Questo Re pativa d'un certo male, che nessuno l'aveva saputo guarire, sicchè passava le su' giornate nella cambera. E nella cambera, ci teneva tre siede, una celeste, una nera e una rossa. E le su' figliole, quando andevan da lui la mattina, guardavan sempre su che sedia s'era messo il padre; se su quella celeste, voleva dire allegria; su quella nera, morte; su quella rossa, guerra.
Un giorno, entrano in cambera e il Re siedeva sulla sedia rossa.
Dice la maggiore: "Signor padre, oh! che gli è intravvenuto?"
"Ho ricevuto una lettera dal Re a confino, e lui mi dichiara la guerra. Ma io, a questo modo ammalato, non so dove sbacchiare il capo, perchè da me non posso andare al comando dell'assercito. Bisognerà, che trovi un bon generale."
Dice la maggiore: "Se lei me lo permette, il generale sarò io. Vedrà, che son capace a comandare a' soldati."
"Chê! non son affari da donne", gli arrispose il Re.
"Oh! la mi provi."
"Sì, farò a tu' modo,- disse il Re - Ma con questo, che, se per istrada tu rammenti cose da donne, subbito 'ndietro e a casa."
Rosalind and Celia, "As You Like It"
Quando si furno accordati, il Re chiama il su' fido servitore e gli comanda di montare a cavallo colla Principessa per accompagnarla alla guerra; ma che lui la rimeni al palazzo, se la Principessa rammenta cose da donne. Ogni cosa pronta, montano a cavallo e vanno via; e 'l servitore accanto della Principessa. E, camminato che ebbano un pezzo, arrivorno a un bel canneto.
Dice la Principessa:
"Oh! che belle canne! Se s'avessano a casa, quante ma' rocche ci si faremmo."
"A casa, a casa, - disse il servitore - Vo' avete ricordato cose da donne."
E tornorno a casa. Si fece allora alla presenzia del Re la mezzana, che volse in tutti i modi andar lei a comandar la battaglia; ma il Re ce la mandò co' medesimi patti della maggiore. E, arrivata che lei fu al canneto, stiede zitta; poi passorno in mezzo a una palaia.
Dice la mezzana:
"Bada, Tonino, che be' pali svelti e diritti! Se s'avessano a casa, quanti ma' be' fusi per filare."
"A casa, a casa, - disse Tonino servitore - Vo' avete rammentato cose da donne." E bisognò ritornare alla città dal Re. Il Re s'era messo per perso; ma eccoti, va da lui Fanta-Ghirò e lo supprica di mandarla lei alla guerra.
Dice il Re: "Tu sie' troppo bambina! Non son rinuscite quell'altre a bene, che vo' tu, ch' 'speri 'n te?"
"Che mal ci sarà egli a provarmi, babbo? Vedrete, che non vi farò disonore, se mi mandate."
Volse il Re provare anche lei, e al servitore gli diede i medesimi comandamenti: 'ntanto Fanta-Ghirò si vestì da guerrieri, colla su' spada, le pistole, la montura; pareva un bel dragone valoroso. Montano a cavallo e via, coll'assercito dreto. Passano il canneto, passano la palaia, e Fanta-Ghirò zitta. Arrivati al confino, Fanta-Ghirò si volse abboccare col Re nimico, che era un bel giovinotto sderto.
"In the Forest of Arden"- As You Like It - John Collier
E lui, a male brighe vedde Fanta-Ghirò, disse in tra di sè, che gli era una donna; e la 'nvitò al su' palazzo per parlarsi meglio delle ragioni della guerra prima di battagliare. Quando questo Re fu al palazzo, corse da su' madre, e gli raccontò del guerrieri, che comandava l'assercito contrario, e che l'aveva condotto con seco per l'abboccamento:
"Oh! mamma, mamma! - scramava dalla passione, che si sentiva nel core -
Fanta-Ghirò, persona bella,
Du' occhi neri, drento la su' favella:
Carissima madre, mi pare una donzella."
Il Re fece subbito a quel modo: ma Fanta-Ghirò pigliava le spade e le provava, scaricò gli stioppi e le pistole, proprio a somiglianza d'un omo. Il Re torna da su' madre:
"Mamma, lei brancica l'armi come un omo. Ma in d'ogni mo':
Fanta-Ghirò, persona bella,
Du' occhi neri, drento la su' favella:
Carissima madre, mi pare una donzella."
