mercoledì 16 agosto 2017

Il Baule Volante, H.C. Andersen (Testo Integrale) - Traduzione Mia

'era una volta un mercante così ricco che, se avesse voluto, avrebbe potuto lastricare d'oro l'intera via, e ne avrebbe avuto a sufficienza anche per un vicolo laterale, ma, naturalmente, non ci pensò neanche: conosceva troppo bene il valore del denaro. Era molto accorto, e se investiva uno scellino, doveva ricavarne almeno un tallero: era proprio un commerciante in tutto e per tutto, e, come tale, morì. Il figlio ereditò le sue ricchezze e si diede al bel tempo: partecipava a balli in maschera ogni notte, costruiva aquiloni con le banconote, e, invece di far rimbalzare sassolini sull'acqua del lago, usava monete d'oro, poiché - si sa - i pezzi d'oro rimbalzano meglio.
Naturalmente, sperperò ben presto tutto il patrimonio: non gli restarono che un paio di pantofole, una vecchia veste da camera e quattro scellini.
I suoi amici lo abbandonarono, non sapevano che farsene di lui dal momento che non poteva più condividere i loro festini notturni. Uno solo della vecchia brigata, uno tenero di cuore, gli mandò un vecchio baule con un messaggio: "Fa' i bagagli!". Facile a dirsi, peccato che non avesse nulla da impacchettare. Così si mise lui stesso nel baule.





Era un baule straordinario. Quando si faceva scattare la serratura, si sollevava da terra e spiccava il volo. Infatti, non appena il figlio del mercante si sdraiò al suo interno e chiuse il chiavistello, il baule volò su per il camino, e poi, sempre più in alto, tra le nuvole. Il fondo scricchiolava, e lui tremava: se il baule fosse andato in pezzi, avrebbe fatto una fine orribile!
Invece, arrivò sano e salvo nella terra dei Turchi.
Nascose il baule nel bosco, sotto un mucchio di foglie secche, e se ne andò in città.
Passava inosservato poiché i Turchi andavano in giro in vestaglia e babbucce come lui.
Incontrò una balia con un bambinello.





Robinson W.H


"Dimmi, balia turca - disse - cos'è quel gran castello vicino alla città, e perché ha le finestre così alte da terra?"
"In quel castello vive la figlia del Re - rispose la balia - Le è stato predetto che sarà molto infelice a causa di un innamorato, e nessuno può avvicinarla, se non in presenza del Re e della Regina."
"Grazie tante!", disse il figlio del mercante, poi, se ne tornò nel bosco, si infilò nel baule, volò sul tetto del castello e, da lì, scese fino alla finestra della camera della Principessa.
La Principessa era sdraiata sul divano, profondamente addormentata: era così bella che il figlio del mercante non poté trattenersi e la baciò.





La Principessa si svegliò e si spaventò moltissimo, ma lui le raccontò di essere un Angelo del Paradiso dei Turchi e che aveva attraversato i cieli per lei, e la Principessa se ne rallegrò molto. Così il figlio del mercante sedette accanto alla Principessa e le narrò fiabe sui suoi occhi, che erano incantevoli laghi scuri, in cui i pensieri nuotavano come sirenette; e le raccontò della sua fronte, che era una montagna innevata con stupende sale colme di quadri, e poi le parlò della cicogna che porta bellissimi bambini. Invero, erano storie meravigliose, e, quando le chiese di sposarlo, la Principessa acconsentì senza esitare.


H.J. Ford



"Ma devi tornare sabato - disse la Principessa - perché il Re mio padre e la Regina mia madre verranno a prendere il tè con me. Saranno fieri che io sposi un Angelo dei Turchi, ma ti conviene pensare ad una bellissima storia, perché loro amano sopra ogni altra cosa ascoltare favole. Mia madre le vuole profonde e con una morale, mentre mio padre le preferisce divertenti, e che lo facciano ridere".
"E sia - disse il giovane - non porterò altro dono nuziale che una bella storia", e i due innamorati si separarono, ma, prima, la Principessa donò al figlio del mercante una magnifica sciabola tempestata di monete d'oro, che gli fecero molto comodo. Volò in città, dove comprò una vestaglia nuova, poi ritornò nel bosco, e si mise a pensare ad una storia: doveva essere pronta per sabato, e non era certo facile. Tuttavia, quando tornò a trovare la Principessa, il sabato successivo, aveva una storia.
Il Re e la Regina e tutta la Corte stavano prendendo il tè negli appartamenti della Principessa, e lo accolsero con grandi cerimonie.
"Volete raccontarci una storia? - chiese la Regina - Ma che sia profonda e con una morale"
"Ma che sia anche divertente!" Aggiunse il Re.
"Certamente!" rispose lui, e, dopo aver chiesto loro di ascoltare con attenzione, prese a raccontare.

C'era una volta un mazzetto di fiammiferi che erano molto fieri della loro nobile discendenza, il loro albero genealogico, infatti, era un grande pino che era stato un vecchio e maestoso albero del bosco. Adesso, i fiammiferi si trovavano tra un acciarino e una vecchia casseruola di ferro, e parlavano tra loro degli anni giovanili. 
'A quel tempo, - dicevano - crescevamo su un ramo verde e noi stessi eravamo verdi! Ogni mattina e ogni sera ci nutrivamo di diamanti di rugiada. Se splendeva il sole, sentivamo il suo tepore, e gli uccelli cantavano raccontandoci le loro storie. Sapevamo di essere anche ricchi, perché, mentre gli altri alberi del bosco sfoggiavano i loro verdi abiti solo d'estate, la nostra famiglia poteva permettersi vestiti verdi sia d'estate che d'inverno. Poi arrivò il taglialegna - una gran rivoluzione! - e la nostra famiglia cadde sotto la sua ascia.
Il capo della nostra famiglia, ovvero il tronco, diventò l'albero maestro di una splendida nave che navigava per tutti i mari del mondo; gli altri rami trovarono una collocazione in luoghi diversi, a noi è toccato l'incarico di accendere la luce per il volgo; ed è per questo che noi, una famiglia aristocratica, siamo finiti in cucina.'
'A me invece è capitato un destino diverso - disse la casseruola di ferro vicino alla quale si trovavano i fiammiferi - Dal mio primo ingresso nel mondo, non ho fatto altro che cucinare ed essere raschiata, ma sono la prima della casa quando serve qualcosa di solido e di concreto! La mia unica gioia è, dopo pranzo, star qui, pulita e lucidata, e scambiare quattro chiacchiere con i vicini. Tutti noi, tranne, forse, il secchio, che, ogni tanto, viene lasciato nella corte, viviamo sempre qui, insieme, tra queste quattro mura. L'unica a raccontarci qualche notizia è la borsa della spesa, ma spesso dice cose talmente spiacevoli sul governo e sul popolo che, una volta, una vecchia pentola ne fu così spaventata che cadde in terra e si ruppe in mille pezzi! Era una liberale, ve lo dico io!'
'Parli troppo - esclamò l'acciarino e fece sprizzare qualche scintilla battendo sulla pietra focaia - Non vogliamo passare una serata divertente?'
'Sì, parliamo dei più aristocratici', dissero i fiammiferi.
'No, non mi piace parlare di me stessa!- disse la pentola di coccio - Organizziamo una serata spensierata! Comincio io: vi racconterò una storia che noi tutti abbiamo vissuto; così sarà facile apprezzarla, ed è anche divertente. Presso il Mar Baltico, sulla costa danese...'
'Oh, che inizio delizioso! - esclamarono tutti i piatti - Sarà sicuramente una bella storia'.
'Sì. Là, al tempo della mia giovinezza, abitai presso una famiglia tranquilla. I mobili venivano lucidati, il pavimento veniva sfregato, e tendine pulite venivano montate ogni due settimane'.
'Oh, che modo delizioso di raccontare! - disse il piumino per spolverare - Si avverte subito che è una donna che parla! C'è un'aria così nitida e pulita nelle sue parole!'
'Sì, è proprio vero!', disse il secchio dell'acqua, e saltellò di gioia tanto che l'acqua schizzò sul pavimento.
E la pentola continuò a raccontare, e la fine fu bella quanto l'inizio.
Tutti i piatti tintinnarono per esprimere la loro ammirazione, il piumino prese un po' di prezzemolo e incoronò la pentola, poiché sapeva che avrebbe indispettito gli altri, e 'se io la incorono oggi - pensava - domani, lei incoronerà me.'
'E adesso balliamo', dissero le molle del camino e presero a danzare: come lanciavano in alto le gambe! Nell'angolo, la vecchia fodera della sedia crepava dal ridere.
'Possiamo essere incoronate anche noi?' chiesero le molle, e furono accontentate.
'Non è altro che popolino, dopotutto!' pensavano i fiammiferi.
Pregarono la teiera di cantare, ma lei si rifiutò, dicendo che era raffreddata, e che,comunque, non poteva cantare se non era piena d'acqua a bollore. In realtà, tutti sapevano che si negava per superbia, e che voleva cantare solo in salotto, in presenza degli invitati.
Sulla finestra c'era una vecchia penna d'oca con cui scriveva la domestica. Non aveva nulla di speciale: era stata immersa troppe volte e troppo a fondo nell'inchiostro, e questo era tutto. Ma lei ne andava orgogliosa.
'Se alla teiera non va di cantare - disse -  lasciamola stare. Qui fuori c'è una gabbia con un usignolo, che sa cantare benissimo: lei invece non ha mai imparato molto bene, ma è meglio non parlarne'.
'Io penso che sia davvero inappropriato - disse il bollitore, che era il cantante della cucina e il fratellastro della teiera - stare ad ascoltare il canto di un ricco uccello forestiero. Sarà patriottico? Lasciamo che sia la borsa della spesa a giudicare.'
'Io sono proprio arrabbiata! - disse la borsa - E' questo il modo di trascorrere la serata? Non sarebbe meglio mettere in ordine la casa? Ognuno dovrebbe tornare al suo posto, così io potrei dirigere il lavoro'.
'Sì, sì, mettiamo in ordine", dissero tutti.






