Gilbert A.Y.
Lythe and listin, gentilmen,
That be of frebore blode;
I shall you tel of a gode yeman,
His name was Robyn Hode
Ecco le parole di una delle prime ballate dedicate a Robin Hood.
Quella di Robin Hood è una vera leggenda e, come ci è sempre stato insegnato, ogni leggenda si basa su un fondo di verità.
Molti studiosi, quindi, hanno cercato di risalire ad un possible ‘antenato reale’ del famigerato Robin, e i risultati sono stati i più vari: l’idea più diffusa è che egli fosse un nobile, ma in realtà queste identificazioni con nobiluomini quali l’Earl di Huntington, Robert di Loksley o ancora Robert Fitz Ooth sono cosa tarda. Nelle ballate medievali i natali di Robin sono quelli ben più umili di un mercante, di un contadino, o del figlio di un guardaboschi.
E dimentichiamoci anche la mira infallibile e la generosità verso la povera gente: in origine Robin Hood era davvero un ladruncolo piuttosto gretto.. E – anche se so che questo sarà un colpo al cuore – questo antenato reale di Robin non andrebbe nemmeno cercato nel periodo del regno di Re Riccardo: solo nel tardo XVI secolo si retrodatarono le avventure del furfante al periodo in cui il Cuor di Leone aveva lasciato l’Inghilterra per partecipare alle crociate. Nelle ballate il periodo di riferimento è piuttosto quello tra il 1272 e il 1377, visti i riferimenti a re Edoardo (che sia I, II o III, questo non lo sappiamo). Beh, come spesso accade, cercando la storia nella leggenda si finisce per rovinarne un po’ la poesia. Ma stavolta posso – e voglio – rimediare. Perché, come dicevo, la leggenda si basa su un fondo di verità, ma la verità non è certamente solo quella della Storia comunemente intesa, fatta di personaggi, date e battaglie. È quasi pazzesco da credere, ma Robin Hood può essere considerato gemello eterozigote di un altro personaggio famosissimo e amatissimo della letteratura inglese.
Vi dice niente il nome ‘Robin Goodfellow’? Questa specie di soprannome viene spesso riferito a Robin Hood: anche nella versione romantica di Walter Scott re Riccardo, a un certo punto, si rivolge a lui dicendogli: "King of Outlaws and Prince of Good Fellows!".
E ora fate attenzione:
That shrewd and knavish sprite
Call’d Robin Goodfellow: are not you he
That frights the maidens of the villagery;
Skim milk, and sometimes labour in the quern
And bootless make the breathless housewife churn;
And sometimes make the drink to bear no barm;
Mislead night-wanderers, laughing at their arm?
Those that Hobgoblin call you and sweet Puck,
You do their work, and they shall have good luck;
Are you not he?
Queste non sono parole dette da re Riccardo, o dallo sceriffo di Nottingham, né dalla bella Lady Marian. Questo discorso viene fatto dalla regina Titania nella commedia di Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate. E il personaggio cui è rivolto è proprio Puck, quel trickster meraviglioso che, a servizio di Oberon, causerà vari guai e li risolverà. Al di là dell’ambito shakespeariano, Puck era uno spirito della natura legato ai boschi, di carattere piuttosto dispettoso (come il folletto Pooka, di cui è ovviamente un’elaborazione), a volte maligno, ma tutto sommato vivace e allegro. Ebbene, esattamente come Robin Hood, anche Puck a volte veniva chiamato eufemisticamente con il nomignolo di Robin Goodfellow. Goodfellow, ossia più o meno letteralmente “Buondiavolo”: in effetti si trattava di un soprannome con cui ci si poteva riferire anche al Demonio (secondo il solito adagio cristiano per cui tutte le varie forze pagane erano maligne e perverse per forza di cose). Robin non sarebbe, come si potrebbe pensare all’inizio, un diminutivo di Robert, bensì un adattamente di Rob, a sua volta storpiatura di Hob, da Hobgoblin, “goblin della terra”. Sia Puck che Robin Hood, che condividono il medesimo soprannome ‘diabolico’, sono in effetti connessi all’elemento silvestre, nonché ad un vitalismo e alla vivacità tipica dei cicli di rinascita. Trovate che questa interpretazione sia un po’ stiracchiata? Forse lo è. Però trovo che sia interessante considerare, anche magari solo per scherzo, come la lettura della vicenda del nostro fuorilegge dal cuore d’oro sia perfettamente compatibile con lo schema delle rappresentazioni che nel Medioevo si era soliti fare in occasione di Candlemas.
Questa festa, imperniata dello stesso spirito vitalistico e allegro della celtica Beltaine, serviva a celebrare il ritorno della vita, la rinascita della natura dopo il periodo invernale. Questo, allegoricamente, diventava la fine del regno del cosiddetto Re del Malgoverno, che copriva tutto il periodo invernale andando dal 31 ottobre al 2 febbraio. Durante questo periodo, l’unica cosa che ricordasse la gioia del ritorno della luce era il ceppo di Jól (o "ceppo di Natale"), un ciocco di legno che veniva acceso e che si considerava protettore contro le forze maligne nonché dispensatore di fertilità. Il ceppo di Jól aveva in sé il fuoco della primavera: rappresentava la vita durante la stagione di apparente morte della Terra. Ora, vi stupireste molto se vi dicessi che Hood (o Hud) significa proprio “ciocco di legno”?
E vi pare tanto strano che Mad Marian (“Marian la pazza”), la fanciulla che in queste feste impersonava la Dea Madre, la Terra appunto, grazie all’inserzione di una semplice “i” sia diventata Maid Marian, (“Marian la vergine, la lady”)? Le pantomime delle feste di Candlemas seguivano questo schema: il dio dell’anno nuovo (Puck, o Robin, o qualsiasi dio vitalistico il popolino agricoltore conoscesse) inseguiva l’anno vecchio (il Re del Malgoverno, o il Principe Giovanni...) e alla fine lo uccideva per amore di Mad Marian, come gesto propiziatorio per il futuro. Non vi ricorda davvero tanto qualcosa?
Da un post di Cielo Amaranto, dal Blog La Torre di Vetro
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