martedì 22 dicembre 2015

La Regina delle Nevi (versione integrale). Prima Parte. Traduzione Mia - Rieditata

"Fiaba in Sette Storie"
di H.C.Andersen 



Prima Storia, che tratta dello Specchio e dei Frammenti


cco, cominciamo. Quando saremo arrivati alla fine della storia, ne sapremo più di quanto ne sappiamo adesso, poiché qui si parla di uno spirito malvagio, uno dei peggiori, il Diavolo, addirittura. Un giorno era proprio di buon umore perché aveva fabbricato uno specchio che aveva la facoltà di far sparire all'istante tutto il Bello ed il Buono che vi si riflettevano, come fossero stati Nulla; al contrario, faceva risaltare ciò che non valeva niente e ciò che era orribile, rendendolo ancòra più laido. I più bei paesaggi sembravano spinaci lessi, e gli uomini migliori apparivano orrendi o stavano a testa in giù; i volti venivano così deformati che non erano più riconoscibili, e, se qualcuno aveva una piccola lentiggine, allora potete star certi che questa si sarebbe estesa fino al naso e alla bocca.




Birmingham C.


Era straordinariamente divertente - diceva il Diavolo. Se c'era un pensiero pio e buono, questo, nello specchio, diventava un ghigno: per forza il Diavolo si divertiva tanto con la sua invenzione! Tutti quelli che andavano a scuola di magia - perché lui teneva una scuola di magia - raccontavano in giro che era successo un prodigio: finalmente - dicevano - era possibile vedere il mondo e gli uomini come effettivamente erano. Corsero per il mondo con lo specchio, e, alla fine, non ci fu più un solo Paese o un solo uomo che non ne fosse stato deformato. Infine, vollero salire fino in Cielo per prendersi gioco degli angeli e di "nostro Signore". Più volavano in alto con lo specchio, più sghignazzavano con violenza: riuscivano a malapena a reggerlo. Volarono, volarono sempre più in alto, vicino a Dio e agli angeli; ad un certo punto, lo specchio fu scosso così orribilmente dalle risate che sfuggì loro di mano e precipitò verso la Terra dove si ruppe in centinaia - che dico?- in milioni, in miliardi di pezzi, e anche di più. E così fece molto più danno di prima, perché alcuni frammenti erano minuscoli come granelli di sabbia e volarono tutto intorno per il vasto mondo, e, quando entravano negli occhi della gente, vi rimanevano, così la gente vedeva tutto distorto, oppure scorgeva solo il lato peggiore delle cose, perché ogni minima parte dello specchio aveva mantenuto la stessa forza appartenuta allo specchio integro. A qualcuno una piccola scheggia dello specchio penetrava addirittura nel cuore e questo era veramente orribile: il cuore diveniva come un pezzo di ghiaccio. Alcuni frammenti dello specchio erano invece così grandi da essere usati come vetri per le finestre, ma non era proprio il caso di guardare i propri amici attraverso quei vetri! Altri pezzi diventarono occhiali, ed era davvero una grande sventura quando la gente li inforcava per vederci meglio e in modo obiettivo. Il Maligno rideva tanto che lo stomaco gli ballava tutto e gli faceva il solletico. E, fuori, miriadi di granelli di vetro continuavano a volare per l'aria.
E ora sentiamo cosa accadde.



Lynch P.J.



Seconda Storia. Un Bambino e una Bambina.


