martedì 7 aprile 2015

La Gatta Cenerentola, (Pentamerone, Sesto Cunto, Giornata Prima) G.B. Basile - Seconda Parte

ezolla, con giubilo grande che non stava nella pelle, piantò il dattero in un bel vaso; e  mattina e sera lo zappettava, lo innaffiava e  lo asciugava col tovagliuolo di seta.
Con queste cure, il dattero crebbe in quattro giorni alla statura di una donna, e ne venne fuori una Fata, che domandò alla fanciulla:
"Che cosa desideri?".
Zezolla rispose che desiderava uscire qualche volta di casa, e che le sorelle non lo sapessero. Rispose la Fata:
"Ogni volta che ti piaccia, vieni alla pianta e di':

Dattero mio dorato,
con la zappetta d'oro t'ho zappato,
con il secchietto d'oro, annaffiato,
con la fascia di seta t'ho asciugato.
Spoglia te e vesti me!

Quando poi vorrai spogliarti, cangia l'ultimo verso e di': 'Spoglia me e vesti te'''. Venne un giorno di festa, e le figliuole della maestra erano andate in processione fuor di casa, tutte spampanate, strigliate e imbiaccate, tutte nastrini, sonaglini e fronzellini, tutte fiori e odori, rose e cose. Zezolla corse allora alla sua pianta, pronunziò le parole insegnatele dalla Fata e subito fu posta in assetto di regina, sopra una chinea, con dodici paggi attillati e azzimati, e andò anche lei dove erano le sorelle, che non la riconobbero, ma si sentirono venir l'acquolina in bocca per le bellezze di questa vaga colomba.


Kinuko Y. Craft


Volle fortuna che nello stesso luogo capitasse il re, che, alla vista della straordinaria bellezza di Zezolla, rimase incantato, e ordinò a un servitore suo più intrinseco che si informasse nel miglior modo di quella bellissima creatura, chi fosse e dove abitasse. Il servitore si mise subito a pedinarla. Ma essa, che s'accorse dell'agguato, gettò una manata di scudi ricci, che s'era fatti dare dal dattero a quest'effetto; e il servitore, acceso di brama a quei pezzi luccicanti, si scordò di seguire la chinea, fermandosi a raccogliere i danari. E essa di balzo entrò in casa, si spogliò come la Fata la aveva istruita; e sopraggiunsero poi le sei arpie delle sorelle, che, per pungerla e mortificarla, le descrissero a lungo le tante cose belle che avevano viste alla festa.
Il servitore, intanto, era tornato al re e gli aveva raccontato il fatto degli scudi. Si adirò il re e con stizza grande gli disse che, per quattro vili monetuzze, aveva venduto il gusto suo, e che, per ogni conto, avesse procurato nella ventura festa di appurare chi fosse quella bella giovane, e dove s'annidasse così leggiadro uccello.
Venne l'altra festa e le sorelle, uscendo tutte adorne e galanti, lasciarono la disprezzata Zezolla al focolare. Ma immantinente essa corse al dattero, disse le parole solite, ed ecco proromperne una schiera di damigelle, chi con lo specchio, chi con la boccetta d'acqua di cucuzza*, chi col ferro per arricciare, chi col pezzo di rossetto, chi col pettine, chi con gli spilli, chi con le vesti, chi con collane e pendenti. E tutte si misero intorno a lei, e la fecero bella come un sole, e la collocarono in un cocchio a sei cavalli, accompagnato da staffieri e paggi in livrea. E si recò al medesimo luogo dell'altra volta, e aggiunse meraviglia nel cuore delle sorelle e fuoco nel petto del re.
Anche questa volta, al ritorno, il servitore le andò dietro; ma essa, per non farsi arrivare, gettò una manata di perle e gioielli, che quel dabben uomo non poté non chinarsi a beccare, perché non erano cose da lasciar perdere; e  così Zezolla ebbe tempo di ridursi a casa sua e spogliarsi conforme al solito. Tornò il servitore, tutto sbalordito, al re, che gli disse:
"Per l'anima dei morti tuoi, se tu non mi ritrovi quella giovane, ti do una solenne bastonatura, e tanti calci nel sedere quanti hai peli alla barba!".
Al nuovo giorno di festa, e quando già le sorelle s'erano messe in via, Zezolla tornò al dattero e, ripetendo la canzone fatata, fu vestita superbamente e collocata in una carrozza d'oro con tanti servitori attorno, che pareva una cortigiana arrestata al pubblico passeggio e attorniata dagli sbirri**. E, dopo aver eccitato la meraviglia e l'invidia delle sorelle, si partì, seguita dal servitore del re, che questa volta si cucì a filo doppio alla carrozza. Vedendo che sempre le era alle coste, Zezolla gridò:
"Tocca, cocchiere!", e la carrozza si mise in corsa con tanta furia, che a lei, in quell'agitazione, cadde dal piede una pianella***, che non si poteva vedere cosa più ricca e gentile.


