Piatto Ricco. Antica leggenda, purtroppo offuscata pesantemente dalle solite incrostazioni cristianizzanti. Tir-Na-N'Og, o La Terra degli Eternamente Giovani. Gli "Altri". La proto-"Cenerentola", ovvero la Predestinata (da qui, il soggiorno nella Terra degli "Altri").
Magia su basi reali, ovvero pratiche reali. Il Doppio. La Bambola-sosia, non la bambola di Vasilisa, minuscola statuina dell'Antenata, non la bambola rapita dai briganti, simile alla Giricoccola-statua di cui si innamora il principe feticista-necrofilo. Qui, la Bambola è simile ad un Doppelganger che, però, non rappresenta il Doppio inquietante sopratutto per l'Originale, ma il Doppio Giustiziere.
ei tempi antichi a nord del lago di Peipus si trovava un bel boschetto, chiamato bosco di Tontla, in cui nessuno osava entrare.
Alcuni sfrontati, che per caso una volta si erano avvicinati per spiare, raccontarono di aver visto degli strani esseri dalle forme umane, che brulicavano come formiche sull'erba nei pressi di una casa diroccata.
Tra questi individui sporchi e stracciati, che sembravano vagabondi, v'erano
molte donne anziane e bambini seminudi.
Una volta un contadino, rincasando da un banchetto a tarda notte attraverso il
bosco di Tontla, raccontò di aver visto un gruppo di donne e bambini raccolto
attorno al fuoco; alcuni sedevano a terra, altri ballavano sull'erba.
Una vecchia, con un grosso mestolo di ferro, di tanto in tanto spargeva della
brace ardente sull'erba: i bambini allora, trasformatisi in allocchi, cominciavano a svolazzare gridando intorno al fumo che si sollevava, per poi posarsi nuovamente a terra.
Poi vide uscire dal bosco un piccolo ometto, molto vecchio e con una lunga barba, che portava sulla schiena un sacco più grande di lui.
Donne e bambini gli corsero incontro ballando e cercarono di strappargli il
sacco dalla schiena, ma il vecchio si liberò di loro.
In quel momento un gatto nero, grosso come un puledro e con gli occhi ardenti, che fino a poco prima era rimasto accucciato davanti a una porta, saltò sul
sacco del vecchio per poi sparire nella capanna.
Anche se non si poté stabilire con certezza cosa vi fosse di vero e cosa di falso nel racconto di quel contadino, notevole resta il fatto che tali storie sul bosco di Tontla venivano tramandate di generazione in generazione.
Nessuno sapeva dare delle notizie più precise.
Il re di Svezia aveva ordinato più di una volta di abbattere quel bosco così temuto, ma la gente non aveva il coraggio di eseguire l'ordine.
Una volta un uomo particolarmente audace diede alcuni colpi con un'accetta sul
tronco di un albero.
Immediatamente dalla ferita cominciò a sgorgare del sangue e si udirono grida di
dolore simili a lamenti umani. Il boscaiolo fuggì terrorizzato.
Da quella volta nessun ordine e nessuna ricompensa riuscirono ad attirare un
boscaiolo nella foresta di Tontla.
Un altro particolare inquietante era che il bosco non presentava alcuna via di accesso né di uscita, né si vedeva mai alzarsi un po' di fumo che indicasse la
presenza di esseri umani.
Se il bosco fosse veramente stato popolato da esseri viventi, questi dovevano
essere probabilmente simili alle streghe, capaci di muoversi nell'aria, durante la notte, quando i campi e i paesi intorno erano immersi nel sonno.
H.J.Ford
A poca distanza dal bosco di Tontla si trovava un paese piuttosto grande, dove un contadino vedovo si era risposato con una giovane donna.
Dalla prima moglie aveva avuto una figlia, che ora aveva sette anni; una bimba sveglia e affettuosa di nome Else.
La cattiva matrigna però rendeva la vita impossibile alla poveretta; la
picchiava da mattina a sera e le dava da mangiare un cibo peggiore di quello dei
cani.
Né la bimba poteva contare sull'appoggio del padre perché lui stesso temeva la
matrigna.
Per più di due anni Else sopportò questa dura vita versando lacrime amare.
Una domenica però andò con altri bambini del paese a raccogliere bacche, e senza
accorgersene giunsero al margine del bosco di Tontla, dove crescevano delle
bellissime fragole.
I bimbi ne mangiarono un bel po' e riempirono i loro cestini.
D'un tratto uno dei più grandicelli, avendo riconosciuto il posto, gridò:
Fuggite, fuggite, siamo nel bosco di Tontla!, e tutti scapparono.
Else, che si era allontanata un po' più degli altri, sentì il grido del ragazzo, ma non volle lasciare quel luogo tanto ricco e, convinta che comunque gli abitanti del bosco di Tontla non avrebbero potuto essere peggiori della sua matrigna, si trattenne ancora.
Poco dopo giunse abbaiando un piccolo cane nero con un campanellino d'argento al
collo, seguito da una bimba avvolta in un bellissimo vestito di seta, che fece star buono il cane e disse a Else:
"Che bello che tu non sia fuggita con gli altri bambini.
Rimani a farmi
compagnia, ci divertiremo molto insieme. La mamma sicuramente non mi negherà questo favore, se glielo chiedo. Vieni, andiamo subito da lei".
Detto ciò la bambina sconosciuta prese Else per mano e la condusse nella
profondità del bosco.
Il piccolo cane nero abbaiava divertito, saltellava vicino a Else e le leccava le mani, come se la conoscesse da tanto tempo.