ella grande città, dove ci sono tante case e tanti uomini che non rimane posto perché ognuno possa avere un suo giardinetto, e dove, per questo, la maggior parte della gente deve accontentarsi dei fiori nei vasi, abitavano due bambini poveri, che avevano, però, un giardino un pochino più grande di un vaso di fiori. Non erano fratelli, ma si volevano bene come se lo fossero. I loro genitori erano vicini di casa: abitavano in due soffitte. Nel punto in cui i tetti delle case confinavano e le grondaie si univano, si affacciavano due finestrelle: bastava solo scavalcare la grondaia, per poter passare da una finestra all'altra.
Entrambe le famiglie avevano messo lì fuori una grossa cassa di legno dove coltivavano le erbette aromatiche che usavano in cucina, e anche un piccolo roseto; ce n'era uno per cassa e crescevano proprio bene. Un giorno, i genitori pensarono di mettere le casse per traverso sulla grondaia così da unire quasi le due finestre e creare come un terrapieno di fiori. I rametti del pisello spiovevano dalle casse, i roseti allungavano i rami arrampicandosi tutto intorno alle finestre e si intrecciavano in un arco di trionfo di verdi foglie e di fiori. Poiché i bordi delle casse erano molto alti e i bambini sapevano che non dovevano scavalcarli, avevano il permesso di uscire dalle finestre e di sedersi sui loro piccoli sgabelli sotto le rose, dove giocavano beatamente.
D'inverno, però, questo divertimento era impossibile. Le finestre erano ricoperte di ghiaccio, allora i bimbi scaldavano sulla stufa una monetina di rame e la mettevano contro il vetro gelato perché si formasse un piccolo spiraglio rotondo, e, dietro ogni spiraglio, faceva capolino un dolcissimo occhio, uno per finestrella: erano il bambino e la bambina. Lui si chiamava Kay e lei Gerda. D'estate potevano incontrarsi con un semplice balzo. D'inverno, invece, dovevano scendere molte scale, e poi salirne altrettante.
Una volta, c'era una gran tempesta di neve.




Birmingham C.


"Sono bianche api che sciamano!" disse la vecchia nonna.
"Hanno anche loro un'ape regina?", chiese il bambino, perché sapeva che tra le vere api c'era anche una regina.
"Certo che ce l'hanno! - rispose la nonna - Vola dove le api sono più fitte! È più grande di tutte, e non si posa mai sulla terra, risale di nuovo in alto, nel cielo scuro. Molte notti d'inverno, vola per le strade della città e guarda attraverso le finestre, allora queste gelano in modo stranissimo, come se venissero ricoperte di fiori."
"Sì, l'ho visto! " esclamarono entrambi i bambini, e sapevano che quella era la verità.
"La Regina delle Nevi può entrare qui?", chiese la bambina.
"Lascia pure che entri! - rispose il ragazzo - La metto sulla stufa bollente, così si scioglie."
Ma la nonna, accarezzandogli i capelli, raccontò altre storie.
La sera, il piccolo Kay, già mezzo svestito, si arrampicò su di una sedia accanto alla finestra e guardò fuori attraverso quel piccolo spiraglio rotondo: cadeva qualche fiocco di neve e uno di questi, il più grande, si posò sull'angolo di una delle casse di fiori, e lì restò. Crebbe sempre più, e, alla fine, si trasformò in una donna avvolta in sottilissimi veli candidi che sembravano formati da milioni di fiocchi di neve luccicanti come stelle. Era alta, snella e molto bella, ma era di ghiaccio, di un ghiaccio splendente e brillante. Eppure era viva: gli occhi sembravano due stelle luminose, ma non c'era pace né serenità nel suo sguardo. Fece un cenno verso la finestra e salutò con la mano. Il bambino si spaventò e saltò giù dalla sedia, e allora fu come se, là fuori, un grande uccello passasse in volo davanti alla finestra.


Birmingham C.


II giorno dopo, tutto era gelato. Poi venne il disgelo, e, infine, giunse la primavera, il sole splendette, il verde spuntò, le rondini costruirono i nidi, le finestre si aprirono e i bambini si ritrovarono nel loro piccolo giardino, lassù vicino alla gronda del tetto, al piano più alto di tutti.
Quell'estate, le rose erano meravigliose. La bambina aveva imparato un inno in cui si parlava di rose e, ogni volta che arrivava a quel punto, pensava alle sue. Cantava l'inno insieme al bambino:

"Le rose crescono nelle valli,
laggiù, dove parleremo con Gesù Bambino!"

I piccoli si tenevano per mano, baciavano le rose e guardavano verso il sole di Dio, parlando come se Gesù Bambino fosse là. Che belle giornate estive, come era bello stare fuori vicino a quei freschi roseti che sembrava non volessero mai smettere di fiorire!


