Anche per una rigida bigotta ideologica come me ci sono delle eccezioni. Ho il pudore di serbare le traduzioni politicamente scorrette in qualche anfratto. Sceglierò alcune da condividere.
Anticipo il criterio di selezione delle mie trasgressioni.
Ci si aspetterebbe che mi lanci sulle fiabe apertamente letterarie. Il tradimento sarebbe piccino picciò. Ma: 1) Mi interessano poco e niente. 2) Quelle che potrebbero interessarmi hanno avuto traduttori che ho amato e amo (v. Collodi e Masolino D'Amico). Non ho problemi con le fiabe della raccolta di Calvino. Non si può tradire un traditore. Ho già tradotto (fedelmente) alcune fiabe del Pitrè magistralmente banalizzate dal suddetto.
Le mie traduzioni traditrici saranno sempre accompagnate, se possibile, nelle apposite pagine, dai testi originali e affiancate o precedute dalle traduzioni canoniche.
😇😇😇
La Mia Fiaba-Frankenstein (à la Manière de Calvino) dei Cigni o Corvi
Tecnicamente, non rientrerebbe tra le fiabe infedelmente tradotte. Infatti, a parte qualche breve frase di collegamento, ho tradotto con grande fedeltà i brani delle varianti Grimm. Il punto è l'assemblaggio. Ovvero, questa fiaba non esiste "in natura", esattamente come le fiabe della raccolta di Calvino. Ho messo insieme le parti più belle (a mio avviso) e convincenti delle varianti dei Grimm, ma, a differenza di Calvino, non ho seguito motivazioni puramente estetiche e/o censorie. Anzi, ho ripescato i dettagli che gli stessi Grimm hanno censurato nelle edizioni successive a quella del 1812. Non ho ancòra inserito filastrocche e altre invenzioni personali, ma... abbiate fede.
Teresa Jenellen
Una volta, un Re andò a caccia in una grande foresta, e si lanciò all'inseguimento di una fiera con tale impeto che nessun cacciatore del suo sèguito poté stargli dietro.
Quando, esausto, il Re interruppe l'inseguimento, non riuscì a ricongiungersi agli altri cacciatori né a ritrovare la via del ritorno, e si rese conto di essersi smarrito. E vide venirgli incontro una vecchia ingobbita e con la testa tremolante: era una strega.
Il Re le disse:
"Brava donna, potete indicarmi il sentiero per uscire fuori dalla foresta?"
"Oh, certamente, Vostra Maestà - rispose la vecchia - ma ad una condizione, e, se non la accetterete, rimarrete qui e morirete di fame".
"Qual è questa condizione?"
"Io ho una figlia, Vostra Maestà, una fanciulla di meravigliosa bellezza: in tutto il mondo non troverete mai una donna che l'eguagli. È ben degna di diventare vostra moglie. Se farete di lei una regina, io vi mostrerò il sentiero che porta fuori dalla foresta."
Disperato com'era, il Re, acconsentì, e la vecchia lo condusse alla sua casupola. Accanto al fuoco, sedeva la figlia. Era molto bella, ma al Re non piacque poiché non riusciva a guardarla senza provare un segreto ribrezzo. Tuttavia, l'aiutò a montare davanti a sé sul suo cavallo, e la strega li guidò fino al sentiero che portava al castello, e, non appena vi giunsero, il Re mantenne la parola data e celebrò le sue nozze con la creatura della foresta.
Il Re era vedovo, e aveva otto figli [1] di primo letto - sette maschietti e una bambina - che amava sopra ogni cosa.
Temendo che la matrigna li prendesse in odio, li condusse in un castello solitario, nel cuore di un fitto bosco. E i bambini erano ben nascosti poiché la via per raggiungere il castello era così difficile da trovare che il Re stesso non ci sarebbe riuscito se una donna saggia [2] non gli avesse donato un gomitolo dotato di magiche proprietà: bastava che egli lo gettasse innanzi a sé, e il gomitolo si srotolava da solo indicandogli il cammino.
Ma il Re si recava così spesso a trovare i suoi amatissimi bambini che la Regina sulle prime si indispettì per le sue continue assenze, poi si insospettì, e, infine, incuriosita, volle sapere cosa andasse a fare da solo nella foresta.
Corruppe i servitori, che le rivelarono il segreto dell'esistenza dei Principini. E le raccontarono anche del gomitolo magico che indicava la via per il castello nel bosco.
La Regina non si concesse requie finché non riuscì a trovare il nascondiglio dove il Re custodiva il gomitolo, poi, cucì otto camicine di seta bianca, e, poiché aveva appreso l'Arte dalla madre strega, vi gettò un maleficio.
Poi, attese che il Re si recasse a caccia, prese le camicine e s'inoltrò nel bosco, e il gomitolo le indicava la strada.