Dice la madre: "Portala nel giardino. Se lei è una donna, piglierà una rosa o una viola in mano e poi se la metterà nel petto: ma, se gli è omo, vederai, che si ferma al gelsumino catalogno; e, doppo averlo annusato, se lo metterà all'orecchio."
Dunque il Re menò Fanta-Ghirò nel giardino a spasseggiare; ma lei le rose e le viole non le guardò neppure; colse bensì un gelsumino catalogno, l'annusò ben bene e poi se lo messe nell'orecchio. Il Re torna da su' madre:
"Ha fatto com'un omo. Ma io son sempre della medesima idea:
Fanta-Ghirò, persona bella,
Du' occhi neri, drento la su' favella:
Carissima madre, mi pare una donzella."
Dice la madre, che vedeva il su' figliuolo tanto disperato per l'amore, e a lui il core gli faceva tuppete tappete dalla gran passione:
"'Nvitala a desinare. Se lei piglia il pane e per tagliarlo l'appoggia al petto, è una donna; ma, se 'nvece lo taglia accosì per aria, allora poi è dicerto un omo, e non vale star tanto sollevato."
Ma anco questa prova non fu bona; perchè Fanta-Ghirò tagliò 'l pane insenza metterselo alla vita. Torna il Re da su' madre:
"Mamma, gli ha fatto tutto 'l contrario d'una donna. Ma son sempre dell'istessa idea:
"Fanta-Ghirò, persona bella,
Du' occhi neri, drento la su' favella:
Carissima madre, mi pare una donzella."
Dice la madre: "Tu m'hai l'aria d'un matto. Ma fa' anco questa di prove. Menala a letto con teco. Se è una ragazza, dirà di no."
Il Re andò subbito a trovare Fanta-Ghirò:
"Quanto i' sare' contento, se voi volessi vienire a dormir con meco."
"Sarebbe il mi' piacere, Maestà, - disse lei - Se lei vole, sia pure: stasera si dormirà assieme."
Prima di mettersi a letto, però, volsano cenare; e il Re aveva fatto un grand'apparecchio di bottiglie, e a Fanta-Ghirò la bottiglia gli era alloppiata; ma lei furba, non beveva. Quando furno al fine del mangiare, dice lei:
"S'ha da fare un brindesse prima d'andare a letto."
Si baciorno, si presano a braccetto, e Fanta-Ghirò cantava: "Bevi su, compagno, 'N sennò t'ammazzerò"
E il Re arrispondeva: "Non m'ammazzar, compagno, Perchen'io beverò."
E 'ntanto, lui beveva, insenz'accorgersene, la bottiglia alloppiata. Sicchè, quando fu 'n cammera, si buttò nel letto e intrafinefatta s'addormentò, che russava com'un animale. Allo svegliarsi della mattina, il Re vedde Fanta-Ghirò bell'e 'n piedi e tutta vestita da dragone, e non potiede sapere, se era donna o omo. Figuratevi le disperazioni e la passione! Non poteva più campare. Il Re torna da su' madre, che cominciò a gridarlo fortemente della su' mattia. Ma lui badava a dire:
"Fanta-Ghirò, persona bella,
Du' occhi neri, drento la su' favella:
Carissima madre, mi pare una donzella."
Lui, difatto, fece quell'invito a Fanta-Ghirò; gli disse:
"Non mi par vero! Anco a casa son'avvezza a lavarmi ogni giorno, e ora gli è un pezzo, che non son'entra nell'acqua. Ma però il bagno s'ha da fare domattina; stamani no, chè non posso."
Rosalind - As You Like It
Subbito Fanta-Ghirò chiama il su' fido servitore, che monti a cavallo e porti una lettera al Re suo padre, e con pronta risposta. Nella risposta, da mandarsi per un dragone de' meglio, ci aveva a dire: - Che lui steva male in fin di vita, e che voleva rivedere Fanta-Ghirò prima di morire. -
Il servitore di carriera se n'andette coll'ambasciata. Intanto, il giorno dopo, in sul mezzodì, il Re aspettava nel giardino Fanta-Ghirò, e s'era cominciato a spogliare, quando la vedde comparire da lontano per una redola. Lesto, si leva d'addosso il resto de' panni e si tuffa nella pescaia. Lei però disse:
"Non mi voglio ancora bagnare: ho troppo caldo e son molle di sudore."