Rackham A.



Un giorno, Kay e Gerda sfogliavano un libro di figure di animali e di uccelli, quando, proprio mentre la campana della grande torre della chiesa batteva le cinque, Kay esclamò: "Ahi! Ho sentito una fitta al cuore, e mi è entrato qualcosa nell'occhio ".
La bambina gli prese il viso fra le mani, lui sbatté gli occhi, ma no, non si vedeva niente.
"Credo che sia uscito" disse, ma non era così. Era proprio uno di quei granellini di vetro che si erano staccati dallo specchio, dallo specchio magico. Ce lo ricordiamo quell'orribile specchio che rendeva piccole e deformi tutte le cose grandi e buone che vi si riflettevano, mentre risaltavano le cose cattive e malvagie e di ogni cosa si vedevano subito i difetti? Povero Kay, anche lui aveva ricevuto un frammento, proprio nel cuore. E il cuore gli sarebbe presto diventato di ghiaccio. Ora non sentiva più dolore, ma il frammento era sempre là.
"Perché piangi? - chiese - Sei brutta quando piangi, e poi io non ho proprio niente!"
E improvvisamente gridò: "Uh! Quella rosa è stata rosicchiata da un verme! E guarda: quell'altra è tutta sghemba! In fondo sono rose veramente orribili! Proprio degne delle casse in cui si trovano!" E, intanto, col piede colpì forte la cassa e strappò due rose.
"Kay! Che cosa fai? " gridò la bambina, e Kay, accorgendosi che si era spaventata, strappò un'altra rosa e corse via attraverso la sua finestra, lontano dalla buona Gerda.
Quando lei arrivava con il libro illustrato, le diceva che era un trastullo per bambini, e, quando la nonna raccontava le sue storie, lui interveniva sempre con un "Mah!", e addirittura si metteva a camminare dietro di lei, con i suoi occhiali sul naso, e parlava proprio come la nonna: era bravissimo ad imitarla e tutti ridevano. Presto imparò a imitare anche la gente in strada. Kay sapeva imitare alla perfezione ciò che di strano e deforme vedeva negli altri, e così tutti dicevano: "È proprio in gamba quel ragazzo!". Ma, in realtà, tutto ciò accadeva a causa di quel vetro che gli era entrato nell'occhio e di quel vetro che era penetrato nel suo cuore, per questo si comportava così, e scherniva persino la piccola Gerda che gli voleva un bene dell'anima.

Anche i suoi passatempi erano molto cambiati. Un giorno d'inverno, mentre nevicava forte, arrivò con una grande lente di ingrandimento, sollevò fuori dalla finestra l'orlo della sua giacchetta blu e aspettò che i fiocchi di neve vi si posassero.
"Guarda in questa lente, piccola Gerda!" disse, e ogni fiocco di neve divenne molto grande e sembrò un meraviglioso fiore o una stella a dieci punte: era davvero meraviglioso.
"Vedi come è ben fatto!- disse Kay - è molto più interessante dei fiori veri. Non c'è neanche un difetto e sono tutti identici... Se solo non si sciogliessero!"
Poco dopo, ritornò con un paio di grossi guanti e con il suo slittino sulla schiena, e gridò alla volta di Gerda: "Ho avuto il permesso di andare nella piazza grande dove giocano gli altri ragazzi!". Ed era già corso via.
Là nella piazza, i ragazzi più ardimentosi legavano i loro slittini ai carri dei contadini, così venivano trascinati per un bel pezzo di strada: era molto divertente. Stavano giocando, quando giunse una grande slitta dipinta di bianco, dove sedeva una persona avvolta in una morbida pelliccia bianca, e con un cappuccio bianco in testa. La slitta fece due volte il giro della piazza e Kay, svelto svelto, vi legò il suo slittino, facendosi trascinare. La slitta accelerò sempre più fino alla strada successiva. La persona che la guidava voltò il capo e fece un cenno molto affettuoso a Kay, come se si conoscessero già, e, ogni volta che Kay si accingeva a sciogliere il suo slittino, quella gli faceva di nuovo cenno, e così Kay rimaneva seduto. Corsero fino alle porte della città. Poi la neve cominciò a fioccare così fìtta che il fanciullo non riusciva a vedere ad un palmo davanti a sé, mentre veniva trascinato via. Allora, sciolse velocemente il laccio per staccarsi dalla grande slitta, ma non servì a nulla: il suo slittino rimase attaccato, e andava alla velocità del vento.
Urlò forte, ma nessuno lo sentì, e la neve continuava a cadere, e la slitta continuava a correre, e ogni tanto sobbalzava, come se stesse passando sopra un fosso o un dosso.



