venerdì 5 dicembre 2014

Bee! Coltello Arrotato! (Romagna)

'era una volta un uomo che aveva due figli, una ragazzetta e un bambino. Questo povero cristiano ebbe la disgrazia di perdere la sua donna. Dopo poco tempo, più che altro per dare una mamma ai propri bambini, tornò a sposarsi. Ma capitò in una caporala, che voleva poco bene a lui e ancor meno ai suoi figli. Non poteva soffrirli e gonfiava qualunque sciocchezza essi facessero per metterli in cattiva luce agli occhi del loro padre. Il marito le andava dicendo: "Sta' loro dietro con le buone: sono piccini!", ma questa donnaccia cresceva sempre in cattiveria e nell'avversione a quella povera innocenza.
Un giorno che la sua stizza era più grande del solito, dice a suo marito:
"Così non si dura! Io son decisa: o fuori loro o via io!".
Credendo che fosse una sfuriata passeggiera, lui, andando al lavoro, le fa una delle solite preghiere, ma poco dopo essa li bastonò e li mise fuori dalla porta. Verso sera, quando tornò stanco, gli fece una testa grossa così. I bambini erano ancora fuori senza mangiare ed egli li chiamò e volle che mangiassero insieme con lui. La notte essa continuò ancora, tanto che il marito dovette promettere di condurli via e di lasciarli andare in balia della fortuna. Ma, mentre essi litigavano, la ragazzetta, che era più grandicella, vegliava e, sentendo quei discorsi, si raccomandava alla sua mamma morta.
La mattina presto, la matrigna si alza e si mette al tagliere a smorzare della farina da far delle piade sul testo. Poco dopo, il babbo chiama i bambini:
"Ragazzi, volete venir con me al bosco della Stenta? (Località nella valle del Senio, presso Tebano, così come le altre ricordate di seguito)".
Il bambino, che non sapeva niente, salta su: "Oh, sì, babbo, tanto volentieri!".
Ma la bambina, che aveva sentito quello che dicevano, potete ben pensare che cosa passasse in quel momento per quella povera testina. Saltano giù dal letto e pian piano si vestono. Intanto che il babbo faceva i preparativi per la partenza, questa bambina si riempì un sacchettino di aghi e lo nascose in tasca, e, mentre il suo babbo e il fratellino camminavano avanti, essa li seguiva facendo una sparpagliatina di aghi lungo la strada. Quando arrivarono nel bosco della Stenta, il babbo si mette a segare un sacco di fieno e loro, intanto, per passare il tempo s'erano messi a cogliere dei ciclamini, dei mazzetti di rose salvatiche per farsi i pendenti [Non abbiamo trovato il termine corrispondente al "craver" del testo - N.d.C.] e dei colchici, perché si era in autunno. Quando l'uomo ebbe raccolto il sacco del fieno, era già passato mezzogiorno; allora egli tirò fuori le piade. Erano sopra un monticello e la piada ruzzolò giù per la china. E, intanto che i ragazzi scesero a prenderla, lui scappò. Credevano di tornare dal loro babbo, ma questi non c'era più. Il ragazzino scoppiò in un gran pianto, ma la bambina lo confortò: "Sta' quieto, fratellino mio, ché la strada la so io!".
Lui si quietò, e si misero sotto un castagno a mangiarsi la piada. Seguirono sempre la traccia degli aghi. Passano la piana della Falcona, scendono per altre stradine e finalmente arrivano a casa che era verso sera. Ma non avevano l'ardire di entrare e stavano fuori dall'uscio, quando udirono il loro babbo che diceva:
"C'è rimasta della minestra: se ci fossero quei ragazzetti la mangerebbero".
Il piccolino, senza tanto pensarci, esclama: "Siamo qui, babbo!".
Il babbo vien fuori e li fa entrare. La matrigna brontolava senza dire una parola. Quando ebbero mangiato, il babbo li mise a letto. Fu allora che quella cattivaccia cominciò a sfilare la sua corona:
"Eh, avevi detto di condurli via! Hai fatto una bella commedia per confondermi!". E non la finiva più.
Egli dovette promettere che la mattina seguente li avrebbe condotti in un bosco più lontano, di là da Pergola. Non si vedeva ancora luce che il babbo li chiamò, ma il ragazzetto gli disse sottovoce: "Basta però che non ci abbandoniate!".
La ragazzetta, dato che le ragazze son sempre più assennate, prende su un sacchettino di semola e poi la sparge come aveva fatto l'altra volta. Passano la Stenta, il Romitorio, scendono dalla Pirotta e il babbo da una china gli ruzzola giù le piade. Il bambino non voleva scendere, ma la sorellina gli disse:
"Vacci pure: starò io qui a badare il babbo".
Ma lui confonde la bambinetta dicendo che si sarebbe allontanato un momento per fare un fatto suo: e sparì. Per farla breve, la bambina fece ancora coraggio al fratellino; per tornare a casa vanno dietro la traccia della semola, ma, di quella semola, buona parte se l'eran mangiata le formiche, e ne era restato soltanto qualche poco di quando in quando, tanto che poterono ugualmente trovare la strada per tornare a casa. Era verso sera quando arrivarono all'uscio e sentirono ancora il loro babbo che li ricordava perché era avanzata la minestra anche quella volta. E non aveva ancora finito di parlare che si fece sentire una vocettina:
"Oh, babbo, siamo qui!".
E così poterono ancora mangiare e dormire nel loro letto. Tutta la notte la matrigna non fece altro che brontolare contro il marito e i ragazzi. E lui dovette prometterle che li avrebbe condotti ancor più lontano. La mattina, nell'andarsene, la bambina s'era fatto un sacchettino di miglio. Cammina cammina, dopo aver passato boschi e boschi, arrivano nel grande bosco della Pideura. Nel fondo scorreva il rio Barbavera con delle rive che sembravano toccare il cielo. Sulle querce e sui castagni si sentiva il rigogolo, il gruccione, i voli delle starne, il chiacchiericcio delle ghiandaie; lungo le rive era tutto frassini, avellani, ginepri, e, al disotto, una bella distesa d'erba da presepio, di licheni, di bei funghi: orecchiette, ovuli, porcini. Sarebbe stato un vero paradiso per quei poveri bambini, se non avessero pensato a ciò che stava per succedergli. Il loro babbo, passato il mezzogiorno, gli diede le piade e si mise seduto sotto una quercia; ma, intanto che mangiavano, il babbo si nasconde dietro ad un terrapieno che faceva il monte, così folto di prugnoli, di marucche e di vitalba che un branco di porci ci si sarebbe benissimo potuto smarrire. I bambini se ne accorgono e lo chiamano, e cercano il loro babbo: ma hanno un bel chiamare e cercare! Allora vanno per ritrovare la stradina, ma gli uccelli s'eran mangiato tutto il miglio e i formiconi avevano fatto il resto. Non sapevano come fare e si disperavano. Si mettono a girare. Gira che ti gira, capitano in un posto dove c'era una fontana, sopra cui c'era questa scritta: Chi beverà quest'acqua un animale diventerà!. Il bimbetto aveva una gran sete, tanto più grande in quanto la piada che avevano mangiato, era un po' salata. Ma la sorellina assolutamente non volle: "Chissà che animalaccio diventerai, e io avrò paura di stare con te".
Allora vanno ancora avanti e trovano un'altra fontana, con una scritta che diceva: Chi beverà quest'acqua un agnellino diventerà. La sorellina non voleva che bevesse, ma lui non ne poteva più e si mise a bere, e mentre egli beve, la sorellina disse: "Pazienza se diventerà un agnellino!". E infatti divenne un bell'agnellino. Allora la sorella si toglie la cordella dal grembiule e gliela lega al collo, trascinandosi dietro l'agnello.



