venerdì 23 maggio 2014

Giricoccola (la "Biancaneve" bolognese), Calvino n.50

Purtroppo, non ho il testo originale (o non lo ritrovo), quindi ripiego sull'interpretazione di Calvino.
"Giricoccola" è la variante più famosa del secondo filone biancanevesco. Il primo - per restare nella raccolta di Calvino - fa capo a "La Bella Venezia" (n.109): Madre-matrigna, e non una Regina ma una procace Ostessa; Briganti, Fate buone e Giganti (vedi "La Mamma Cattiva", rumena) al posto dei nani.
Giricoccola ricorda la greca "Rodia", o più probabilmente, viceversa. Qui la Luna, lì, Ecate.
Si apre come "Il Luccio", fiaba n. 13 de "La Novellaja Fiorentina" di Imbriani, (che, però, rientra nel tipo La Bella e la Brutta). E si apparenta da vicino al tipo "Cenerentola" e alla prima parte de "La Bella e la Bestia". Le persecutrici sono le sorelle.
Da tenere presente anche la cenerentolesca "Gràttula-Beddàttula" e la marocchina "La Fanciulla che Bandì Sette Giovani", di Inea Bushnaq.


Schloe C.


n mercante che aveva tre figlie doveva andare in viaggio per certi suoi negozi. Disse alle figlie:"Prima di partire vi farò un regalo, perché voglio lasciarvi contente. Ditemi cosa volete".
Le ragazze ci pensarono su e dissero che volevano oro, argento e seta da filare. Il padre comprò oro, argento e seta, e poi partì raccomandando che si comportassero bene.
La più piccola delle tre sorelle, che si chiamava Giricoccola, era la più bella, e le sorelle erano sempre invidiose. Quando il padre fu partito, la più grande prese l'oro da filare, la seconda prese l'argento, e la seta la diedero a Giricoccola. Dopo pranzo si misero a filare tutte e tre alla finestra, e la gente che passava guardava in su alle tre ragazze, le passava in rassegna e sempre gli occhi di tutti si posavano sulla più piccina. Venne sera e nel cielo passò la Luna; guardò alla finestra e disse:

Quella dell'oro è bella,
Quella dell'argento è più bella,
Ma quella della seta le vince tutte,
Buona notte belle e brutte.

A sentir questo le sorelle le divorava la rabbia, e decisero di scambiarsi il filo. L'indomani diedero a Giricoccola l'argento e dopopranzo si misero a filare alla finestra. Quando passò verso sera la Luna, disse:

Quella dell'oro è bella,
Quella della seta è più bella,
Ma quella dell'argento le vince tutte,
Buona notte belle e brutte.

Le sorelle, piene di rabbia, presero a fare a Giricoccola tanti sgarbi, che ci voleva la pazienza di quella poverina per sopportarli.
E nel pomeriggio dell'indomani, mettendosi a filare alla finestra, diedero a lei l'oro, per vedere cosa avrebbe fatto la Luna. Ma la Luna, appena passò, disse:

Quella che fila l'argento è bella,
Quella della seta è più bella,
Ma quella dell'oro le vince tutte,
Buona notte, belle e brutte.

Ormai di Giricoccola le sorelle non potevano nemmeno sopportarne la vista: la presero e la rinchiusero su in granaio. La povera ragazza se ne stava lì a piangere, quando la Luna aperse la finestrella con un raggio, le disse:"Vieni", la prese per mano e la portò via con sé.

Schloe C.

Il pomeriggio seguente le due sorelle filavano da sole alla finestra. Di sera, passò la Luna e disse:

Quella che fila l'oro è bella, 
Quella dell'argento è più bella, 
Ma quella che è a casa mia le vince tutte, 
Buona notte, belle e brutte.