Quale meraviglia e splendore si aprì ora davanti agli occhi di Else! Un lussureggiante giardino pieno di alberi da frutta e cespugli dl bacche di mille tipi; sui rami degli alberi v'erano uccelli variopinti, coperti di penne d'oro e
d'argento, che non avevano paura, e si lasciavano prendere in mano senza timore.
Nel mezzo del giardino sorgeva una casa di vetro incastonata di pietre preziose,
con le pareti e il tetto splendenti come il sole.
Una signora, vestita molto elegantemente, sedeva davanti alla porta e chiese
alla figlia:
"Chi è l'ospite che ci conduci?".
La bimba rispose:
"L'ho trovata sola nel bosco e l'ho portata con me per avere
compagnia. Permetti che rimanga qui?".
La madre sorrise, non proferì parola, ma squadrò Else dalla testa ai piedi con uno sguardo penetrante.
Poi la fece avvicinare, le accarezzò le guance e le chiese con gentilezza dove abitava, se i suoi genitori erano ancora in vita e se desiderava rimanere.
Else baciò la mano della signora, si inginocchio ai suoi piedi, le abbracciò le
gambe e rispose tra le lacrime:
"La mamma riposa già da tempo sottoterra. Mio padre vive ancora, ma la cosa non mi è d'aiuto. La matrigna mi odia e mi picchia senza pietà ogni giorno. Niente di quello che faccio le va bene. La prego, mi lasci restare qui. Custodirò il gregge o farò qualsiasi altro lavoro, farò tutto ciò che vorrà e le ubbidirò, ma non mi
rispedisca dalla mia matrigna: mi picchierebbe a morte perché non sono tornata con gli altri bambini".
La signora sorrise e disse:
"Vediamo cosa posso fare per te".
Poi si alzò dal suo posto ed entrò in casa.
La figlia però disse a Else:
"Non temere, mia madre è molto gentile. Ho capito dal suo sguardo che esaudirà la nostra preghiera, dopo aver riflettuto un momento. Su, andiamo a giocare. Sei già stata al lago?".
Else spalancò gli occhi e chiese: "Che cos'è?".
"Lo vedrai subito", rispose la bimba e prese una conchiglia, due lische di pesce e
una foglia di erba stella da uno scatolino.
Poi, scuotendo la foglia, fece cadere un paio di gocce dl rugiada sul prato; subito si formò un lago enorme che si estendeva fino all'orizzonte.
La conchiglia e le lische di pesce si trasformarono in una barca munita di remi.
Le bimbe si cullarono felici sulle onde finché una voce chiamò:
Kiisike!.
"Che significa?", chiese Else.
"E' il mio nome - rispose la bimba - è ora di tornare".
Così dicendo immerse lo scatolino nell'acqua: d'un tratto l'intero incantesimo svanì e loro si trovarono nuovamente davanti a casa.
Le fanciulle entrarono.
In una grande stanza sedevano intorno a un tavolo ventiquattro donne, tutte vestite elegantemente, a capotavola sedeva la signora su una sedia d'oro.
Sul tavolo v'erano tredici diversi tipi di cibo, serviti in scodelle d'oro e
d'argento.
Uno dei piatti rimase però intatto e venne tolto da tavola come era stato portato, senza che nemmeno venisse alzato il coperchio.
Else mangiò quelle prelibate pietanze, che le piacquero come non le era mai piaciuto nulla fino a quel momento.
A tavola si parlava sottovoce in una lingua straniera, della quale Else non
capiva nulla.
La signora rivolse poi alcune parole alla cameriera, che stava alle sue spalle e che subito corse via per tornare con un piccolo ometto molto anziano, con una
barba lunghissima.
Il vecchio si inchinò e rimase sulla porta.
La signora gli indicò Else e gli disse:
"Guarda bene questa contadinella. La voglio tenere come figlia adottiva e tu mi devi modellare una sua sosia che domani potremo mandare al paese in vece sua". Il vecchio guardò attentamente Else, come se volesse prendere le misure,
s'inchinò poi nuovamente davanti alla signora e lasciò la stanza.
Dopo il pasto la signora disse con gentilezza a Else:
"Kiisike mi ha pregata di
tenerti qui a farle compagnia e tu stessa mi hai detto che desideravi rimanere.
E' veramente così?".
Else cadde m ginocchio e baciò le mani alla donna per ringraziarla.
La signora però la fece alzare, e accarezzandole la testa le disse:
"Voglio prendermi cura di te e della tua educazione finché sarai adulta e potrai arrangiarti da sola. Le mie donne, che danno lezioni a Kiisike, le daranno anche a te, ti insegneranno i lavori manuali più raffinati e molte altre cose".
Poco dopo il vecchio fece ritorno: sulle spalle aveva un recipiente pieno di fango e nella mano sinistra un piccolo cesto coperto che depositò a terra.
Prese poi un po' di fango e modellò una bambola dalle forme umane; nel ventre
ancora aperto pose tre pesci sotto sale e un pezzo di pane.
Poi fece un buco nel petto della bambola, prese dal suo cesto una serpe lunga e nera e ve la infilò.
Dopo che la signora ebbe osservato con attenzione la
bambola; il vecchio disse: "Adesso ci serve solo una goccia di sangue della
contadinella".
Else quando udì queste parole impallidì, pensando che questo significasse vendere l'anima al demonio.
Ma la signora la rassicurò:
"Non avere paura, non vogliamo il tuo sangue per qualche scopo malvagio, ma solo per il tuo bene futuro".
H.J.Ford