martedì 9 dicembre 2014

Il Vitellino con le Corna d'Oro, Calvino n.178 (Sicilia, Pitré)

i racconta che c'era un marito e una moglie, e avevano due figli, maschio e femmina. Morì la moglie, e il marito passò a seconde nozze; e la nuova moglie aveva una figlia orba da un occhio.
Il marito era contadino e andò in un feudo a lavorare. La moglie, quei due bambini di cui era matrigna, non li poteva vedere; fece il pane e li mandò a portarlo al marito; ma per farli perdere li mandò in un altro feudo, dalla parte opposta. I bambini arrivarono a una montagna e cominciarono a chiamare il padre:
"Tata! Tata!", ma rispondeva loro solo l'eco.


Goble W.


Si persero, e così camminarono a caso per la campagna, e al fratellino venne sete. Trovarono una fontana e lui voleva bere; ma la sorellina, che era fatata e sapeva le virtù delle fontane, domandò:

"Fontanella, fontanella,
Chi ne beve una scodella
Cosa mai diventerà?"

E la fontana rispose:

"Chi dell'acqua mia berrà
Asinello diverrà."

Il fratellino si tenne la sete e andarono avanti. Trovarono un'altra fontana e il fratellino voleva buttarsi a bere. Ma la sorellina domandò:

"Fontanella, fontanella,
Chi ne beve una scodella
Cosa mai diventerà?"

E la fontana rispose:

"Chi dell'acqua mia berrà
Un bel lupo diverrà."

Il fratellino non bevve e andarono avanti. Trovarono ancora una fontana, e la sorellina:

"Fontanella, fontanella,
Chi ne beve una scodella
Cosa mai diventerà?"

E la fontana rispose:

"Chi dell'acqua mia berrà
Vitellino diverrà."

La sorella non voleva lasciar bere il fratellino ma lui aveva tanta sete che disse:
"Tra morir di sete e diventare un vitellino, preferisco diventare un vitellino", e si buttò a bere. In men che non si dica diventò un vitellino con le corna d'oro.
E la sorellina riprese la via insieme al fratello trasformato in un vitello dalle corna d'oro.


Goble W.


Così arrivarono alla spiaggia del mare. Sulla spiaggia del mare c'era una bella casina, ed era la villeggiatura del figlio del Re. Il figlio del Re era alla finestra e vide questa bella ragazza che se ne veniva per la spiaggia con un vitellino, e disse:
"Sali qui con me."
"Salgo - disse lei - se lasci venire con me il mio vitellino."
"Perché ci tieni tanto?", chiese il figlio del Re.
"Ci sono affezionata perché l'ho allevato con le mie mani e non lo voglio lasciare neanche per un minuto."
Il Reuzzo s'innamorò di questa ragazza e la prese in moglie, e così vivevano, con il vitellino dalle corna d'oro sempre insieme.
Intanto il padre, che era tornato a casa e non aveva più trovato i suoi figlioli, viveva in gran pena. Un giorno, per divagarsi da questa pena, se ne andò a coglier finocchi. Arrivò sulla spiaggia del mare e vide la casina del Reuzzo. Alla finestra c'era sua figlia: lei lo riconobbe e lui no.
"Salite su, buon uomo - disse lei, e il padre salì - Non mi conoscete?", gli disse.
"Se devo dire, non mi parete una faccia nuova."
"Sono vostra figlia!"
Si gettarono nelle braccia l'uno dell'altra; lei gli disse che il fratello era diventato un vitellino ma che lei aveva sposato il figlio del Re, e il padre ebbe molta soddisfazione di sapere che quella figlia che credeva persa aveva fatto un così buon matrimonio e che anche suo figlio era vivo, se pur così cambiato.
"Ora, padre mio, vuotate questo sacco di finocchi, che ve lo riempio di denari."
"Oh, chissà come sarà contenta la vostra matrigna!", disse il padre.
"Perché non le dite di venire a stare qui, insieme a sua figlia orba d'un occhio?", disse la figlia.
Il padre disse di sì e fece ritorno a casa.
"Chi ti ha dato questi denari?", gli chiese la moglie, tutta sbalordita a vedergli aprire il sacco.
"Moglie mia! Sai che ho trovato mia figlia che è moglie d'un Reuzzo e ci vuole tutti a casa sua, me, te e tua figlia orba d'un occhio."
A sentire che la figliastra era ancora viva, la donna si sentì divorare dalla rabbia, ma disse:
"Oh, che bella notizia! Non vedo l'ora di vederla!"
Così, mentre il marito era rimasto a regolare i loro interessi, la moglie e la figlia orba d'un occhio arrivarono alla casina del Reuzzo. Il Reuzzo non c'era, e la matrigna, appena si trovò sola con la figliastra, l'afferrò e la buttò fuori dalla finestra che dava a picco sul mare. Poi vestì la figlia orba d'un occhio delle vesti della sorellastra e le disse:
"Quando tornerà il Reuzzo, tu mettiti a piangere e digli: Il vitellino dalle corna d'oro m'ha accecato un occhio e sono orba!", e dopo averla così istruita se ne tornò a casa, lasciandola lì sola.
Tornò il Reuzzo e la trovò coricata, che piangeva.
"Perché piangi?", le chiese, credendola sua moglie.
"Il vitellino con una cornata m'ha fatto orba di un occhio! Ahi, ahi!"
Il Re, subito, gridò:
"Sia chiamato il beccaio, e sia scannato il vitello!"
Il vitellino, a sentire queste parole, corse via, s'affacciò alla finestra che dava sul mare e disse:

O sorella, mia sorella,
Qui già arrotan le coltella,
Già preparano il bacile
Per il sangue mio gentile!

E dal mare si sentì una voce che diceva:

Le tue lagrime son vane,
Sono in bocca al pescecane!

Il beccaio, a sentir ciò, non ebbe il coraggio di scannare il vitellino, e andò a dire al Reuzzo:
"Maestà, venite a sentire cosa dice il vitellino."
Il Reuzzo s'avvicinò e sentì:

O sorella, mia sorella,
Qui già arrotan le coltella, 
Già preparano il bacile
Per il sangue mio gentile!

E dal mare gli rispose quella voce:

Le tue lagrime son vane,
Sono in bocca al pescecane!

Il Reuzzo subito chiamò due marinai e si misero alla pesca del pescecane. Lo pescarono, gli aprirono la bocca e ne uscì la sua sposa sana e salva.
La matrigna e la sorellastra orba di un occhio furono imprigionate. Per il vitellino chiamarono una Fata che lo fece diventare un bel giovanotto, perché intanto era cresciuto.

(Agrigento)

Calvino n. 178 (da: Pitré, "Fiabe, Novelle e Racconti Popolari Siciliani", n. 283)
Il testo in lingua originale è nella Pagina: "Fiabe Popolari - Italia".


Goble W.


Dalle note di Calvino:
"... di questa fiaba di diffusione europea ho trovato solo versioni infantili e rudimentali. Ho integrato qua e là (per esempio, nei versi) il testo siciliano con altre versioni e ne ho variato il finale troppo truculento."

Naturalmente, Calvino non tradisce la dipendenza dalla sindrome di Frankenstein, ma - e questo è veramente imperdonabile - censura il finale "troppo truculento"... diffusissimo in molte fiabe popolari italiane, in ispecie del tipo "La Bella e la Brutta", che tanto s'apparenta a questo tipo fiabesco (vedi V. Imbriani e la sua Novellaja Fiorentina, ad esempio). E dei versi non avremmo sentito certo la mancanza, tanto è d'effetto la scarna e dolente versione originale.
Riporto l'ultima parte in Siciliano de La Parrastra (La Matrigna), "finale truculento compreso".

La Parrastra

Lu vitidduzzu quannu 'ntisi diri accussì, ca s'avía di scannari, affaccia a lu barcuni, e chiama la suoru di lu mari:

"Oh! suruzza anedda anedda,
Pri mia si scarfa l'acqua,
E s'ammolanu li cutedda."

Rispunni la suoru di (da) lu mari:

"Oh! fratuzzu, 'un t'haju chi fari,
Sugnu 'mmucca di lu piscicani."

Lu Re quannu 'ntisi diri a lu vutieddu sti paroli, va a 'ffaccia a la finestra, e quannu vitti la muglieri chi era nni lu mari, chiama du' marinara, e la fici pigliari, l'acchianaru susu, la fici risturari; e pùa piglià' l'orva e la fici ammazzari; la taglia a piezzi e la sala pi tunnina, e la manna a sò matri.
Quannu sò matri vitti stu rigalu, dissi a li vicini: "Taliati chi mi mannà' mà figlia la Riggina?"
E cumincià' a spennirla a li vicini, e cumincià' a manciarni. Idda avía un gattu e cumincia a maghijari e cci dicía:
"Dunamìnni tanticchia, ca ti lu dicu."
Rispunni a lu gattu e cci dissi:
"Gattazzu tintu, chi mi ha' a diri?"
Rispusi lu gattu e cci dissi:
"Chissa è la carni di vostra figlia orva."
Si mitti a riminari lu varlìri e va a trova la testa cu un uocchiu e li mani, e tannu si pirsuadì' chi era la carni di sò figlia, e ij' nni li vicini, e cci dissi:
"Vummitativi tutti, ca chista è la carni di mà figlia orva."
Sò maritu pi vìdiri comu era stu fattu si nni va nni la figlia pi 'nfurmarsi di lu fattu; chidda cci cunta la ragiuni, vitti ca la figlia avía ragiuni, abbannuna la muglieri perfida e si ristà' cu la figlia.

"La Parrastra", Pitré, da "Fiabe, Novelle e Racconti Popolari Siciliani", n. 283.
Il testo in lingua originale è nella Pagina: Fiabe Popolari-Italia.

Altre segnalazioni su fiabe del tipo "Fratellino e Sorellina", nell'ambito delle mie letture.

Сестрица Аленушка и братец Иванушка, ("Sorella Elenuccia, Fratello Giovannino", Afanas'ev n.29)
La Sorgente che Tramuta in Leone, (Provenza)
Il Principe Cervo, (Turchia, P.S. Buck)
La Ragazza d'Oro, (Zingari, Ungheria)
Aniello e Anella, (De Simone n.6)

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