I sette maschietti, vedendo arrivare qualcuno di lontano, credettero che fosse l'amato padre che veniva a trovarli, e pieni di gioia, gli corsero incontro. Allora, la malvagia Regina gettò una camicina su ogni Principino, e, non appena le camicine sfiorarono i loro corpi, i bambini si trasformarono in candidi cigni e se ne volarono via attraverso la foresta.
La Regina ritornò a Palazzo soddisfatta, convinta di essersi sbarazzata dei figliastri, ma la bambina non le era corsa incontro con i fratelli, e la Regina non seppe nulla di lei.
Il giorno seguente, venne il Re, ma non trovò che la figlia.
Ella gli raccontò di aver visto, dalla sua finestra, i fratelli volare via trasformati in cigni, e gli mostrò le piume che avevano lasciato cadere nel cortile.
Il Re ne fu straziato, ma non lo sfiorò il sospetto che fosse stata la Regina a compiere quell'atto orribile, e, temendo che una qualche disgrazia potesse capitare anche alla figlia, avrebbe voluto condurla con sé a Palazzo.
La bambina, però, aveva paura della matrigna e supplicò il padre di lasciarle trascorrere ancòra una notte nel castello del bosco.
'Non posso rimanere qui! Andrò a cercare i miei fratelli!', disse tra sé, e, non appena si fece buio, fuggì, [3] decisa a percorrere il mondo in lungo e in largo alla ricerca dei suoi fratelli, per liberarli a qualsiasi costo.
Si nutrì di mele e pere selvatiche e prese con sé solo una seggiolina per la stanchezza.
Cammina cammina, arrivò sino agli estremi confini del mondo.
Andò dal Sole, ma era troppo caldo e terrificante, e divorava i bambini.
Se la diede a gambe, e andò dalla Luna, ma era glaciale, sinistra e cattiva, e, quando scorse la bambina, disse:
"Sento odore, sento odore di carne umana!"
Allora corse via più in fretta che poté e si rivolse alle Stelle, che, invece, l'accolsero con grande bontà e gentilezza. Ogni stella sedeva sulla propria seggiolina.
La Stella del Mattino si alzò, le porse un ossicino di pollo e disse:
"Senza quest'ossicino non puoi aprire la Montagna di Vetro, ed è nella Montagna di Vetro che sono rinchiusi i tuoi fratelli".
La fanciulla prese l'ossicino, lo avvolse con ogni cura nel suo fazzoletto, e camminò camminò, sempre sola e senza mai incontrare alcuno.
Solo una volta i sette Cigni volarono sul suo capo, e il fratello più giovane lasciò cadere un anellino che lei gli aveva donato.
Finalmente, giunse alla Montagna di Vetro.
La porta era chiusa, e la bambina slegò il fazzoletto per prendere l'ossicino di pollo, ma il fazzoletto era vuoto: aveva perduto il dono delle buone stelle!
Che poteva fare? Voleva salvare i suoi fratelli ad ogni costo e non aveva più la chiave per aprire la porta della Montagna di Vetro. Allora, la buona sorella prese il suo coltellino, si tagliò un dito mignolo, lo infilò nella serratura ed ecco, la porta si aprì all'istante.
Le venne incontro una vecchia [4], che le domandò:
"Bambina mia, cosa cerchi qui?"
"Cerco i miei fratelli, i sette Cigni".
La vecchia disse:
"I signori Cigni non sono in casa, ma, se vuoi aspettare il loro ritorno, accomodati pure."
Quando scese la notte, la vecchia apparecchiò la cena per i sette Cigni, servita in sette piattini e in sette bicchierini, e la Principessa mangiò un piccolo boccone da ciascun piattino, e bevve un piccolo sorso da ciascun bicchierino; e, sul fondo dell'ultimo, nascose l'anellino che il fratello più giovane aveva lasciato cadere sul suo cammino.
"Cara bambina - disse, però, la vecchia - devo avvertirti: i tuoi fratelli giurarono che avrebbero ucciso qualsiasi donna avessero incontrato sul loro cammino, perché una femmina fu la causa della loro disgrazia".
Allora ella esclamò:
"Morirò volentieri se ciò servisse a liberare i miei cari fratelli."
"No, no - disse la vecchia - tu non dovrai morire! Nasconditi dietro quel tino, e aspetta."
All'improvviso, si udì un frullar d'ali e un gran vento, e la vecchia annunciò:
"Ecco i signori Cigni che ritornano a casa!".
E i Cigni entrarono, e avevano fame e sete, e cercarono i loro piattini e i loro bicchierini. Ma, uno dopo l'altro, dissero, pieni di stupore:
"Chi ha mangiato nel mio piattino? Chi ha bevuto dal mio bicchierino? E' stata una bocca umana!"
