'era una volta un mercante che aveva quattro figlie femmine e un maschio. Il più grande era il maschio, un bel ragazzo, e si chiamava Burdilluni [1].
Dunque, questa famiglia, da ricca ricca che era, si ridusse alla miseria più nera tanto che, dopo un po', il mercante andò in giro a chiedere l'elemosina. Stavano a questo punto, quando la moglie uscì gravida. Burdilluni, davanti a tanta miseria, baciò le mani a padre e madre e s'imbarcò per la Francia. Era un ragazzo istruito, e, come arrivò in Francia, si piazzò a Palazzo Reale [2] e fece la strada sua, tanto che diventò Capitano Generale. A raccontare si fa presto... La moglie del mercante, sempre più in miseria, un giorno, disse al marito:
"Lo sai che ti dico? Vendiamoci il tavolo da pranzo (che era l'unica cosa rimasta) e cerchiamo di pensare a ciò che servirà alla creatura [3]".
Passano i robivecchi, li chiamano su, gli vendono il tavolo. Il mercante comprò tutto il necessario e avanzò due monete per la mammana [4].Vennero i dolori, la moglie partorisce e fa una bellissima figlia femmina, una bellezza senza pari, come non s'era mai vista. Vedendo quant'era bella 'sta picciridda, padre e madre cominciarono a piangere, e dicevano:
"Figlia! In che miseria nascesti!".
Mascia Kurbatova
La picciridda cresce cresce, e, arrivata - diciamo - a sedici mesi, incominciò a camminare da sola, e, gira gira, finiva nella paglia che faceva da giaciglio ai genitori. Un giorno, giocando in mezzo alla paglia, afferra un pugno di monete d'oro.
"Mamma, mamma! - dice - Belli, belli! [5]"
La madre non credeva agli occhi suoi: glieli prese di mano, li nascose in seno, si fece prestare uno scialle e corse alla Vucciria [6]. E compra questo e compra quello, non risparmiò sulla spesa, e, a mezzogiorno, fecero un banchetto e mangiarono a bocca piena. Il padre chiese alla picciridda:
"E dove li pigliasti i lustri [7]?"
"Qua, papà", gli dice la picciridda, e lo porta ad un pertugio sotto la paglia dove c'era una giara piena di monete. Infilano le mani e pigliano tanti denari da non potersi dire.
Fu così che la loro sorte cambiò e ricominciarono ad andare a testa alta [8]. Quando la picciridda arrivò ai quattr'anni, il mercante disse alla moglie:
"Moglie mia, mi pare che è ora di fare infatare [9] Peppina - così l'avevano chiamata - Bella è bella, soldi ne ha: chi può dirci di no?".
E la condussero in carrozza a Mezzo Morreale [10], dove c'erano quattro sorelle.
Là, tirò la corda per avvertire il cocchiere, che si fermò. Scesero ed entrarono in casa delle quattro sorelle, le quali elencarono tutte le cose che andavano preparate e che dovevano esser pronte per la domenica successiva, quando sarebbero andate a visitarli, e, allora, avrebbero fatto tutto come si deve.
E dunque, la domenica seguente, le quattro sorelle scendono a Palermo, trovano ogni cosa, si lavano le mani, impastano un po' di farina di Majorca, preparano quattro pasticci e li mandano a infornare.
Heather Taylor
Dopo un po', la moglie del fornaio comincia a sentire un profumo che era una delizia. E che fa? Prende uno dei quattro pasticci, se lo mangia tutto, poi ne fa un altro - come viene viene - con farina ordinaria, acqua sporca della scopettatura del forno, lo alliscia e lo confonde fra gli altri tre. Quando i pasticci furono portati al palazzo del mercante, la prima Fata taglia una fetta e dice:
"Io infato te, figlia bella, che, ogni volta che ti spazzoli i capelli, ne cadano perle e pietre preziose! "
"E io - dice la seconda - infato te, che tu possa diventare ancòra più bella di quanto già non sia!"
Si alza la terza:
"E io infato te, che, ogni volta che ti venga voglia di frutta fuori stagione, tu possa averla all'istante!"