Le sorelle, a sentir questo, corsero a vedere su in granaio: Giricoccola non c'era più. Mandarono a chiamare un'astrologa, che strologasse dov'era la sorella. L'astrologa disse che Giricoccola era in casa della Luna e non era mai stata tanto bene.
"Ma come possiamo fare per farla morire?" chiesero le sorelle.
"Lasciate fare a me" disse l'astrologa. Si vestì da zingara e andò sotto le finestre della Luna, gridando le sue mercanzie.
Giricoccola si affacciò, e l'astrologa le disse:
"Vuole questi begli spilloni? Guardi. glieli do per poco!"
A Giricoccola quegli spilloni piacevano davvero, e fece entrare in casa l'astrologa.
"Aspetti che gliene metto uno io nei capelli", disse l'astrologa e glielo cacciò in capo: Giricoccola divenne subito una statua. L'astrologa scappò a raccontarlo alle sorelle.
Quando la Luna tornò a casa dopo il suo giro intorno al mondo, trovò la ragazza diventata statua e prese a dire:
"Ecco, te l'avevo detto di non aprire a nessuno, m'hai disubbidito, meriteresti che ti lasciassi così". Ma finì per averne compassione e le tirò via lo spillone dal capo: Giricoccola tornò a vivere come prima, e promise che non avrebbe più aperto a nessuno.
Dopo un po' le sorelle tornarono dall'astrologa, a chiederle se Giricoccola era sempre morta. L'astrologa consultò i suoi libri magici, e disse che, non capiva come mai, la ragazza era di nuovo viva e sana. Le sorelle ricominciarono a pregarla di farla morire. E l'astrologa tornò sotto le finestre di Giricoccola con una cassetta di pettini. La ragazza a vedere quei pettini non seppe resistere e chiamò la donna in casa. Ma appena ebbe in testa un pettine, eccola ridiventata statua, e l'astrologa scappò dalle sorelle.
La Luna rincasò e a vederla di nuovo statua, s'inquietò e gliene disse di tutti i colori. Ma quando si fu sfogata, le perdonò ancora e le tolse il pettine di testa la ragazza risuscitò.
"Però se succede ancora una volta - le disse - ti lascio morta". E Giricoccola promise.
Ma figuriamoci se le sorelle e l'astrologa s'arrendevano! Venne con una camicia ricamata, la più bella che si fosse mai vista. A Giricoccola piaceva tanto che volle provarla, e appena l'ebbe indosso diventò statua. La Luna, stavolta, non ne volle più sapere. Statua com'era, per tre centesimi la vendette a uno spazzacamino.
Lo spazzacamino girava per le città con la bella statua legata al basto del suo asino, finchè non la vide il figlio del Re, che ne rimase innamorato. La comprò a peso d'oro, la portò nella sua stanza e passava le ore ad adorarla e quando usciva chiudeva la stanza a chiave, perchè voleva essere solo lui a goderne la vista. Ma le sue sorelle, dovendo andare a una gran festa da ballo, volevano farsi una camicia uguale a quella della statua, e mentre il fratello era fuori, con una chiave falsa entrarono per toglierle la camicia.
Appena la camicia fu sfilata, Giricoccola si mosse e tornò viva.
Le sorelle per poco non morirono loro dallo spavento, ma Giricoccola raccontò la sua storia. Allora la fecero nascondere dietro una porta, e aspettare che tornasse il fratello. Il figlio del Re, non vedendo più la sua statua, fu preso dalla disperazione, ma saltò fuori Giricoccola e gli raccontò tutto. Il giovane la portò subito dai genitori presentandola come la sua sposa. Le nozze furono subito celebrate, e le sorelle di Giricoccola lo seppero dall'astrologa e morirono di rabbia immantinenti.

Schloe C.

Incipit da "Il Luccio":
C'era una volta una donna vedova, che aveva una figliola. Dunque, questa donna la trova da maritarsi con un vedovo, che aveva una figliola anche lui; ma quella di lui era bella, ma tanto bella, che non si pole spiegare! Un giorno Sua Maestà era alla finestra. Vede questa bella ragazza. Dice: 
"Bella questa ragazza! quanto mi piace!"
Queste due ragazze, una la tesseva e una la faceva cannelli: i cannelli della seta. Dunque, Sua Maestà entra in casa; picchia e va su. Va e dice: 
"Io son venuto da me a rivedere questa tela."
E tutti i giorni, quando gli era quell'ora, Maestà andava in casa; se la bella gli è a tessere, gli dice: 
"Bon dì e bon anno a quella che tesse; e bon giorno a chi fa i cannelli."
La madre che era tanto astiosa (la fortuna, la voleva darla a sua figliola, avete capito?), la la mette a tessere e la bella a fare i cannelli. Eccoti il Re: 
"Bon giorno a quella che tesse; e bon dì e bon anno a quella che fa i cannelli." Dunque, la pensa, questa donna: 'Aspetta: la voglio mandare dalle fate per lo staccio; così me la mangeranno."...
E l'Imbriani annota:
Tratto frequente nelle fiabe. Una pomiglianese comincia così:
"Nce stevano 'na vota tre figliuole e l'urtima 'e cheste ssi chiammava Viola. Tutt'e tre faticavane; ma 'a primma filava, 'a siconda tesseva e 'a terza cuseva. 'O figlio d''o Re ssi n'ammuravo; e sempe ca passava riceva: "Quanto è bella chella cu fila; quanto è cchiu bella chella cu tesse; ma quanto è cchiu bella chella cu cose! Mme cose 'sto core! Ebbiva Viola! Ebbiva Viola!"
'E sore n'avevane 'mmiria e pi' dispietto 'a mittettere a filà'. Passava 'o figlio d'o Re e ricette: "Quanto è bella chella cu tesse, quanto è cchiu bella chella cu cose; ma quanto è cchiù bella chella cu fila! Mme fila 'sto core! Ebbiva Viola! Ebbiva Viola!"
'E sore 'a mittettere a tessere; ma 'o figlio d''o Re pure accussì diceva e sempe cu' Viola aveva."

Nessun commento: