Arrivato il momento del commiato, la vecchia madre condusse la Principessa nella propria camera, prese un coltellino e si ferì un dito lasciando cadere tre gocce del suo sangue su di un candido fazzoletto che porse alla figlia, raccomandandole di serbarlo con cura e di non separarsene mai, perché le sarebbe stato utile durante il viaggio. Poi si salutarono con grande dolore; la Principessa ripose il fazzoletto nel corsetto, salì a cavallo e partì per raggiungere il suo promesso.
Cavalcavano da un'ora, quando alla Principessa venne una gran sete e disse alla sua ancella:
"Scendi, e riempi la coppa che hai portato per me con l'acqua dal ruscello: sono assetata."
"Se avete sete - rispose l'ancella - scendete voi stessa da cavallo, inginocchiatevi sulla riva e bevete: non ho intenzione di farvi da serva!"
La Principessa aveva tanta sete che smontò da cavallo, si inginocchiò sulla sponda del ruscello e bevve senza poter usare la sua coppa d'oro.
Allora disse: "Ah, Dio mio!"
E le tre gocce di sangue udirono e risposero:
"Se lo sapesse tua madre, le si spezzerebbe il cuore!"
Ma la Principessa non disse nulla e risalì a cavallo.
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Proseguirono per alcune miglia. La giornata era calda, il sole scottava, e, ben presto, la Principessa ebbe nuovamente una gran sete. Giunte nei pressi di un altro corso d'acqua, ella disse all'ancella:
"Scendi, e dammi da bere nella mia coppa d'oro", poiché aveva dimenticato l'accaduto.
Ma l'ancella le rispose ancòra più sgarbatamente:
"Avete tanta sete? Scendete e bevete, non ho più voglia di farvi da serva!"
La Principessa aveva tanta sete che smontò da cavallo, si chinò sull'acqua e disse piangendo: "Ah, mio Dio!"
E le gocce di sangue udirono e risposero:
"Se lo sapesse tua madre, le si spezzerebbe il cuore!"
E, mentre era curva sull'acqua, intenta a dissetarsi, il fazzoletto con le tre gocce di sangue le cadde dal corsetto e sparì nella corrente, ma la Principessa, oppressa dalla pena, non se ne accorse neanche.
L'ancella, però, aveva visto tutto e, in cuor suo, se ne rallegrò perché adesso la sposa era in suo potere: aveva perduto le tre gocce del sangue materno ed era debole e senza alcuna difesa. E, quando la Principessa si apprestò a risalire sul suo cavallo - Falada - l'ancella disse:
"Falada spetta a me, tu prendi il mio ronzino!"
La Principessa fu costretta a ubbidirle. Poi, l'ancella le ordinò, con parole ancòra più dure e crudeli, di spogliarsi delle vesti regali per indossare il suo abito disadorno, e, infine, la costrinse a giurare che, una volta giunte a destinazione, non avrebbe detto una parola dell'accaduto, e minacciò di ucciderla se si fosse rifiutata. Intanto, Falada aveva osservato e ascoltato ogni cosa.
L'ancella montò in sella a Falada, mentre la vera sposa saliva sul ronzino, e proseguirono il viaggio finché giunsero alla reggia del promesso sposo.
Il loro arrivo fu salutato con grande gioia, e il Principe corse loro incontro e aiutò l'ancella a smontare da cavallo, pensando che si trattasse della sua sposa. Così, mentre quella veniva scortata su per lo scalone, la vera Principessa dovette restare in cortile. Ma alla finestra c'era il vecchio Re, che notò, laggiù, quella fanciulla immobile, così fine, delicata e bella. Andò, allora, nella sala del trono e domandò alla promessa sposa chi fosse la sua accompagnatrice.
"L'ho presa con me durante il viaggio per avere un po' di compagnia, ma datele qualcosa da fare, ché non resti con le mani in mano."
Il vecchio Re non sapeva proprio che lavoro assegnarle. Infine, le disse:
"C'è un ragazzino che custodisce le oche: potrebbe aiutarlo."
Il ragazzo si chiamava Konrädchen e la vera sposa dovette aiutarlo a governare le oche. Non passò molto tempo che la falsa sposa disse al Principe:
"Caro sposo, vi prego di farmi un piacere!"
"Con tutto il cuore!", rispose lui.
"Fate chiamare il macellatore perché tagli la testa del mio cavallo: durante il viaggio mi ha fatto tribolare."
In realtà, temeva che il cavallo rivelasse cosa aveva fatto alla Principessa.
E, quando si sparse la voce che Falada doveva morire, anche la vera Principessa venne a saperlo. Si recò in gran segreto dal macellatore e gli promise una moneta d'oro se le avesse reso un servizio. Nelle mura della città c'era un grande, buio passaggio che lei doveva attraversare di buon mattino e la sera con le sue oche:
lo pregò di inchiodare sopra il passaggio la testa di Falada, perché potesse vederlo ancòra, ogni tanto. Il macellatore promise. Tagliò la testa del cavallo e la inchiodò sopra il buio passaggio.
La mattina, di buon'ora, quando la Principessa attraversò il passaggio con Konrädchen, disse:
"O Falada, appeso lassù!"
E la testa rispose:
"O disgraziata Principessa che passi laggiù! Se lo sapesse tua madre, le si spezzerebbe il cuore!"
Ella uscì dalla città, conducendo le oche al pascolo. E, giunta in mezzo al prato, si mise a sedere e si sciolse i capelli, che erano d'oro fino; e, quando Konrädchen vide come risplendevano, avrebbe voluto strappargliene qualcuno per sé.
Allora, la Principessa disse:
"O vento, forte devi soffiare,
il suo cappello lontano fai volare,
e che a lungo lo debba cercare
ché i miei capelli io possa pettinare,
e in decorosa foggia intrecciare."
E si levò una folata di vento così forte che strappò via il cappello a Konrädchen, e il ragazzo fu costretto a rincorrerlo. Quando ritornò, la Principessa aveva già intrecciato i suoi bei capelli, e Konrädchen non poté averne neanche uno. Allora, si imbronciò e non le rivolse più una parola; così, governarono le oche fino a sera, e, poi, se ne tornarono a casa.
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Il mattino dopo, nell'attraversare il buio passaggio, la fanciulla disse:
"O Falada, appeso lassù!"
E Falada rispose:
"O disgraziata Principessa che passi laggiù! Se lo sapesse tua madre, le si spezzerebbe il cuore!"
E, una volta in mezzo ai prati, si mise a sedere sull'erba e incominciò a pettinarsi i capelli. Konrädchen corse per rubargliene qualcuno, ma la Principessa, presto presto, disse:
"O vento, forte devi soffiare,
il suo cappello lontano fai volare,
e che a lungo lo debba cercare
ché i miei capelli io possa pettinare,
e in decorosa foggia intrecciare."
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E il vento soffiò forte e portò lontano il cappello del ragazzo, e lui dovette rincorrerlo. Quando ritornò, la fanciulla si era acconciata i capelli da un bel pezzo e Konrädchen non poté rubargliene neanche uno; così governarono le oche fino a sera. Ma, una volta tornati a casa, Konrädchen andò davanti al vecchio Re e disse:
"Non voglio più custodire le oche con quella!"
"Perché mai?" domandò il vecchio Re.
"Mi dà il tormento tutto il giorno!"
Allora il vecchio Re gli ordinò di raccontare ogni cosa.
E Konrädchen disse:
"Al mattino, quando attraversiamo con le oche il passaggio nelle mura, sul muro è appesa una testa di cavallo, e lei gli parla: 'O Falada, appeso lassù!' E la testa risponde: 'O disgraziata Principessa che passi laggiù! Se lo sapesse tua madre, le si spezzerebbe il cuore!'"
E Konrädchen continuò a raccontare come, una volta in mezzo al prato, egli dovesse rincorrere tutto il giorno il suo cappello portato dal vento.
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Ma il vecchio Re gli ordinò di condurre le oche al pascolo anche il giorno seguente, e, di buon'ora, si nascose all'ingresso del passaggio buio, e ascoltò il dialogo della fanciulla e di Falada. Poi la seguì fino al prato, e si nascose dietro un cespuglio.
E vide con i propri occhi la fanciulla sedersi sull'erba, e la osservò mentre scioglieva e pettinava i capelli d'oro lucente. Subito, ella disse:
"O vento, forte devi soffiare,
il suo cappello lontano fai volare,
e che a lungo lo debba cercare
ché i miei capelli io possa pettinare,
e in decorosa foggia intrecciare."
Ed ecco, si levò una folata di vento e si portò via il cappello di Konrädchen, che dovette corrergli dietro. La fanciulla pettinò e intrecciò i suoi bei capelli, e il vecchio Re osservava ogni suo gesto. Poi, non visto, si avviò alla Reggia, e, a sera, quando la guardiana d'oche rincasò, la mandò a chiamare e le chiese una spiegazione.
"Non posso confidarmi né con Voi né con altri giacché, minacciata di morte, ho fatto un solenne giuramento".
Ma il Re non si arrese e continuò a tormentarla, senza ottenere, però, alcuna risposta.
"Se non puoi parlare con me - disse, infine - confidati con il forno."
"Sì, lo farò", rispose la fanciulla. Così, si rannicchiò nel forno di ferro e aprì il suo cuore, raccontando per filo e per segno il misfatto della crudele ancella.
Ma il forno aveva un'apertura in alto e il vecchio Re si mise in ascolto e udì ogni parola. Immediatamente, ordinò che la rivestissero con abiti regali, e la Principessa pareva un miracolo, tanto era bella.
Il vecchio Re chiamò il Principe e gli rivelò che al suo fianco c'era la falsa sposa - una semplice ancella - e che la vera sposa era lì, davanti a lui, ed era la guardiana d'oche. Il Principe fu felicissimo, colpito dalla sua grande bellezza.
Venne allestito un gran banchetto e furono invitati tutti i Nobili di Corte e gli amici.
A tavola, lo sposo sedeva tra la Principessa e l'ancella, che, abbagliata dalla magnificenza delle vesti e degli ornamenti, non riconobbe la vera sposa. Quando i convitati ebbero mangiato e bevuto, ed erano tutti allegri, il vecchio Re si rivolse all'ancella chiedendole cos'avrebbe meritato qualcuno che avesse ingannato i suoi Signori nel peggiore dei modi. E raccontò tutta la storia per filo e per segno, concludendo:
"Quale condanna meriterebbe?"
Allora, la falsa sposa rispose:
"Non meno severa che l'essere spogliata e rinchiusa in una botte foderata di chiodi acuminati. E che la botte sia legata a due cavalli bianchi che la trascinino su e giù per le strade fino alla sua morte."
"Hai pronunciato tu stessa la tua condanna - esclamò il vecchio Re - e sarà fatto ciò che hai detto."
Eseguita la condanna, il Principe si unì in matrimonio alla vera sposa, e regnarono da allora e per sempre felici e contenti.
Rackham A.
Grimm n.89, "Die Gänsemagd".
Classificazione: AaTh 533 [The Speaking Horsehead]
AaTh 403 [La Sposa Bianca e la Sposa Nera]
Traduzione: Mab's Copyright
Il testo in lingua originale è nella Pagina: "Brüder Grimm"
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