la Strega - e il tuo incedere elegante e le affascinanti movenze, e gli occhi che parlano, con cui potrai certo conquistare un cuore umano. Hai perduto tutto il tuo coraggio? Tira fuori la tua piccola lingua ché io la tagli in pagamento dei miei servigi, e avrai il mio potente filtro"
"Così sia!", disse la Sirenetta.
Allora, la Strega del Mare mise sul fuoco la pentola dove far bollire il filtro.
"La pulizia è la prima cosa!", sentenziò, e la ripulì con un cencio che era, in realtà, un groviglio di serpenti annodati, poi si graffiò il petto e lasciò colare nella pentola il suo sangue nero. Il vapore che si sprigionò dal calderone si innalzava assumendo le forme più strane e terribili. Ad ogni momento, la Strega gettava un nuovo ingrediente nella pentola, e, quando il filtro prese a bollire, pareva di sentire il pianto di un coccodrillo.


C Birmingham



Finalmente, il filtro fu pronto ed era limpido e trasparente come l'acqua più pura.
"Eccoti servita!", disse la Strega, e mozzò la lingua della Sirenetta, ed ella divenne muta per sempre e mai più poté cantare e parlare.
"Se i miei polipi dovessero ghermirti, quando riattraverserai la foresta - disse, infine, la Strega - non dovrai far altro che spruzzarli con qualche goccia di questo filtro, e i loro tentacoli si ridurranno in cenere".
Ma la Sirenetta non ne ebbe bisogno perché i polipi si ritraevano non appena vedevano il liquido che fiammeggiava tra le sue mani come una stella. E così riattraversò l'orrida foresta, il pantano ribollente e il gorgo mugghiante.



Illarionova N.



Ritornò al Palazzo del Re suo padre. Le luci del salone da ballo erano spente: sicuramente, tutti, nella reggia, dormivano di un sonno profondo. La Sirenetta non osò  rivedere la sua famiglia adesso che, diventata muta, era sul punto di abbandonarla per sempre. Le pareva che il cuore le si spezzasse nel petto per la gran pena. Scivolò nel giardino reale, colse un fiore dall'aiuola di ciascuna delle sue sorelle, mandò mille baci verso il Palazzo, e salì in superficie attraverso l'azzurro cupo delle acque profonde.
Quando raggiunse il palazzo del Principe, non albeggiava ancòra, pure, la superba scalinata di marmo era tutta illuminata dal meraviglioso chiaro di luna.
La Sirenetta bevve il filtro, che, simile a fiamma viva, le arse la gola, e sentì come se una spada affilatissima le trapassasse le fragili membra, e svenne, arrovesciata sui gradini.



Illarionova N.


C. Birmingham



Quando riprese i sensi, il sole era alto sul mare. Avvertì un dolore lancinante, ma vide accanto a sé il bel Principe. Egli la fissava con i suoi grandi occhi neri con tale intensità che la Sirenetta abbassò i suoi. Si accorse, allora, che la coda di pesce era sparita, e che, al suo posto, c'erano i più bei piedini che una fanciulla terrestre potesse desiderare. Ma era nuda e si coprì avvolgendosi nei suoi lunghi capelli.
Il Principe le domandò chi fosse e come avesse raggiunto il castello, e la Sirenetta lo guardò con grande dolcezza, ma i suoi profondi occhi azzurri erano velati di tristezza perché non poteva parlare. Allora, il Principe la prese per mano e la condusse a Palazzo.
Ad ogni passo, come la Strega aveva predetto, le pareva di camminare su aghi acuminati o su affilati coltelli, ma sopportava quella tortura senza un lamento. Camminava al fianco del Principe, leggera come schiuma di mare, e tutti rimanevano incantati dalla grazia affascinante del suo incedere flessuoso.
A Corte, fu rivestita di magnifici abiti di seta e di vaporosa mussolina, e a Palazzo non vi era creatura più bella e incantevole di lei, ma era muta, non poteva cantare né parlare. Bellissime schiave vestite di seta e d'oro cantarono per il Principe e per la famiglia reale: una delle schiave cantò più melodiosamente delle altre, e il Principe l'applaudì a lungo e le sorrise, e la Sirenetta si rattristò poiché sapeva bene che, un tempo, possedeva una voce che non temeva rivali, e pensava: 'Oh, se solo sapesse che ho rinunciato per sempre alla mia voce pur di vivergli accanto!'
Le schiave si esibirono, poi, in languide, bellissime danze, al suono di una musica soave. Allora, la Sirenetta sollevò le belle braccia candide, si alzò sulle punte dei piedi, e danzò - flessuosa e così leggera che sfiorava appena il pavimento - come nessun'altra avrebbe mai potuto danzare. Ad ogni passo pareva più bella, e i suoi occhi parlavano più di mille lingue e i suoi sguardi andavano diritti al cuore più del meraviglioso canto delle schiave. Tutta la Corte ne fu conquistata, e più di tutti il Principe, che la chiamò la sua piccola trovatella, e la Sirenetta danzò ancòra e ancòra, benché, ogni volta che i suoi piedini sfioravano il pavimento, le sembrasse di camminare su affilati coltelli.



