domenica 5 ottobre 2014

Il Palazzo dell'Omo Morto, Calvino n.32

In Italia, o segnatamente in Italia, esiste anche il Bell'Addormentato. Inoltre, vedremo che, in un certo modo, esiste un Biancaneve. Intanto, il Bell'Addormentato, qui e altrove, è esplicitamente indicato come l'Uomo Morto, senza poetici infingimenti. In questa variante calvinizzata, la  seconda parte si sviluppa secondo il motivo "Pietra Pazienza, Coltello Pazienza", (purtroppo, viene spesso omessa la bambola, vero fulcro della scena risolutiva, ma, giustamente, guardata con diffidenza) incontrato ne "La Schiavotta", e sublimato nella testa di Falada e nel forno di ferro, de "La Guardiana d'Oche".





na volta c'era un Re e questo Re aveva una figlia. Un giorno questa figlia era al balcone con le sue damigelle, quando passò una vecchia.
"Padroncina - disse la vecchia - mi faccia la carità, mi dia qualcosa".
"Sì, benedetta", le disse la giovane, e le buttò giù un cartoccio di quattrini.
"Padroncina, sono pochi...- disse la vecchia - me ne dia degli altri".
La figlia del Re buttò giù un altro cartoccetto.
La vecchia disse ancora:
"Padroncina, me ne dà un altro po'?"
Allora la figlia del Re perse la pazienza:
"Sapete cosa vi dico? Che siete una seccatrice.Ve n'ho dato due volte e non ve ne darò più altri!"
La vecchia allora si rivoltò e disse:
"Ah, è così? Ed io prego il cielo che tu non ti possa maritare se non trovi l'Omo morto!".
La figlia del Re si ritirò dal balcone e scoppiò in lagrime.
Suo padre, quando seppe la ragione del suo pianto, le disse:
"Ma non stare sempre dietro a queste storie!"
E lei:
"Non so cosa sarà di me, ma voglio andarmene, voglio andare a cercare l'Omo morto!"
"Fa' quello che vuoi! Io farò conto d'averti persa!", disse il Re scoppiando a piangere anche lui. La ragazza non gli badò e partì.
Dopo molti giorni di strada arrivò a un palazzo di marmo. La porta era aperta e dentro era tutto illuminato.
La ragazza entrò e chiese: "Chi c'è qua?"
Nessuno le rispose.
La ragazza andò in cucina: c'era la pentola che bolliva con la carne dentro; aperse: la credenza era piena di roba.
"Visto che ci sono, ci resto", disse la ragazza e si mise a mangiare perché in tanti giorni di viaggio le era venuta una gran fame. Mangiato che ebbe, aperse una porta e vide un bel letto.
"Io vado a coricarmi domani poi vedremo cosa salterà fuori".
Il giorno dopo si svegliò e riprese a girare per il palazzo. Aperse tutte le porte, finché non si trovò in una stanza dove c'era un uomo morto, lungo disteso.Vicino ai piedi c'era un cartello con su scritto:

Chi mi veglierà per un anno,
Tre mesi e una settimana,
sarà la mia dilettissima sposa.

'Ecco che ho trovato quello che cercavo - si disse la ragazza - Ora non mi resta che rimanere qui notte e giorno'. E non si mosse più di là, tranne che per farsi da mangiare.
Così passò un anno, e lei stava sempre sola a far la veglia al morto, quando un  giorno sentì gridare in Canalazzo:
"Chi vuol schiave... Chi compera schiave..."
'Guarda - disse la ragazza - vado subitò giù a prendermi una schiava. Almeno avrò compagnia e ogni tanto potrò buttarmi a dormire un momento, perché sono tanto stanca che non posso più tirare avanti'.
Andò al balcone, chiamò quello delle schiave e gliene comprò una. La portò su e la tenne sempre con sé.