Remnev A.
Si alza la quarta e dice:
"Io infato te...", ma, come infila il coltello nel pasticcio della fornaia, dicendo Io infato te, schizza fuori la cenere bollente della scopettatura del forno, le va in un occhio e l'acceca.
"Ah, che dolore! Per questo male che m'hai fatto, ti lancio la mala fatagione: che, non appena vedrai il Sole, tu possa diventare una serpe nera!"
E le Fate sparirono. Gravati da 'sto fato disgraziato, padre e madre scoppiano in un gran pianto, pensando che la figlia non avrebbe mai più visto il Sole.
Ma lasciamo loro e torniamo a Burdilluni, che, in Francia, pur sapendo che in famiglia non c'era un soldo bucato, contava e ricontava mari e monti delle ricchezze di casa sua, e per questo era rispettato da tutti, secondo il detto: Chi esce fuori dal suo paese si finge Conte, Duca e Marchese.
Un bel giorno, il Re volle scoprire se fossero vere le ricchezze di Burdilluni: chiama un Cavaliere e gli comanda di andare a Palermo, e gli insegna per filo e per segno ciò che deve fare.
Tatiana Doronina
Il Cavaliere se ne viene a Palermo, chiede del padre di Burdilluni e trova un bel palazzo con tanto di guardaportone, camere ornate d'oro zecchino e schiere di cameriere e servi. Il padre di Burdilluni lo accoglie con grandi cerimonie, lo invita alla sua tavola, e, al calar del Sole, manda a chiamare la figlia Peppina, e il Cavaliere resta incantato da quella bellezza di cui non aveva mai visto l'eguale. Torna dal Re e gli racconta ogni cosa.
Il Re manda a chiamare Burdilluni e gli ordina:
"Burdilluni, va' a Palermo, prendi tua sorella Peppina e portamela qua, con la testa rotta o con la testa sana! [12]"
Burdilluni non ci capiva niente perché niente sapeva della sorella. Comunque, partì. Ma che testa che ho... Bisogna sapere che, da un po' di tempo, Burdilluni aveva un'amica. E questa ragazza pretese di andare con lui, e, una volta giunta a Palermo e vista Peppina, fu presa da una grande invidia e decise che le avrebbe rubato il suo destino, e che il Re di Francia lo avrebbe sposato lei e lei sarebbe diventata Regina. Torniamo a Burdilluni. Arrivato a Palermo, s'informa delle cose della sua famiglia, si fa riconoscere ed è tutto contento. Poi, prende congedo:
"Bacio le mani, Papà"
"Addio, figlio mio"
"Addio, Peppina"
"Addio, mamma". E partirono.
Dodd T.
Per andare a Parigi di Francia [13] si deve viaggiare prima via mare, poi, via terra. Burdilluni la rinserrò ben bene Peppina e mai le fece vedere un raggio di Sole. Toccata terra, la mise in una lettiga chiusa, insieme con l'amica sua. E questa si rodeva, pensando che, ormai, si avvicinavano a Palazzo e che, ben presto, Peppina sarebbe diventata Regina mentre lei sarebbe rimasta moglie di Generale. E attacca a dire:
"Peppina, apriamo che soffoco!"
"No, sorella mia, che mi rovini"
"Peppina, io soffoco"
"Ma come può essere!..."
E ancòra:
"Peppina, io muoio!"
"Pure se muori, io non posso aprire!"
"Ah! Così è?", grida l'amica di Burdilluni. Prende un temperino e squarcia il cuoio della lettiga: non appena apre lo squarcio, entra un raggio di Sole e Peppina diventa serpe nera, scivola già dalla lettiga, si getta nel giadino del Re, che era lì vicino, e sparisce. Burdilluni si sentì morire e diceva:
"E come faccio con il Re che vuole mia sorella? Ah! che brutta sorte!"
"E che paura hai? - gli dice l'amica - digli che tua sorella sono io, e basta".
Burdilluni si persuase e fece così.
Ma il Re, come vide la falsa Peppina, disse:
"E questa sarebbe la bellezza senza pari? Ma basta: parola di Re è parola di Re, e me la devo sposare".