Ma faceva così, perchè gli arrivassi il corrieri colla lettera. Aspetta, aspetta, mezzodì era già sonato da un pezzo, e non appariva nessuno. Fanta-Ghirò moriva dalla pena, perchè il Re la pintava a gnudarsi e buttarsi giù in nella pescaia. Dice Fanta-Ghirò: "Mi sento male. Mi vien certi gricciori per le spalle e per le gambe. Gli è un segno cattivo; c'è qualche disgrazia per aria."
Il Re s'impazientiva: "Non è nulla. Spogliatevi e buttatevi giù, chè ci si sta tanto bene. Che disgrazie volete, che ci sieno?"
In quel mentre si sente un rumore; scrama Fanta-Ghirò: "Un cavallo, un cavallo alla carriera, con uno de' miei dragoni sopr'esso. Sta, sta. Deccolo."
A male brighe il dragone gli viense dinanzi, gli diede la lettera di su' padre a Fanta-Ghirò; e lei fece le viste d'aprirla con gran premuria. E, quando l'ebbe letta, disse al Re: "Mi rincresce, Maestà, ma ci sono delle cattive nove. Lo dicevo io, che que' gricciori eran un segno cattivo! mi' padre è lì lì per morire e mi vole rivedere. Dunque, bisogna, che parta in nel momento. Sicchè facciamo la pace; e, se volete, vienite a trovarmi nel mi' Regno. Il bagno si farà un'altra volta."
Figuratevi, se il Re era disperato davvero, perchè lui proprio credeva, che Fanta-Ghirò fusse donna, e ci moriva sopra dalla passione. Ma gli conviense adattarsi al destino e lassarla andar via. Lei, dunque, passò prima dalla su' cambera; e in sullo 'nginocchiatoio ci messe un foglio scritto, che diceva:
"Fanta-Ghirò,
Donna è venuta e donna se ne va,
Ma 'mperò cognosciuta il Re non l'ha."
Quando, la mattina doppo, il Re gli andette in quella cambera per isfogarsi della passione, in nel girar gli occhi vedde il foglio e lo lesse; sicchè rimase lì di sasso, come un baiocco, tra 'l dispiaciere e l'allegrezza. Corre diviato da su' madre: "Mamma, mamma! l'avevo indovinato, che Fanta-Ghirò era donna. Leggete questo foglio, che ha lassato scritto in sullo 'nginocchiatoio della cambera."
E non stiede ad aspettar la risposta di su' madre; ma, fatta attaccare la carrozza, si messe dreto a tutta carriera a Fanta-Ghirò. Fanta-Ghirò, intanto, steva alla presenzia di su' padre e gli raccontava le cose, che gli erano intravvenute, e come a quel mo' avessi vinto le battaglie; quando, doppo poco, si sente un rumore nella corte; era il rumore della carrozza con quel Re innamorato, che subbito volse rivedere Fanta-Ghirò. E lì, dissano tante cose, chè la concrusione fu la pace tra que' Re e lo sposalizio di Fanta-Ghirò col Re dapprima nimico. Sicchè lui la menò con seco al su' palazzo nel su' Regno; e, quando poi morì il babbo di Fanta-Ghirò, lei ebbe in eredità tutto il Regno di su' padre.
NOTA: "Fanta o Fantina, aggiunto a donna, vale come il latino Virago. Può essere, che Ghirò sia una corruzione di Virago. Fanta-Ghirò, Fanciulla-eroina?" - Così il raccoglitore prof. avv. Gherardo Nerucci, cui venne dettata da Luisa Ginanni del Montale-Pistojese.
Cf. Con La Serva d'Aglie, Trattenimento VI della giornata III del Pentamerone: - "Belluccia, figlia d'Ambrouso de la Varra, ped essere obediente a lo patre, facenno lo gusto sujo, pe' portarese accortamente 'n chello, che l'era stato commannato, deventa maretata ricca ricca co' Narduccio, primmogeneto de Biasillo Guallecchia; ed è causa, che l'autre sore poverelle siano da lo medesemo dotate e date pe' mogliere a l'autre figli suoje."
Novella XXXVII da "La Novellaja Fiorentina", di V. Imbriani
(Gherardo Nerucci, "Sessanta Novelle Popolari Montalesi", n.28.
Il testo in lingua originale è nella Pagina: Fiabe Popolari - Italia)
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