Boulanger G.C.R."The Slave Market"


Passarono ancora tre mesi, e la ragazza era tanto stanca che disse alla schiava:
"Senti, adesso vado a letto; lasciami dormire tre giorni e basta; al quarto giorno chiamami. Mi raccomando, non sbagliarti!"
"Sta' tranquilla: non sbaglierò", disse la schiava.
La ragazza adò a dormire e la schiava restò notte e giorno col morto. Passarono tre giorni, ne passarono quattro, e la ragazza dormiva. La schiava pensava: 'Figuriamoci se vado a svegliarla! Che dorma! Che dorma!'
Ed ecco che viene il momento, e il morto apre gli occhi, vede la schiava, s'alza, l'abbraccia e dice:
"Tu sarai la mia dilettissima sposa!"
A quelle parole tutto il palazzo si disincantò. Saltarono fuori camerieri da una parte, damigelle dall'altra, cuochi, cocchieri: insomma si riempì di gente.
Il rumore svegliò anche la giovane. Capì che era passata la settimana.
"Ah, tradimento! - disse - Quell'anima nera non mi ha chiamato e io ho perso la mia fortuna! Maledetta l'ora e il momento in cui ho comperato quella schiava!"
L'Omo morto era Re e gran signore. E disse alla schiava:
"Sei stata sempre tu da sola a vegliarmi?"
Gli rispose la schiava:
"Avevo chiamato anche una donna, che stava un po' ogni giorno, ma dormiva sempre e mi serviva a poco."
"E adesso dov'è?", chiese il Re.
"E' chiusa in camera sua a dormire, come al solito".
E il Re sposò la schiava. Ma con tutto che la facesse vestire da gran regina, con l'oro e con brillanti, brutta era e brutta restava. Il Re fece corte bandita per otto giorni. Finito il pranzo, volle che tutti i servitori venissero con loro a tavola bianca, e disse alla sposa di far venire anche quella serva che le aveva fatto compagnia durante la veglia.
"Ma no, non vado a chiamarla - disse la sposa - Tanto non verrà: non fa altro che dormire".
Invece, la povera giovane non faceva altro che piangere e sospirare notte e giorno, perché per aver dormito un giorno di più aveva perso la sua fortuna.
Dopo gli otto giorni di corte bandita, il Re disse che doveva andare via, a vedere i suoi beni, e che aveva l'uso, ogni volta che andava via, di portare un regalo a tutta la sua servità. Fece venire tutti i servitori, e chiese cosa volevano: chi gli diceva un fazzoletto, chi un abito, chi un paio di brache, chi una velada, e lui si segnava tutto su un pezzo di carta per non dimenticarsi.
Disse alla sposa:
"Chiama quella tua serva, che senta cosa vuole, perché voglio portare qualcosa anche a lei". E fu chiamata la giovane. Il Re la trovò così bella e gentile nel tratto e nel parlare, che ne restò incantato.
"Dimmi, cara - le fece - cosa comandi che io ti porti".
"Mi faccia questo piacere - disse la ragazza sospirando - mi porti un acciarino, una candela nera e un coltello".
Il Re restò molto stupito a sentirsi chiedere quelle tre cose:
"Bene, bene, sta' tranquilla, non mi dimenticherò di portartele".
Partì, fece le cose che aveva da fare, e quand'ebbe finito andò a comprare i regali per la servitù.. E carico di tutte queste compere, salì sul bastimento per tornare. Il bastimento levò l'ancora, ma non poteva andare né avanti né indietro. I naviganti chiesero:
"Sacra Maestà, non ha per caso dimenticato niente?"
"No, niente", rispose, ma poi andò a guardare la sua nota, e vide che aveva dimenticato le tre cose per quella giovane. Scese subito a terra, andò in una bottega e domandò le tre cose.
Il negoziante lo guardò bene in faccia.
"Mi scusi se le domando per chi sono queste cose".
"Le devo dare a una mia serva", disse il Re.
"Allora, mi stia a sentire. Faccia così: quando arriva a casa, non le dia niente, la faccia aspettare tre giorni. Dopo questi tre giorni, vada nella stanza di questa serva e le dica: 'Vammi a prendere un bicchiere d'acqua e ti darò le tre cose'. Quando sarà uscita, gliele posi sul comò, e poi si nasconda sotto il letto o in qualche posto in modo da poter vedere cosa fa".
