lunedì 6 gennaio 2014

Esseri Selvaggi del Bosco

iguardo alla credenza nel popolo misterioso e leggendario dei boschi, è necessario dire ch'essa durò a lungo nei siti ove si trovarono boschi foltissimi ed estesi; ma ne rinvenni solo traccia nella credenza negli uomini selvaggi, sulle Alpi del versante italiano, ove sventuratamente furono distrutti tanti boschi, e sparirono insieme ad essi le loro divinità; come pure nessuna leggenda che lo riguardi venne trovata dagli amici gentilissimi che per me raccolsero notizie nelle Valli di Susa, di Varaita, di Challant, nella Valle Anzasca, nella Vallemaggia, nella Valsesia e nel Canton Ticino.

Froud&Lee

Nelle regioni ove si rinvengono ancora bizzarre leggende intorno ai fantastici abitanti delle foreste, mi pare che in prima linea vadano notate quelle che dicono delle fanciulle del legno o del musco, che cambiano nome dalla Scandinavia fino a certi versanti delle Alpi italiane. Molte di esse, come il Robin Hood di certe leggende inglesi, sono vestite di verde, secondo la credenza che è anche popolare sui monti dell'Harz e sulle regioni alpine che più si avvicinano alla Baviera. Quando sono sugli alberi non è possibile distinguerle dal musco che ricopre tronchi e rami; spesso la loro vita è legata a quella degli alberi delle foreste, ed ognuno di questi ha la sua fanciulla o la sua donna selvaggia, che deve morire al pari delle Waldmtter alpine, se l'uomo abbatte il loro amico.

Kelso E.


Secondo altre leggende le fanciulle del musco ed i Nani dei boschi sono liberi affatto, vivono però sugli alberi o stanno nelle case di musco; cullano i loro bimbi nei nidi anche di musco o raccolgono le verdi foglie che mutano facilmente in oro. Spesso le fanciulle del musco filano, formando la specie più fina di musco che si attacchi agli alberi, o regalano a persone care dei gomitoli di quel filo verde; e mi sembra che nelle leggende questo popolo misterioso di fanciulle e di donne selvagge abbia pure qualche somiglianza colle Fate, specialmente nel costume di filare, ed in quello di riunirsi di notte nei siti coperti di musco, ove ballano mentre i raggi di luna passano tra lo scuro fogliame dei larici e dei faggi.

Nel popolo cortese delle fanciulle dei boschi, ed in certi Nani verdi o grigi al pari degli Elfi, possono gli alpigiani di certe regioni tedesche, trovare, secondo la credenza popolare, un valido aiuto nelle faccende domestiche, ed essi come i "Servants" delle Alpi di Vaud ed i "Lutins" delle montagne di Francia lavorano attentamente, rimanendo però invisibili sui pascoli vicino al gregge e nelle case. Ma se odono pronunziare il loro nome, o se mostrasi d'indovinare ch'essi sono presenti, tornano rapidamente nelle loro dimore sulle rupi o nei boschi. Si ritiene che sia una grande ventura per una famiglia avere a suo servizio uno di quegli esseri benefici, e le leggende dicono che nel sito ove si trovano, più fertili diventano i pascoli, e più facilmente girano le ruote dei molini.

Il popolo selvaggio formato dalle donne e dagli uomini dei boschi ha aspetto spaventevole e forme gigantesche, anche sulle Alpi.
In parecchi villaggi del Tirolo le donne selvagge sono chiamate "Fangge" (al singolare "Fangga"). Di altissima statura hanno il corpo peloso come le scimmie, e mentre la fantasia popolare si è compiaciuta nel dare tanta bellezza di forma alle Fate ridenti ed a certe fanciulle dei boschi, par che abbia voluto, rispetto alle Fanggen, dar prova della sua potenza nell'immaginare anche il brutto. Così il loro viso è contorto e feroce, esse hanno la bocca che apresi da un'orecchia all'altra, ed i loro capelli simili ad una specie di lichene, Lichen barbatus L., scendono disciolti ed arruffati sulle loro spalle. Esse hanno voce spiacevole, priva d'ogni dolcezza, mandano scintille dagli occhi e sono vestite con pelli di gatti selvaggi. Vivono in società nei boschi, e molte di esse hanno a quanto pare nomi speciali. Quando il vento sibila con violenza, i tirolesi dicono che il gigante dei boschi chiama le Fanggen disperse.

