"Maestà - disse - che è questo rosmarino?"
La zia gli raccontò quello che era successo:
"Ho partorito; ho fatto questa pianta di rosmarino e l'annaffio con il latte quattro volte al giorno".
Gilbert A.Y.
Il ragazzo disse tra sé: 'Me lo voglio prendere io questo rosmarino...'
Preparò un grande vaso nel suo bastimento, si prese una capra per il latte, prese il rosmarino e sparì. Quattro volte al giorno innaffiava il rosmarino. Arrivato nella sua città si fece piantare il rosmarino nel giardino. Questo Re di Spagna aveva tre sorelle; e lui si divertiva suonando il piffero.
Un giorno, mentre suonava, si vide comparire davanti una ragazza, le disse:
"Da dove venite?"
"Vivo dentro la pianta di rosmarino."
Avreste dovuto vederlo il Re! Non usciva più: finiva gli affari del regno, scendeva in giardino, suonava il piffero, lei usciva e si divertiva a chiacchierare con lei.
Gilbert A.Y.
Al Re, nel bel mezzo, venne intimata una guerra e disse alla ragazza:
"Senti, Rosmarina mia, quando torno dalla guerra suono tre volte il piffero e solo allora tu uscirai."
Chiamò il giardiniere e gli disse che voleva che la pianta di rosmarino fosse innaffiata quattro volte al giorno con il latte; che se l'avesse trovata avvizzita gli avrebbe fatto tagliare la testa. Lasciò lo zufolo nella sua camera, domandò licenza alle sue sorelle e partì.
Le sorelle curiose dicevano: "Ma nostro fratello che fa con questo piffero?"
La grande lo prese, suonò una nota; lo prese la seconda ne suonò un'altra; venne la piccola e ne suonò una pure lei. Alla terza comparve la ragazza. Le sorelle: "Ah! Per questo non gli importava più nulla di uscire a nostro fratello e se ne stava rinchiuso in giardino!"
La presero e gliene diedero tante che la fecero restare lì più molla che dura. Quella, poverina, si alzò, se ne tornò nel rosmarino e sparì. Venne il giardiniere e trovò la pianta avvizzita: "Ah! Povero me! E se viene il Re che ne fa di me..."
Domandò licenza alla moglie:
"Io me ne vado, innaffia tu il rosmarino, ogni momento." E se ne scappò.
Si mise a camminare per la campagna; venne notte, la sera in un bosco: vide un albero, ci salì sopra per non farsi mangiare da qualche animale feroce; a mezzanotte venne mammadrago e mammodrago e si gettarono sotto l'albero, e lì che ansimavano da fare paura:
"Che c'è di nuovo?" Chiese mammadrago a mammodrago.
"E che ci deve essere? Che vuoi sapere?"
"Niente da raccontarmi?"
"Sì, ho una cosa da raccontarti: c'è il povero giardiniere del Re che è in pericolo di vita"
"E perché?"
"Non sai che il Re è andato a prendere il rosmarino da sua zia e nella rosmarina c'era incantata una ragazza? Il Re l'ha piantato nel suo giardino e l'annaffiava quattro volte al giorno con il latte e quando fischiava il piffero la ragazza usciva dal rosmarino, tutto questo lo sai. Ora, il Re dovette andare in guerra, consegnò al giardiniere la pianta di rosmarino e partì lasciando lo zufolo nella sua camera. Sono venute le sorelle; hanno suonato e la ragazza è uscita dal rosmarino e quelle l'hanno lasciata più morta che viva a furia di bastonate. Il rosmarino si è avvizzito e il giardiniere del Re per la paura è scappato."
"Ma non c'è nessun rimedio per questa cosa?"
"Un rimedio ci sarebbe ma non te lo voglio dire perché gli alberi hanno occhi e i muri orecchi."
"Ma dai! Chi ti sente qua!"
"Ascolta allora: il sangue delle mie vene e il grasso della tua cotica si bolla in una pignatta; dopo bollito si unga tutta la pianta di rosmarino, la ragazza esca dal rosmarino e vada a casa del giardiniere ..."
"Ah! - disse allora il giardiniere - sorte mia, aiutami!"