"Ho capito", disse il Re.
Arrivato a casa, tutti i servitori gli corsero incontro e a ognuno lui diede il regalo promesso. Per ultima venne quella giovane, e gli domandò se le aveva comprato quelle tre cose.
"Ah, noiosa! - fece lui - Te le ho comprate, sì, e te le darò poi".
La giovane tornò in camera sua e si mise a piangere, pensando che non le avesse portato niente.Dopo tre giorni, sente bussare alla sua porta ed era il Re.
"Sono qua per darti i tuoi regali, ma prima vammi a prendere un bicchier d'acqua, ché ho sete".
La ragazza corse via, il Re mise tutto sul comò e poi si nascose sotto il letto. Quando lei tornò e non trovò più il Re, si disse:
"Ecco, me l'ha fatta ancora una volta di lasciarmi senza niente".
Posò il bicchiere sul comò e s'accorse che c'erano i regali.
Allora chiuse la porta col catenaccio, si spogliò, battè l'acciarino, accese la candela nera e la mise su un tavolino. Poi prese il coltello e lo conficcò nel tavolino. S'inginocchiò in camicia davanti al coltello e disse:
"Ti ricordi quand'ero a casa con Sua Maestà mio padre, e una vecchia m'ha detto che non mi sarei maritata se non avessi trovato l'Omo morto?"
E il coltello rispose: "Sì, che mi ricordo"
"Ti ricordi quando sono andata per il mondo e ho trovato un palazzo e dentro ho visto l'Omo morto?"
E il coltello rispose: "Sì che mi ricordo"
"E di quando ho vegliato per un anno e tre mesi e ho comprato quella brutta schiava per mia compagnia, e le ho detto che mi lasciasse dormire tre giorni, perché ero stanca, e lei invece mi ha lasciato dormire tutta la settimana, e allora l'Omo morto s'è disincantato, l'ha abbracciata e l'ha sposata?"
E il coltello rispose: "Purtroppo mi ricordo"
"A chi sarebbe stato giusto toccasse quella fortuna? A me che ho penato un anno e tre mesi, o a lei che è restata lì pochi giorni?"
E il coltello rispose: "A te"
"Visto che ti ricordi e che dici che quella fortuna doveva toccare a me - fece la ragazza - sconficcati da questo tavolino e conficcati nel mio petto".
Il Re, da sotto al letto, appena sentì il coltello che si sconficcava dal tavolino, saltò fuori, abbracciò la giovane e disse:
"Ho sentito tutto! Sarai la mia sposa! Adesso sta' tranquilla nella tua stanza: lascia fare a me".
Andò dalla schiava e le disse:
"Ora che sono tornato dal mio viaggio voglio fare otto giorni di corte bandita".
"Sta' attento a non sprecare tanto i soldi", disse la schiava.
"Sai, ho sempre avuto quest'uso, tutte le volte che ho fatto un viaggio".
Si fece corte bandita con un gran pranzo. Disse il Re alla schiava:
"Voglio tutti i miei servitori a tavola bianca, e tu chiama la tua serva, che voglio anche lei".
"Ma lasciala stare quella là, che è un rospo!"
"Se non la vai a chiamare tu, vado io".
E così la giovane venne a tavola, tutta lagrimosa come al solito.
Finito il pranzo, il Re raccontava del suo viaggio. E disse che era stato in una città dov'era successo un caso come il suo, d'un Re fatato, che una giovane aveva vegliato per un anno e tre mesi, poi aveva preso una schiava per farle compagnia, e che la giovane, stanca com'era, era andata a dormire, e la schiava non l'aveva svegliata, e l'Omo morto ridestandosi aveva trovato la schiava, e l'aveva sposata.
"Ora mi dicano loro a chi sarebbe toccato d'esser sposa del Re: a quella della settimana, o a quella dell'anno e tre mesi?"
E tutti gli risposero:
"A quella dell'anno e tre mesi".
E il Re:
"Ecco, signori. Questa è la donna dell'anno e tre mesi, e questa la schiava da lei comprata. Mi dicano ora lor signori che morte dobbiamo dare a questa brutta mora che ha così tradito la sua padrona"
E tutti saltarono su a dire:
"Sia bruciata in mezzo alla piazza in un barile di pece!"
Così fu fatto, e il Re sposò la giovane e vissero sempre felici e contenti, e neanche di loro si parla più, ormai.