Fra il popolo selvaggio dei boschi hanno pure molta importanza i piccoli Nani del musco, i Nani delle folte selve, ed i Giganti selvaggi, chiamati con diversi nomi in molte regioni alpine, e detti nel Tirolo "Belmon", "Salvadegh", "Salvanel". Costoro, secondo la credenza popolare vivono nei boschi insieme alle Fanggen, ed a tutte le donne selvagge; ma sembrano miti e buoni ed ammaestrarono gli alpigiani in molte utili arti. Anche nel biellese, e nelle Valli di Lanzo e di Aosta si trovano parecchie leggende sugli uomini selvaggi.
Non lungi dal lago della Vecchia in Val d'Andorno è stata notata una piccolissima grotta, ove secondo la credenza popolare, visse in altri tempi l'uomo selvaggio, e forse su tutta la catena delle Alpi si crede che questi uomini leggendarii insegnarono ai pastori l'arte di fare i formaggi, come usarono i Salvadegh del Tirolo. In questa regione si trova però una versione assai diversa da molte altre leggende, poiché da quanto si narra non pare che un certo Salvanel insegnò volontariamente quanto sapeva agli alpigiani, ma che avendo essi trovato mezzo di ubriacarlo poterono rapirgli i suoi segreti. La strana credenza nella scienza degli uomini selvaggi, che sono innanzi alla fantasia popolare esseri soprannaturali, ha forse relazione con antichissima mitologia nordica e con quella di Roma e di Atene, che non davano sempre agli uomini il vanto di essere giunti per forza d'ingegno, e dopo lunghe prove a conoscere le arti più elementari dell'agricoltura e della pastorizia; ma li dicevano ammaestrati dalla mente superiore di divinità diverse o di eroi. Però trovandosi negli uomini selvaggi delle Alpi pochissima potenza superiore alle facoltà umane, parmi che si possa oltre ad un lontano ricordo mitologico, veder pure in essi memoria degli antichissimi abitanti delle Alpi, che dovettero mostrare a nuove popolazioni di barbari invasori, o di operai andati a sfruttare le ricche miniere, gli usi più comuni nelle regioni alpine, per la conservazione dei formaggi e l'allevamento del bestiame. Forse il demone Salvané della valle di Genova, leggero e crudele, il quale usa mille arti d'inganni verso i miseri mortali, deve essere una trasformazione del Salvanel o Salvadegh tirolese.

Froud&Lee

In Fassa, secondo la credenza popolare, gli uomini selvaggi avevano alta statura, capelli neri lunghissimi ed unghie che sembravano artigli, all'estremità delle dita lunghe e pelose. Forse a cagione dell'uso durato fino ai nostri tempi di spaventare i fanciulli, minacciandoli dell'apparizione di qualche essere pronto a castigarli ed a portarli via, è pure invalsa in certi paesi della Germania e delle Alpi la credenza che le donne selvagge ed i giganti dei boschi possono al pari di altri spiriti malefici rubare i bambini. Di questo vengono accusati i Salvanel e le Fanggen del Tirolo, e questa credenza giunge a tale che su certe alte montagne si tengono chiuse le finestre dalle quali, col mezzo di una scala, potrebbe entrare nelle case il ladro misterioso. Nell'istessa regione alpina le mogli dei Salvegu o Salvanel chiamavansi Bregostane, e questi spiriti dei boschi, al pari dei centauri e dei giganti, che secondo la credenza degli eschimesi già vedemmo dotati della facoltà di ritrovare per cinque volte la giovinezza, sono in parte uomini ed in parte animali.

Gli Elfi neri o grigi vivono anch'essi nei boschi; e mentre il "Moosleute" o popolo del musco cambia in oro le foglie degli alberi, gli Elfi raccolgono nei sotterranei oro o argento, ed hanno spesso la loro abitazione sugli alberi.
Il nano Alberico, il quale rappresenta nell'antica poesia popolare germanica (Alberich il re degli Elfi, Obeson nella letteratura inglese) un poetico tipo di elfo, visse, secondo la credenza popolare, per tre anni in un tiglio, che divenne pure albero sacro; e questa leggenda è nota anche nella Scandinavia.