Dunque, se la sposa e vive con lei.
Wilkins S.
Ma Burdilluni non si dava pace: quella donna gli aveva fatto perdere la sorella, quella stessa donna lo aveva abbandonato... Covava una rabbia da non credere. La malandrina se ne accorse e decise di levare di mezzo pure lui, così, un bel giorno, dice al Re:
"Maestà, sono malata e voglio dei fichi fioroni!"
Non era stagione, e il Re dice:
"E come faccio a trovarteli?"
"Facile! - dice lei - ditelo a Burdilluni, e Burdilluni li trova".
"Burdilluni!"
"Maestà!"
"Vai a cogliere quattro fichi fioroni per la Regina"
"E dove li prendo in questa stagione?"
"Non ne voglio sapere niente: o i fichi fioroni o ne va della tua testa".
Burdilluni, afflitto e sconsolato, se ne scende in giardino e attacca a piangere. Dopo un po', gli compare davanti la sorella e gli dice:
"Che hai?"
"E che devo avere? Il Re... e così e così."
"Va bene - gli risponde lei - io ebbi la fatagione e ti posso dare frutti fuori stagione: eccoli qua."
Tutto contento, Burdilluni sale su, va dal Re e glieli consegna. Il Re li dà alla Regina, che, essendo gravida, se li mangia tutti, che la possano attossicare!
Passa qualche giorno e tiene voglia di albicocche, e Peppina le fece avere le albicocche; poi, di ciliegie, e Peppina le mandò le ciliegie. Quand'era incinta di sette mesi, le venne la voglia di pere, ma Peppina pere non gliele poteva dare perché - questo me l'ero scordato!- la fatagione valeva solo per tre tipi di frutti, fichi, albicocche e ciliegie. Burdilluni fu condannato a morte e chiese la grazia di essere seppellito nel giardino del Re.
"Che ti sia concesso!", disse il Re.
Burdilluni fu giustiziato sulla forca e seppellito. E la Regina fu soddisfatta.
Una notte, la moglie del giardiniere sentì queste parole:
"Ah, fratello mio, Burdilluni! Tu sei seppellito nella guazza e la tua amica con il Re si sollazza!"
Sveglia il marito:
"Sentisti, marito mio?"
E videro un'ombra nera. Il mattino dopo, il giardiniere va a cogliere i fiori per il Re, e trova le perle e le pietre preziose cadute dai capelli di Peppina, che si era pettinata in giardino. Confeziona un gran mazzo di fiori e li porta al Re, il quale, si accorge della novità e dice:
"E queste gioie da dove vengono?"
"Maestà, le abbiamo trovate in giardino".
Quella sera, l'uomo si appostò in giardino, armato di schioppo. E tutto avvenne come la notte precedente. A mezzanotte, comparve l'ombra nera e si udirono queste parole:
"Ah, fratello mio, Burdilluni! Tu sei seppellito nella guazza e la tua amica con il Re si sollazza!"
Dodd T.
Terrorizzato, il giardiniere prende la mira con lo schioppo, ma l'ombra dice:
"Non mi sparare ché sono carne battezzata e cresimata come te! Avvicinati e vedi chi sono".
Il giardiniere le andò vicino e lei sollevò il velo che le copriva la testa e il volto, lasciando che la guardasse, e l'uomo vide una donna di una bellezza senza pari. E lei gli raccontò ogni cosa e lo pregò di dire al Re che l'aspettasse in giardino, la sera dopo. L'indomani, come sempre, il giardiniere prepara il mazzo di fiori freschi per il Re e trova le perle e le pietre preziose di Peppina, e non vede l'ora di salire dal Re per raccontargli tutto. Il Re era sbalordito, ma, quella sera, scese in giardino e aspettò. Alla solita ora, ecco l'ombra nera, e dice, tutta afflitta e sconsolata:
"Ah, fratello, fratello mio, Burdilluni!"
Il Re si avvicina e lei gli racconta ogni cosa, poi, solleva il velo. Il Re è fuori di sé dalla meraviglia, e, in ultimo, le chiede cosa ci vuole per liberarla.