Illarionova N.



Il Principe decise che la Sirenetta non avrebbe mai abbandonato il Palazzo, e le permise di dormire dietro la porta della sua camera su di un cuscino di velluto.
Ordinò che le cucissero un abito da paggio perché lo accompagnasse quando usciva a cavallo. E cavalcavano insieme per i boschi profumati, dove il verde fogliame sfiorava loro le spalle, e gli uccellini cantavano fra i teneri germogli.
La Sirenetta scalava con il Principe le montagne più alte, e, quando i suoi piedini delicati le sanguinavano tanto che tutti se ne accorgevano, ne rideva, e lo seguiva ancòra più in alto, dove potevano ammirare le nuvole che si rincorrevano sotto i loro piedi come stormi di uccelli che migravano verso cieli lontani.
Quando era notte, e tutti, nel castello del Principe, dormivano profondamente, la Sirenetta usciva all'aperto e si sedeva sull'orlo della scalinata di marmo. La gelida acqua del mare dava un po' di sollievo ai suoi poveri piedini brucianti, e, poi, ripensava alla sua famiglia, che era laggiù, nelle profondità marine.
Una notte, emersero dalle acque le sue sorelle. Si tenevano per mano e cantavano tristamente lasciandosi trasportare dalle acque; la Sirenetta fece loro un cenno di lontano. Allora, si avvicinarono e la riconobbero, e le raccontarono del dolore provato per la sua fuga. E vennero a salutarla ogni notte, e, una volta, ella scorse in lontananza la vecchia nonna, la Regina Vedova, che non saliva in superficie da anni ed anni, e vide suo padre, il Re del Mare, con la corona in testa. Tesero le braccia verso di lei, ma non si arrischiarono ad avvicnarsi alla terraferma come le sue sorelle.