E, quando il settimo Cigno vuotò il suo bicchiere, l'anellino gli rotolò davanti al becco: lo riconobbe e gridò:
"Ah! Volesse Iddio che la nostra cara sorellina fosse qua!".
Allora, la sorella corse ad abbracciarli, e, da quella notte, vissero tutti insieme, amandosi teneramente.
Ma, alle pendici della Montagna, c'era un piccolo giardino, nel quale c'erano sette gigli.
Una sera, la Principessa volle usare una gentilezza ai suoi fratelli e colse i sette fiori, pensando di ornare i loro coperti a cena. Ma, non appena ebbe colto i fiori, i sette fratelli si trasformarono in sette corvi neri come il carbone e volarono via, e la Montagna e il giardino sparirono.
La povera fanciulla si ritrovò sola in una foresta cupa e tenebrosa, ma le comparve accanto la vecchia che le disse:
"Ahimé, bambina, che hai fatto? Perché hai toccato i sette fiori bianchi? Erano i tuoi fratelli, e ora sono tramutati in corvi, e corvi rimarranno per sempre."
La ragazza disse piangendo:
"Non vi è modo di liberarli?"
La povera fanciulla si ritrovò sola in una foresta cupa e tenebrosa, ma le comparve accanto la vecchia che le disse:
"Ahimé, bambina, che hai fatto? Perché hai toccato i sette fiori bianchi? Erano i tuoi fratelli, e ora sono tramutati in corvi, e corvi rimarranno per sempre."
La ragazza disse piangendo:
"Non vi è modo di liberarli?"
"Esiste un solo modo - disse la vecchia - ma è così difficile che non ce la farai: dovrai essere muta per sette anni, non potrai parlare né ridere e anche se ti sfuggisse una parola soltanto, e anche se dovesse mancare un'ora soltanto allo scadere dei sette anni, tutto sarebbe vano, e i tuoi fratelli sarebbero uccisi da quell'unica parola."
Andò in cerca di un alto albero, vi si arrampicò, e prese a filare. Non c'era nessuno con cui potesse avere la tentazione di parlare; di ridere non aveva certo voglia, così non alzò mai la testa dal lavoro.
I cacciatori le gridarono [5]:
Il tempo passò. Un giorno, il Re di quel Paese si recò a caccia nella foresta, e i suoi cacciatori capitarono sotto l'albero sul quale la fanciulla sedeva e filava.
"Chi sei?".
Ma ella non rispose.
"Scendi, non ti faremo alcun male"
La fanciulla si limitò a scuotere il capo.
I cacciatori continuavano a tormentarla così ella gettò loro la sua collana d'oro pensando che si sarebbero accontentati e se ne sarebbero andati.
Ma, poiché non la lasciavano in pace, lanciò la sua cintura, e, dal momento che neanche questo servì, gettò le giarrettiere, e, di volta in volta, lasciò cadere tutto ciò che aveva indosso e di cui poteva fare a meno, e‚ infine, rimase in camiciola.
H.J. Ford
Ma i cacciatori non si accontentarono affatto: si arrampicarono sull'albero, presero la fanciulla e la portarono al cospetto del Re.
Il Re le chiese:
"Chi sei? Da dove vieni? E cosa facevi su quell'albero?", e provò a chiederglielo in tutte le lingue che conosceva, ma la fanciulla rimase muta come un pesce.
Tuttavia, anche se non parlava, la fanciulla era tanto bella che il Re non ne aveva mai visto l'eguale, e ne fu affascinato. Così, l'avvolse nel suo mantello, la mise sul suo cavallo e la portò con sé al castello.
Una volta a Palazzo, ordinò che la vestissero con abiti regali sicché la Principessa pareva un occhio di sole, ma nessuno riuscì a strapparle una parola.
A tavola. il Re la volle al suo fianco e fu così affascinato dalla sua modestia e dalla grazia dei suoi modi che proclamò:
"Nessun'altra donna al mondo se non lei sarà la mia sposa!"
E, infatti, qualche giorno più tardi, si celebrarono le nozze.
Ma il Re aveva una madre malvagia, che non si compiacque affatto di quel matrimonio e non faceva che sparlare della giovane Regina.
"Chissà da dove viene questa sconosciuta - diceva - E non sa neanche parlare: non è certo degna di un Re!"
In capo a un anno, la Regina diede alla luce il suo primogenito. La vecchia crudele glielo portò via e le lordò la bocca di sangue mentre dormiva. Poi, andò dal Re e accusò la nuora di essere un'orchessa e di mangiare carne umana. Ma il Re non volle crederle, tanto grande era il suo amore per la moglie, e non permise che le si torcesse un capello.
Barbara C. Freeman
L'anno seguente, la Regina partorì un altro bel maschietto, e la malvagia suocera le prese anche quello e le sporcò le labbra di sangue; ma, il Re si rifiutò ancòra una volta di credere alle sue parole e disse:
"E' muta e non può difendersi, altrimenti griderebbe la sua innocenza".