Quando mammadrago e mammodrago si addormentarono lui scese dall'albero, prese un bastone, glielo scaricò addosso e li ammazzò; pigliò il sangue di lui e il grasso di lei, corse a casa, li bollì e poi si mise a ungere tutta la pianta di rosmarino. Quando fu unta, la ragazza uscì e la pianta seccò. Lui, pronto, la prese in braccio e se la portò a casa. La mise a letto e con il brodo e i medicamenti la curò. Quando era un tantino migliorata, tornò il Re dalla guerra. Il Re venne e andò in giardino e suonò il piffero. Hai voglia a fischiare! Si accostò al rosmarino e lo trovò secco. Povero giardiniere non aveva il coraggio di dire nulla al Re perché Rosmarina era ancora malatina. Il Re tuonava:
"O mi dici che ne è di Rosmarina o ti faccio tagliare la testa!"
"Maestà! - disse il giardiniere - venite a casa mia, vi faccio vedere una bella cosa?"
"Ma che ci vengo a fare a casa tua, gran birbante? Io voglio Rosmarina!"
"Vostra Maestà, venite, poi di me farete ciò che vorrete."
Il Re, sentendo così, scese. Come entrò in casa del giardiniere e la vide coricata, con le lacrime agli occhi le diceva: "Che cosa è successo?"
"Le tue sorelle - rispose la ragazza - mi hanno ferita; il povero giardiniere, vedendo che stavo morendo, mi ha unto con un certo unguento e sono rinvenuta."
Pensate al Re che odio gli prese per le sorelle! Pensate invece quale amore per il giardiniere! Lui che aveva salvato la vita a Rosmarina! Quando lei si ristabilì, il Re disse che la voleva in moglie. Scrisse a sua zia, al Re e disse loro che la pianta di rosmarino era diventata una ragazza, bella da vedere e bella da guardare; se volevano venire al matrimonio che già avevano fissato il giorno. Partì l'ambasciatore. Come il Re ebbe l'ambasciata, figuratevi la contentezza pensando che avevano recuperato una figlia.
Si misero in viaggio il Re e la Regina, arrivarono al paese: bbuhm! bbuhm!
"Chi arriva?"
"I Regnanti."
Come il Re e la Regina videro la figlia si abbracciarono e si baciarono. La figlia conobbe il padre e la madre; si fece il matrimonio e ci fu gran festa per tutta la Spagna.
"Loro restarono felici e contenti,
Noialtri qua che ci puliamo i denti "
Raccolta da Giuseppe Pitrè, n. 37.
Tradotta dalla lingua siciliana da Cecilia Codignola.
Il testo originale è nella Pagina: "Fiabe Popolari - Italia"
Gilbert A.Y.
Anche questa fiaba, ritoccata (sic!), è stata inclusa nella raccolta di Calvino - è la n.161. E, anche in questo caso, se non avessi avuto a disposizione l'originale, tradotto dal Siciliano, non l'avrei postata. Perché, come non mi stancherò mai di ripetere, Calvino pizzica un po' di qua, un po' di là, unisce "il meglio"- secondo lui - di una versione veneta, di una laziale ecc., condisce il tutto con personalissime invenzioni e confeziona una fiaba "italiana". Ora, se avete voglia di leggere una bella raccolta di 200 fiabe, vi consiglio vivamente la sua, ma risulta indigesto accettare che, anche a livello di saggistica, e di saggistica internazionale, la suddetta raccolta venga spacciata per l'unica vera raccolta antologica di fiabe italiane!
Non c'è alcuna correttezza scientifica nel metodo di Calvino. Ha solo pescato dal patrimonio popolare italiano "cucinando" delle fiabe-Frankenstein che ha di volta in volta, arbitrariamente, etichettato come friulane, venete, pugliesi, ecc... E ha operato una censura indecente. Di cui si vanta.
E la censura viene applicata persino alle note, la parte più interessante, più "scientifica" della raccolta.
Posso fare un esempio di censura proprio a proposito di "Rosmarina". Coscienziosamente, dà conto delle varianti in giro per l'Italia (poche) - le ho tutte e posterò le più interessanti - ricorda giustamente che discendono tutte da un'unica fiaba-madre, "La Mortella". Sottolinea le differenze: l'innaffiatura con il latte, il reuzzo che suona lo zufolo ("lu friscalettu...") .
Peccato ne tralasci una di un certo rilievo. Nel Cunto del Basile, lo scempio sulla ragazza-pianta è compiuto non dalle sorelle del Re, ma da sette prostitute, ex-favorite, gelose della nuova passione del loro augusto cliente! Non mi pare una differenza da poco. Anche perché la violenza da parte delle presunte sorelle risulta inspiegabile!
Ripeto: Basta saperlo.
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