Lathrope Dorothy



Man mano che passava il tempo, la Sirenetta diventava sempre piu cara al cuore del Principe. Le voleva il bene che può ispirarci un tenero fanciullo, ma fare di lei la sua sposa! ... Non ci aveva mai neanche pensato. Pure, se non fosse diventata sua moglie, conquistandosi così un'anima immortale, la mattina successiva al giorno delle sue nozze con un'altra, la Sirenetta si sarebbe disciolta in spuma di mare.
"Non mi vuoi bene più che a tutte le altre?", pareva che domandassero gli occhi della Sirenetta, quando il Principe la prendeva fra le sue braccia e le baciava la bella fronte.
"Sì, nessuna mi è più cara più di te - diceva il Principe - perché hai il cuore più sincero e mi sei più devota di ogni altro, e il tuo volto mi ricorda quello di una fanciulla che ho incontrato una volta soltanto, e che, di certo non ritroverò mai. Ero a bordo di un bastimento che naufragò: le onde mi gettarono su di una spiaggia presso un Tempio dove dimoravano alcune fanciulle consacrate. La più giovane mi trovò sulla spiaggia e mi salvò la vita. Non l'ho mai più incontrata, ma è la sola donna che potrei amare di vero amore in questo mondo. Eppure tu cancelli quasi la sua immagine dal mio cuore da quanto le somigli, e lei è consacrata al Tempio. E stata la mia buona stella a mandarti a me. Non ci separeremo mai!"
"Ah, non sa che io, io gli salvai la vita! - pensava la Sirenetta - Io l'ho portato attraverso il mare in tempesta fino alla spiaggia nei pressi del Tempio; io sono rimasta lì nascosta nella schiuma di mare, sperando che qualcuno venisse a soccorrerlo, e ho visto la bellissima fanciulla che egli ama più di quanto ami me!"
E sospirava tristemente. Piangere non poteva.
"Quella fanciulla è consacrata al Tempio - pensava -  e non potrà tornare nel mondo, non si incontreranno mai più. Io vivo con lui e lo vedo ogni giorno: ne avrò cura, lo amerò, gli dedicherò la vita."
Ma, ben presto, si diffuse la notizia che il Principe avrebbe preso in moglie la bellissima figlia del Re di un vicino Reame. Si stava approntando un magnifico bastimento poiché, ufficialmente, il Principe avrebbe visitato i Paesi vicini, ma, in realtà, era stato combinato un incontro con la Principessa straniera, e un gran seguito lo avrebbe accompagnato.
La Sirenetta scuoteva il capo e sorrideva: nessuno conosceva meglio di lei i pensieri del Principe.
"Devo partire - le aveva detto - devo incontrare la bella Principessa poiché i miei genitori lo esigono, ma non riusciranno mai a costringermi a sposarla. So che non posso amarla di vero amore. Non rassomiglia come te alla bella fanciulla del Tempio. Se, un giorno, dovessi scegliermi una sposa, sceglierei te, mia piccola trovatella senza voce, mia povera piccola dagli occhi che parlano."
E baciò le sue labbra rosse, e giocherellò con i suoi lunghi capelli, e posò il capo sul cuore che sognava l'amore umano e un'anima immortale.
"Non ti fa paura il mare, mia cara piccola muta?", le domandò, quando furono sul bastimento che doveva portarli al Regno vicino, e le narrò di burrasche e di bonacce, e di strani pesci che se ne stanno nascosti nei fondali, e di ciò che i palombari avevano visto. E la  Sirenetta sorrideva fra sé dei suoi racconti, poiché nessuno meglio di lei sapeva cosa c'è in fondo al mare.



Illarionova N.



Quella notte, mentre tutti dormivano all'infuori del pilota, la Sirenetta se ne stava appoggiata al parapetto, guardando giù nell'acqua trasparente. Le parve di scorgere il Palazzo di suo padre. In cima, tra i merli, stava la vecchia Nonna, con la corona d'argento in testa e scrutava in alto, attraverso la corrente, cercando la chiglia della nave. Poi, emersero le sue sorelle, e le rivolsero sguardi colmi d'angoscia e si torcevano le bianche mani. Ella fece un cenno e sorrise, cercando di rassicurarle, di mostrare che stava bene ed era felice, ma, all'improvviso, le si avvicinò il marinaio di guardia e le sorelle si immersero precipitosamente sott'acqua, e il marinaio credette che quel candore laggiù non fosse altro che schiuma sulla cresta delle onde.


C. Birmingham



La mattina dopo, il bastimento entrò nel porto della magnifica Capitale del vicino Reame. Le campane suonavano a festa, e le trombe squillavano dall'alto delle torri, e i soldati erano schierati con le lucide baionette in canna e le bandiere garrivano al vento. Ogni giorno si svolgeva un nuovo festeggiamento: balli, ricevimenti e mille altri divertimenti si susseguivano senza sosta.Ma la Principessa non si vedeva.
Si diceva che fosse stata educata in un Tempio perché apprendesse come affrontare i doveri legati al suo rango reale.
E, finalmente, arrivò. La Sirenetta era curiosa di conoscere la Principessa la cui bellezza veniva tanto celebrata, e, quando la vide, fu costretta ad ammettere che era davvero bellissima: il suo incarnato era di un candore senza difetto, e i suoi begli occhi sinceri, di un turchino cupo, sorridevano all'ombra delle lunghe ciglia.
"Voi siete la fanciulla che mi salvò, quando giacevo come morto sulla spiaggia!", gridò il Principe, e la strinse al suo petto, mentre la giovane promessa sposa arrossiva.



Illarionova N.



"Oh, sono troppo felice! - esclamò il Principe rivolto alla Sirenetta - il mio desiderio più caro si è avverato. Tu che mi ami più di ogni altro ti rallegrerai di certo per la mia felicità!"
La Sirenetta gli baciò la mano, ma sentiva il cuore che le si spezzava in petto: non le toccava forse morire l'indomani delle nozze? Morire e trasformarsi in spuma di mare. Le campane della Capitale suonavano a distesa, e gli araldi percorrevano a cavallo le vie della città, annunciando le imminenti nozze regali. Sugli altari ardevano rari olii profumati dentro preziose lampade d'argento, i sacerdoti agitavano i turiboli dell'incenso, e gli sposi congiunsero le mani e ricevettero la benedizione del Vescovo. La Sirenetta, in una bella veste di seta e di oro, reggeva lo strascico della sposa; ma i suoi orecchi non udivano la musica sacra, i suoi occhi non seguivano la cerimonia: pensava solo all'imminente alba della sua morte e a tutto ciò che aveva sacrificato.



C. Birmingham



Quella sera stessa, gli sposi partirono a bordo del bastimento, salutati dalle salve dei cannoni e dalle bandiere sventolanti; nel centro del ponte era stato allestito un prezioso padiglione di porpora e d'oro, arredato con ricchi cuscini su cui gli sposi avrebbero riposato, godendosi il fresco di quella notte di quiete. Il vento gonfiò le vele e la nave solcò rapida e leggera il mare tranquillo.




C. Birmingham



Quando scese l'oscurità, accesero centinaia di lampade colorate, e i marinai ballarono sopra coperta. La Sirenetta ripensò alla prima volta che aveva lasciato le profondità del mare, e aveva assistito ad un simile festeggiamento, e si unì al turbinìo delle danza: pareva che volasse come vola un cigno inseguito, e tutti l'applaudirono e la ammirarono, poiché non aveva mai danzato così divinamente. I suoi poveri piedini erano piagati, come feriti da affilati coltelli, ma ella non sentiva più alcun dolore perché una pena più atroce straziava il suo cuore.
Era l'ultima sera in cui vedeva colui per il quale aveva rinunciato a tutto, al suo mondo, alla sua famiglia, alla sua voce meravigliosa, per amore del quale aveva sofferto ogni giorno torture inenarrabili, e lui neanche sospettava la verità.
Era l'ultima sera in cui respirava la stessa aria che lui respirava, l'ultima sera in cui contemplava il cielo tempestato di stelle ed il mare profondo: l'attendeva l'eterna notte senza pensiero e senza sogni poiché non aveva un'anima, né le restava speranza di conquistarne una.
La mezzanotte era passata, e ancòra si festeggiava e si ballava, e anche la Sirenetta rideva e danzava, con la morte nel cuore.
Il Principe baciò la sua sposa, ed ella gli accarezzò i capelli neri come ala di corvo, poi mano nella mano, andarono a riposare nel magnifico padiglione.
A bordo tutto tacque; tutti dormivano, tranne il pilota al timone, e la Sirenetta appoggiò le candide braccia al parapetto della nave, e guardava verso oriente, dove stava per spuntare l'alba - ahimè - l'alba che, con il suo primo raggio rosato, l'avrebbe uccisa.
Ed ecco, scorse emergere dalle onde le sue sorelle: erano pallide come lei, e non avevano più i loro magnifici, lunghissimi capelli.
"Li abbiamo dati alla Strega, per chiedere il suo aiuto, affinché tu non muoia all'alba. Ella ci ha dato un pugnale: eccolo! Vedi com'è affilato! Prima che spunti il sole, devi immergerlo nel cuore del Principe, e. quando il suo sangue caldo sprizzerà sui tuoi piedi, essi si riuniranno in una coda di pesce, e tornerai sirena, tornerai da noi, e potrai vivere i trecento anni che ti sono destinati, prima di divenire spuma di mare. Affrettati! O lui o te. Uno dei due deve morire prima dello spuntar del sole. La nostra vecchia Nonna si strugge dall'angoscia, tanto che i suoi candidi capelli le sono caduti, come caddero i nostri sotto le forbici della Strega. Uccidi il Principe e torna da noi! Affrettati! Non vedi quel barlume rosso nel cielo? Tra pochi minuti il sole sorgerà, e tu dovrai morire".



Lomaev A.



E, con un profondo sospiro, scomparvero sott'acqua. La Sirenetta scostò la tenda del padiglione, e vide la bellissima sposa che dormiva col capo sulla spalla del Principe: si chinò e gli baciò la bella fronte, e poi guardò il cielo, dove l'alba si accendeva di porpora, poi guardò il pugnale affilato, e di nuovo il Principe, che, nel sonno, mormorava il nome della sposa. Non esisteva che lei nei suoi pensieri. Il pugnale le tremò fra le dita, e la Sirenetta lo gettò via, nelle onde che si tinsero di rosso dove esso cadde, e gli spruzzi parvero gocce di sangue.



C. Birmingham



Guardò un'ultima volta il Principe, con gli occhi che già si velavano, poi, si gettò in mare, e sentì il suo corpo dissolversi in candida spuma.

E QUI - PER ME - POTREBBE CONCLUDERSI GLORIOSAMENTE LA FIABA....

E il sole sorse maestoso dalle acque. I raggi tiepidi scaldarono la gelida spuma e la Sirenetta non sentì arrivare la morte. Vide il sole glorioso alto nel cielo, e, sopra di lei, fluttuavano centinaia di splendide figure eteree attraverso le quali scorgeva le bianche vele della nave e le nuvole orlate di porpora. Le loro voci erano una melodia così spirituale che nessun orecchio umano avrebbe potuto udirla, così come nessun occhio umano poteva vedere quegli esseri, che, pur non avendo ali, galleggiavano per l'aria. La Sirenetta si accorse di essere diventata simile a loro, e che a loro si riuniva innalzandosi dalla cresta spumosa del mare.
"Dove vado?", domandò; e la sua voce riusonò come la voce di quegli esseri, una melodia spirituale che nessuna musica terrena avrebbe potuto eguagliare.
"Dalle Figlie dell'Aria! - le risposero - Le sirene non hanno un'anima immortale, e non possono conquistarla se non grazie all'amore di un mortale: la loro vita eterna dipende da una volontà a loro estranea. Neanche le Figlie dell'Aria hanno un'anima immortale, ma possono guadagnarsela compiendo buone opere.
Voliamo nei Paesi caldi, e scacciamo con la nostra frescura gli effluvi grevi della peste che uccidono gli uomini. Spargiamo nell'aria le fragranze dei fiori, e rechiamo sollievo e guarigione. Se per trecento anni avremo cercato di fare tutto il bene che possiamo, ci sarà data un'anima immortale, e condivideremo la felicità eterna degli uomini. Tu, povera Sirenetta, hai cercato con tutto il cuore di conquistare ciò a cui anche noi aspiriamo, hai penato e sopportato la tua pena, e, grazie alla tua bontà, sei salita tra le Figlie dell'Aria, e, fra trecento anni, potrai ottenere anche tu un'anima immortale."



C. Birmingham



La Sirenetta alzò gli occhi radiosi verso il sole di Dio, e, per la prima volta, li sentì bagnati di lacrime. Sul bastimento eran tornati la vita e il suo suono. Ella vide il Principe e la sua sposa che la cercavano ovunque, e poi guardavano con angoscia la spuma perlacea, come se sapessero che la Sirenetta si era gettata tra le onde. Baciò in fronte la sposa, alitò lievemente sul volto del Principe, e poi salì con le altre Figlie dell'Aria sulle nuvole rosate.
"Fra trecento anni, voleremo tutte in Paradiso!"
"Potremmo arrivarci prima! - disse una Figlia dell'Aria -  noi visitiamo le case degli uomini dove ci sono bambini, e, se troviamo un bambino buono, che dà conforto ai suoi genitori e merita il loro affetto, il nostro tempo di prova ci viene un abbreviato. I bambini non ci vedono volare per la stanza; ma, quando sorridiamo di gioia grazie alla loro bontà, ci viene condonato un anno dei trecento.Se, invece, troviamo un bambino cattivo o capriccioso, piangiamo dal dispiacere, e ogni lacrima che versiamo è un giorno che si aggiunge al tempo della nostra prova".



C. Birmingham


Mab's Copyright

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