"Che cos'hai, ragazzo mio, per essere ridotto così?"
Il giovane le raccontò tutto: che era passato per il cimitero, che aveva visto un cranio e lo aveva invitato alle nozze e che ora c'era un gran cane nero all'ingresso. Madre e figlio si affacciarono alla finestra e videro il cane ancora lì, davanti alla casa. Allora la madre gli consigliò: "Quando vai per la confessione stasera, di' al prete quello che hai fatto e chiedigli quello che devi fare".
Il giovane, all'imbrunire, si recò in chiesa e fece come la madre gli aveva detto. Il prete, dopo che ebbe sentito il racconto del giovane, gli suggerì di mettere, durante il banchetto di nozze, il cane sotto il tavolo e di servirlo sempre per primo. Così fu. Gli invitati erano stupiti degli atti del giovane e continuavano a chiedergli perché facesse tutto ciò.
"So quel che faccio." Rispondeva lui.
Quando il banchetto ebbe termine, il cane parlò:
"Sei stato ben consigliato. Se non avessi fatto quel che il prete ti ha detto, ti sarebbe successo qualcosa di male".
La breve storia de " Il Cane di Berritz " racchiude, in effetti, più di un elemento interessante. Il "tipo" è quello che potremmo definire "la sposa cadavere" perché si collega alle innumerevoli leggende di inviti spensieratamente rivolti da giovanotti alticci solitamente dopo goderecci addii al celibato a defunti con le orecchie ben aperte. Simili leggende si collegano, nel sèguito della trama, al tema del soggiorno in una strana terra-di-mezzo, in cui il Tempo scorre diversamente: tre notti sono trecento dei nostri anni. Per ora, mi fermo qui su questo aspetto della leggenda. Mi limito ad accennare all'altro tema, quello degli animali diabolici.
Tema infinito, innumerevoli varianti...
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