Delon M.
"Bisogna che tu parta a cavallo e corra come il vento fino al fiume Giordano. Là, scendi giù e troverai quattro Fate che si bagnano: una avrà la treccia legata con un nastro verde; la seconda, con un nastro rosso; la terza, con un nastro celeste, e l'ultima, con un nastro bianco. Ruba il fagotto delle loro vesti. Ti grideranno di restituirglielo: tu non farlo, sai! Quando ti getteranno i nastri, e l'ultima si taglierà la treccia e te la getterà, solo allora ridagli la loro roba ché la mala fatagione sarà tolta!"
Zorikto Dorzhiev
Il Re non ebbe bisogno di sentire altro: l'indomani mattina all'alba, partì e lasciò il Regno. Cammina cammina... Dopo trenta giorni e trenta notti, giunse al fiume Giordano, trovò le Fate - come gli aveva detto la vera sorella di Burdilluni - e fa tutto ciò che lei gli ha insegnato. Appena ebbe in mano i tre nastri e la treccia:
"Ora vi lascio - dice - e me ne vado, ma non dubitate che mi saprò disobbligare".
E tornò nel suo Regno. Corre subito in giardino, chiama la serpe nera, la tocca con la treccia, e quella si trasforma all'istante in una bella ragazza, che così bella non s'era vista mai. Si attacca la treccia in testa e non teme più nulla.
Il Re chiama il giardiniere e gli dice:
"Adesso, senti che devi fare: ti prendi un gran bastimento, ci imbarchi la sorella di Burdilluni e parti nottetempo. Passato qualche giorno, ritorna nel porto issando una bandiera forestiera, e lascia fare a me".
E il giardiniere così fece. Partì quella stessa notte. Dopo tre giorni, torna indietro e issa una bandiera - diciamo - inglese.
Il Re s'affaccia con la Regina ad una finestra del Palazzo.
"E che sarà quel bastimento? Ah, ora mi ricordo! E' uno dei miei parenti. Scendiamo!"
La Regina, che voleva sempre essere la prima a mettere il becco in tutto, si vestì in un batter d'occhio e salì con il Re a bordo del bastimento.
Come vide la sorella di Burdilluni, disse tra sé e sé:
'Se non sapessi che la sorella di Burdilluni è una serpe nera, direi che è proprio lei!'
Si abbracciarono, si baciarono e scesero a terra. Giunti a Palazzo, tutt'e due, il Re e la Regina, si misero ad ammirare quella bellezza rara della sorella di Burdilluni. Dice il Re alla Regina:
"E adesso, dimmi: chi facesse del male a questa donna che castigo meriterebbe?"
"Ah - disse la Regina - e chi sarebbe così scellerato da far male a questa donna?"
"Ma se ci fosse, che meriterebbe?"
"Meriterebbe d'essere gettato da questo balcone e bruciato!"
"E così sarà! - rispose subito il Re - Questa donna è la sorella di Burdilluni: io avrei dovuto pigliarla in moglie, ma tu, marcia d'invidia, la facesti diventare serpe nera per essere Regina! Per l'inganno che facesti a me e per le pene che hai fatto patire a questa poveretta pagherai all'istante: tu stessa hai pronunciato la sentenza. Olà, olà, servitori e soldati del Palazzo, prendete questa scellerata, gettatela dal balcone, e poi bruciatela". Detto, fatto. Quella malvagia donna fu sdirupata dal balcone e bruciata sotto al Palazzo. Poi, il Re domandò perdono a Peppina per aver mandato sulla forca il fratello innocente. Ma lei disse:
"Basta: scendiamo in giardino e vediamo che si può fare".
Linda Bergkvist
Scendono in giardino, sollevano la lastra sotto la quale c'era la sepoltura, e lo trovano quasi intatto. Lei gli spennella un unguento sul collo, e Burdilluni comincia a muoversi, sospira, poi si strofina gli occhi come se si risvegliasse, e, infine, si alza. Che ve lo dico a fare? Si abbracciano stretti, si baciano. Il Re ordina grandi festeggiamenti e sposa con cerimonia solenne la sorella di Burdilluni, e mandò a chiamare suocero e suocera. E tutti vissero felici e contenti.