Ma, quando la vecchia rapì anche il terzo neonato e accusò per la terza volta la giovane Regina, che non poté dire una parola a propria discolpa, il Re fu costretto a consegnare la moglie al tribunale, che la condannò ad essere arsa viva sul rogo.
Venne il giorno dell'esecuzione, ed era anche l'ultimo giorno dei sette anni durante i quali la Regina non aveva potuto né ridere né parlare, per liberare i suoi fratelli dall'incantesimo.
Una volta legata al palo del supplizio, e, quando già le fiamme le lambivano la veste, alzò gli occhi al cielo e vide i Corvi giungere in volo.
Allora, il cuore le balzò nel petto per la gioia perché comprese che la salvezza era vicina.
E, man mano che i Corvi toccavano terra, riacquistavano le sembianze dei suoi cari fratelli. Essi dispersero le fascine del rogo, la slegarono e la strinsero tra le braccia. E, mentre si abbracciavano teneramente, piangevano per la gioia.
Poi, la Regina andò dal Re, che era ancòra sconvolto e meravigliato a causa di ciò a cui aveva assistito, e gli disse:
"Carissimo sposo, finalmente mi è concesso di parlare e voglio dirti che sono innocente e che mi hanno vilmente calunniata".
E gli raccontò come la perfida vecchia avesse rapito i suoi tre bambini e l'avesse falsamente accusata di orribili empietà. Allora, furono cercati e trovati i bambini, con grande gioia del Re, mentre la sua malvagia madre venne chiusa in una botte colma di olio bollente e di serpenti velenosi, e morì di mala morte.
E così, il Re, la Regina e i sette fratelli vissero a lungo felici e contenti.
[1] Ho preferito il numero sette, il più magico dei numeri. Le varianti Grimm parlano di sei Cigni, oppure Sette (Tre, nella prima versione del 1812), e Dodici Corvi.
[2] Come ho ripetuto più volte, una donna saggia è la definizione con cui si indicava una donna esperta di magia "bianca", un'aiutante magica. Poiché l'Arte era sempre e comunque vista nell'ottica cristiana, e, quindi, opera del
Diavolo, non era possibile parlare di streghe "buone".
[3] Da questo punto, calvinizzo passando alla variante "I Sette Corvi". Elimino la brocca d'acqua e il tozzo di pane che non sono presenti nella prima edizione, ma reintroduco, sempre fedele all'edizione del 1812, l'incontro con i fratelli durante il viaggio, e l'amato fratello minore che lascia cadere l'anellino.
[4] E qui, passo a "I Dodici Fratelli". Eliminato il Nano/Gnomo de "I Sette Corvi", introduco la vecchia. Prima di tutto, perché tutto è incominciato con l'incontro fatale del Re padre con la vecchia misteriosa nella foresta. In secondo luogo, anche ne "I Dodici Fratelli", dopo la trasgressione della Principessa, compare una vecchia che le indica il modo per salvare i fratelli. Mi pare tutto più coerente. Inoltre, è una perfetta controfigura del buon Beniamino, al quale può tranquillamente "rubare" le battute. Del resto, che differenza sostanziale c'è tra lo stesso Beniamino e la vecchia nella casa degli assassini de "Il Fidanzato Brigante"? Pietà, avvertimento, il consiglio di nascondersi dalla furia omicida dei padroni di casa.
[5] Come avevo premesso, non posso rinunciare a questo "spogliarello" da "I Sei Cigni". E mi fermo su questa variante per tutta la seconda e ultima parte. Ritorno a "I Dodici Cacciatori", solo per quanto riguarda la "mala morte" della suocera infame. Naturalmente, continuo ad omettere la confezione delle camicie.
Ma come rinunciare all'accusa di cannibalismo nei confronti della giovane puerpera, così frequente nelle fiabe e nelle saghe?
Da:
"I Sei Cigni", Grimm n.49, Die sechs Schwäne, Aa Th 451 [The Brothers Who Were Turned into Birds]
"I Sette Corvi", Grimm n.25, "Die sieben Raben".
"I Dodici Fratelli", Grimm n.9, "Die zwölf Brüder".
Traduzione e "Assemblaggio": Mab's Copyright.
Vedi anche "Cigni, Corvi, "Sorelline", Fratellini Assassini, Sole Cannibale, Luna-Orco..."
"Giocare al Gioco di Calvino"
1 commento:
molto bello, torno spesso al tuo blog, lo trovo affascinante, sempre con la speranza di avere notizie che sia diventato un libro da poter sfogliare (Non amo leggere dallo schermo) o di avere più notizie su di te l'autrice, una appassionata di fiabe più di me!
Posta un commento