Erko V.


Kay era spaventatissimo, voleva recitare il Padre Nostro, ma riusciva solo a ricordare la tavola pitagorica.
I fiocchi di neve diventavano sempre più grandi, alla fine sembravano grandi uccelli bianchi. Improvvisamente, la slitta balzò di lato, si fermò e la persona che la guidava si alzò. La pelliccia e il cappuccio erano fatti di neve, e lei era una dama, alta e snella, di un candore splendente: era la Regina delle Nevi.
"Abbiamo fatto un bel giro! - esclamò - ma che freddo! Riparati nella mia pelliccia d'orso!" e se lo mise vicino vicino sulla slitta, e gli avvolse intorno la sua pelliccia, e a Kay sembrò di affondare in una montagna di neve.
"Hai ancora freddo? " gli chiese, e lo baciò sulla fronte. Oh ! Il bacio era più freddo del ghiaccio, e gli arrivò diritto al cuore, che era già un pezzo di ghiaccio. Gli sembrò di morire. Ma fu solo un attimo, poi si sentì benissimo, e non soffrì più il freddo.
"Lo slittino... Non dimenticare il mio slittino!" fu la prima cosa che gli venne in mente. Lo slittino venne legato sul dorso di una delle galline bianche che seguivano volando la slitta della Regina. La Regina delle Nevi diede un altro bacio a Kay, e subito lui dimenticò la piccola Gerda e tutti quelli che aveva lasciato a casa.
"Non ti darò altri baci! - esclamò lei - Altrimenti ti ucciderei".
Kay la guardò: era così bella ! Non avrebbe potuto immaginare un volto più bello e intelligente. Ora non sembrava più di ghiaccio come quella volta che l'aveva vista fuori dalla finestra mentre gli faceva un cenno di saluto: ai suoi occhi appariva perfetta. Non lo impauriva affatto, e le raccontò che sapeva fare i calcoli a memoria, anche con le frazioni, che conosceva l'estensione in miglia quadrate dei varii Paesi e il numero dei loro abitanti. Lei continuava a sorridergli. Allora, Kay pensò che ciò che conosceva non fosse abbastanza, guardò in alto, nello spazio immenso, e la Regina volò con lui, volò in alto su una nera nuvola, mentre la tempesta infuriava e fischiava, e sembrava che cantasse vecchie canzoni.



Erko V.


Volarono sopra boschi e laghi, sopra giardini e paesi. Sotto di loro, soffiava il freddo vento, ululavano i lupi, la neve cadeva. Sopra di loro, volavano neri corvi gracchianti, ma, sopra a tutto, brillava la luna, grande e luminosa, e alla luna Kay guardò in quella lunghissima notte d'inverno, e, quando venne il giorno, dormiva ai piedi della Regina delle Nevi.


Fine Prima Parte




Purtroppo circolano pochissime versione integrali di questa celeberrima fiaba. E quelle poche, anche le più blasonate, sono tradotte in modo tale da risultare, in alcuni passaggi, addirittura incomprensibili. Non conosco il Danese, quindi, sulla fiducia, ho tradotto due versioni, una inglese ed una francese. Incrociandole, ho raggiunto un risultato almeno leggibile, pur non avendo alcuna pretesa di scientificità.

Traduzione: Mab's Copyright


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