... E noi qua, senza niente!
Victor Nizovtsev
La prima novella raccontata da Agatuzza Messia, Palermo.
Traduzione e Note (comprese alcune del Pitrè): Mab's Copyright.
Il testo in lingua originale è nella Pagina: Fiabe Popolari-Italia.
Note:
E' alla base de "La Serpe Pippina", la fiaba n.150 della raccolta di Calvino. Questa volta non commento. Avrei voluto lasciare una coloritura ancòra più siciliana, o, almeno, genericamente meridionale, ma mi sono limitata a rispettare alcune costruzioni sintattiche, ad italianizzare qualche parola, e a "confondermi" con l'efficacia narrativa della "confusione" di tempi e modi verbali.
[1] Ho deciso di conservare "Burdilluni". Trapuntone mi suona grottesco, ma è questione di gusti.
[2] "... si 'mpalazzau 'nta lu palazzu di lu Re" è stupendo, ma non sono abbastanza brava per renderlo in Italiano.
[3] Pitrè: Il corredo pel bambino da nascere.
[4] Pitrè: Due piastre le conservò per pagar la levatrice.
Ho conservato "mammana" proprio per togliere a questo termine l'unico, sinistro significato che ha assunto con il tempo: la mammana non si occupava solo del parto, ma dava consigli nel corso della gravidanza, sbrigava i rituali dopo la nascita, curava i mali del neonato, le eventuali difficoltà dell'allattamento, ecc. Naturalmente, secondo le proprie conoscenze, tramandate da generazioni di parenti "mammane", e secondo la cultura largamente condivisa dalla comunità. Le mammane si occupavano anche degli aborti perché troppo bene conoscevano le condizioni miserrime delle altre donne. All'epoca, inoltre, si moriva più di parto che di aborto. Ovviamente, quando il Sud si affacciò alle conoscenze mediche del ventesimo secolo, le "mammane", con le loro pratiche ancestrali, scontarono le colpe di altri, di chi, non solo negava la libera scelta delle donne (e un'adeguata assistenza medica), ma, così facendo, le riconsegnava al Medio Evo e ad una possibile, probabile orrenda morte.
[5] Pitrè: Belli! Belli! voce propria dei bambini che non sanno esprimer la meraviglia per qualche cosa che dia loro negli occhi.
[6] Pitrè: Vucciría, mercato pubblico di Palermo.
[7] Pitrè: Dove prendesti (dimanda il padre alla bambina) le (cose) lucenti? Lustri, voce bambinesca per significare monete d'argento o d'oro ec.
[8] Pitrè: Alzare il capo, venir su in prosperità, e quindi acquistar quella fidanza di sè stesso, che nasce dall'avere.
[9] Ho conservato "infatare" perché, in questo contesto, una traduzione italiana darebbe adito a dubbi. Sarebbe: far fare la (in)fatagione (già il fa-fa-fa è orribile). E' l'origine dei famosi doni delle Fate ne "La Bella Addormentata", laddove il concetto di dono e quello di profezia si mescolano e si confondono tanto da culminare nella maledizione finale.
[10] Pitrè: A Mezzo Morreale, fuori Porta Nuova in Palermo, a metà della via che conduce a Monreale.
[11] Pitrè: Tira il laccio al cocchiere (gli fa segno che si fermi).
[12] o havi la testa sana o havi la testa rutta. Pitrè: Rumpirisi la testa, metaf., perder la verginità. Il re, preso delle bellezze di Peppina, la voleva comunque ella fosse, vergine o no.
[13] Pitrè: Cara questa osservazione geografica della novellatrice! Parigi è quasi sempre detta dal popolo Parigi di Francia.
[14] Pitrè: Esseri pizza-avanti-furnu, essere sempre il primo a muoversi, e farsi innanzi, a parlare, a sentenziare, (come la focaccia (pizza) che si mette sempre la prima, alla bocca del forno).
Wessel F.
Nessun commento:
Posta un commento