Stokes M.


Al giorno mangiarono i marroni colati che cadevano dai castagni: venivan giù con dei tonfi che sembravano sassi. Quei marroni li chiamano i furioni. Quando fu verso sera, andavano pensando dove potessero dormire. Delle case vicine, dove poter chiedere la carità di un po' di alloggio, non se ne vedevano. Verso il fondo del rivo vedono un salice cavo e ci si mettono dentro. Alla levata del sole ne escono e si mettono in braccio alla Provvidenza. Il suo agnellino pascolava l'erba un po' dappertutto, ed essa domandava la carità di un po' di pane e di un po' di alloggio. Dio non abbandona mai nessuno, e trovarono sempre da mangiare e da dormire. Tutti facevano l'elemosina a questa giovinetta che girava il mondo col suo agnellino e in ogni casa c'erano delle brave donne che le facevano la carità di un po' di alloggio. Cominciava a farsi una bella giovanottina e l'agnellino cresceva sempre più bello anche lui. Un giorno arrivano in un bel prato che era del Re. Il figlio del Re capita da quelle parti e scorge questa bambinetta che pascolava il suo agnellino. Le chiede chi sia e chi non sia; lei gli racconta tutta la sua storia dolente. Tutto commosso, torna a casa e dice alla sua matrigna, dato che il babbo gli era morto: "Ho trovato nel prato una giovanottina che non ha nessuno: la prenderemo con noi: qualcosa farà. L'aspetto dimostra che ha da essere una buona ragazza; con sé ha un agnellino, che non abbandona mai".
La matrigna nel sentir questo, disse che la prendesse pure insieme col suo agnellino. La misero in cucina ad aiutare la cuoca. Ogni giorno prendeva con sé il suo agnellino e lo conduceva a pascolare. Passando il tempo e mangiando bene, diventava sempre più bella ed anche brava nel cucire e nel ricamare. Il figlio del Re ben presto s'innamorò di lei e volle sposarla. Ma non era ancora passato un anno dal matrimonio, che venne un ordine che il giovane doveva andare alla guerra. Prima di partire si raccomandò tanto alla sua matrigna che cercasse di avere ogni cura della sposa e, siccome voleva comprarsi dei bambini dopo che fosse nata la creatura, che gli facessero sapere in qualunque modo che cos'era nato, se uomo o donna, e che gli mettessero il nome del proprio padre. Il giovane non se n'era - si può dire - ancora andato, che la matrigna cominciò ad avere in uggia la sposa e l'agnellino.
Quando la creatura nacque, la matrigna gli mandò a dire che era nato uno scherzo di natura. Lui rispose che era lo stesso e che bisognava rassegnarsi alla volontà di Dio: che si facesse conto di quel che era nato, e che egli sperava di ritornare presto. Viceversa era venuto al mondo un bambino sano e bello. Essa teneva dentro il suo dolore con la speranza che suo marito tornasse presto a casa. Si consolava col suo bambino e col suo agnellino. Un giorno la vecchia le disse che era una bella giornata e che sarebbe stato bene far prendere un po' di aria buona al bambino. Vanno a passeggio sulla riva del mare. E la vecchia, sul più bello, le dà uno spintone e buttò nell'acqua lei e il suo bambino in braccio.
Quando l'agnellino venne a sapere la fine della sua sorella, andava tutti i giorni sulla riva a chiamare e a parlare con sua sorella. Intanto la vecchia, non ancora contenta di quello che aveva fatto, comincia a dire che non voleva più vedere l'agnellino, che lo portassero via e che lo ammazzassero: voleva vederne la coratella. Il servitore, che era affezionato anche lui all'agnellino, non fu capace di ammazzarlo e lo diede ad un contadino, dicendo di tenerlo bene, ché sarebbe stato ricompensato. Poi comperò una coratella di lepre e la mostrò alla vecchia.
L'agnellino sapeva la sorte che voleva riservargli la vecchia, e andava sulla riva del mare: "Bee! Coltello arrotato: mi vogliono ammazzare!"
E la sorellina:
"Fratello mio, non ti posso aiutare, ché sono nella panza del pesce pagano che ha sposato la figlia del Re prussiano".


Amelia Bauerle (Bowerley)

Dopo pochi giorni arrivò il Re. Appena sceso da cavallo, chiede della sua donna; ma la vecchia gli risponde che tanto lei che quello scherzo di natura erano morti. Egli scoppiò in un gran pianto e domandò dell'agnellino. E il servitore gli disse: "Ce l'ha un contadino: venga a vederlo. E va sulla riva del mare a parlare!".
Egli ci va. L'agnellino, quando lo vede, lo conduce alla riva del mare e poi dice: "Bee! Coltello arrotato! Mi vogliono ammazzare!".
E dal mare viene una voce:
"Fratello mio, non ti posso aiutare ché sono nella panza del pesce pagano che ha sposato la figlia del Re prussiano".
Lui distingue la voce della sua sposa, subito ordina che sia prosciugato il mare e, quando trovano la balena, la aprono e vedono che ne salta fuori la sposa con il bambino in braccio. L'abbraccia, diede tanti baci al bambino e si fece raccontare ogni cosa. Allora diede ordine di prendere la sua matrigna e la matrigna della sua donna, e le fece bruciare in una botte di zolfo nel mezzo della piazza.

La mia favola non è più lunga; 
chi vuole che gliene aggiunga, 
un panetto e una sardella 
e ve ne dirò una ancor più bella; 
un panetto e un po' da bere 
ve ne dirò una di qui, a sedere.

"Fiabe e Leggende Romagnole", Paolo Toschi (A cura di Angelo Fabi)


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