Briton Rivière


Calvino n. 32
Classificazione: AaTh 437 [The Supplented Bride]

Come (quasi) sempre, la Madre è uno dei Cunti del Pentamerone: la Fiaba introduttiva o fiaba-cornice.
Varianti che riprendono sia il motivo della Bambola e/o della Pietra  e del Coltello che il motivo della Falsa Sposa  o la Sposa Scambiata:

"Pietra Pazienza e Coltello Pazienza", (Turchia), raccontata da Pearl S. Buck.
"Nourie Hadig", (Armenia), raccontata da A.Carter
"'O Zinzulo 'e Sette Bellezze", De Simone
"Lu Sangunazzu", Pitrè n.66

Naturalmente, Calvino, di una fiaba meridionalissima, ricca di influenze orientali, sceglie di pasticciare con una variante veneta, spegnendone ritmo, colore e fantasia. Nelle sue stesse note, a parte una variante lombarda, ricorda una abruzzese, una campana, "in dialetto d'Avellino", (raccolta da V. Imbriani), la variante del Pitrè e una sarda.

In Basile, la "Disgrazia" iniziale nasce dal motivo de La Principessa che non Ride.
"Dice ch'era na vota lo Re de Valle Pelosa, lo quale aveva na figlia chiammata Zoza, che, comme n'autro Zoroastro o n'autro Eracleto, non se vedeva maie ridere..."
Per tentare di scuoterla, il Re fa costruire, proprio davanti alla Reggia, una fontana che butta olio. In ultimo, accorre anche una vecchia con una piccola oliera. L'ha appena, faticosamente, riempita che un paggio dispettoso gliela fracassa per gioco lanciando un sasso. La vecchia si risente un po'...
"Per la quale cosa la vecchia, che non aveva pilo alla lengua, né portava 'n groppa, votatose a lo paggio, commenzale a direle: 'Ah zaccaro, frasca, merduso, piscialietto, sautariello de zimmaro, pettola a culo, chiappo de 'mpiso, mulo canzirro! ente, ca puro li pulece hanno la tosse! Va', che te venga cionchia, che mammata ne senta la mala nova, che non ce vide lo primmo de maggio! va', che te sia data lanzata catalana o che te sia data stoccata co na funa, che non se perda lo sango, che te vengano mille malanne, co' l'avanzo e presa e viento a la vela, che se ne perda la semmenta, guzzo, guitto, figlio de 'ngabellata, mariuolo!'". Il paggio le risponde con lo stesso linguaggio pittoresco, e, a mo' di sfregio, la vecchia si alza la veste, e auzato la tela de l'apparato, fece vedere la scena voscareccia... provocando l'ilarità della figlia del Re, che rise fin quasi a morirne. E scatta la maledizione.
Com'è naturale, nelle versioni più antiche (e autentiche, ovvero, meno ritoccate) certi dettagli rivelano ciò che sarebbe già facilmente deducible.
Una bambola simile l'abbiamo incontrata in "Vasilisa la Bella". Ma lì, più nobilmente, sostituiva la statuina dell'Antenata.
In questo tipo fiabesco, ci allontaniamo dal culto per avvicinarci alla magia, non propriamente quella delle fatine bocciuolo con le alucce glitterate.
Una bambola, un coltello nero...

Nella fiaba del Pitrè, il nesso tra la bambola e la Schiava traditrice è palese. Man mano che, nella sala del monastero, la Schiava s'ingozza, si gonfia e gonfia sempre più. Lo stesso fa la "pupidda", sola con la ragazza, che le racconta le sue sventure. E la Schiava finisce per scoppiare, proprio nel momento in cui la ragazza racconta del matrimonio con il Re, e, nello stesso momento, scoppia la "pupidda".


Forest Rogers




"Lu Re purtau la zita a la batìa e tutti li parenti monachi ci misiru a dari cosi duci. La Scavuzza comu si mangiava li cosi duci, jia ungiannu. La giuvina chiusa pirò si misi a cuntari tutti li soi svinturi a la pupidda, la quali ci calava la testa e unghiava. Comu arrivau a lu puntu ca lu Re si pigghiau la Scavuzza, scatta la Scavuzza e tutti li monachi si spavintaru. Scatta dunca la Scavuzza, e accussì scatta pura la pupidda. Comu dda giuvina vitti ca scattau la pupidda, pigghiau lu cuteddu pri ammazzàrisi. Lu Re si misi darreri la porta d'idda, detti un càuciu a la porta e si pigghiau pri sposa ad idda".

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