domenica 26 gennaio 2014

La Bella e la Brutta, V. Imbriani

'era un omo che aveva una figlia e si rimaritò e dalla seconda moglie ebbe un'altra figlia. E la prima che aveva i' suo marito, la matrigna non gli voleva punto bene. La prima, che non poteva lei, un giorno lei gli dava molto da filare e gli diceva.... gli dava una libbra di lino dapprima e gli diceva: "Se stasera tu non hai finita questa libbra di lino, tu non devi aver da cena."
Quella poera bambina andiede fòri; non faceva che piangere, non sapeva come fare a filare questa libbra di lino. Strada facendo, trovò una vecchina; disse: "Cos'hai, bambina mia, che piangi tanto?"
Disse: "Cos'ho? Debbo filare una libbra di lino, sennò mia madre non mi dà punto da cena. Io non so come fare."
E lei, questa vecchina, gli disse: "Stai zitta. Va là nel bosco. Troverai una vaccuccina e gli dirai:
Con la bocca fila, fila; 
Con le corna annaspa annaspa; 
Ti farò l'erba, che pasca."

Arrivò la sera, aveva finito i' suo lino bell'e annaspato e tutto. La sua madre fu contenta, ma i' giorno dopo mandò la sua figlia: e tornò, avendognene dato mezza libbra e non avendone filato neppure un quarto. I' giorno dopo rimandò quella, la prima, la figliastra; e gnene diede due libbre, che lei si struggeva di farla patire, non voleva dargli neppure da mangiare. E gli disse: "Se stasera non avrai filate queste due libbre di lino, non avrai da cena."
Questa bimba, subito sortita di casa, cominciò a piangere. Quando fu alla metà della strada, ritrovò la solita vecchina. Gli disse:
"Cos'hai, bambina, che piangi tanto, poerina?"
"Mia madre, invece d'una libbra, me ne ha date due."
"Vai n'i' solito bosco, troverai la solita vaccuccina, e gli dirai:

Con la bocca fila, fila; 
Con le corna annaspa, annaspa; 
Ti farò l'erba, che pasca."

Arrivò la sera, aveva finito i' suo lino, bell'e annaspato e tutto. I' giorno dopo, la madrigna gnene diede tre libbre e gli disse: "Se stasera non avrai filate queste tre libbre di lino, non avrai da cena."
Questa poera bambina, andiede fòri; non sapeva come fare a filare queste tre libbre di lino. Strada facendo trovò quella vecchina. Gli disse:
"Cos'hai, bambina mia, che piangi tanto?"
"Mia madre, invece di due libbre, me n'ha date tre."
"Vai n'i' solito bosco; troverai la solita vaccuccina e gli dirai:

Con la bocca fila, fila; 
Con le corna annaspa, annaspa; 
Ti farò l'erba, che pasca."

Arrivò la sera; aveva finito i' suo lino, bell'e annaspato e tutto. Poi la madrigna gli diede una camicia a cucire e gli disse: "Se stasera non hai finita questa camicia, non devi aver da cena."
Questa poera bambina non faceva che piangere. Per fortuna ritrovò la solita vecchina; e la gli disse: "Vai n'i' bosco; troverai la solita vaccuccina e falli i' solito discorso:
Con la bocca infila, infila; 
Con le corna cuci, cuci; 
Ti farò l'erba, che pasca."

