lunedì 30 dicembre 2013

Il Gelo, Afanas'ev n.84 (Russia)

'era una volta un vecchio e una vecchia, che avevano tre figlie. Alla più grande la vecchia non voleva bene (era una figliastra), e spesso la sgridava, la svegliava al mattino presto e la caricava di tutto il lavoro. La bambina accudiva il bestiame, portava nell'isba l'acqua e la legna, accendeva la stufa, faceva i vestiti, scopava la casa e metteva tutto in ordine sin dall'alba, ma neanche così la vecchia era contenta, e gridava a Martina:
"Che pigrona, che disordinata! La scopa non l'hai neppure toccata, eppure non costa tanto, guarda com'è sporca l'isba!"


Vasnecov V.M.

La ragazza taceva e piangeva; essa si sforzava di accontentare la matrigna quanto meglio poteva e di servire le sue figlie, ma le sorelle, vedendo come faceva la matrigna, l'offendevano in tutto, litigando con lei finché non si metteva a piangere: era proprio quello che loro volevano!
Loro s'alzavano tardi, si lavavano con l'acqua già pronta, s'asciugavano con asciugamani candidi, e si sedevano a lavorare dopo mangiato.
Ecco che le nostre ragazzette incominciarono a crescere, si fecero grandi e divennero ragazze da marito. Si fa presto a raccontarlo, non così presto a farlo. Il padre aveva pietà della figlia più grande; le voleva bene perché era ubbidiente, lavoratrice, non era testarda, faceva quello che c'era da fare e non contraddiceva neppure con una parola; ma il vecchio non sapeva come alleviare le pene della ragazza. Lui era debole, la moglie litigiosa, e le figlie di lei pigre e caparbie.
Ed ecco che i nostri vecchi cominciarono a ruminar pesieri: il vecchio pensava come accasare le figlie, mentre la vecchia pensava come liberarsi della più grande. E una volta la vecchia disse al marito:
"Suvvia, vecchio! Bisogna maritare Martina"
"Bene", dice il marito, e intanto si arrampica pian piano sulla stufa e la vecchia alle calcagna:
"Senti vecchio, domani alzati più presto, lega la cavalla al traino e parti con Martina, e tu, Martina, raccogli la tua robetta in una scatola, e mettiti una camicia pulita: domani devi andare a far visite!"
La buona Martina fu tutta contenta di quella fortuna che le capitava, d'esser portata a far visite l'indomani; tutta la notte dormì dolcemente; al mattino presto s'alzò, si lavò, disse le preghiere, raccolse tutta la sua roba, la ripose per benino, si vestì, ed era così bella... una vera fidanzata! Tutto questo accadeva d'inverno e fuori c'era un gelo da spaccare le pietre.
Al mattino, tra il lusco e il brusco, il vecchio legò la cavalla al traino e lo portò avanti alla porta; entrò nell'isba, sedette sulla cassapanca e disse:
"Tutto è pronto."
"Venite a tavola, e mettete qualcosa sotto i denti!", disse la vecchia.
Il vecchio sedè a tavola e si mise la figlia accanto. Il cesto del pane era sulla tavola, lui tirò fuori una pagnotta tonda tonda e ne tagliò per sé e per la figlia.
Intanto la vecchia, scodellato un piatto di minestra di cavoli per il marito, disse:
"Mio caro, mangia e vattene, ne ho abbastanza di starti a guardare! Vecchio, porterai Martina dallo sposo; bada, vecchio barbone, va' dritto per la strada, poi volta a destra verso il bosco, sai dove, là dove c'è quel vecchio pino che sta sul monticello, e lì darai Martina a Gelo".
Il vecchio spalancò gli occhi, aprì la bocca e smise di mangiare; la ragazza si mise a gemere.
"Cosa stai a piagnucolare! Forse che lo sposo non è bello e ricco? Guarda quanti beni possiede: tutti gli abeti, i pini, e le betulle ben adorne; farai una vita invidiabile e lo sposo è un eroe!"
Tacendo, il vecchio mise su il bagaglio, ordinò alla figlia di indossare il pellicciotto, e si pose in cammino; camminò tanto, camminò poco? non so; si fa presto a raccontarlo, non così presto a farlo. Finalmente arrivò al bosco, lasciò la strada e si spinse dritto nella neve, sulla crosta indurita; arrivato nel folto, si fermò, e ordinò alla figlia di scendere, mise lui stesso la scatola sotto un enorme abete e disse:
"Siedi e aspetta il fidanzato; ma bada, sii garbata con lui". Poi voltò il cavallo e andò a casa.


Bederev G.


La ragazza siede tutta tremante, il freddo comincia a invaderla. Avrebbe voluto piangere, ma le mancava la forza: solo i denti battevano. D'improvviso, sente non lontano da lei Gelo che scricchiola sugli abeti; saltava dall'uno all'altro, faceva certi schiocchi! Comparve anche sull'abete sotto cui sedeva la ragazza, e dall'alto le dice:
"E' tiepido, ragazza?"
"Tiepido, tiepido, mio caro Gelo!"
Gelo cominciò a scendere lungo il tronco, scricchiolando e schioccando sempre di più. E chiede alla ragazza:
"E' caldo, ragazza mia? E' caldo, bella?"
La ragazza può appena tirare il fiato, ma dice:
"E' caldo, Gelo! E' caldo, caro!"
Gelo scricchiolò ancora peggio, schioccò più forte ancora, e disse:
"Hai caldo, ragazza? Hai caldo, bella ? Hai caldo, zampino mio?"
La ragazza si sentì diventar di ghiaccio; la sua voce s'udiva appena quando disse:
"Oh, com'è caldo, Gelo mio caro!"
A questo punto, Gelo ebbe pietà di lei, l'avvolse fra le pellicce, la riscaldò con le coperte.
Al mattino la vecchia dice al marito:
"Va', vecchia barba, e sii coraggioso!"
Il vecchio legò il cavallo e andò. Avvicinatosi alla figlia, la trovò viva: aveva indosso una bella pelliccia e un prezioso velo da sposa, e inoltre una scatola di ricchi regali. Senza dire una parola, il vecchio depose tutto sul traino, sedette con la figlia e andò a casa. Arrivarono e la ragazza si gettò ai piedi della matrigna. La vecchia rimase sbalordita al vedere la ragazza viva, la pelliccia nuova e la scatola di biancheria.
"Eh, cagna, a me non mi inganni!"
Ed ecco, la vecchia lasciò passare un po' di tempo e poi disse al vecchio:
"Porta un po' anche le mie figlie dallo sposo: egli non ha ancora presentato loro i regali!"
Ci vuol del tempo a fare, si fa presto a raccontare. Ecco che una mattina all'alba la vecchia diede da mangiare alle sue figliette, le adornò come si deve col velo e la corona, e le mise in viaggio. Il vecchio seguì la stessa strada e lasciò le ragazze sotto l'abete. Le nostre ragazzette si metton sedute e ridono:
"Cosa è saltato in mente a nostra madre di maritarci tutte e due insieme? Come se al nostro paese non ci fossero ragazzi! Chi sa chi diavolo verrà? Non sappiamo neppure chi è!"
Sebbene fossero avvolte nei pelliccioni, le ragazze cominciavano ad aver freddo.
"Paracha, mi sta entrando il gelo nelle ossa. Be', se il nostro pretendente in maschera non arriva, ci congeleremo"
"Basta dire sciocchezze, Maska! Purchè i fidanzati arrivino presto! Adesso a casa staranno pranzando"
"O Paracha! Se viene uno solo, chi sceglierà?"
"Non crederai che prenda te, stupidona!"
"O guarda! E allora te, forse?"
"Naturale che prenderà me"
"Te! Ma smettila di farmi ridere e di dire stupidaggini!"
Intanto, Gelo aveva fatto diventar di ghiaccio le mani delle ragazze. Esse le infilarono sotto le ascelle e ricominciarono come prima.
"Ehi tu, muso insonnolito! Brutto ceffo, grugno immondo!Tu non sai presentarti né comportarti, e in generale ti manca il cervello"
"Oh, tu, fanfarona! Cosa sai fare, tu? Solo andare intorno a chiacchierare e
lisciarti. Stiamo a vedere chi sceglierà per prima!"
Così si bisticciavano le ragazze, ma intanto si congelavano sul serio e d'improvviso esclamarono ad una voce:
"Ma che fesso, perché non viene? Guarda, sei diventata blu!".



Kochergin N.



Ed ecco da lontano Gelo comincia a scricchiolare; salta schioccando da un abete all'altro. Le ragazze sentono che qualcuno s'avvicina.
"Paracha, senti? Sta arrivando con una campanella."
"Vattene, cagna, non sento, il freddo m'ha assordito."
"E vuoi anche trovar marito!"
Cominciarono a soffiarsi sulle dita. Gelo s'avvicina sempre più e più; infine comparve sull'abete, sopra le ragazze. E dice loro:
"Siete al calduccio, ragazze? Siete al calduccio, bellezze? Siete al calduccio, colombelle mie?"
"Ohi, Gelo, fa terribilmente freddo! Ci siamo congelate in attesa del promesso sposo, ma quel maledetto se l'è squagliata".
Gelo cominciò a scender da basso scricchiolando sempre più, schioccando ancor più forte.
"Avete caldo, ragazze? Avete caldo, belle?"
"Va' al diavolo! Sei cieco? Vedi bene che abbiamo mani e piedi congelati".
Gelo scese ancor più basso, picchiò forte e disse:
"Avete caldo, ragazze?"
"Che tu possa sprofondare all'inferno tra i diavoli, sparisci, maledetto!", e in così dire le ragazze divennero dure come ghiaccio.
Al mattino la vecchia dice al marito:
"Attacca un po' il traino, vecchio; mettici una bracciata di fieno, e porta una coperta di pelli. Quelle ragazze debbono essere gelate. Fuori c'è un freddo terribile. Bada di andare svelto, vecchio barbone!"
Il vecchio aveva appena finito di mangiare un boccone che già era fuori, in istrada.
Arriva dalle figlie e le trova morte. Le getta sul traino, le avvolse nella coperta e le ricoprì con una pezzuola. Vistolo da lontano la vecchia gli corse incontro, e così domandò:
"E le ragazze?"
"Sono nel traino"
La vecchia tirò via la pezzuola, tolse la coperta, e trovò le figlie morte.
Qui la vecchia scoppiò come un uragano, e cominciò a maltrattare il vecchio:
"Cosa hai fatto, vecchio cane? Tu hai assassinato le mie figliette, il sangue del mio sangue, la mia semenza, i miei bei boccioli! Io ti acchiappo e t'ammazzo, con l'attizzatoio ti finirò!"
"Basta, vecchiaccia! Lo vedi, ti sei fatta sedurre dalla ricchezza, e anche quelle testarde delle tue figlie! E' colpa mia, forse? Tu stessa l'hai voluto".
La vecchia s'infuriò, gridò, ma infine fece la pace con la figliastra, e da allora vissero felici e contenti, dimenticando i mali. La ragazza fu chiesta in moglie da un vicino, si celebrarono le nozze, e ora Martina vive felice. Quando i nipotini fanno i capricci, il vecchio li spaventa chiamando Gelo.

Anch'io fui alle nozze, bevvi idromele e birra sui baffi scivolò, in bocca niente andò.

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