Kinuko Y. Craft



Il servitore, non potendo raggiungere la carrozza che ormai volava, raccattò la pianella e la portò al re, narrandogli quanto gli era accaduto. Il re, la tolse tra le mani ed uscì in questi detti:
"Se il fondamento è così bello, che sarà mai la casa? O bel candeliere, dove è stata infissa la candela che mi consuma! O treppiede della bella caldaia, dove bolle la mia vita! O bei sugheri, attaccati alla lenza d'Amore, con la quale ha pescato quest'anima! Ecco, io vi abbraccio e vi stringo, e, se non posso giungere alla pianta, adoro le radici; se non posso attingere i capitelli, bacio le basi! Voi già foste ceppi di un bianco piede, e ora siete tagliuola di un cuore addolorato. Per virtù vostra, colei che tiranneggia la mia vita, era alta un palmo e mezzo di più; e per voi cresce altrettanto in dolcezza questa mia vita, mentre vi guardo e vi possiedo!".
Ciò detto, il re chiama lo scrivano, comanda ai trombetti, e tu-tu-tu, fa gettare un bando che tutte le donne del paese vengano a una festa e a un banchetto che ha determinato di dare. Nel giorno stabilito, oh bene mio! quale masticatorio e quale fiera fu quella! Donde uscirono tante pastiere e casatielli, donde gli stufati e le polpette? donde i maccheroni e graviuoli, che poteva saziarvisi un esercito intero? Le femmine c'erano tutte e di ogni qualità, e nobili e ignobili, e ricche e pezzenti, e vecchie e giovani, e belle e brutte, e, poiché ebbero ben lavorato coi denti, il re, fatto il profizio, si mise a provare la pianella a una a una a tutte le invitate per vedere a chi di esse andasse a capello e bene assestata, tanto che egli potesse dalla forma della pianella conoscer quella che andava cercando. Ma non trovò alcun piede a cui andasse a sesto, e fu sul punto di disperare.


Kinuko Y. Craft


Nondimeno, imposto generale silenzio, disse:
"Tornate domani a far penitenza con me; ma se mi volete bene, non lasciate nessuna femmina a casa, e sia quale sia!".
Parlò allora il principe:
"Io ho una figlia, ma sta sempre a guardare il focolare, perché è una creatura disgraziata e dappoco, non meritevole di sedere dove mangiate voi".
Replicò il re:
"Questa sia a capo di lista, perché l'ho caro".
Così partirono, e il giorno dopo tornarono tutte, e, insieme con le figlie di Carmosina, Zezolla, la quale, come il re la vide, gli dié l'impressione di quella che desiderava; e nondimeno dissimulò. Ma, finito il desinare, si venne alla prova della pianella che, non appena fu appressata al piede di Zezolla, si lanciò di per se stessa, come il ferro corre alla calamita, a calzare quel coccopinto d'Amore. Il re alora strinse Zezolla tra le braccia, e, condottala sotto il suo baldacchino, le mise la corona sul capo, ordinando a tutti di farle inchini e riverenze come a loro regina. Le sorelle, livide d'invidia, non potendo reggere allo schianto dei loro cuori, filarono moge moge verso la casa della madre, confessando a lor dispetto che

pazzo è chi contrasta con le stelle.




E. Le Cain


Traduzione dal Napoletano di Anna Buia.


Dalle note di B. Croce:

*Olio cosmetico e medicinale, che si traeva da alcune specie di zucche.

**Alle cortigiane era vietato di andare in carrozza ai pubblici passeggi e in gondola alla spiaggia di Posilipo, passeggiata quotidiana del vicerè e della nobiltà.Se alcuna contravveniva al divieto, (e il caso non era infrequente), sorpresa e circondata dagli sbirri, era condotta in carcere. [...]

***Le pianelle si sovrapponevano alle scarpette. Il Celano [...]   notava che prima non v'era "dama napolitana che, senza queste, camminato avesse", ma che, ai suoi tempi, "fuor di qualche monaca claustrale e riformata", le pianelle erano disusate "da tutte le donne", che andavano invece "in iscarpette" [...]
Dalla nota 19:
Le pianelle erano fornite di tacchi altissimi o calcagnini, quasi trampoli [...]

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