La madre, tornando a casa, avendo veduta cucita la camicia, non sapeva come fare a gastigarla. I' giorno dopo pensò di mandarla dalle fate a prende' lo staccio per istaccià' la farina per fare i' pane. Va dalle fate questa bambina, picchia alla porta. Le fate dimandano: "Chi è?"
Disse: "Amici!"
"Fate adagio; le scale son di vetro"
Lei si levò le scarpe pe' fa' più piano.
Arrivò dalle fate e gli dissono: "Fate i' piacere di pettinarmi. Che ci trovi in capo mio?"
"Perle e diamanti."
"E perle e diamanti avrai. Fammi i' piacere di rifammi i' mio letto. Che ci trovi n'i' letto mio?"
"Oro e argento."
"E oro e argento avrai. Fammi i' piacere di spazzammi la mia casa. Che ci trovi in casa mia?"
"Rubini e Cherubini."
"Rubini e Cherubini avrai."
La menorno alla stanza dei vestiti e gli dissono: "Prendi un vestito a tuo piacere."
Lei prese un vestito dei peggiori che avessero. Glielo levorno e gli diedono i' più bello che avessero nell'armadio. La menorono alla stanza dove avevano i quattrini e gli dissero: "Prendi quello che ti fa piacere."
E lei prese tre o quattro soldi poco boni. Gnene levorono e gli dierono dell'oro e dell'argento. La menorono alla cassetta delle gioie e gli dissono: "Prendi i' pajo d'orecchini di tuo piacere."
Lei prese un pajo tutti rotti. Gnene levorno e gli diedono un pajo di orecchini di brillanti. Gli dissero: "Quando sarai sur i' ponte, vòltati indietro; sentirai un gallo cantare."
Quando la fu sur i' ponte sentì un gallo cantare; lei si voltò indietro e gli venne una bella stella nella testa. Quando arrivò a casa, la sua madre gnene volea levare: con più che col coltello la raschiava, credeva di levargnene e più bella diventava. La sua madre gelosa, che aveva avuta tanta roba, i' giorno dopo, per riportà' lo staccio, volse mandà' la sua figlia. Quando arrivò in fondo alle scale, picchiò. Le fate dissero: "Chi è?"
"Amici."
"Fate adagio, le scale sono di vetro."
Con più che dicevano di fare adagio, e lei più forte faceva; che gli rompè tutte le scale.
"Pettinatemi. Che ci trovi in capo mio?"
"Zeccacce, pidocchiacce e brutte donnacce come siete vojaltre."
"E zeccacce e pidocchiacce avrai."
"Rifammi i' mio letto. Che ci trovi n'i' letto mio?"
"Pulci e cimici."
"Pulci e cimici avrai."
"Spazzami la mia casa. Che ci trovi in casa mia?"
"Sudiciume, spazzatura, porcherie, come siete vojaltre."
"Spazzatura, sudiciume e porcherie, come siamo nojaltre, avrai."
La portorono alla stanza dei vestiti. Gli dissero: "Prendine uno a i' tuo piacere." Prese i' più bello che ci fosse nell'armadio. Glielo levorono e gli diedono i' vestito più brutto che ci avesse. La menorno alla stanza dei quattrini; gli dissero:
"Prendi quello che tu vòi."
Si era empito il grembiale di danari. Glieli levorono e gli dierono tre o quattro soldacci che ci avevano. La menorno alla stanza delle gioie. Dissono: "Prendi i' pajo d'orecchini di tuo piacere."
Prese un pajo de' più belli. Gnene levorono e gnene dierono un pajo tutti rotti. Dice: "Quando sarai su i' ponte, vòltati indietro: sentirai un asino ragliare."
Si voltò e gli venne una bella coda in mezzo alla testa. Tornò a casa: la sua madre gnene tagliava: con più gnene tagliava e più lunga diventava. Era brutta prima e con questa coda più brutta che mai. Un giorno (avevano un melo vicino a casa) passò i' Re e gli disse alla sua madre che era lì fòri: "Ci sarebbe da avere un poche di mele?"
Disse la madre: "Sì, subito", e chiamò la sua figlia Luisa e gli disse: "Arriva un poche di mele a i' Re."
Prende la scala per arrivà' alle mele: con più credeva di avvicinarsi e più il melo si alzava, non ci arrivava! faceva di tutto per arrivarle e più il melo si alzava.
Il Re disse: "Com'è possibile che non siate bona a arrivarmi un poche di mele? Non ci avete nessuno altri in casa che sian capaci più di voi?"
"Ci ho un'altra, ma non è bona a niente, perchè è una Cenerontolaccia, che sta sempre tra la cenere; non è bona a niente."
"Pure chiamate quella: potrebbe esser più bona di voi."
E la chiamò: "Cenerontola, vien qui per arrivare un poche di mele a i' Re."
Si messe un vestito, che gli avevan regalato le fate, che scendendo la scala sonava, che pareva un campanello. La sua madrigna disse: "Sentite quella Cenerontolaccia, si tira persino la paletta addietro."
I' Re gli disse: "Arrivatemi un poche di quelle mele."
La Cenerontola andiede sott'i' melo. I' melo si calò e s'empì i' grembiule pieno di mele in un minuto. I' Re avendo veduto questa bella giovine con questa bella stella nella testa, disse che la voleva per moglie. La sua madrigna gelosa, benchè pensava a i' tradimento, disse - - che era contenta; e fissarono tra tre giorni d'andare a prenderla in carrozza e gli mandò i' vestiario con sette anella.
La madre, la madrigna, la mattina dello sposalizio, invece di vestire la sposa, vestì la sua figlia da sposa e messe la Cenerontola drento a un tino ignuda, e messe a bollire una caldaja d'acqua. Va i' Re a prendere la sposa in carrozza e la porta via. Quando i cavalli cominciarono a camminare con la sposa drento, che il Re non avea veduto se era la bella o la brutta, e' gli andiede drieto un gatto. Gli diceva:

"Gnaolo, gnaolino! 
La bella è drento i' tino, 
E la brutta malincotta,
I' cavallo d'i' Re che se la porta."

Ma quelli non gli davano retta; seguitavano i' camminare. I' gatto seguitava sempre a gnaolare. I' Re, seguitando i' gatto, e' gli venne a nojare e disse:
"Meglio è indietro ritornare; ci dev'essere qualcosa."
Tornorono indietro e i' gatto andava sempre innanzi a i cavalli; loro sempre indietro; e gli accompagnò insino alla cantina. Entrorono drento e trovorono n'i' tino questa poera ragazza disgraziata, ignuda.

Shannon J.J.


I' Re l'ha riconosciuta, ha spogliato quella ch'era in carrozza, e ha vestito quella che era dentro a i' tino; e hanno messa n'i' tino quella che era in carrozza, ignuda com'era quella prima, e son partiti. I' gatto non l'hanno udito più. Dopo pochi minuti la sua madre ha cominciato a buttare delle pentole d'acqua bollente n'i' tino. La sua figlia diceva: "Mamma, voi mi bruciate."
La gli diceva:
"La mia figlia non sei tu. 
La mia figlia è andata a marito,
Con sette anella in dito."

E lei seguitava a dire: "Mamma, voi mi bruciate."
E lei rispondeva:

"La mia figlia non sei tu. 
La mia figlia è andata a marito, 
Con sette anella in dito."

Ha seguitato a buttar acqua bollente insin in quanto non è stata estinta. Quando non ha sentito più parlare è andata giù a volerla levare. Credeva che la fussi la sua figliastra; e invece era la sua figlia. Non sapeva come fare per dillo a suo padre. L'ha vestita, l'ha portata in casa, l'ha messa a sedere sopra una seggiola, sopra alla porta di casa, con la rocca allato, figurando di filare. Arrivando a casa suo padre, era sull'uscio di casa a sedere sopra la seggiola. Suo padre ha detto: "Cosa fai costì a sedere? Sei sempre a dormire! tu non lavori mai?"
Appena che lui gli ha toccata una mano, è caduta in terra. La sua madre s'è messa a gridare, dicendogli che lui gli aveva ammazzata la figliola. S'è radunato di molta gente. Suo padre l'avevan fatto carcerare; ma avendo scoperto i' delitto di sua madre, in breve tempo l'hanno fatta fucilare. Prima hanno fatto carcerare lui e poi hanno fatto morire lei. La Cenerentola s'ha goduto i' suo marito; divenne Principessa.
Se ne stiedero e se ne goderono
e a me nulla mi dierono.

Da una nota al testo:
"Nel libro intitolato "Études sur Aristophane", par M. Émile Deschanel, v'è un paragone interessante desunto da questa fiaba: Vous rappelez-vous ce conte de fées, où deux jeunes filles, deux sœurs, toutes les fois qu'elles ouvrent la bouche, en laissent échapper, l'une des fleurs, des perles et des pierreries; l'autre des vipères et des crapauds? De ces deux jeunes filles, faites-en une seule, dont la bouche répandra tout cela pêle-mêle: c'est la Muse d'Aristophane".

Vittorio Imbriani, Novella XIV, da "La Novellaja Fiorentina".

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