Bauer J.
La figura del troll è sempre stata assimilata a quella del diavolo della religione cristiana, ma il troll ha anche una generosità e una disponibilità che mancano del tutto al diavolo dei cristiani. Si tratta, semmai, di una sopravvivenza pagana, il dio selvaggio, dispettoso, infantile, occasionalmente crudele, ma non malvagio per natura. C'è anche qualcosa del trickster, il dio briccone che i greci chiamavano Ermes; come il trickster ed Ermes (psicopompo, ricordiamo) il troll è legato al regno dei morti, anche se tra i suoi compiti non c'è quello di far da guida alle anime.
Per quanto spesso rapisca fanciulle, il troll non ne abusa mai, al contrario offre alle sue sequestrate una vita comoda e lussuosa e, a contatto con la loro verginità, si raffina.In proposito sono attestate scene simboliche come lo spidocchiamento, inequivocabile indicazione del passaggio del troll (ma anche dell'eroe in certi casi) dallo stato selvaggio a quello civilizzato. Come i draghi, il troll può avere molte teste e per annientarlo, come nel caso del drago, l'eroe gliele deve tagliare tutte. La decapitazione aprirà al morto le porte di un piacevole aldilà.
Bauer J.
La connessione con il mondo selvaggio, soprattutto con l'ignoto e la morte (anzi, con l'utero primigenio e la morte, luoghi opposti ma identici), è evidente soprattutto nel caso delle vecchie trollesse che vivono nel cuore delle foreste, lontanissime dalle abitazioni degli umani. La loro età pluricentenaria, l'aspetto grigio e rugoso, il piacere che esprimono sempre a incontrare un'anima cristiana fanno supporre che possa trattarsi di anime perdute che finalmente trovano l'anima cristiana, trovano la loro salvezza. Tuttavia, la loro costante generosità, il loro rigore morale, l'attaccamento che dimostrano all'eroe o all'eroina, il piacere che ricevono nell'essere salutate con "Buonasera, madre cara!" legittimano altre interpretazioni. Potrebbe trattarsi dello spirito di un'antenata che viene in soccorso della sua discendenza.
Annuska Palme Sanavio
Piero Sanavio
Dall'introduzione a "Fiabe Popolari Svedesi"
Non mi fa impazzire "mettere all'indice", ma un esempio per tutti (e non è assolutamente uno dei peggiori) può essere utile per far scattare qualche campanello d'allarme.
Ho già accennato all'Orco come tardivo e occasionale sostituto dell'antica "strega", la Vecchia della Foresta. Il Troll ha moltissimo in comune con i nostri orchi: ingenuo, cannibale (frustrato), bruttissimo, solitario. L'accostamento al trickster non è solo inspiegabile: è stupefacente. In realtà, se vogliamo addentrarci in questo argomento, il trickster è più vicino al Pollicino, o al Gobbo Tabagnino, o al Corvetto eroi delle fiabe che vedono l' Orco (e/o il troll) regolarmente gabbato, ridicolizzato, derubato in più riprese dei suoi tesori e spesso, ucciso.
E' vero che si gioca il ruolo da antagonista con il "vecchio Nick" delle fiabe popolari (non a caso quelle del tipo "Il Diavolo Gabbato"), ed è vero che, specie nel Sud italiano, ma non solo, è l'immancabile fiume Giordano a fermare l'inseguimento finale da parte del non-battezzato; ma è una semplice sostituzione o sovrapposizione del confine invalicabile tra il Regno dei Vivi e quello dei Morti. L'eroe è riuscito ad entrare, vivo tra i morti, e ad uscire incolume e trionfante. L'Orco/Troll, che ha fallito (felicemente, in quanto sostituto della Vecchia iniziatrice del Bosco!) il suo compito di guardiano e custode, non può attraversare il confine.
Lo spidocchiamento: pratica diffusa in una realtà non così remota, gesto di sottomissione, e di intimità. La vecchia nonna del diavolo e aiutante dell'eroe che spidocchia il nipotino per strappargli i tre capelli d'oro e le tre soluzioni agli enigmi non indica certo il passaggio dallo stato selvaggio alla civilizzazione!
Lo spidocchiamento, il taglio delle fluenti sopracciglia o degli artigli corrispondono alla spina estratta dalla zampa della belva pronta a divorarti, con, in più, una richiesta di fiducia e di amicizia (regolarmente concesse e regolarmente tradite).
L'Orco/Troll forse non violenta esplicitamente, ma "sposa" la principessa rapita. Quale sia la differenza...
Non si dimostra un "Barbablu", anzi, la sua eccessiva fiducia e la voglia di accontentare la "moglie" mortale lo perderanno.
Bauer J.
"La connessione con il mondo selvaggio, soprattutto con l'ignoto e la morte (anzi, con l'utero primigenio e la morte, luoghi opposti ma identici), è evidente soprattutto nel caso delle vecchie trollesse che vivono nel cuore delle foreste, lontanissime dalle abitazioni degli umani. La loro età pluricentenaria, l'aspetto grigio e rugoso, il piacere che esprimono sempre a incontrare un'anima cristiana fanno supporre che possa trattarsi di anime perdute che finalmente trovano l'anima cristiana". Ecco, questo passaggio mi ha fatto cascare la mandibola (quando leggete "utero" in una pseudo-analisi fiabesca, scappate).
Ci allontaniamo dall'Orco: la moglie dell'Orco è, quasi sempre una mortale, o ne ha le caratteristiche. L'Orchessa, invece, non ha marito, ma ha spesso dei figli, ed è spietata, crudele, affamata e rabbiosa.
La Trollessa è molto più vicina alla Ghoula mediorientale, non la moglie, ma la sorella del Ghoul. Il Ghoul, incontrato in prima battuta dell'eroe, non è che la guida al suo incontro con la Ghoula. Una, in origine. A parte la triplicazione fiabesca sottolineata da Propp.
Orribile, vecchia, grassa e irsuta come le Trollesse, con lunghe mammelle che getta dietro le spalle per sbrigare senza impacci le sue faccende (cuocere la carne nelle fiabe orientali, macinare il sale nelle scandinave), la Ghoula è dichiaratamente vergine, ma l'eroe si apposta per farsi allattare a tradimento, attaccandosi ad una mammella, secondo le istruzioni del fratellone. E non è una storia strappalacrime: la Ghoula/Trollessa non può più mangiarlo perché l'eroe è diventato suo figlio di latte, cosa che non manca di spiegare molto chiaramente!
E, certamente, nelle fiabe più antiche, così come nessuna "zietta" suggerisce il giusto comportamento alla Vasilisa di turno, nessun Ghoul-fratellone istruisce l'eroe... che è un eroe proprio perché sa cosa fare.
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