In quel  momento, si aprì la porta: era la domestica, e tutti ammutolirono, ma non c'era nessuno, neanche il più piccolo pentolino, che non fosse consapevole delle proprie possibilità e della propria importanza.
'Se solo avessi voluto - pensavano - sarebbe stata una serata davvero divertente!'
La domestica prese i fiammiferi e accese il fuoco. Dio mio! Come crepitarono i fiammiferi e che fiammata! 
'Adesso, tutti possono vedere che siamo noi i più importanti! - pensarono i fiammiferi - Che splendore! E che luce!'
Non finirono di gloriarsene che erano già tutti consumati."

"Che storia superlativa! - esclamò la Regina - mi è sembrato di trovarmi davvero in cucina e di vedere i fiammiferi. Sì, avrai nostra figlia."
"Certo! - le fece eco il Re - Tu sposerai nostra figlia".
Ormai gli davano del tu, dato che stava per far parte della famiglia.
Fu fissata la data delle nozze, e, la sera prima, la città era tutta illuminata a festa. Dolci e caramelle venivano lanciati tra la folla, e i monelli di strada si alzavano sulle punte dei piedi per prenderle al volo e urlavano Urrà! e fischiavano mettendosi due dita in bocca: era una festa meravigliosa!
'Anch'io voglio far loro una bella sorpresa', pensò il figlio del mercante, e comprò tutti i razzi, i petardi e i fuochi artificiali che si potesse immaginare, li stipò nel baule e volò su nel cielo.
Che scoppi, che sibili e che crepitii quando li accese! I Turchi saltavano ad ogni esplosione e le babbucce gli arrivavano alle orecchie: non avevano mai visto niente del genere e si convinsero facilmente che la loro Principessa stava davvero per sposare un Angelo del cielo!


Robinson W.H



Quando il figlio del mercante scese con il suo baule nel bosco, pensò: 'Voglio andare in città a sentire cosa dicono dello spettacolo che ho offerto loro', ed era un desiderio molto naturale.
E potete star certi che ascoltò racconti piuttosto bizzarri e sorprendenti!
Anche se a tutti era sembrato uno spettacolo straordinario, quelli che interrogava rispondevano in maniera differente.
"Io ho visto l'Angelo in persona! - diceva uno - I suoi occhi erano due stelle splendenti e la barba, acqua spumeggiante!"
"Volava avvolto in un mantello di fuoco - raccontava un altro - e dalle pieghe del mantello facevano capolino deliziosi angioletti".
Sentì dire molte altre cose bellissime e che il giorno dopo si sarebbero celebrate le nozze.



Robinson W.H


Quando ritornò nel bosco per riposarsi nel baule, non lo trovò: dov'era finito? Il baule era completamente bruciato. Una scintilla dei fuochi d'artificio vi era caduta sopra, aveva appiccato il fuoco, e lo aveva ridotto in cenere. Così il figlio del mercante non fu più in grado di volare, né di ritornare dalla sua promessa sposa. La Principessa salì sul tetto e rimase ad aspettarlo tutto il giorno. Forse è ancòra lì che lo aspetta mentre lui vaga in giro per il mondo raccontando fiabe, ma nessuna è divertente come quella che aveva inventato sui fiammiferi.




Robinson W.H

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