Nelle tracce lasciate dalle credenze dei Celti si ritrovano pure con frequenza le donne selvagge, chiamate in Francia, nella Franche Comté, le Dame verdi, e dette nelle vicinanze dei monti del Giura, le Dame grigie; mentre forse nella coscienza popolare è avvenuta una confusione fra le loro figure fantastiche e quelle delle Fate, che certe leggende francesi ci dicono anche vestite di grigio. Esse dimorano sopra una quercia ed al pari di molti spiriti dei boschi delle leggende della Germania e delle Alpi, hanno potenza di affascinare gli uomini, che non sanno più vedere in altre donne bellezza pari alla loro. Si raccontano pure certe leggende d'amore in cui hanno parte.

Nella Svizzera e nel Tirolo si crede che gli uomini selvaggi, o genii delle foreste, abbiano sempre in mano un grosso pino; ed anzi il pino è pur dimora prediletta di quei misteriosi signori, i quali, al pari della Waldmutter, soffrono e pregano quando i legnaiuoli vogliono abbattere i loro amici.

Non sempre le donne selvagge, che vedemmo in aspetto spaventevole, hanno così triste apparenza innanzi alla fantasia popolare; e si racconta pure di una pastorella che filava in un bosco di betulle e vide una donna selvaggia vestita di bianco, con una corona di fiori sul capo. Costei pregò la fanciulla di ballare, e questo ella fece per tre giorni fino al tramonto del sole, ma così leggermente che l'erba non si curvava neppure sotto i suoi piedini. La donna selvaggia per compensarla le diede molte foglie di betulle che si cambiarono in monete d'oro.

La credenza così viva nel Medioevo in tutta la fantastica popolazione dei boschi, fu causa che in certe feste, le quali erano spesso una reminiscenza o una trasformazione di antiche feste pagane, che si celebrarono in onore della primavera, dell'amore e delle vendemmie, riapparivano gli uomini selvaggi e questo costume durò a lungo.
In Austria, essendovi ai tempi dell'imperatore Giuseppe Secondo una grande tendenza al razionalismo, si proibirono i giuochi in cui essi figuravano. Nelle storie francesi si ritrova qualche volta ricordo di queste strane divinità dei boschi, e specialmente nel "ballets des ardents", datosi il 29 gennaio 1393, quando Carlo Sesto volle festeggiare la regina Isabella di Baviera. Ad un nobile normanno venne l'idea di far figurare nella festa gli uomini selvaggi, ed il re e quattro nobili vollero rappresentarli. Froissart dice che si fecero six cottes de toiles couvertes de lin délié en forme et couleur de cheveux; ils furent vestus de ces cottes qui est bientfaites à leur point, et ils furent dedans consus, et ils montroient estre hommes sauvages, ils estoient tous chargés de poils, depuis le chef jusqu'à la plante du pié.

In Italia, nelle feste che vi furono pel matrimonio di Alfonso di Ferrara con Lucrezia Borgia, si videro danze di uomini armati, ed anche di uomini selvaggi, che portavano in mano certi corni di abbondanza, dai quali usciva fuoco: essi figuravano come liberatori di una fanciulla minacciata da un drago.
Anche a Bologna per il matrimonio di Annibale Bentivoglio con Lucrezia d'Este, apparvero nelle danze gli uomini selvaggi, che circondavano un uomo il quale raffigurava in modo ammirevole un leone; e forse anche i poemi cavallereschi valsero con frequenza a rendere popolari le loro figure, descrivendole come si usò per quella dell'uomo nero selvaggio nel romanzo bretone di "Yvain et la dame de Brécilien", che servì di modello al poema così diffuso del "Chevalier au Lyon". In questo secolo ancora nella strana processione in uso ogni anno nella città di Mons, per celebrare il ricordo della grande vittoria del cavaliere Gilles de Chin, sopra un drago leggendario, si vedevano apparire gli uomini selvaggi insieme ai diavoli.

Da: Maria Savi Lopez, "Alberi e spiriti dei boschi", in "Leggende delle Alpi", 1889.

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